L’analisi dell’emozione in Proust

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“In Alla ricerca del tempo perduto, tuttavia, c’è altrettanta poesia che in qualsiasi di questi libri, ma è poesia di tipo diverso. L’analisi dell’emozione è portata più avanti da Proust che da qualunque altro romanziere; e la poesia viene, non dalla situazione, che è troppo elaborata e dettagliata per un effetto del genere, ma in quei frequenti passi di elaborata metafora, che sgorgano dalla roccia del pensiero come fontane di acqua dolce e servono come traduzioni da una lingua in un’altra. È come se vi fossero due volti per ogni situazione; uno nella piena luce del giorno, così da poter essere descritto con tutta la cura ed esaminato con tutta la minuziosità possibili; l’altro per metà in ombra, così da poter essere descritto solo in un momento di fede e visione mediante l’uso della metafora. Più il romanziere si concentra sull’analisi, più diviene consapevole di qualcosa che perennemente sfugge. Ed è questa duplice visione a rendere l’opera di Proust nella nostra generazione tanto sferica, tanto comprensiva. Così, mentre Emily Brontë e Herman Melville volgono il romanzo dalla sponda al mare, Proust dal canto suo inchioda i suoi occhi sugli uomini”.

Virginia Woolf, Voltando pagina

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L’analisi dell’emozione in Proustultima modifica: 2022-02-13T16:40:34+01:00da ellen_blue

2 pensieri riguardo “L’analisi dell’emozione in Proust”

  1. Ciao Virginia, premesso che ti stimo tantissimo, permettimi di contestarti. Non tanto perché sono in disaccordo con te, ma solo perché non so fare altro. Devo dire che sono completamente d’accordo con te quando dici che nella Recherche “c’è altrettanta poesia” e sono ancor più d’accordo con te quando sottolinei che “l’analisi dell’emozione è portata più avanti da Proust” perché, se vogliamo, lui di quest’analisi ne fa quasi un’ossessione ma, per come riesce a proporcela lui, è un’ossessione non solo di una bellezza inarrivabile, ma riesce anche ad illuminare angoli introspettivi che avremmo lasciato al buio. Proprio quello che hai detto meravigliosamente scrivendo: “come se vi fossero due volti per ogni situazione; uno nella piena luce del giorno, così da poter essere descritto con tutta la cura ed esaminato con tutta la minuziosità possibili; l’altro per metà in ombra, così da poter essere descritto solo in un momento di fede e visione mediante l’uso della metafora”, definendo “sferica” la Recherche.
    “Perdonmani A., stringendo, potresti venire al dunque e dirmi cosa mi contesti?”, mi dice Virginia infilandosi le calze. E’ chiaro che ha fretta e deve uscire. Sistemando le calze, noto che non indossa le mutande e penso che sono strane le intellettuali perché infilano prima le calze e poi le mutande.
    “Ti contesto solo quell’iniziale ‘ma è poesia diversa’ ovvero un’affermazione che non ha senso perché l’unica definizione che si possa dare alla poesia credo sia “qualcosa che ti tocca l’anima”. Può esserlo un sorriso, un’espressione, un paesaggio con una luce particolare o un paesaggio rubato fra le tue cosce mentre infilavi le calze, e altre millemila cose. La poesia accade ed non è mai uguale. Forse, per la grandezza della Recherche dovuta alla complessità di Proust, direi che è meno banale coglierla”
    “Anche il fatto che sia meno banale, significa che è diversa, quindi.”
    “No Virginia, al contrario, siamo noi che troppe volte banalizziamo la poesia, e la raccontiamo anche dove non c’è. Questione di sensibilità.”
    “Vabbeh, ciao”, mi risponde sistemandosi il cappello ed esce.
    “E le mutande?, le chiedo.
    “E’ vero che la poesia accade ma, a volte, darle una spinta non guasta”, mi risponde chiudendo la porta.

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