Gli abissi della malattia e della morte

Sì, qualche minuto fa, mentre cercavo un fiacre, si sarebbe potuto affermare che la nonna era seduta su una panchina in avenue Gabriel; e, poco dopo, che era passata in una vettura scoperta. Ma era davvero così? La panchina, per starsene ferma in un viale, pur essendo sottoposta anch’essa a certe condizioni d’equilibrio, non ha bisogno d’energia. Ma perché un essere vivente sia stabile, anche quando poggia su una panchina o sul sedile d’una carrozza, occorre una tensione di forze che noi, normalmente, non percepiamo più di quanto si possa percepire (giacché agisce in tutte le direzioni) la pressione atmosferica. Forse, se dentro di noi si creasse il vuoto e fossimo lasciati alla mercé della pressione dell’aria, avvertiremmo per un istante – l’istante precedente la nostra distruzione – il peso terribile che niente più neutralizzerebbe. Allo stesso modo, quando dentro di noi si spalancano gli abissi della malattia e della morte e non abbiamo più nulla da opporre alla violenza con cui il mondo e il nostro stesso corpo ci si avventano contro, allora persino sostenere il pensiero dei nostri muscoli, il brivido che devasta le nostre ossa, persino stare immobili in quella che, di solito, riteniamo la semplice posizione negativa d’una cosa, esige – se vogliamo che la testa resti dritta e lo sguardo calmo – una carica di energia vitale, e diviene oggetto d’una lotta estenuante. E se Legrandin ci aveva guardati con tanto stupore era perché a lui, la nonna era apparsa – nel fiacre dove sembrava che stesse seduta – sul punto di sprofondare, di scivolare nell’abisso, disperatamente aggrappata ai cuscini che potevano appena trattenere il suo corpo precipite, i capelli in disordine, l’occhio smarrito, incapace, ormai, di far fronte all’assalto delle immagini che la sua pupilla non riusciva più a sopportare. Era apparsa, benché seduta al mio fianco, tutta immersa nel mondo sconosciuto dove già aveva ricevuto i colpi di cui recava le tracce quando, poco prima, ai Champs-Élysées, l’avevo vista col cappello, il viso, il cappotto sconvolti dalla mano dell’angelo invisibile col quale aveva lottato.

M. Proust, La parte di Guermantes II

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Gli abissi della malattia e della morteultima modifica: 2021-11-18T16:31:18+01:00da ellen_blue

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