Il pomodoro n.1 e il pomodoro n. 2

Eravamo, Albertine e io, a Balbec, davanti alla stazione del trenino locale. A causa del maltempo, ci eravamo fatti accompagnare dalla vettura dell’albergo. Non lontano da noi c’era il signor Nissim Bernard, che aveva un occhio pesto. Da poco tempo tradiva il giovane coreuta di Athalie con il garzone d’una fattoria abbastanza avviata dei dintorni, Aux Cerisiers. Era un ragazzo rosso, dai tratti ruvidi, che dava assolutamente l’impressione d’avere come testa un pomodoro. Un pomodoro affatto identico serviva da testa a suo fratello gemello. Agli occhi dell’osservatore disinteressato, queste rassomiglianze perfette tra gemelli hanno una loro bellezza: è come se la natura, momentaneamente industrializzata, si fosse messa a sfornare prodotti in serie. Malauguratamente, il punto di vista di Nissim Bernard era un altro, e la rassomiglianza in questione era soltanto esteriore. Il pomodoro n. 2 si dedicava in modo esclusivo e frenetico a deliziare le signore, il pomodoro n. 1 non disdegnava di accondiscendere ai gusti di certi signori. Ora, ogni volta che il signor Bernard – scosso, come da un riflesso istintivo, dal ricordo delle ore piacevoli passate col pomodoro n. 1 – si presentava ai Cerisiers, miope com’era (e, d’altronde, non era necessario essere miopi per confonderli) il vecchio israelita, interpretando senza volerlo la parte di Anfitrione, si rivolgeva al fratello gemello e gli chiedeva: “Vuoi che ci vediamo stasera?”. La risposta immediata era una scarica di pugni. L’incidente si ripeté persino nel corso d’un medesimo pasto, quando gli capitò di continuare col secondo un discorso iniziato col primo. Alla lunga, gliene venne un tal disgusto, per associazione d’idee, verso i pomodori, compresi quelli commestibili, che se al Grand-Hôtel sentiva, al tavolo accanto, un cliente di passaggio ordinarne una porzione, gli sussurrava: “Vogliate scusarmi, signore, se mi rivolgo a voi senza conoscervi. Ma ho sentito che ordinavate dei pomodori. Sono marci, quest’oggi. Ve lo dico nel vostro interesse perché per me è del tutto indifferente, non ne prendo mai”. Lo straniero ringraziava con effusione quel vicino filantropo e disinteressato, richiamava il cameriere, fingeva d’aver cambiato idea: “No, decisamente, niente pomodori”. Aimé, che conosceva la scena, ne rideva tra sé e sé pensando: “Che vecchia volpe, il signor Bernard, è riuscito un’altra volta a far disdire l’ordinazione”.

M. Proust, Sodoma e Gomorra II

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Il pomodoro n.1 e il pomodoro n. 2ultima modifica: 2022-04-28T16:02:37+02:00da ellen_blue

3 pensieri riguardo “Il pomodoro n.1 e il pomodoro n. 2”

  1. ahahah, “pomodoro n.1 e n.2”, pensavo che fosse solo una tua licenza, invece Marcel, malgrado fosse consapevole che stava scrivendo qualcosa di grandioso non se ne è dato cura. Il tempo gli ha dato ragione, poteva permettersi di tutto.
    p.s.: “Aimé, che conosceva la scena, ne rideva…”, col tuo permesso, direi “Ahimé, chi” :))

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