Autoinganni “d’autore”

Ma si pensi, piuttosto, a tanti scrittori i quali, scontenti del brano che hanno appena scritto, se leggono un elogio di Chateaubriand o evocano un grande artista che avrebbero voluto eguagliare, per esempio canticchiando mentalmente una frase di Beethoven e confrontandone la carica di tristezza con quella che si sono sforzati di imprimere alla propria prosa, si riempiono a tal punto di quest’idea di genio che l’applicano, ripensandoci, alle proprie creazioni, non le vedono più quali erano loro apparse a prima vista, e azzardando un atto di fede nel valore della propria opera si dicono: “Dopotutto”, senza rendersi conto che la somma dalla quale scaturisce la loro soddisfazione finale include il ricordo delle stupende pagine di Chateaubriand che hanno assimilate alle proprie ma che, in definitiva, non sono stati certo loro a scrivere; si ricordi quanti uomini credono nell’amore di un’amante della quale non conoscono che i tradimenti; quanti, ancora, sperano alternativamente ora in un’incomprensibile sopravvivenza se pensano, mariti inconsolabili, a una donna che hanno perduta e che continuano ad amare o, artisti, alla gloria futura di cui potranno godere, ora in un rassicurante nulla quando, al contrario, la loro mente si ricollega alle colpe che altrimenti dovrebbero espiare dopo la morte; si pensi, infine, ai turisti che s’entusiasmano per la complessiva bellezza d’un viaggio durante il quale, giorno per giorno, non hanno provato altro che noia, e si dica se nella vita comune vissuta dalle idee nell’ambito del nostro intelletto ve ne sia una sola, fra quelle che più ci rendono felici, che inizialmente non sia andata, da autentico parassita, a chiedere il meglio della forza di cui mancava a un’idea vicina ed estranea”.

M. Proust, Intorno a Madame Swann

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Autoinganni “d’autore”ultima modifica: 2021-08-09T09:22:55+02:00da ellen_blue

4 pensieri riguardo “Autoinganni “d’autore””

  1. eheh, parlavamo ieri del “valore” delle opere. Come dice Di Paolo, la recherche è circolare: parte e si ricongiunge con la fine. Così anche nelle pagine che offri, un cortocircuito senza fine. Cose che vanno e ritornano.
    Bando ai preliminari, veniamo al dunque. Rieccolo il Marcel che non le manda a dire e, proprio lui, che si è ispirato a Baudelaire e a tanti altri (me compreso), qua accusa gli altri di essere parassiti: “si dica se nella vita comune vissuta dalle idee nell’ambito del nostro intelletto ve ne sia una sola, fra quelle che più ci rendono felici, che inizialmente non sia andata, da autentico parassita, a chiedere il meglio della forza di cui mancava a un’idea vicina ed estranea”. Che fils de pute! :))
    Ogni tanto, poi, fa anche il simpatico: “si pensi, infine, ai turisti che s’entusiasmano per la complessiva bellezza d’un viaggio durante il quale, giorno per giorno, non hanno provato altro che noia”. Certo non risparmia neanche i turisti, deve rompere il cazzo proprio a tutti.
    Meno male che almeno di Chateaubriand ne parla bene (mi è stato sempre simpatico, coerente e non voltaggabbana).

    1. Sai qual è il problema? che basterebbe leggere gli antichi greci per sapere tutto ciò che c’è da sapere sulla vita umana, in negativo e in positivo. Tutti gli scrittori che sono venuti dopo sono in parte debitori a quelle menti eccelse, perché gli umani sono sempre gli stessi.

  2. Maro’, voltagabbana con 2 Gi e meno male che non se n’è accorta oppure, più probabile che ha deciso di rinunciarci pensando che il problema vero non sarebbe quello di leggere gli antichi greci, ma cominciare proprio dalle basi… per forza che ogni tanto me la perdo chiedendomi se è malinconia o umbratilita’… nessuna delle due, è sconforto… comincio a pensare che dopo quelle due Gi sta pensando “ok, chiudiamo la qua con Marcel e passiamo a Pollicino…” e come darle torto?

  3. Buon per te, mi era sfuggito, forse ero persa in qualche vagheggiamento…comunque, per questa volta non infierisco, anche perché a quest’ora non conosco altro sentimento che la tenerezza.

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