Tranne quando le chiedeva la piccola frase di Venteuil invece del Valzer delle Rose, Swann non cercava mai di farle suonare brani che piacessero a lui né di correggere, in musica come in letteratura, il suo cattivo gusto. Si rendeva conto che Odette non era intelligente. Dicendogli che le sarebbe tanto piaciuto che le parlasse dei grandi poeti, s’era immaginata d’essere sul punto di apprendere qualche strofetta eroica e romantica del genere di quelle del visconte di Borelli, ancora più commovente, magari. Quanto a Vermeer di Delft, gli aveva chiesto se avesse sofferto per una donna, se fosse stata una donna ad ispirarlo, e poiché Swann le aveva confessato di non saperne nulla, si era disinteressata di quel pittore. Diceva spesso: “La poesia, lo credo bene, naturale che non ci sarebbe niente di più bello se fosse vero, se i poeti pensassero tutto quello che dicono. Ma, molto spesso, non c’è gente più interessata di loro. Ne so qualcosa, io, avevo un’amica che si era innamorata di una specie di poeta. Nei suoi versi non parlava che dell’amore, del cielo, delle stelle. Ah, l’ha sistemata proprio bene! Le ha spillato più di trecentomila franchi”. Se Swann, allora, cercava di farle capire in che cosa consiste la bellezza artistica, in che modo bisogna ammirare i versi e i quadri, dopo un istante lei smetteva di ascoltarlo, dicendo: “Davvero…non pensavo che fosse così”. E avvertiva in lei una delusione tale che preferiva mentire dicendole che tutto quello non era niente, che quelle erano ancora delle inezie, che l’importante era ben altro ma non c’era tempo di affrontarlo. Ma lei, ravvivandosi, gli diceva: “Ben altro? che cosa?…dimmelo dunque”; lui però non lo diceva, sapendo come le sarebbe parso esiguo e diverso da ciò che sperava, meno sensazionale e meno commovente, e temendo che, delusa dall’arte, non lo fosse in pari tempo anche dall’amore.
M. Proust, Un amore di Swann
Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori
Jeremy Irons e Ornella Muti nel film Un amore di Swann