Il ritorno di Albertine

All’improvviso, senza ch’io avessi sentito suonare, Françoise aprì la porta, introducendo Albertine che entrò sorridente, silenziosa e grassoccia, contenendo nella plenitudine del suo corpo, pronti perché continuassi a viverli, venuti sino a me, i giorni passati in quella Balbec dove non ero più ritornato.

[…]

Ma adesso si faceva fatica a riconoscerla. Liberi dal vapore roseo che allora li alonava, i suoi lineamenti avevano acquistato un risalto scultoreo. Aveva un altro viso o, meglio, aveva finalmente un viso; il suo corpo era cresciuto. Restava ben poco, ormai, della guaina che l’aveva avvolta e sulla cui superficie, a Balbec, la sua forma futura si disegnava appena.

[…]

Contrariamente al normale svolgimento delle sue vacanze, quell’anno Albertine arrivava direttamente da Balbec, e c’era stata, perdipiù, molto meno a lungo del solito. Era parecchio tempo che non la vedevo. E poiché non conoscevo, nemmeno di nome, le persone che frequentava a Parigi, non sapevo niente di lei durante i periodi in cui non veniva a trovarmi.

[…]

Questa volta, tuttavia, certi segnali sembravano indicare che qualcosa di nuovo, nella sua vita, fosse accaduto. Ma, forse, se ne doveva semplicemente inferire che all’età che aveva allora Albertine si cambia molto rapidamente.

[…]

C’erano, in lei, novità più attraenti; sentivo, nella stessa graziosa fanciulla ch’era venuta a sedersi accanto al mio letto, qualcosa di diverso, e nelle linee per il cui tramite, nello sguardo e nei tratti del volto, si esprime la volontà abituale, un cambiamento di fronte, una semiconversione, come se fossero andate distrutte le resistenze contro le quali m’ero schiantato a Balbec, la sera ormai lontana in cui formavamo una coppia simmetrica ma inversa rispetto all’attuale, perché allora era lei ad essere coricata e io accanto al suo letto.

[…]

Certo, non ero affatto innamorato di Albertine: figlia della nebbia che regnava oltre i vetri, poteva solo soddisfare il desiderio dell’immaginazione che il nuovo tempo aveva risvegliato in me e che era una via di mezzo fra i desideri cui vengono incontro le arti della cucina e quelle della scultura monumentale, giacché mi faceva sognare, insieme, sia di mischiare alla mia carne una materia diversa e calda, sia di attaccare in un qualche punto al mio corpo disteso un corpo divergente…

M. Proust, La parte di Guermantes II

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

David Hamilton | missi

Il ritorno di Albertineultima modifica: 2021-12-13T09:40:12+01:00da ellen_blue

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