Durante la notte un sogno particolare mi raggiunse.
Ero nel mio letto quando ad un tratto sentii un intenso profumo di gelsomino crescermi tutt’attorno. D’impulso guardai verso la finestra spalancata del balcone e mi accorsi d’una pianta che fin da terra giungeva ad ornare l’intera ringhiera.
Sentii una voce femminile rivolgersi a me con gentilezza:
-"Buonasera"- mi disse -"spero di non averla disturbata"- guardai e non vidi nessuno ma comunque, ormai abituato alle stranezze di quel posto, decisi di rispondere egualmente:
-"Mi sono svegliato sentendo questo intenso profumo di gelsomino..."-
-"...ooooh - m’interruppe la voce -se la disturba, allora, mi lascerò seccare"-
-"No, no,"- interruppi a mia volta-"...allora...- dissi con un po’ di titubanza -...questa è la voce del gelsomino.."-
-"Gelsomina, per l’esattezza - e sentii un tono ancora più deferente e cordiale - ho con me....un....suo amico... che vorrebbe salutarla"- scesi dal letto e mi diressi sul balcone.
Aggrappato al tronco del gelsomino, o per meglio dire, di "Gelsomina" c’era una pianta di lillà
-"Salve" - disse una gioviale voce maschile vedendomi arrivare
-"Salve"- risposi io -"ci......conosciamo?"-
-"Perbacco se ci conosciamo!! Non ti ricordi di me?"-
-"Veramente...."-
-"Ma come! Siamo stati compagni di giochi per tanto tempo! E non solo di giochi....-disse con tono un po’ malizioso -...ah, se queste foglie potessero parlare!"- disse con un finto sospiro.
-"Io però- ripresi a dire - non mi ricordo di te"-
-"Ti sei fatto vecchio caro mio! - riprese la pianta un po’ canzonatoria -ero pianta di lillà che ornava la scala quando tu eri bambino"- lo guardai stupito
-"....tu....sei la pianta di lillà....e come ci sei arrivato qui.....non sono mica due passi sai? è ben lontana quella casa, son più di mille e cinquecento chilometri!"-
-"Perché - rispose la pianta allegramente - pensi che solo voi uomini potete viaggiare? D’altra parte ci sei arrivato benissimo anche tu, mi pare! Sono stati molti cicli di vita, il primo polline fu trasportato dal vinto in una zona poco lontana, poi fu ancora il vento che mi portò da quella in un’altra posto dove fiorii. Una signora a cui piacevano i miei fiori fece una talea e mi ripiantò in un’altra terra più lontana, poi fu il vento, e ancora una talea...un bella storia, non ti pare? Eeeh ne avrei di cose da raccontare!! A proposito come sta quella ragazza...aspetta, come si chiama....-aveva un tono scherzoso -...ma si - fingendo sempre di non ricordare bene - ..quella di quel pomeriggio che pioveva a dirotto....-
- Ma ti pare che siano storie da raccontare adesso? - gli domandai con un certo imbarazzo, cercando di troncare il discorso - e poi come fai a ricordartene?"-
-"Beh, infondo è stata tua l’idea di svegliarla la mattina dopo coprendole i seni con i miei petali....e poi - continuò fingendo uno sforzo con la memoria-....mi pare di ricordare che li mettesti anche in un’altra parte..."-
-"Oooh - lo zittii con un certo imbarazzo - ma sai che sei un bel chiacchierone? Chi te la dà tutta questa memoria?"-
-"Va bè. Va bè, - disse lui conciliante - sono storie lontane, diciamo, passate, aaah, ma che sciocco che sono! -esclamò - non ti ho presentato la mia compagna, Gelsomina?"- -"veramente - gli dissi - è stata lei a presentarsi e a presentarti!! Sei fatto vecchio anche tu..."- risposi scherzosamente
-"ah, vero, vero!"-
-"Piuttosto- dissi io - non è che siete stati troppo vicini? Gelsomina ha dei fiori di colore un poco lilla ed i tuoi sono piuttosto sbiaditi, si direbbe che entrambi abbiate i fiori del medesimo colore..."-
-"Te ne sei accorto? Belli vero? Questo è il miracolo del nostro amore, anzi,- disse serio e quasi solennemente - per essere sinceri, questo è il miracolo dell’amore in generale"-
-"Vuoi dire- soggiunsi un poco ironicamente - che ci si innamora solo quando si fanno i fiori dello stesso colore?"-
-"Voglio dire una cosa che non sai- rispose i lillà un poco alterato - che dall’amore dipende il fatto che i nostri fiori abbiano lo stesso colore.... Tu lo sai come ci si innamora?"-
-"Oh, beh, - gli risposi - sono un’autorità in materia! Anzi, ho una mia teoria...."- mi interruppe il lillà
-"Non sarà ancora quella dell'innamoramento che parte da una scintilla e poi passa per il tempo che dedichi a pensare all’altro, e poi per quello che investi quando lo reincontri...... eccetera, eccetera...."-
-"beh,- lo interruppi un po’ alterato- detta così sembra....una sciocchezza! Però, a grandi linee...."-
-"Ascolta - mi disse con un tono caldo il lillà -"non sei poi lontano dal vero, con quanto hai pensato sino ad oggi, diciamo che hai una visione solo un po’ parziale, della verità"-
-"E quale sarebbe la verità per intero? - gli chiesi con tono quasi di sfida
-"E’ semplice - continuò il lillà con molta calma - devi solo imparare a guardare la cosa non come un’unica faccia ma come l’intero. Hai mai visto un caleidomondo?"-
-"che cos’è? - gli domandai
-"Una specie di prisma coperto da tanti specchietti deformanti..."-
-"....aaah, si chiama così? L’ho visto oggi pomeriggio. La ragazza nel giardino ne aveva uno, ma non sapevo che si chiamasse in questo modo..."-
-"Te l’ha mostrato!- m'interruppe il lillà - bene, bene! Allora ti è stato anche rivelato il senso dell’oggettività delle cose?"-
-...in un certo senso..."- dissi mentre annuivo
-"Allora tutto ti sembrerà più semplice - concluse il lillà - in verità - continuò - tu la risposta la sai già, tutti gli esseri umani la conoscono solo che se la sono dimenticata. Sono strani gli uomini cercano risposte complicando ogni faccenda, e dimenticano l’essenziale.."-
-"Vuoi dire che tu conosci la verità sull’essenza dell’amore?"- chiesi con tono quasi di sfida
-"Certamente - rispose calmo il lillà - ma la verità, come ti ho detto, la conosci anche tu, come ogni uomo. Dunque - continuò sempre con il suo tono conciliante - lo sai quando si può dire che nasca veramente un individuo?"- lo guardai con aria incuriosita, scossi il capo per affermare di non saper rispondere a quella domanda
-"un individuo nasce quando impara a distinguersi rispetto all’ambiente che lo circonda. In pratica vuol dire che fino a quando il bambino non capisce che c’è una differenza fra lui ed il resto del mondo, fra lui e le altre persone, fra interno ed esterno, quel bambino non esiste perché non esiste la sua autopercezione di esistenza. Il bambino esiste per gli altri, per gli adulti, ma non per sé, in quanto non si riconosce come differente dall’ambiente. E lo sai come viene sviluppata questa percezione?"- ancora una volta dovetti fare cenno di no con il capo
-"con il gioco del "dai e del prendi"; ma si, quel gioco in cui bambino ed adulto si passano vicendevolmente un oggetto! Ogni volta si compie un ciclo che si apre, si conclude e poi si rinnova. Ogni volta che l’adulto porge il giocattolo al bambino accompagna questo gesto con l’invito -"Prendiiii"- poi chiede al bambino di restituirgli l’oggetto e sottolinea il gesto dicendo -"Daiiiiii"- Dai e prendi diventano allora il primo ciclo, sul quale si fonda una relazione paritetica: "quello che io ti do tu mi rendi". La relazione fondamentale che permette ad un essere vivente di diventare uomo, di riconoscersi entità corporea al di fuori di uno spazio indefinito"-
Seguivo questa spiegazione affascinato e sorpreso
"Le regole dell’amore sono dunque racchiuso in un gioco per infanti?" Pensavo, ma non feci alcuna domanda. Il lillà continuo' spontaneamente la sua spiegazione
-"Sempre a proposito del ciclo che si viene a costituire in questo gioco, è facile costruire una sequenza più complessa unendo due cicli base, o, per meglio dire, è possibile tradurre una doppia successione "dai, prendi, dai prendi" con un ciclo più complesso, dicendo: "quello che dai, prendi" perché è sempre lo stesso giocattolo che passa di mano, e "quello che hai, rendi". Questo ciclo più complesso è la regola base dell’amore. Io e Gelsomina non ci siamo scambiati i colori dei nostri fiori, ognuno di noi ha donato all’altro quello che aveva ed ha preso quanto aveva donato. Non è forse del mondo degli uomini la legge morale che dice "non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te"? E quale miglior traduzione potresti fare, in positivo, se non "fai agli altri, in egual misura, ciò che vorresti ti fosse fatto"?"-
Guardavo il lillà, non avevo osato respirare durante tutta la sua narrazione per timore di perdermi anche solo una frazione di quel discorso: la regola dell’amore universale, racchiusa in una formula tanto semplice: quello che dai prendi, quello che hai rendi. Un gioco per bambini!
-"S’è fatto tardi, s’è fatto tardi!- esclamò il lillà improvvisamente. I primi rossori dell’aurora s’erano affacciati ad Oriente. Mi ritrovai nel mio letto, nel dormiveglia, convinto che tutto mi fosse accaduto in un sogno, pazzesco forse, ma un sogno.
La mattina seguente mi alzai e, dopo la colazione, raggiunsi la ragazza nel giardino. Le raccontai il sogno ma prima che potessi descriverle il finale e svelarle quanto il lillà mi aveva rivelato a proposito della formula dell’amore universale la ragazza prese il suo strumento ad otto corde ed iniziò a pizzicarne la seconda e l’ottava cantando una nenia dolcissima
-"quello che dai prendi, quello che hai dai".
Erano le parole del testo di quella melodia.
Ammutolii guardandola, incapace di stupirmi di quel nuovo prodigio, ansioso di cogliere i nuovi racconti che mi attendevano
(CONTINUA)
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