Gli attributi divini delle ragazze del popolo

La nostra vettura procedeva svelta lungo i corsi, lungo i viali, i cui palazzi in fila, congelazione rosa di sole e di freddo, mi ricordavano le mie visite a Madame Swann, dolcemente illuminate dai crisantemi in attesa dell’ora delle lampade. Avevo appena il tempo di scorgere – attraverso il vetro dell’auto che, come la finestra della mia camera, mi separava da loro – una giovane fruttivendola, una lattaia in piedi davanti alla sua porta nella luce del sole, come un’eroina che il mio desiderio bastava a coinvolgere in deliziose peripezie sulla soglia d’un romanzo che non avrei mai conosciuto. Infatti, non potevo certo chiedere ad Albertine di fermarci, e già avevo perso di vista le giovani donne delle quali i miei occhi avevano appena percepito i lineamenti e accarezzato la freschezza nel vapore biondo in cui erano immerse. L’emozione che mi afferrava vedendo la figlia d’un vinaio dietro la cassa o una lavandaia intenta a chiacchierare per strada era la stessa che si prova nel riconoscere una dea. Da quando l’Olimpo non esiste più, i suoi abitanti vivono sulla terra. E quando, per i loro quadri mitologici, i pittori hanno fatto posare come Venere o Cerere delle ragazze del popolo addette ai mestieri più volgari, lungi dal commettere un sacrilegio hanno semplicemente aggiunto, restituito loro la qualità, gli attributi divini di cui erano state spogliate.

Marcel Proust, La Prigioniera

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Gli attributi divini delle ragazze del popoloultima modifica: 2022-08-25T15:41:45+02:00da ellen_blue

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