Il duca di Guermantes

Il vecchio duca di Guermantes non usciva più, perché passava le sue giornate e le sue serate da lei. Ma oggi era venuto un momento per vedere lei, malgrado il fastidio di incontrare la moglie. Non mi ero accorto di lui, e certo non lo avrei riconosciuto se non me lo avessero indicato chiaramente. Non era più che un rudere, ma superbo, anzi meno ancora d’un rudere: quella bella cosa romantica che può essere una roccia nella tempesta. Sferzato da ogni parte dalle ondate di sofferenza, di collera del soffrire, di inarrestabile marea della morte che lo circondavano, il suo volto, sgretolato come un masso, serbava lo stile, la linea che avevo sempre ammirati; era corroso come una di quelle belle teste antiche in estrema rovina, ma di cui siamo estremamente felici di poter ornare il nostro studio. Sembrava semplicemente appartenere, rispetto a una volta, a un’epoca più antica, non solo a causa di ciò che aveva preso di ruvido e di rotto nella sua materia un tempo più brillante, ma perché all’espressione penetrante e vivace era succeduta, plasmata dalla malattia, un’involontaria, inconsapevole espressione di lotta contro la morte, resistenza, difficoltà di vivere. Le arterie, perduta ogni elasticità, avevano dato al viso, un tempo disteso, una durezza scultorea. E, senza che il duca se ne rendesse conto, svelava nella nuca, nella guancia, nella fronte aspetti in cui l’essere, come costretto ad aggrapparsi accanitamente a ciascun minuto, sembrava travolto da una tragica raffica, mentre le ciocche bianche della sua stupenda capigliatura, fattasi meno folta, schiaffeggiavano con la loro schiuma l’invaso promontorio del volto. E come quei riflessi strani, unici, che solo l’approssimarsi della tempesta in cui tutto verrà sommerso dà alle rocce rimaste sino a quel momento d’un altro colore, capii che il grigio plumbeo delle guance logore e irrigidite, il grigio quasi bianco e increspato delle ciocche sollevate, la fievole luce ancora concessa agli occhi che vedevano appena, erano colori non già irreali, semmai, al contrario, sin troppo reali, ma fantastici, e attinti alla tavolozza, inimitabile nelle sue nerezze spaventose e profetiche, della vecchiaia, della vicinanza della morte.

Marcel Proust, Il Tempo ritrovato

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Il duca di Guermantesultima modifica: 2023-06-17T12:39:22+02:00da ellen_blue

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