I biancospini

È nel mese di Maria che ricordo di aver cominciato ad amare i biancospini. Presenti non solo nella chiesa – così santa, ma nella quale avevamo il diritto di entrare -, posati persino sull’altare, inseparabili dai misteri alla cui celebrazione prendevano parte, essi insinuavano tra candelieri e vasi consacrati i loro rami che si tendevano, ciascuno connesso orizzontalmente all’altro, in un assetto festoso, resi ancor più sontuosi dai festoni del loro fogliame sul quale erano sparsi a profusione, come su uno strascico nuziale, mazzolini di boccioli d’un colore abbagliante. Senza osare guardarli se non di sfuggita, io avevo tuttavia la sensazione che quegli arredi sfarzosi fossero vivi e che la natura stessa, frastagliando in quel modo le foglie e aggiungendovi l’ornamento supremo di quei boccioli bianchi, avesse reso la decorazione degna di quella che era ad un tempo una festa popolare e una solennità mistica. Più in alto, qua e là, s’aprivano con grazia noncurante le loro corolle, trattenendo così sbadatamente, come un ultimo, vaporoso paramento, il fascio di stami, sottili come fili della Vergine, dal quale erano tutte avvolte, che nel seguire, nel cercar di mimare dentro di me il gesto della loro fioritura, io l’immaginavo come il volgere di testa rapido e sventato, con sguardo civettuolo, con affilate pupille, di una bianca fanciulla distratta e viva. […] Quando al momento di lasciare la chiesa, mi inginocchiai davanti all’altare, tutt’a un tratto, rialzandomi, sentii che i biancospini esalavano un odore dolceamaro di mandorle, e mi accorsi che sui fiori c’erano delle piccole zone più chiare sotto le quali mi figurai che dovesse essere nascosto quell’odore, come l’aroma di una torta sotto le parti più gratinate o quello delle gote di Mademoiselle Venteuil sotto le loro efelidi. Nonostante la silenziosa immobilità dei biancospini, quell’odore intermittente era come il mormorio della loro intensa esistenza e l’altare ne vibrava come in campagna una siepe visitata da viventi antenne, alle quali facevano pensare certi stami quasi rossi che sembravano aver conservato la violenza primaverile, il potere irritante di insetti ora mutati in fiori.

[Marcel Proust, Alla Ricerca del tempo perdutoDalla parte di Swann, traduzione di Giovanni Raboni, I Meridiani Mondadori ] pp. 136-137-138-139

I biancospiniultima modifica: 2023-09-07T12:32:15+02:00da ellen_blue

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