Eppure, questa semplice situazione basta a dimostrare come anche una cosa universalmente esecrata, e che non troverebbe da nessuna parte un difensore, quale il pettegolezzo, abbia anch’essa – o perché, avendo per oggetto noi stessi, ci risulta particolarmente sgradevole, o perché ci fa scoprire, sul conto di un terzo, qualcosa che ignoravamo – un suo valore psicologico. Il pettegolezzo impedisce all’intelligenza d’addormentarsi sulla visione fittizia di ciò che essa crede la realtà e non è che l’apparenza. Rivolta quest’ultima con la magica destrezza di un filosofo idealista, presentandoci fulmineamente un angolo insospettato del rovescio della stoffa.
M. Proust, Sodoma e Gomorra II
Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori
mmm che bel pezzo questo del pettegolezzo che impedisce all’intelligenza di addormentarsi fino a confondere realtà e finzione… anche se… sì, credo che l’intelligenza invece ha anch’essa i suoi momenti di pausa o di sonno… magari è il pensiero quello che va un po’ in pausa… soprattutto quando comincia a intrecciare realtà e sogno… quando addormentandoci, si libera di noi e andandosene per cazzi suoi ricama storie… :))
“quando addormentandoci, si libera di noi e andandosene per cazzi suoi ricama storie”
è la funzione che prediligo…il pensiero vigile, perlomeno il mio, presenta sempre gli stessi scenari, ben di rado osa e quando lo fa, fa presto a lasciarsi raggelare dall’aforisma di Wilde “attento a ciò che desideri, potresti ottenerlo”.