Come un chirurgo

C’era in me un personaggio più o meno in grado di guardare, ma era un personaggio intermittente, che riprendeva vita solo quando si manifestava qualche essenza generale, comune a parecchie cose, che costituiva il suo nutrimento e la sua gioia. Il personaggio, allora, guardava e ascoltava, ma solo a una certa profondità, di modo che l’osservazione non ne traeva profitto. Come un geometra, spogliando le cose delle loro qualità sensibili, non vede che il loro substrato lineare, a me sfuggiva quel che raccontava la gente, perché ad interessarmi non era ciò che essi volevano dire, ma il modo in cui lo dicevano, in quanto rivelatore del loro carattere e dei loro lati ridicoli; o, meglio ancora, un oggetto che era sempre stato più particolarmente il fine della mia ricerca, perché mi dava un piacere specifico: il punto che un essere e un altro avevano in comune. Era solo quando coglievo questo punto che la mia mente – fino ad allora sonnecchiante pur dietro l’attività apparente della mia conversazione, che mascherava per gli altri, con la sua vivacità, un assoluto torpore mentale – si metteva di colpo gioiosamente in caccia; ma ciò che allora inseguiva – per esempio l’identità del salotto Verdurin attraverso i diversi tempi e luoghi – era situato a una profondità media, al di là dell’apparenza in quanto tale, in una zona un po’ più arretrata. Per questo il fascino apparente, copiabile, degli esseri mi sfuggiva, non avendo io la facoltà di fermarmi ad esso, come un chirurgo che sotto un liscio ventre di donna vedesse il male interno che lo rode. Avevo un bell’andare fuori a pranzo: non vedevo i commensali perché, credendo di guardarli, li radiografavo.

Marcel Proust, Il Tempo ritrovato

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Come un chirurgoultima modifica: 2023-03-17T12:36:47+01:00da ellen_blue

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