Sulle fanciulle in fiore

Tutt’a un tratto, mi ricordai della giovane bionda dall’espressione malinconica che, a Rivebelle, mi aveva guardato per un istante. Molte altre, quella sera, mi erano parse attraenti, ma adesso era lei sola a staccarsi dal fondo del mio ricordo. Mi sembrava che m’avesse notato, m’attendevo che un cameriere di Rivebelle venisse a portarmi un suo messaggio. Saint-Loup non la conosceva, e pensava che fosse una donna perbene. Sarebbe stato molto difficile vederla con assiduità. Ma ero pronto a tutto pur di riuscirci, non pensavo più che a lei. La filosofia parla spesso di atti liberi e atti necessari. Forse non c’è atto più completamente subìto di quello che, in virtù d’una forza ascensionale compressa durante l’azione, fa sì che, messo a riposo il pensiero, un ricordo fino allora livellato agli altri dalla forza oppressiva della distrazione risalga di slancio, giacché più d’ogni altro conteneva, a nostra insaputa, un fascino di cui ci accorgiamo soltanto ventiquattr’ore dopo. E nemmeno c’è atto, forse, più libero di questo, ancor sciolto dall’abitudine, da quella sorta di mania mentale che, in amore, favorisce l’esclusivo rinascere dell’immagine di una determinata persona.

[…]

Rispetto a quei giorni così diversi da quello in cui le avevo viste sulla diga, così diversi eppure così vicini, si abbandonavano ancora al riso, come avevo potuto constatare il giorno prima, ma a un riso che non era più quello, intermittente e quasi automatico, dell’infanzia, sorta di scatto spasmodico nel quale, allora, si tuffavano di continuo tutte le loro teste, simili agli addensamenti di vaironi che, nelle acque della Vivonne, si disperdevano e sparivano per riformarsi un attimo dopo.

[…]

Amandole tutte, non ne amavo nessuna, eppure la possibilità di incontrarle era, per le mie giornate, la sola fonte di delizia, l’unica che facesse nascere in me speranze capaci di infrangere ogni ostacolo, speranze cui spesso, se non le avevo viste, subentrava la rabbia. Le fanciulle, in quel momento, eclissavano ai miei occhi la nonna; un viaggio che avesse avuto come meta un luogo in cui ci fossero state loro m’avrebbe subito arriso. A loro il mio pensiero s’era piacevolmente aggrappato quando m’era parso di pensare a qualcos’altro, o a niente. Ma quando, anche senza saperlo, le pensavo, esse, ancora più inconsciamente, erano per me le ondulazioni montuose e azzurre del mare, il profilo d’una sfilata sullo sfondo del mare. Era il mare che, arrivando in qualche città dove ci fossero state loro, avrei sperato di ritrovare. L’amore più esclusivo per una persona è sempre amore di qualcos’altro.

M. Proust, Nomi di paesi: il paese

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Mona Kristensen – Film, biografia e liste su MUBI

 

Sulle fanciulle in fioreultima modifica: 2021-09-21T16:51:22+02:00da ellen_blue

7 pensieri riguardo “Sulle fanciulle in fiore”

  1. Ha ragione lei, alle volte Marcel, come stavolta, sei magico. Ti ho letto tutto d’un fiato, anche grazie ai due omissis […] di Ellen, quella capace di togliere il superfluo e riannodare i pezzi facendoli scorrere come un ruscello di montagna. Solo l’ultima frase, rileggendola più volte, da un lato bellissima nel contesto a cui sei arrivato, da un altro lato, ripensando alla tua frase iniziale: “Molte altre, quella sera, mi erano parse attraenti, ma adesso era lei sola a staccarsi dal fondo del mio ricordo.”, e legandola nel mio immaginario a: “Amandole tutte, non ne amavo nessuna”, l’ho riscritta a modo mio, passando dal tuo contesto al mio:
    “Quando l’amore diventa sempre più esclusivo per una persona, non chiedertelo più. Sei arrivato.”

  2. Va bene, ti vengo incontro ma, non montarti la testa, lo faccio solo perché stamattina sono di buon umore. Riformulo:
    “Ha ragione lei, spesso Marcel, come stavolta, sei magico.”

    1. Tutt’a un tratto, mi ricordai della donna bionda dall’espressione malinconica che, a Rivebelle, mi aveva guardato per un istante. Molte altre, quella sera, mi erano parse attraenti, ma adesso era lei sola a staccarsi dal fondo del mio ricordo. Non pensavo più che a lei. La filosofia parla spesso di atti liberi e atti necessari. Il mio venirle incontro era stato era stato sicuramente un atto libero, sperando, nella necessità di avvicinarla a me, nella sua gratitudine,. Convenni, per questo, che il mio era stato un atto a metà fra quello libero e quello necessario e la filosofia non fa sconti. Come non me ne fece lei che, pur nella gentilezza della risposta, mi disse, chiaro e tondo, che il mio “spesso” lo coglieva solo come acconto in attesa del saldo per arrivare al “sempre”. Nessuno sconto, quando c’era di mezzo il suo amante.

  3. Quel suo venirmi incontro conteneva, a mia insaputa, un bisogno di cui mi accorsi soltanto ventiquattr’ore dopo. Quello di sentirmi più vicina. (Marcel, perdonami se puoi)

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