Se Swann fosse sopraggiunto allora, prima che la riprendessi quella lettera della cui sincerità io trovavo insensato da parte sua non essere persuaso, avrebbe forse constatato che era lui ad avere ragione. Infatti, avvicinandomi a Gilberte che, abbandonata sulla sedia, mi diceva di prendere la lettera e non me la porgeva, mi sentii così attratto dal suo corpo che le dissi: “Su, impeditemi di prenderla, vedremo chi è il più forte”.
Se la nascose dietro la schiena, io le passai le mani dietro il collo, sollevando le trecce che portava sulle spalle, sia che ne avesse ancora l’età, sia che sua madre volesse farla sembrare più a lungo bambina per ringiovanire a sua volta; lottavamo inarcando i nostri corpi. Io cercavo di attirarla, lei resisteva; i suoi pomelli infiammati dallo sforzo erano rossi e tondi come ciliege: rideva come se le facessi il solletico; la tenevo stretta fra le gambe come un arbusto sul quale volessi arrampicarmi; e nel mezzo di questa ginnastica, senza che ne venisse accresciuto l’affanno provocato dall’esercizio muscolare e dall’ardore del gioco, sparsi, come poche gocce di sudore spremute dalla fatica, il mio piacere, sul quale non potei indugiare nemmeno il tempo necessario ad assaporarlo; immediatamente mi impadronii della lettera. Allora, Gilberte mi disse con bontà: “Sapete, se volete possiamo lottare ancora un po’”
Forse aveva oscuramente avvertito che il mio gioco mirava a uno scopo diverso da quello confessato, ma non s’era resa conto che l’avevo raggiunto. E io, temendo che se ne fosse accorta (e un certo moto retrattile e contenuto di pudore offeso, che aveva avuto un attimo dopo, mi fece pensare di non averlo temuto a torto), accettai di lottare ancora, per paura che potesse credere che non mi fossi prefisso altro scopo all’infuori di quello dopo il quale avevo solo voglia di starmene tranquillo accanto a lei.
M. Proust, Intorno a Madame Swann
Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori
sparsi, come poche gocce di sudore spremute dalla fatica, il mio piacere, sul quale non potei indugiare nemmeno il tempo necessario ad assaporarlo; immediatamente mi impadronii della lettera. Allora, Gilberte mi disse con bontà: “Sapete, se volete possiamo lottare ancora un po’”
Chiamala bontà, io avrei detto “con speranza”. Spero per il narratore che Gilberta non abbia capito 🙂
Gilberte era attratta dal narratore, quindi sì, “con speranza” ci sta 🙂