Dicono che il liquido salato che è il nostro sangue altro non sia che l’interna sopravvivenza dell’elemento marino originario. Allo stesso modo, credo che Céleste – non solo nelle sue furie, ma anche nelle sue ore di depressione – serbasse il ritmo dei ruscelli del suo paese. Quando era sfinita, era come loro: veramente a secco. Niente, allora, avrebbe potuto ravvivarla. Poi, di colpo, nel suo grande corpo magnifico e leggero riprendeva la circolazione. L’acqua scorreva nella sua trasparenza opalina della sua pelle azzurrognola. Sorrideva al sole, e diventava ancora più azzurra. In quei momenti era davvero celeste.
M. Proust, Sodoma e Gomorra II
Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori
Céleste Albaret
“Mais il fallait d’abord finir; cela seul comptait. Le reste n’était que des choses matérielles, sans importance. Oui, la rue Hamelin fut bien sa dernière demeure. Il y a travaillé, travaillé sans relâche, souvent dans un froid de caveau. Et il s’y est tué”. Céleste Albaret, Monsieur Proust
Bellissimo!
Altrettanto belle, se ho ben capito, sono le 4 righe di Celeste su Monsieur Proust. Tutto quello che veramente gl’importava era finire la Recherche e, forse, è proprio quella che l’ha ucciso.
Credo che queste righe siano un vero segno di riconoscenza nei confronti di Céleste; e sì, ancora, l’ha ucciso la Recherche e “un froid de caveau”.
Quest’ulteriore conferma su chi ha ucciso Marcel, mi fa pensare che sarebbe meglio se anch’io smettessi di scrivere. Certo, farò disperare la letteratura, ma io sono anche messo peggio di Marcel perché oltre a non avere una governante, con il peggiorare della crisi, quest’inverno in tutta la mia casa ci sarà “un froid de caveau”. 🙁
Sarò la tua governante silente e invisibile. Puoi farcela a salvare in primis te stesso, e poi l’umanità da un vuoto letterario altrimenti incolmabile (perché rido?)
(eheh)