Ti sono perdonati i peccati

ti sono perdonati i peccati

06 LUGLIO 2023

GIOVEDÌ DELLA XIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)

Prima lettura: Gn 22,1-19

Salmo: Sal 114 (115)

Vangelo: Mt 9,1-8

Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”?

Sal 114 (115)Il perdono dei peccati è una grazia talmente grande, che prende tutto noi stessi dal profondo, toglie i pesi che bloccano il cuore e ne limitano le relazioni.

Chi fa l’esperienza del perdono può veramente alzarsi e camminare. Questo miracolo si compie per strada, quasi a dire che non dobbiamo mai fermarci, perché Gesù in qualsiasi luogo in qualsiasi situazione ci troviamo, vuole solo donarci il suo perdono, desidera guarire quell’umanità ferita dal peccato che distoglie dalla vita buona.

In Gesù mediante il sacrificio di se stesso, tutte le forme di paralisi del cuore e della mente cui siamo soggetti vengono annullate.

Solo la parola autorevole ed efficace di Gesù può guarire l’umanità paralizzata e farle dono di camminare in una fede rinnovata.

L’incontro con Gesù cambia la vita, ti rialza e ti mette in grado di camminare con le tue gambe per andare a dire a tutti le meraviglie del suo amore.

“Signore,

guida i miei passi,

sostienimi quando come paralizzato, il mio passo cede.

In te depongo le mie speranze,

le mie incertezze,

tutto quello che è nel mio cammino.

Cammina con me,

stammi accanto,

fa che ad ogni passo senta il tuo respiro,

concedimi di camminare con te,

ora e sempre.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

La porta stretta

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26 OTTOBRE 2022

MERCOLEDÌ DELLA XXX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

 

LITURGIA DELLA PAROLA  (clicca qui)

Prima lettura: Ef 6,1-9

Salmo: Sal 144 (145)

Vangelo: Lc 13,22-30

La risposta alla domanda del tale: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”, fa venire in mente la parabola delle dieci vergini, le quali dicono: “Signore aprici” ed egli risponde in modo analogo al testo di oggi: “non so di dove siete”.

L’invito del Signore è sforzarsi con quello che si ha. Sia nel testo di oggi, come nella parabola sopra citata, il cuore di questi testi è: sforzarsi.

Mentre il tale fa un domanda di quantità: “quanti”, Gesù parla di modalità: per essere salvati bisogna sforzarsi. Sforzarsi di cosa? Di credere a quella porta sempre aperta.

Nonostante il peccato e la fatica, c’è una porta stretta dove per passare bisogna stringersi, farsi piccoli, mettere dinanzi a Lui la nostra fragilità, lasciare da parte il rancore, il desiderio di rivalsa, di occupare i primi posti, per scoprire la potente mano di Dio sollevarci dal di dentro.

Sentirsi ultimi non è piangersi addosso o non valere nulla, è la condizione di chi ha preso coscienza del proprio peccato e si affida a Dio, non si allontana da quella porta e cerca con tutto se stesso di entrare. L’unica forza che prevale in questo sforzo, è l’amore di Dio per noi, Egli ci vuole tutti “dentro”, salvati da quell’amore che precede e per farlo ha bisogno di noi, del nostro coraggio a lasciarci amare e salvare, solo per amore.

“Signore,

a volte è larga la via, ma stretta la porta.

Dinanzi al mio peccato, come potrò entrare?

Per dono del Tuo Amore,

perché Tu ci vuoi tutti oltre quella porta

ed io mi lascio portare, dal Tuo amore che rimane,

nonostante tutto, nonostante me.

Con i miei piedi giungo fino a Te

per vivere da salvato già ora.

Al di là della mia paura,

c’è una porta,

la cui fede mi spinge a varcare

e resto in piedi nell’attesa che Tu mi apra

e ti prometto non mi sposterò da qui”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

Nell’ultimo banco

nell'ultimo banco

 

DOMENICA 23 OTTOBRE 2022

XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

LITURGIA DELLA PAROLA      (clicca qui)

Prima lettura: Sir 35,15b-17.20-22a

Salmo: Sal 33 (34)

Seconda lettura: 2 Tm 4,6-8.16-18

Vangelo: Lc 18,9-14

 

Chissà quante volte ci siamo sentiti così, come il pubblicano a distanza, entrando in Chiesa nell’ultimo banco, in punta di piedi, con i pesi del nostro errore e non sentendoci a posto.

A tutti noi, il Signore dice: “vieni a casa”, perché è Lui il luogo dove poter finalmente fermarci e lasciargli il peso dei nostri peccati.

Fardelli pesanti trascinati sulle nostre spalle, paure, essi sono un blocco per noi ma non per Dio. Quel pubblicano ha sperato di poter trovare in Dio qualcosa che nessun altro aveva e fu così, tornò a casa giustificato, perché ha capito di aver sbagliato e aveva solo bisogno di una possibilità.

Il Signore ci dà sempre una possibilità, ci ama e vuole per noi il meglio, affinché da quella situazione possiamo uscirne rinnovati. Sentirsi sbagliati non aiuterà mai nessuno, sentirsi amati è la strada per cambiare, crescere e migliorare. È nell’amore che il cuore batte più forte e quello di Dio ha noi come suo palpito, tanto da essere Padre, amico, per alcuni sposo e per tutti un luogo dove poter rinascere.

“Ho voluto sperare almeno in Te,

mi sono recato al tempio,

era giorno, ma io vivevo il buio.

Non volevo entrare, però qualcosa era più forte,

eri Tu, che mi parlavi, non dal tempio, ma dal mio cuore,

come se avessi voglia di vedermi.

“O Dio abbi pietà di me peccatore”.

C’era tutto in quella frase, c’era me stesso

e sono tornato a casa

perdonato, amato,

non avrò la presunzione di essere giusto,

non occuperò mai i primi posti,

ma alzerò la testa,

così tutti sapranno che Ti ho incontrato”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

Da che parte stiamo?

 

Da che parte stiamo?

 

 

01 LUGLIO 2022

VENERDÌ DELLA XIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Am 8,4-6.9-12

Salmo: Sal 118 (119)

Vangelo: Mt 9,9-13

 

Lì dove c’è il peccato, sicuramente c’è Dio. Sembra un espressione azzardata, eppure Gesù dice: «non sono venuto per giusti, ma i peccatori».

Ci sarebbe da chiedersi: da che parte stiamo?

È difficile ammettere di essere peccatori, crea imbarazzo, ci sono peccati gravi e meno gravi, ma entrambi bisognosi di redenzione.

“Andate a imparare che cosa vuol dire: «Misericordia io voglio e non sacrifici».” Si tratta di imparare a vivere di quella Misericordia, il cui perdono diventa lo slancio per camminare in una via di bene e lasciar andare quello sforzo disumano di crederci giusti.

Dio Padre ci ama e ci accoglie, affinché davvero la nostra fragilità, i nostri errori, trovino un po’ di amore tale da poter cambiare, crescere e risanarsi.

Egli è venuto per donarci una possibilità, perché la nostra vita anche se fatta di sbagli, non sia segnata da questi, ma dall’amore che la circonda.

Sulla croce, Gesù ha portato tutte le nostre croci, e ha incontrato i due malfattori crocifissi con Lui; lì uno di loro, chiede a Gesù di essere almeno ricordato e il Signore risponde: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso» (Lc 23, 42-43). Solo l’amore di Dio è l’ultima parola, e oggi siamo chiamati a farla nostra!

 

 

Prenderò il mio lettuccio

 

prenderò il mio lettuccio

 

30 GIUGNO 2022

GIOVEDÌ DELLA XIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Am 7,10-17

Salmo: Sal 18 (19)

Vangelo: Mt 9,1-8

 

«Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati».

Le parole pronunciate da Gesù, con cui inizia il Vangelo di oggi, danno davvero consolazione al cuore. Il Signore dinanzi ai peccati che ci paralizzano e costantemente ripetiamo, dice: “coraggio”, poi “figlio”, e successivamente dona la Sua Misericordia.

Il perdono di Dio è una forza per affrontare le nostre fragilità, nella consapevolezza che siamo figli amati. Il paralitico non dice nulla, non pone richieste di pietà; siamo di fronte a un perdono che parte dal cuore di Dio. Ci sono errori per il quale a volte non c’è bisogno di parole o richieste, perché è presente un dolore manifesto, qui rappresentato dall’immagine della paralisi. Dio lo sa, conosce il nostro cuore e il Suo amore è più grande del peccato.

Coraggio allora, continuiamo a camminare lungo questa via di bontà e Misericordia. Affidiamo a Lui le nostre fragilità e chiediamogli di renderci più forti. Lasciamo entrare nel buio dell’errore, la luce del perdono e fermiamoci un momento a pensare, ringraziare e respirare, ora che siamo liberi da un peso le cui radici non saranno mai più profonde dell’amore di Dio.

“Signore,

ora posso muovermi,

le mie paralisi che mi tenevano inchiodato

adesso sono segno della Tua Misericordia.

Prenderò il mio lettuccio

tornerò a casa e con tutto ciò che sono,

ripartirò con la stessa forza che mi hai dato.

Io che non riuscivo a chiederti perdono

ho ricevuto un dono grande: una possibilità.

Io che sono il paralitico della mia storia,

oggi comprendo che solo il Tuo amore mi salva;

non perché ho fatto delle cose,

ma semplicemente perché sono figlio,

nonostante il mio peccato.

Ti chiederanno perché l’hai fatto

e so già qual è la tua risposta:

non hai mai smesso di amarmi”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

 

“Neanch’io ti condanno”

 

Neanch'io ti condanno

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Is 43,16-21

Salmo: Sal 125 (126)

Seconda lettura: Fil 3,8-14

Vangelo: Gv 8,1-11

 

I farisei usano il peccato di quella donna per mettere alla prova il Signore. Viene messa l’adultera in mezzo, e alla fine rimarranno solo lei e Gesù.

Rispondendo ai farisei, dicendo, chi è senza peccato scagli la prima pietra, viene ristabilito l’ordine delle cose: non sono i peccatori che perdonano i peccati, ma Dio. C’è un sacramento attraverso il quale riceviamo il Suo perdono e abbiamo la grazia di poter sentire queste parole per noi: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”.

È possibile ricominciare, anche se abbiamo sbagliato e ci sembra di non meritare questo perdono. Egli ci mette nella condizione di riceverlo, affinché quel “d’ora in poi”, sia il nostro impegno di rinascita e sia di memoria per non condannarci a vicenda.

Cosa fare di quel peso che il peccato comporta? Andare da Lui, chiedergli perdono, per renderci conto che Egli scrive i nostri peccati sulla sabbia, così che il vento dello Spirito, dell’amore, li porti via e possiamo rialzarci e camminare.

Egli si china su di noi, ci offre tutto il Suo amore, la Sua Misericordia, affinché la nostra vita non sia condannata, ma amata. Ci viene chiesto l’impegno: “d’ora in poi non peccare più”, non perché non saremmo più perdonati, in quanto Egli ci offre sempre il Suo perdono, ma perché la Sua Misericordia, ci riporta alla condizione prima di quell’errore, con la consapevolezza che ora possiamo fare diverso.

L’effetto del riconoscere il perdono di Dio, non è dire: “tanto ci pensa Lui”, ma è rafforzare la nostra fragilità nella direzione della possibilità: ora è possibile fare diverso.

Dio ci doni la grazia di percepirci perdonati, di trovare il coraggio di guardare a tutte quelle volte, che ci siamo autocondannati o abbiamo condannato gli altri, per riconoscere in noi la grandezza della Sua Misericordia, che supera quel peccato e ne fa occasione di conversione.