Le diverse forme del dispiacere amoroso

Nei periodi in cui, pur affievolendosi, il dolore persiste, occorre distinguere fra quello provocato dal pensiero costante della persona in se stessa e quello riacceso da determinati ricordi: una frase cattiva che le abbiamo sentito pronunciare, un certo verbo che ha usato in una lettera. Riservandoci di descrivere, in occasione d’un ulteriore amore, le diverse forme del dispiacere amoroso, diciamo che, fra quelle due, la prima è infinitamente meno crudele della seconda. Questo dipende dal fatto che la nostra nozione della persona, sempre viva in noi, risulta impreziosita dall’aureola che non tardiamo a conferirle, e rimane improntata, se non dalle frequenti dolcezze della speranza, perlomeno dalla calma di una tristezza permanente.

M. Proust, Intorno a Madame Swann

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Le diverse forme del dispiacere amorosoultima modifica: 2021-08-21T06:41:06+02:00da ellen_blue

15 pensieri riguardo “Le diverse forme del dispiacere amoroso”

  1. Sì, la differenza sta proprio in quella tristezza permanente che sicuramente è meno pungente del dolore momentaneo di una frase cattiva. Si potrebbe dire che il dolore momentaneo può anche essere lancinante ma dura poco, quello del pensiero costante non è lancinante, ma è una convivenza.

    Sai che a leggere questi ritagli, intendo quelli brevi, che poi sono quelli in cui Proust riesce ad essere particolarmente denso con frasi tipo: “rimane improntata, se non dalle frequenti dolcezze della speranza, perlomeno dalla calma di una tristezza permanente”, credo che lui abbia influito molto nel tuo modo di scrivere. Soprattutto quando, allo stesso modo, tu addensi tutto un momento, tutto un fatto, tutta un’emozione o un pensiero anche complesso in sole dieci parole.

  2. Sì, sono incline alla sintesi anche quando non lo vorrei, al contrario di te che definisco prolisso solo per scherzare. E in questo, nella cura dei dettagli, nel voler andare in profondità come a restituire un’immagine filmica del tuo narrare, tu somigli a lui. (volevo dirtelo da un po’).

    1. No, stavolta, per una volta, quando ho detto “credo che lui abbia influito molto nel tuo modo di scrivere. Soprattutto quando, allo stesso modo, tu addensi tutto un momento, tutto un fatto, tutta un’emozione o un pensiero anche complesso in sole dieci parole”, non volevo che tu mi rispondessi restituendomi la palla con la quale torni su di me – sei sempre benvenuta eh 🙂 – ma volevo che ti soffermassi su di te e non sulla tua capacità di sintesi, ma su quella di “addensare” in poche parole il tanto. Quell’addensare che è molto più della sola sintesi. Ad esempio, questo:

      “Nell’anfrattuosità del muro, quella creata dalla portafinestra che dà sul giardino, quando la stanza è screziata d’arancione ma è ancora presto perché il tramonto abbia la meglio, talvolta cerco un dialogo più intimo con ciò che le restrizioni del raziocinio inibiscono. Ora, poiché in ogni fantasia che si rispetti c’è un fase euforica che ci sottrae alla dittatura del presente e ci inchioda in una dimensione di straniante felicità, le promesse che si levano da quegli scenari non saranno flatus vocis, per cui darsi a un amante immaginario farà sì che il muscolo irrigidito dalla sottrazione al piacere torni a farsi carico di un congiungimento estremamente sconveniente, gioiosamente sacrilego. In tutto simile alla pioggia che, rotti gli indugi, scendendo trova il suo ritmo.”

      Oppure, questo:

      “Ora, c’è poca vivacità dialettica quando il pensiero orizzontale, che mai si sottrae al rigore del realismo, incrocia il pensiero verticale, propenso ad aprirsi all’imponderabile; però, mentre l’accompagnavo all’ascensore, le ho chiesto se i suoi ricordi in merito alla mia intelligenza d’antan non fossero stati alterati dal tempo. Tranquilla, mi ha risposto. Se anche fosse, sarebbe una questione triviale. Ognuno ha il suo destino.

      O questo:

      “L’eclissi a compensare frustrazioni e risentimento, e punire l’apparente inconsapevolezza dell’altro. Perfetto. I più poetici parlano di intermittenze del cuore, o di un prima e un dopo sottratto al divenire. Sarà. Per me l’amore è il miracolo del riconoscimento, e quando l’altro diventa un estraneo, è inutile convertirsi in esegeti col fine di giustificare opacità che possano dar vita a nuovi equilibri. Meglio vanire, che non è dar prova della propria debolezza. È esattamente il contrario.”

      O, ancora, questo:

      “Ogni individuo è un viaggio tra retroscena e quotidianità, irrealtà e assolutezza. Un viaggio che può diventare odissea persino quando i metri da percorrere sono quelli che dividono il tinello dal letto. Tra Troia e Itaca, in base all’imponderabilità della vita, l’uomo indossa ora le vesti dell’eroe, ora quelle dell’errante. Vittorioso a volte, più spesso perdente. Realmente resiliente mai.”

      E questo:

      “Il languore postprandiale attiene per natura alla digestione, ma l’aspetto edenico dello stesso trova compimento nella lettura, da sempre piacere primigenio che raggiunge l’apoteosi nei grigi pomeriggi d’inverno. Quando la scelta si rivela azzeccata, non c’è riga che non partecipi della mia bulimia, non c’è pagina che non mi induca a procrastinare ogni altra incombenza. È come se il tempo rallentasse, e infine cristallizzasse in una specie di innocente impostura.”

      E tant’altro ancora.
      Qualunque cosa aggiungessi, sarebbe sporcare tutta questa bellezza. La tua, che non è solo questa.

  3. Allora, che sia un grande non si discute e ti dirò, come sto facendo, man mano che leggerò. Credo però che, nella sua grandezza, abbia commesso un errore ovvero non tanto quello di sopravvalutarsi perché poteva permetterselo, ma quello di non capire che la brillantezza che poteva raggiungere e raggiunge in tante pagine, non puoi mantenerla sempre perché ci sono giorni dove sarebbe meglio non mettersi proprio a scrivere. Per questioni umorali o altro e, in quei giorni, non c’è bravura che tenga.
    Questo è quello che trovo in molte passaggi dove diventa faticoso da leggere, ed io leggo pagine in modo saltuario. Ci sono passaggi veramente faticosi, dove, se voglio comprenderli (e voglio) devo tornarci sopra e rileggere. [Lo so, mi stai dicendo “e non pensi che il limite sia tuo e non suo?”, certo che lo penso :))].

    1. Non mi stupisce che tu trovi difficoltoso leggere alcune pagine, perché al di là dell’individuazione del significato, è arduo seguire il filo del discorso quando i periodi sono lunghi (in alcuni casi quasi l’intera pagina prima del punto finale) con l’aggravante degli incisi, delle citazioni e di tanto altro ancora di non immediata fruizione per il lettore contemporaneo. (Tra l’altro le pagine davvero pesanti non compariranno mai in questo blog). Ma quando dici che “ci sono giorni dove sarebbe meglio non mettersi proprio a scrivere”, beh, questo vale per i comuni mortali ma non per Proust, perché c’ha impiegato circa 13 anni per scrivere La Recherche, rivedendola e correggendola senza risparmiarsi, e quindi ciò che al lettore risulta ostico viene da un suo limite, come già anticipato da te. Inoltre, tieni presente che qui leggi degli estratti che, sebbene lunghi, appartengono a contesti molto ampi. Detto ciò, non credere che non sia difficile anche per me; spesso, quando devo scegliere i paragrafi da riportare qui, devo leggerli almeno due volte, poi li copio e li rileggo almeno altre due volte… Ma lo faccio per amore, e sono ripagata ampiamente dello sforzo. 🙂

      1. Non fa una piega tutto quanto hai detto. Lineare e coerente. Ancor più vero quello che dici sulla “tua” selezione e scelta delle pagine che riporti [qui ci torneremo man mano :)]
        E’ indubbio che è un gran bel lavoro quello che stai facendo e mi chiedo “Ma lo faccio per amore, e sono ripagata ampiamente dello sforzo.

    1. mmm qualcuno mi boicotta 🙂
      “Ma lo faccio per amore, e sono ripagata ampiamente dello sforzo”, se non sono indiscreto, m’incuriosiva sapere come ti ripaga Marcel. Se poi l’ampiamente sottintendesse i centimetri allora non voglio nemmeno saperlo perché proverei invidia :)))

  4. Mi commuove, mi fa compagna e, incredibile a darsi, mi fa ridere…purtroppo non ho riportato le pagine in cui il nostro dà il meglio di sé per bastonare il bel mondo a cui pure apparteneva 🙂 Centimetri? che volgarita! 😉

Lascia un commento

Se possiedi già una registrazione clicca su entra, oppure lascia un commento come anonimo (Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato ma sarà visibile all'autore del blog).