Belle nubi e melanconia sognante

Belle nubi, grazie di tutte le consolazioni che voi date agli infelici. La vostra comparsa, infatti, li colma di quella melanconia sognante, di quella tristezza poetica che sola può addolcire quei dolori che nulla riesce a placare, perché li purifica, li eleva e li muta in un sentimento sottile e divino, che colma di legittimo orgoglio coloro che lo avvertono, trasformando in un poeta e in un filosofo colui che era soltanto uno sventurato.

M. Proust, Scritti mondani e letterari

Quante volte, deliziosamente commosso, ho raccontato i miei dispiaceri alle foglie e agli uccelli, con l’impressione di aprire il cuore ad esseri viventi che mi comprendessero, eppure, al tempo stesso, ad esseri superiori e divini che mi fornissero consolazioni poetiche. Ma nulla, nella natura, invita alle confessioni quanto le nuvole. […] Belle nuvole, quante confessioni avete udite senza ripeterle, quante tristezze avete vedute senza dissiparle, di quante disperazioni siete state testimoni senza consolarle.

M. Proust, Scritti mondani e letterari

Belle nubi e melanconia sognanteultima modifica: 2021-05-24T16:21:33+02:00da ellen_blue

7 pensieri riguardo “Belle nubi e melanconia sognante”

  1. “Belle nuvole”, una beneamata mazza. Sapessi quanto bene vi facciamo dandovi acqua da bere ed innaffiandovi prati e terra. Dandovi ombra e talvolta refrigerio. Certo, vi facciamo anche danni con tempeste e piogge torrenziali ma, in un mondo tanto perfetto quanto imperfetto, chi non li fa? Sulle confessioni no, abbiamo altro a cui pensare. Così come non sta a noi consolare le vostre disperazioni. Per quelle rivolgetevi ai vostri dèi. Ve li siete inventati proprio per quello. Non noi, belle nuvole, ma loro dovrebbero vedere le vostre tristezze e dissiparle, le vostre disperazioni e consolarle. Non coinvolgeteci, chiamate gli dèi sennò si offendono. Ma poi, scusami, se a quanto dici, le nuvole vedono le vostre tristezze, ma non le dissipano, sono testimoni delle vostre disperazioni, ma non le consolano come ti viene di chiamarle “belle”? Come si fa a chiamarle “belle” se nemmeno ti cagano?

  2. Cara nuvola nera, con me sfondi una porta aperta; io amo le tue sorelle, quelle scure scure come te, non solo perché fecondano la terra – dando di conseguenza sostentamento a noi altri miserrimi mortali – ma anche perché quando sono particolarmente magnanime fecondano anche la mia mente.

    1. Cara Ellen, stasera dopo averle cercate un po’, conoscendo i loro percorsi le ho trovate nel cielo che da un po’ frequentano. Stavano, basse, fra i due mari. Un poco mi temono e vedendomi da lontano, in fretta hanno salutato Adriatico e Ionio e si sono allungate verso di me. Un po’ a malavoglia, un po’ timorose, eheh. Ho fatto finta di nulla. Del resto, non ho nulla contro quei due. Sono entrambi due bravi ragazzi, anche se completamente diversi. Ionio mi piace di più. E’ più profondo, ma ha anche un carattere più imprevedibile. Adriatico è meno impetuoso, più tranquillo, forse perché più chiuso. Sai, parlo spesso con le mie sorelle e stasera, dopo che gli ho rovinato la serata, erano più nere del solito. Poi, parlandogli di te, si sono rasserenate e mi hanno detto che anche loro ti amano. Mi hanno detto che, quelle volte che stanno assieme a te, anche loro stanno bene. Testualmente mi hanno detto che il tempo con te passa velocemente perché non solo sei di compagnia, ma con te si può parlare di tutto ed imparare anche.
      “E di cosa parlate?”, gli ho chiesto.
      “Di tutto, te l’abbiamo appena detto”
      “Certo, ma immagino che vi scambiate anche confidenze”, gli ho detto.
      “Certo, siamo donne e le confidenze ce le scambiamo, ma non escono dal cielo in cui ce le raccontiamo.”
      “Che stronze di sorelle”, ho pensato sorridendo.

  3. Le dilatazioni percettive e metafisiche sono proprie di chi rifugge l’immediatezza del qui e ora. Le parole, poi, le esaltano e le proteggono. Come sai fare tu, nuvola nera.

    1. Sì, lo sono. Come anche i mosconi. Quando entrava un moscone in casa, mamma diceva che annunciava notizie. Così, ogni volta che ne vedevo uno gironzolare per casa, dicevo: “Mamma, c’è il postino”. Finché imparò e mi rispondeva: “fallo uscire dalla finestra”. Era come mio padre, lei, non si arrabbiava mai e, quando lo faceva era sempre con moderazione. Con stile. Però metteva il muso. Anche quello con stile perché, pure col muso, rimaneva bella. Qualche volta anche di più. Mio padre la chiamava guerra fredda. Comunque, quello che volevo dire è che la messaggeria delle nuvole, come quella dei segnali di fumo o quella dei fondi del caffè, intese come linguaggi sono le prime prove di lettura. Alcune, come quelle degli sguardi, delle espressioni, delle mani, sono diventate linguaggio universale, altre sono rimaste abbastanza di nicchia, soggettive e poco seguite. Peccato, perché se è vero, ed è vero, che le nuvole ci parlano, marinai e contadini le comprendono meglio di noi. Questo vale anche per gli uccelli. No, tranquilla, parlo degli uccelli-uccelli, quelli con le ali. Che poi anche quelli senza ali abbiano un loro linguaggio è indubbio. Anche se non si è evoluto molto rimanendo, proprio come i maschi, molto primitivo e limitato ad un banale on-off. In fondo, se noi e le donne fossimo due libri, quello maschio, tolte le ridondanze, ripetizioni e pelo superfluo, sarebbe di poche pagine. Quello delle donne, avrebbe molte più pagine e, quando l’hai letto, devi pure rileggerlo perché tante cose non te le spiega, ma devi capirle ed interpretarle ma, con i limiti evolutivi che abbiamo, ci puoi giurare che saranno più le cose che non hai capito che le altre. Si potrebbe dire che la donna è più complicata, ma è solo più complessa e lo è non perché lo sia, ma perché chi dovrebbe comprenderla ha troppi limiti per farlo. Quindi, più sono i limiti e più le cose appaiono complesse.

  4. Però, chi l’avrebbe detto che quel messaggere, virgolettato, t’avrebbe ispirato tanto profondamente (confesso, vergognandomene, che il mio scopo era un altro, ma va bene lo stesso); ciò detto, è ormai acclarato da secoli che le donne sono complesse e gli uomini riassumibili in poche paginette, ma per fortuna ci sono le eccezioni, e se te ne capita uno appartenente a quella risicata minoranza, capisci che talvolta le donne sono ingiuste e cieche quando fanno di tutta l’erba un fascio. (Bello il ricordo relativo a tua madre, mi chiedo se hai imparato da lei ad essere ragionevolmente paziente).

Lascia un commento

Se possiedi già una registrazione clicca su entra, oppure lascia un commento come anonimo (Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato ma sarà visibile all'autore del blog).