Il volto della nonna trasfigurato dalla malattia

E chinandosi sul letto, le gambe piegate, quasi inginocchiata, come se, profondendo tanta umiltà, aumentasse la sua speranza di veder esaudito il dono appassionato di se stessa, porgeva a sua madre l’intera sua vita dentro il volto come dentro un ciborio, decorato a rilievi di fossette e di rughe così appassionate, desolate e dolci ch’era impossibile dire se a scavarle fosse stato lo scalpello d’un bacio, d’un singhiozzo o d’un sorriso. La nonna si sforzava, a sua volta, di tendere il viso verso mia madre. Era talmente mutato che, se avesse avuto la forza di uscire, la si sarebbe riconosciuta soltanto dalla piuma del cappellino. Sembrava che i suoi tratti, come alle lezioni di modellato, s’adoprassero, in uno sforzo che la distoglieva da ogni altra cosa, per adeguarsi a un modello che ci restava ignoto. Questo lavoro di statuaria volgeva ormai al termine, e se il volto della nonna era diventato più piccolo, si era anche, in ugual misura, indurito. Le vene che lo percorrevano facevano pensare, non al marmo, ma a qualche pietra più ruvida. Sempre proteso in avanti per la difficoltà del respiro, ma anche, per sfinitezza, ripiegato in se stesso, il suo viso scabro, diminuito, atrocemente espressivo somigliava – come in una scultura primitiva, quasi preistorica – a quello aspro, violaceo, rossiccio, disperato della selvaggia custode d’un sepolcro. Ma l’insieme dell’opera non era ancora compiuto. Dopo, si sarebbe dovuto spezzarla; e poi, dentro quel sepolcro – custodito con così estenuante, dura contrazione – discendere.

M. Proust, La parte di Guermantes II

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Il volto della nonna trasfigurato dalla malattiaultima modifica: 2021-11-19T16:10:22+01:00da ellen_blue

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