Bergotte, che trasmutava l’oro in carezze e le carezze in oro

Appresi che, quel giorno, era sopravvenuta una morte per me molto dolorosa, quella di Bergotte. (…) Erano anni che Bergotte non usciva più di casa. D’altronde, non gli era mai piaciuto andare in società, o forse un solo giorno, per disprezzarla come tutto il resto e nello stesso modo che gli era caratteristico, cioè disprezzando non perché non si può ottenere, ma non appena si è ottenuto. Viveva con tanta semplicità che nessuno sospettava quanto fosse ricco, e d’altra parte, se lo si fosse saputo, si sarebbe caduti in un altro equivoco, quello di crederlo avaro, mentre mai nessuno fu così generoso. Lo era soprattutto con le donne o, per meglio dire, con le ragazzine, che si vergognavano di ricevere tanto in cambio di così poco. Lui se ne scusava con se stesso perché sapeva di non poter mai produrre tanto bene come nell’atmosfera creata dal sentirsi innamorato. L’amore – no, è troppo; il piacere conficcato un po’ a fondo nella carne è propizio al lavoro letterario perché annienta altri piaceri, per esempio i piaceri mondani che sono gli stessi per tutti. E anche se comporta, questo amore, qualche delusione, perlomeno, in tal modo, agita la superficie dell’anima, che altrimenti rischierebbe di diventare stagnante. Il desiderio, dunque, non è inutile per lo scrittore, innanzitutto perché lo allontana dagli altri uomini e lo distoglie dal conformarsi ad essi, e poi perché restituisce un po’ di moto a una macchina spirituale che, passata una certa età, tende a immobilizzarsi. Non si arriva fino al punto di essere felici, ma si fa qualche scoperta sulle ragioni che ci impediscono di esserlo, e che ci sarebbero rimaste invisibili senza questi bruschi spiragli aperti dalla delusione. I sogni, si sa, non sono realizzabili; ma non ne faremmo, forse, senza il desiderio, e farne è utile perché li vediamo crollare e il loro crollo risulta istruttivo. Così, Bergotte si diceva: “Spendo, per delle ragazzine, più di un multimilionario, ma grazie ai piaceri o alle delusioni che mi procurano riesco a scrivere un libro che mi fa guadagnare del denaro”. Ragionamento economicamente assurdo; ma è probabile che Bergotte trovasse una qualche attrattiva nel trasmutare l’oro in carezze e le carezze in oro. E poi, abbiamo visto, al momento della morte di mia nonna, che la sua vecchiaia affaticata amava il riposo. Ora, in società non c’è altro che la conversazione. È una conversazione stupida, ma che ha il potere di sopprimere le donne, riducendole a domande e risposte. Al di fuori della società, le donne ridiventano qualcosa di riposante per il vecchio stanco: un oggetto di contemplazione.

Marcel Proust, La Prigioniera

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

David Hamilton - Edition Agep - LastDodo

Bergotte, che trasmutava l’oro in carezze e le carezze in oroultima modifica: 2022-09-01T12:44:40+02:00da ellen_blue

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