Il parco di Swann

Sostammo un poco davanti alla staccionata. La stagione dei lillà s’avvicinava alla fine; alcuni reggevano ancora, come alti lampadari color malva, le bolle delicate dei loro fiori; ma, in molte zone del fogliame, dove, ancora una settimana prima, dilagava la loro mousse odorosa, appassiva ora, rattrappita e annerita, una schiuma vuota, secca e senza profumo. Il nonno faceva notare a mio padre in che cosa l’aspetto del luogo era rimasto identico e in che cosa era mutato dalla sua passeggiata con il signor Swann, il giorno che a questi era morta la moglie, e colse l’occasione per raccontarla una volta di più.

Davanti a noi, un viale bordato di nasturzi saliva in pieno sole verso il castello. A destra, invece, il parco si stendeva pianeggiante. C’era, all’ombra dei grandi alberi che lo circondavano, uno specchio d’acqua, che avevano fatto scavare i genitori di Swann; ma nelle sue creazioni più artificiose è pur sempre sulla natura che l’uomo lavora; intorno a certi luoghi vige sempre il loro speciale dominio, le loro insegne immemorabili trionfano in mezzo a un parco come in un luogo remoto da qualsiasi intervento umano, in una solitudine che torna ovunque a circondarle scaturendo dalle necessità della loro esposizione e sovrapponendosi all’opera dell’uomo. Così, ai piedi del viale che sovrastava lo stagno artificiale, s’era formata su due file, intrecciate di miosotidi e pervinche, la corona naturale, azzurra e delicata che cinge la fronte cangiante delle acque, e il gladiolo, flettendo le sue spade con regale abbandono, stendeva sull’eupatorio e sul ranuncolo dall’umido gambo i gigli in brandelli, viola e gialli, del suo scettro lacustre.

[Marcel Proust, Alla Ricerca del tempo perdutoDalla parte di Swann, traduzione di Giovanni Raboni, I Meridiani Mondadori ] pp. 166-167

Nous nous arrêtâmes un moment devant la barrière. Le temps des lilas approchait de sa fin ; quelques-uns effusaient encore en hauts lustres mauves les bulles délicates de leurs fleurs, mais dans bien des parties du feuillage où déferlait, il y avait seulement une semaine, leur mousse embaumée, se flétrissait, diminuée et noircie, une écume creuse, sèche et sans parfum. Mon grand-père montrait à mon père en quoi l’aspect des lieux était resté le même, et en quoi il avait changé, depuis la promenade qu’il avait faite avec M. Swann le jour de la mort de sa femme, et il saisit cette occasion pour raconter cette promenade une fois de plus.
    Devant nous, une allée bordée de capucines montait en plein soleil vers le château. À droite, au contraire, le parc s’étendait en terrain plat. Obscurcie par l’ombre des grands arbres qui l’entouraient, une pièce d’eau avait été creusée par les parents de Swann ; mais dans ses créations les plus factices, c’est sur la nature que l’homme travaille ; certains lieux font toujours régner autour d’eux leur empire particulier, arborent leurs insignes immémoriaux au milieu d’un parc comme ils auraient fait loin de toute intervention humaine,dans une solitude qui revient partout les entourer, surgie des nécessités de leur exposition et superposée à l’œuvre humaine. C’est ainsi qu’au pied de l’allée qui dominait l’étang artificiel, s’était composée sur deux rangs, tressés de fleurs de myosotis et de pervenches, la couronne naturelle, délicate et bleue qui ceint le front clair-obscur des eaux, et que le glaïeul, laissant fléchir ses glaives avec un abandon royal, étendait sur l’eupatoire et la grenouillette au pied mouillé les fleurs de lis en lambeaux, violettes et jaunes, de son sceptre lacustre.
Il parco di Swannultima modifica: 2023-10-04T12:32:10+02:00da ellen_blue

4 pensieri riguardo “Il parco di Swann”

  1. Di Vollmann ce ne sono almeno cento, di Proust uno soltanto, e non credo d’essere di parte affermando che il nostro è imbattibile per quanto riguarda descrizioni e metafore. A proposito di queste ultime mi torna in mente un tipo che tanto tempo fa scriveva su Libero e che con le metafore ci sapeva fare. Un bel giorno sparì senza uno straccio di spiegazione e dire che, essendo bravo a lasciar trasparire attraverso le parole il sotteso, avrebbe potuto affidare il suo commiato proprio a una figura retorica. Non per stupire una volta di più, ma solo per salutare le persone che gli avevano voluto bene.

    1. A proposito di Libero, sono stato anch’io così. Le tre o quattro volte in cui sono uscito non ho mai scritto post d’addii o d’arrivederci. Un po’ come te quando chiudi un blog. Te n’accorgi perché passandoci c’è la serranda chiusa e neanche più l’insegna 🙂 Il bene, credo che rimanga ed al saluto si può rimediare per altre vie.
      In difesa dei librai che devono pur campare, meno male che di Proust ce n’è solo uno :)))

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