Il monocolo di Bloch

Ma torniamo, dopo questa anticipazione, a tre anni prima, cioè al ricevimento cui ci troviamo in casa della principessa di Guermantes. Stentai a riconoscere il mio compagno Bloch. […] In effetti, un’eleganza inglese aveva completamente trasformato la sua figura, e passato la pialla su tutto ciò che era possibile portarne via. I capelli, un tempo riccioluti, erano pettinati lisci con la riga in mezzo, e luccicavano di brillantina. Il naso era ancora robusto e rosso, ma sembrava più che altro tumefatto da una sorta di raffreddore perpetuo che poteva spiegare l’accento nasale con cui snocciolava pigramente le sue frasi, giacché aveva trovato, oltre che una pettinatura adatta al suo colorito, anche una voce per la sua pronuncia, in cui la rinolalia d’un tempo prendeva la sfumatura di un disdegno d’articolare che s’accordava con le pinne del suo naso. E grazie alla pettinatura, all’eliminazione dei baffi, all’eleganza, al tipo, alla volontà, quel naso ebreo scompariva, così come una gobba ben aggiustata sembra quasi dritta. Ma a cambiare il significato della sua fisionomia era soprattutto, al primo apparire di Bloch, un minaccioso monocolo. L’elemento di meccanizzazione che quel monocolo introduceva nel volto di Bloch lo dispensava da tutti gli ardui doveri cui un volto umano è soggetto, dovere d’essere bello, d’esprimere intelligenza, benevolenza, forza. La sola presenza di quel monocolo dispensava a priori dal chiedersi se il volto di Bloch fosse bello oppure no, come davanti agli oggetti inglesi di cui il commesso d’un negozio dice che sono “estremamente chic“, dopo di che non abbiamo più il coraggio di chiedere a noi stessi se ci piacciono.

Marcel Proust, Il Tempo ritrovato

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Il monocolo di Blochultima modifica: 2023-06-06T12:31:02+02:00da ellen_blue

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