A partire da quella sera, Swann capì che il sentimento nutrito un tempo per lui da Odette non sarebbe mai rinato, che le sue speranze di felicità non si sarebbero mai avverate. E i giorni in cui, per caso, lei gli si mostrava ancora gentile e tenera, e aveva qualche attenzione nei suoi confronti, registrava quei segni apparenti e ingannevoli di un lieve ritorno verso di lui con la sollecitudine commossa e scettica, con la gioia disperata di chi, assistendo un amico giunto agli ultimi giorni di una malattia incurabile, riferisce come sintomi preziosi – “Ieri ha fatto i conti da solo e si è accorto di un nostro errore di addizione; ha mangiato volentieri un uovo, se lo digerisce bene domani proveremo con una costoletta” – degli episodi che pure sa destituiti di significato alla vigilia di una morte inevitabile. Swann, senza dubbio, era convinto che se si fosse trovato, ora, a vivere lontano da lei, Odette avrebbe finito con il diventargli indifferente, e sarebbe stato dunque contento che lei lasciasse Parigi per sempre; il coraggio di restare, lui, l’avrebbe avuto; ma non aveva quello di partire.
M. Proust, Un amore di Swann
Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori
Ornella Muti nel film Un amore di Swann