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Messaggi del 09/12/2015

 

Perfect Day

Post n°12829 pubblicato il 09 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 

Titolo originale: A Perfect Day

Poster

Perfect Day è una commedia capace di raccontare la guerra con le armi dell'ironia e del divertimento. I protagonisti di questa movimentata avventura sono quattro operatori umanitari impegnati nei Balcani nel 1995, a guerra appena finita. La loro missione è rimuovere un cadavere da un pozzo, per evitare che contamini l'acqua della zona circostante. La squadra, guidata dal carismatico Mambrù, comprende Sophie, ingenua idealista appena arrivata dalla Francia, la bella e disinibita Katya e l'incontenibile B, volontario di lungo corso e allergico alle regole. Dopo una rocambolesca serie di eventi, i quattro capiranno che si tratta di un compito più difficile del previsto, in un paese in cui anche trovare una corda può diventare un'impresa impossibile.

  • PRODUZIONE: Mediapro, Reposado Producciones, Televisión Española (TVE)
  • DISTRIBUZIONE: Teodora Film
  • PAESE: Spagna
  • DURATA: 105 Min

 
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Il professor Cenerentolo

Post n°12828 pubblicato il 09 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 

Poster

Il film racconta la storia di Umberto che per evitare il fallimento della sua disastrata ditta di costruzioni ha tentato insieme ad un dipendente un maldestro colpo in banca che gli ha fruttato però solo quattro anni di carcere! Ma se non altro, nella prigione di una bellissima isola italiana: Ventotene. Adesso Umberto è a fine pena e lavora di giorno nella biblioteca del paese. Una sera, in carcere, durante un dibattito aperto al pubblico, conosce Morgana, una donna affascinante, un po' folle e un po' bambina. Morgana crede che lui lavori nel carcere e che non sia un detenuto. Umberto, approfittando dell'equivoco, inizia a frequentarla durante l'orario di lavoro in biblioteca. Ma ogni giorno entro la mezzanotte, proprio come Cenerentola, deve rientrare di corsa nella struttura per evitare che il direttore del carcere (Flavio Insinna) scopra il tutto e gli revochi il permesso di lavoro in esterno.

 
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Film nelle sale da domani

Post n°12827 pubblicato il 09 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 

Locandina: Il professor Cenerentolo
Il professor Cenerentolo
Il professor Cenerentolo
  • DATA USCITA: 07/12/2015
  • GENERE: Commedia
  • NAZIONALITA': Italia
  • ANNO: 2015
  • REGIA: Leonardo Pieraccioni
  • CAST: Leonardo Pieraccioni, Laura Chiatti, Massimo Ceccherini

Locandina: Belle e Sebastien - L'avventura continua
Belle e Sebastien - L'avventura continua
Belle et Sébastien, l'aventure continue
  • DATA USCITA: 08/12/2015
  • GENERE: Avventura, Family
  • NAZIONALITA': Francia
  • ANNO: 2015
  • REGIA: Christian Duguay
  • CAST: Félix Bossuet, Tchéky Karyo, Margaux Chatelier

Locandina: Le ricette della signora Toku
Le ricette della signora Toku
An
  • DATA USCITA: 10/12/2015
  • GENERE: Drammatico
  • NAZIONALITA': Giappone
  • ANNO: 2015
  • REGIA: Naomi Kawase
  • CAST: Masatoshi Nagase, Kirin Kiki

Locandina: Leone nel basilico
Leone nel basilico
Leone nel basilico
  • DATA USCITA: 10/12/2015
  • GENERE: Commedia, Drammatico
  • NAZIONALITA': Italia
  • ANNO: 2015
  • REGIA: Leone Pompucci
  • CAST: Catrinel Marlon, Ida Di Benedetto, Carla Signoris

Locandina: Perfect Day
Perfect Day
A Perfect Day

  • DATA USCITA: 10/12/2015
  • GENERE: Drammatico
  • NAZIONALITA': Spagna
  • ANNO: 2015
  • REGIA: Fernando León de Aranoa
  • CAST: Benicio Del Toro, Tim Robbins, Olga Kurylenko

 
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Gli ultimi saranno ultimi

Post n°12826 pubblicato il 09 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 

Le capacità di Massimiliano Bruno di affrontare tematiche molto vicine alla società di oggi, aggiungendo un tocco non banale di umorismo è risaputa e anche in "Gli ultimi saranno ultimi" non si smentisce, raccontando le vicende degli emarginati nell'Italia della crisi. Un film complesso, sociale, che merita attenzione.

Luciana vive ad Anguillara, operaia sposata con Stefano, disoccupato e svogliato; pieno di idee e che non vuole stare sotto padrone. Cercano di avere un figlio senza successo, ma quando il loro sogno si avvera il datore di lavoro di Luciana, scoperta la gravidanza; si rifiuta di rinnovarle il contratto. Antonio invece è un poliziotto veneto trasferito ad Anguillara con disonore e osteggiato e deriso dai colleghi, oltre che punito dal suo capo. Appena arrivato si confronta con le vicende e caratteristiche del paese, a cominciare dai ripetitori della radio vaticana, che trasmettono la messa dai citofoni e dai lavandini di casa. La cosa evidente è che queste radiazioni fanno male, portando tumori; e per questo in molti vogliono fuggire.

Ancora una volta Bruno attinge da una sua opera teatrale con una bravissima Cortellesi, che in un ruolo a tratti comico ma soprattutto in lunghi tratti drammatico ,rappresenta lo specchio della voglia di sano realismo che l'autore tenta di raccontare e descrivere; ovvero quello che il nostro paese è diventato e sta facendo alle persone, soprattuto agli ultimi, che non vedono questo risollevarsi dalla crisi di cui parlano in molti e che con paura, vergogna, strazio sono sempre più limitati sia nelle proprie scelte che nelle proprie possibilità.

Persone stanche che potrebbero commettere qualsiasi gesto perchè ormai alla deriva.

Tutti gli attori scelti per interpretare i vari personaggi sono credibili nel caratterizzare le varie anime del film: da Maria Di Biase, a Silvia Salvatori, Emanuela Fanelli, Giorgio Caputo, Marco Giuliani. Fino a Ilaria Spada e Irma Carolina di Monte.

Alessandro Gasmann nei panni del marito, sembra ormai aver raggiunto la sua maturità artistica; riuscendo con molta leggerezza a interpretare il suo personaggio, con tutte le sue caratterizzazioni; così come il solito splendido Fabrizio Bentivoglio, uno dei migliori attori italiani esistenti; che riesce in maniera perfetta a interpretare le difficoltà del suo personaggio.

La capacità dell'autore è di riuscire a raccontare con delicatezza e drammaticità giusta, gli eventi con a volte però delle scelte musicali non propriamente perfette (oltre ad un finale discutibile che probabilmente nell'idea originale sarebbe stato più cupo); raccontando senza limitazioni le verità della vita precaria di oggi grazie anche ai dialoghi utilizzati per la sua sceneggiatura, che mantengono un ottimo ritmo in tutto il film così come perfetta la scelta di ambientare il film nella provincia così tanto amata dalla commedia all'italiana.

Voto finale: 4+

Poster

Cosa ci fa una donna incinta di nove mesi, impaurita, con una pistola puntata contro un poliziotto? "Gli ultimi saranno ultimi" racconta la storia di LUCIANA COLACCI (Paola Cortellesi) una donna semplice che sogna una vita dignitosa insieme a suo marito Stefano (Alessandro Gassman). E' proprio al coronamento del loro sogno d'amore, quando la pancia di Luciana comincia a crescere, che il suo mondo inizia a perdere pezzi: si troverà senza lavoro e deciderà di reclamare giustizia e diritti di fronte alla persona sbagliata, proprio un ultimo come lei, ANTONIO ZANZOTTO (Fabrizio Bentivoglio). Un film che, tra risate, bugie, incomprensioni e voltafaccia, racconta le emozioni in tutte le sfumature possibili. Nostro signore ha detto che gli ultimi saranno i primi... ma non ha detto di preciso quando.

SOGGETTO:

Tratto da Gli ultimi saranno ultimi, spettacolo teatrale di Massimiliano Bruno, Paola Cortellesi, Riccardo Milani e Furio Andreotti.

 
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Anime nere

Post n°12825 pubblicato il 09 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 

 
Locandina Anime nere

Leo, figlio irrequieto di Luciano, una notte spara alcuni colpi di fucile sulla saracinesca di un bar protetto da un clan locale, in quel di Africo nel cuore dell'Aspromonte. Una provocazione come risposta a un'altra provocazione. Un atto intimidatorio, ma anche un gesto oltraggioso che il ragazzo immagina come prova di coraggio e affermazione d'identità nei confronti del clan rivale e nei confronti del padre, maggiore di tre fratelli, dedito alla cura degli animali e dei morti, e lontano dalla cultura delle faide. I fratelli di Luciano hanno preso altre strade lontano da Africo, in una Milano permeata di affari criminali lungo la rotta della droga tra l'Olanda e la Calabria. Dopo la provocazione notturna, Leo deve e vuole cambiare aria, e raggiunge lo zio Luigi, il più giovane dei tre fratelli, spavaldo nel correre su e giù per l'Europa stingendo patti "commerciali" con cartelli sudamericani, e lo zio Rocco, ormai trapianto a Milano con aria e moglie borghese, arricchito proprio dai proventi di quei traffici internazionali. L'eco della bravata di Leo giunge in quel di Milano e risveglia la mai sopita attrazione per la vendetta, la faida in un misto di orgoglio represso dal benessere, o da esso alimentato sotto mentite spoglie. Il fratello maggiore infatti viene richiamato bonariamente dal boss del clan rivale, e umiliato nel suo essere uomo, primogenito, padre di famiglia. I fratelli si mettono in viaggio verso il loro Sud, la loro terra, sentendo il richiamo di una cultura antica, richiamo fatale a un destino immutabile che punta dritto verso la tragedia, senza scampo.
Francesco Munzi torna al cinema firmando con questo suo terzo film, una tragedia "greca", di fatto calabrese, ispirandosi al romanzo omonimo di Gioacchino Criaco, edito nel 2008 da Rubettino (coraggiosa casa editrice, da sempre attenta all'indagine della cultura calabrese, e non solo). Munzi arriva a questa opera difficile dopo aver sperimentato storia e stile nei suoi due primi film, Saimir e Il resto della notte. Qui si porta nel cuore della Calabria e della sua cultura ancestrale in odore di 'ndrangheta e lo fa da "straniero", con sguardo aperto, consapevole del rischio, quello di rappresentare luoghi, storie, personaggi quasi mai raccontati prima (la 'ndrangheta è misteriosa anche al cinema). A cosa si è appigliato Munzi per ricreare quel mondo così complesso e misterioso? Qual è l'immaginario di riferimento, laddove uno non c'è? Quanti film d'ambientazione calabrese si ricordano? Quanti che raccontano la cultura della 'ndrangheta? In assenza di una iconografia stratificata (che non sia quella reale e vissuta, ma lì necessariamente esperienziale), Munzi si affida alla scrittura, quella del libro da cui è tratta la storia, e la sua, quella di un regista-sceneggiatore. Poi ci sono i suoi occhi (dei quali è sempre meglio non fidarsi troppo) che hanno visto la Calabria e che hanno visto tanto cinema. E non si sfugge al groviglio di visioni e letture, e sempre una "rete" si cerca per appigliarsi a qualcosa, per trovare una rotta dentro una storia così buia. La struttura è quella della tragedia, e, non a caso, il film a cui si pensa è Fratelli di Abel Ferrara.
Allora, Munzi fa un lavoro egregio e il suo affondo è potente, ma è come se stesse alla continua ricerca di uno stile, di un modo di mettere in scena, tanto sono diversi gli approcci tra un film e l'altro. Qui sembra come "ritrarsi", farsi da parte, lasciare lo spazio alla storia (così abilmente scritta) e agli attori (così abilmente diretti), senza imporre uno sguardo che non sia di "servizio" e al servizio. Un rigore forse un po' troppo rigido, dietro il quale si nasconde forse qualche indecisione, forse una paura, comprensibile, di entrare in un universo sconosciuto ma ben definito nei suoi tratti. Anime nere in questo senso non è un film di denuncia e non è un film realistico. È un film-racconto, dai forti contrasti, che sembra il frutto di una scrittura approfondita, a volte fin troppo, laddove tutto vuole significare qualcosa, sempre e comunque. A tratti questo eccesso di significato emerge e distoglie, ma sempre dentro un flusso continuo dentro cui si è portati incessantemente, facendo esperienza dell'ineluttabile. 
Sarebbe un errore quindi considerare Anime nere come la rivelazione di una realtà. Munzi non è Garrone, Criaco non è SavianoAnime nere non è Gomorra: e soprattutto non vuole esserlo (e non che Garrone sia realistico, anzi il suo scarto verso il fantastico è sempre stato dominante, anche ai tempi di Terra di mezzo). Però siamo come in attesa di un tratto più certo, di uno sguardo più originale. E diciamo questo perché pensiamo che Munzi sia molto bravo, che abbia una qualità rara di scrittura e di "direzione", che si faccia le domande giuste, che guardi le cose con grande curiosità. Tutte qualità importanti, alle quali si deve aggiungere quella di un'autorialità più marcata che si definisca in un stile più proprio.

 
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Fratelli unici

Post n°12824 pubblicato il 09 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 

 
Locandina Fratelli unici

Pietro e Francesco sono fratelli di opposta natura: Pietro è un medico carrierista che si è lasciato alle spalle moglie e figlia; Francesco uno stuntman squattrinato e sciupafemmine che non si è mai assunto una responsabilità in vita sua. Quando Pietro, a causa di un incidente, perde la memoria e regredisce al livello di un bambino di quattro anni, Francesco se ne prende cura, un po' per dovere e molto per interesse. I due "fratelli unici" sono dunque costretti a fare di nuovo conoscenza l'uno dell'altro.
Ennesimo esempio di commedia contemporanea senza alcun apparente collegamento con la tradizione di genere italiana, Fratelli unici sembra il lungo (e pasticciato) episodio di una sitcom televisiva, pieno di imprecisioni e incongruenze, dall'ambientazione natalizia in una Roma verdissima e assolata allo stato civile della ex moglie di Pietro, separata da tre anni ma convivente con un nuovo compagno da cinque.
È la sceneggiatura infatti il tasto (più) dolente di Fratelli unici, e mentre non stupisce trovare fra gli autori Elena Bucaccio, che proviene dalla serialità televisiva, la presenza di Luca Miniero avrebbe fatto sperare in una deriva meno "mocciana". Invece il film affida a Raoul Bova e Luca Argentero due personaggi scritti in modo così stereotipato che i due attori, altrove più efficaci, si ritrovano ad aderire a due macchiette. Molto più credibili Carolina Crescentini e Miriam Leone nei panni delle donne della loro vita, in quanto entrambe dotate di una fragilità che va oltre la legnosità del loro ruolo.
Ciò che più colpisce, nella debolezza della sceneggiatura, è la meccanicità con cui vengono innescate le gag, secondo un sistema di set up e pay off da manuale del copione televisivo: da spettatore, è facilissimo prevedere ogni battuta nel momento stesso in cui viene preparata. Manca anche totalmente la cattiveria che avrebbe dovuto necessariamente far parte del ritratto comico di due "bastardi", e manca qualunque accenno ad una realtà riconoscibile, mentre abbondano i product placement e il tappeto sonoro da spottone. Infine manca la logica nell'interazione fra i personaggi: perché Francesco non spiega a Pietro che ha avuto un incidente? Perché Giulia, la ex di Pietro, rifiuta anche solo di salutarlo, dato che hanno una figlia in comune? Perché Pietro, nel tornare bambino, sembra anche essere diventato "un demente"? 
Anche la regia è elementare e fortemente standardizzata, con varie incoerenze logistiche e scarsa attenzione ai dettagli (ma costante attenzione agli sponsor). Un'occasione sprecata di raccontare le famiglie italiane di oggi, seppure in chiave comica, con mordente e senso della contemporaneità.

 
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Hours da cineblog

Post n°12823 pubblicato il 09 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 

 

La notizia della tragica e improvvisa scomparsa dell'attore Paul Walker ancora deve essere metabolizzata, intanto le riprese di Fast and Furious 7 sono state stoppate a tempo indeterminato e il futuro del franchise è diventato incerto, ma i fan potranno godere di un'ultima performance dell'attore, che per l'occasione si è cimentato in un dramma a tutto tondo con un'intensa e non semplice prova attoriale, la migliore di Walker insieme a quella vista nell'action-thriller Running.

In Hours Walker interpreta Nolan Hayes un neo-padre che, appena persa la moglie (Jennifer Rodriguez) morta di parto, si ritrova in un ospedale evacuato in una New Orleans appena devastata dall'uragano Katrina. L'uomo disperato dovrà lottare contro il tempo, la mancanza di energia elettrica, un'inondazione e alcuni criminali dediti allo sciacallaggio per mantenere in vita sua figlia bloccata in un'incubatrice e attaccata ad un respiratore.

 

Avvertiamo che chi si aspetta una qualche digressione action legata all'evolversi della trama andrà incontro ad una grossa delusione, Walker decide per l'occasione di mettersi alla prova e dimostrare la crescita del suo registro drammatico, qui testato in un vero e proprio "assolo" e in un'escalation emotiva dalle intelligenti digressioni thriller, sfruttate a dovere grazie all'escamotage dell'incubatrice in cui giace la neonata, la cui batteria è in avaria e deve essere supportata manualmente dal protagonista. L'uomo non può quindi allontanarsi dalla stanza per più di qualche minuto, il che equivale ad una reiterata e frenetica corsa contro il tempo per cercare aiuto e reperire cibo e medicinali, con ogni secondo di ritardo accumulato che potrebbe significare morte certa per la piccola.

Con Hours siamo di fronte ad un piccolo film dalle notevoli potenzialità emotive e ad una performance che dovrebbe zittire chi ancora avesse qualche dubbio sull'effettivo talento di Walker, che va oltre il successo di un fortunato franchise action a cui va comunque il merito di averlo lanciato dandogli visibilità, ma soprattutto la possibilità di crescere artisticamente e mettersi alla prova ad ogni nuovo ruolo affrontato.

Hours si svolge tutto all'interno di un ospedale evacuato reso ancor più spettrale dalla mancanza di energia elettrica. Durante il film ci sono alcune fugaci incursioni all'esterno tutte rigorosamente cadenzate da un countdown che scorre inesorabile e costringe il sempre più provato protagonista a corse a perdifiato per raggiungere di nuovo la stanza dell'incubatrice e ricaricare la batteria, il tutto reso ancor più difficoltoso dall'impossibilità dell'uomo di dormire.

Ottimo lavoro per quanto riguarda la regia e la sceneggiatura, entrambe ad opera dell'esodiente Eric Heisserer, che si è fatto le ossa con diverse riscritture di copioni tra cui quelle per il remake La cosa e il reboot Nightmare senza dimenticare la sceneggiatura del sequel Final Destination 5.

Heisserer ha posto l'intero film sulle spalle di Walker che dal canto suo si è dimostrato all'altezza della responsabilità; l'attore in principio caratterizza un marito disperato incapace di rassegnarsi alla perdita della moglie e altrettanto incapace di percepire un legame con sua figlia, ma con il trascorrere delle ore e il dipanarsi dell'odissea permette a Walker di tratteggiare una convincente evoluzione emotiva del suo personaggio, trasformandolo di fatto in un padre disposto a tutto anche ad uccidere e a farsi uccidere per difendere la sua bambina e alla fine dei conti era questo lo scopo ultimo del suo tribolato percorso all'interno della trama.

 
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Nessuno mi pettina bene come il vento

Post n°12822 pubblicato il 09 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 

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Locandina Nessuno mi pettina bene come il vento

Sul litorale laziale, a Santa Marinella (cara a Rossellini), si è andata a ritirare una scrittrice di una certa fama, dopo la separazione con un marito che si suppone essere stato più importante di lei, un intellettuale con accessi in politica. Vita regolare, isolata e solitaria, costruita ad arte per isolare la scrittrice dal mondo. Poi un giorno una giornalista bussa alla porta per svolgere il suo compito indagatore, accompagnata da sua figlia decenne. Nevrotica e in partenza imminente per l'estero, la giornalista si prende l'intervista e lascia la bambina a causa di un "incidente", un ritardo di consegna, separata dal marito, questi avrebbe dovuto prenderla con sé per qualche giorno, ma un ritardo di 24 ore (cose che succedono solo nei film!). La vita della scrittrice viene alterata dalla presenza di questa bambina intelligente e indomita, curiosa e timida. È stata lei a proporsi, anche perché ha adocchiato il ragazzetto della banda di teppistelli parcheggiata sul piazzale davanti casa della scrittrice.
Le dinamiche sono queste colte in una conflittualità permanente anche quando sotterranea. È un "oggetto" strano questo film, Nessuno mi pettina come il vento che cita, spavaldo e poetico, il titolo di un aforisma della grande poetessa milanese Alda Merini. Strano nel senso di non comune, diverso, anche un po' ingenuo. Una storia che vuole dire e non solo mostrare, ma dice mostrando, fino al punto di essere meccanico talvolta, oppure didascalico (la rappresentazione dei delinquenti di quartiere è un po' artificiosa, sembrerebbe). Ma quel che conta qui è l'intenzione, perché è un film di intenzioni, volendo essere il tentativo ambizioso di raccontare la solitudine, la conflittualità generazionale, gli adolescenti, la crisi della famiglia. Laura Morante tiene tutto in piedi e dà credibilità al suo personaggio e son bravi i due ragazzi, lei esordiente, lui già rivelazione nell'ultimo film di Bertolucci.

 
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Salvador

Post n°12821 pubblicato il 09 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 

1980: il giornalista squattrinato Richard Boyle (James Woods) insieme all’amico tossico dipendente Doctor Rock (Jim Belushi) decide di recarsi in El Salvador per compiere un reportage sulla guerra civile che vede schierati da una parte gli squadroni della morte del Maggiore Max (Tony Plana) sostenuti dagli Stati Uniti e dall’altra la guerriglia marxista del Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (FMLN).

Ispirato alla storia del vero Richard Boyle Salvador è il film che ha consacrato Oliver Stone come regista. La pellicola in questione, boicottata in patria e realizzata anche grazie ai compensi minimi accettati dai protagonisti, è un profondo atto di accusa nei confronti della politica degli Stati Uniti in America Latina.

Con la scusa di prevenire la diffusione del comunismo infatti gli Usa  sostennero nel corso della Guerra Fredda alcune delle più brutali dittature della storia come quella del Generale Pinochet in Cile (1973 – 1990), la giunta militare argentina (1976 – 1983), il regime di Efraín Ríos Montt che in poco più di un anno di Presidenza (23 marzo 1982 – 8 agosto 1983) si macchiò del sangue di 1.771 guatemaltechi  senza dimenticare ovviamente gli squadroni della morte di Roberto D’Aubuisson, leader del partito nazionalista ARENA in El Salvador, alla cui figura è ispirato nel film il personaggio del Maggiore Max interpretato dall’attore cubano-americano Tony Plana.

Dopo il breve intermezzo dell’amministrazione Carter, maggiormente rispettosa dei diritti umani, con Ronald Reagan Washington ha ricominciato ha fornire armi, denaro e appoggio diplomatico ai governi di destra del Centro e Sud America chiudendo spesso e volentieri gli occhi dinnanzi agli abusi commessi da quest’ultimi nei confronti della popolazione civile.

Alcuni degli eventi narrati nella storia come l’assassinio di Monsignor Romero o l’omicidio delle suore missionarie sono realmente accaduti, tuttavia la data di tali avvenimenti non è corretta. Mentre nel film questi fatti avvengono dopo l’elezione di Reagan cioè nel 1981 nella realtà essi sono successi l’anno precedente cioè nel 1980 quando era ancora Presidente Jimmy Carter. Crediamo che non si tratti di un errore cronologico o di una semplice svista ma di un’apposita volontà da parte del regista di mettere sotto accusa l’amministrazione repubblicana in carica all’epoca dell’uscita del film colpevole ad avviso di Stone di aver provocato un escalation della violenza all’interno della guerra civile salvadoregna.

Molto belle inoltre sono le scene della Battaglia di Santa Ana fra le truppe governative e i guerriglieri in cui la musica di sottofondo El Salvador ta venciendo del gruppo musicale salvadoregno Yolocamba I ta rende l’atmosfera molto realistica dando allo spettatore la sensazione di trovarsi realmente all’interno del conflitto.

Una nota di merito va anche all’attore Jim Belushi che per una volta abbandona il suo consueto ruolo di personaggio comico cimentandosi in un film particolarmente impegnato. 

Decisamente sconsigliato è il dvd dell’edizione speciale in cui forse a causa dell’aggiunta di scene originariamente tagliate il doppiaggio cambia continuamente rischiando in questo modo di togliere tensione e drammaticità alla storia.

Con Salvador  siamo in presenza di uno dei film più coraggiosi mai realizzati ad Hollywood lontano dalla autocelebrazione dell’eroismo americano molto in voga all’epoca e rappresentato soprattutto da pellicole come Top Gun o la saga cinematografica di Rambo.

Il regista Oliver Stone notoriamente amico di Fidel Castro e politicamente orientato a sinistra vuole mostrare come gli Stati Uniti abbiano nel tempo smarrito le caratteristiche democratiche che furono alla base della loro fondazione per trasformarsi in un impero che frequentemente ha anteposto la salvaguardia dei propri interessi economici e materiali alla libertà dei popoli e al rispetto dei diritti dell’uomo.

 
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La buca

Post n°12820 pubblicato il 09 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 

 
Locandina La buca

Armando è un povero diavolo che ha scontato incolpevole una pena lunga trent'anni. Uscito di prigione cerca conforto nella madre, che in seguito a un ictus non lo riconosce più, e nella sorella, che lo considera adesso persona non grata. Sconsolato si accompagna con un cane che diventa causa e (s)ventura di incontro con Oscar, un avvocato misantropo che vede in Armando l'opportunità di arricchirsi. Circuito e poi accolto a casa sua, Oscar lo convince a intentare una causa milionaria contro la Stato per risarcire l'ingiustizia subita. Persuaso a riscattare finalmente gli anni perduti, Armando ricostruisce le dinamiche della rapina a mano armata e una vita con Carmen, la barista gentile della porta accanto.
Vivono in un luogo imprecisato e si muovono in un tempo indeterminato i protagonisti di Daniele Ciprì, legati dal medesimo destino e declinati con ingredienti caricaturali. Antiepopea del fallimento, La buca visualizza in modo grottesco un'epifania o forse una rivelazione. Perché Oscar e Armando hanno visto reciprocamente negli occhi dell'altro e si sono riconosciuti, rovine nelle rovine del Bel Paese. Azzeccagarbugli reattivo Sergio Castellitto, candido attonito Rocco Papaleo, i personaggi costruiscono un'esemplare parabola dello scacco. Armando e Oscar sono due loser, due perdenti: il primo, dopo una rapina mai compiuta, ha smesso di essere e attende invano che qualche vecchio amico gli offra il lavoro che gli prometteva, il secondo, animato da un vitalismo istrionico, rimpiange l'avvocato che probabilmente non è mai stato e si presta a 'virtuose' esibizioni in tribunale. La vicenda si struttura intessendo continui incontri e incroci tra i protagonisti che 'cadranno' diversamente nella buca, confermando la forma di una tragicomica fenomenologia della sconfitta. 
Senza piangerci sopra, Ciprì realizza una favola 'animata' svolta e conclusa sui titoli di testa, che rivelano allo spettatore il 'lieto fine' e lo predispongono alla meraviglia. Scanzonato e leggiadro, La buca si fa nondimeno carico di, e critico verso, quella tolleranza per i vizi collettivi che troppe volte sposa il fastidio per le virtù e l'intelligenza degli individui. Dentro e dietro i traffici di Oscar vige l'illegalità, quell'arte di arrangiarsi in famiglia che in Italia è pratica comune dei ricchi come dei diseredati. Tutti si aiutano tra loro, per cerchi concentrici, fino ad avviluppare in una vischiosa ragnatela di relazioni personali l'intero Paese. Nessuna legge, declama Oscar, è abbastanza ragionevole, o severa, o giusta per non meritare il vaglio di un avvocato che suggerisca una scappatoia, una variante, una deroga. 'Autonormati' e perfettamente in grado di assolvere alle proprie necessità, i personaggi di Ciprì finiscono col cavarsela da soli, fuori dall'aula di tribunale e dentro un'ambulanza, dove in fondo li scopriamo imparentati con lo Stato. Perché ne La buca nessuno vince davvero e il risultato più vistoso è l'immobilismo. Il film rivela la propensione al compromesso del nostro Paese, dove l'instabilità e il conflitto, aperto e sotteso del titolo, si risolvono col risarcimento e una pezza. A disinnescare l'Italia, grigia e senza "o sole mio", senza l'azzurro del cielo e del mare, ci pensa l'avvocato di Sergio Castellitto, la cui straordinaria eccedenza ed energia vitale, la scaltrezza e il 'legittimo' orgoglio, avvolgono la causa di Armando, fino a confonderne i contorni, fino a dissolverla in un polverone indefinito in cui nessuno capisce più niente. Soprattutto il Nancho trasognato e testimone di Jacopo Cullin.

 
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The giver

Post n°12819 pubblicato il 09 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 

 
Locandina The Giver - Il mondo di Jonas

Da qualche parte nel tempo e nel mondo esiste una società che ha scelto come valore l'uniformità. Immemori di sé e della loro storia, uomini, donne e bambini vivono una realtà senza colori, senza sogni, senza emozioni, senza intenzioni. Per loro decide un consiglio di anziani, riunito periodicamente a sancire i passaggi evolutivi dei membri della comunità. Durante la Cerimonia dei 12, che accompagna solennemente gli adolescenti verso la vita adulta affidando loro il mestiere che meglio ne identifica le inclinazioni, Jonas viene destinato ad 'accogliere le memorie' di una storia che non ha mai conosciuto. Figlio di madri biologiche preposte allo scopo e assegnato successivamente all'unità famigliare che ne ha fatto richiesta, Jonas è un adolescente eccezionale con un dono speciale, quello di sentire. Preposto al ruolo di accoglitore di Memorie, Jonas è affidato a un donatore, un uomo anziano e solo che porta dentro di sé tutta la bellezza e la tragedia dell'umanità. Tutte quelle emozioni negate alla sua gente perché il mondo resti un luogo di pace e torpore. Intuita la sensibilità del ragazzo, il donatore lo condurrà per mano dentro la vita, spalancandogli la strada che conduce al libero arbitrio.
Trasposizione del bestseller omonimo di Lois Lowry, The Giver è un racconto di formazione ambientato in un futuro non troppo lontano e in una società 'evoluta' che ha sconfitto passioni e violenza (almeno in apparenza), votandosi alla conformità e all'apatia. (Auto)disciplinata da regole e iniezioni mattutine, che inibiscono qualsiasi emozione, la normalizzata comunità trova in Jonas la differenza. Perché Jonas ha nostalgia di tutte le cose, anche di quelle che non ha mai avuto e che adesso, nel nuovo ruolo di accoglitore, vede e vive nell'abbraccio del donatore di Jeff Bridges. Dentro un mondo piatto, controllato, (ri)pulito, che ha perso i suoi colori e quelli delle persone che lo abitano, Jonas è iniziato alle emozioni e a un processo di crescita, che finisce per cortocircuitarlo e disapprovare la realtà esterna. 
Una realtà omologata in cui l'idea di purezza è un'aberrazione della mente che non ha consapevolezza dell'omicidio, che chiama 'congedo' la pena di morte, che sopprime coi sentimenti i non validi, che porta inesorabilmente al rifiuto di ogni possibilità dialettica e sostituisce la vita vera con una proiezione pallida e un povero ripetersi di strutture replicative. Alla maniera dei suoi illustri predecessori, Gattaca e Pleasantville, del primo parafrasa il livellamento del patrimonio di biodiversità e di pluralità culturale, del secondo la forza dei sentimenti e il bianco e nero ordinato di una vita pleasantThe Giver è impegnato a riemergere il colore e con quello la diversità. Diversità incarnata dai personaggi di Jeff Bridges e Brenton Thwaites, l'inefficace principe Filippo di Maleficent, che vogliono muoversi nel mondo in direzione ostinata e contraria ai percorsi stabiliti dal Consiglio degli anziani. La violenza discriminatoria subita dai diversi denuncia il fallimento di una società impegnata a comprimere la vita e i naturali fenomeni evolutivi in regole stabilite.
L'imperfezione di cui Jonas e il 'fratellino' Gabriel sono portatori non è un dato di fatto ma un farsi col mondo fuori, meglio, con la memoria di un mondo fuori, un'iscrizione, uno spostamento che determinerà il proprio destino contro quello determinato aprioristicamente. Diretto da Phillip Noyce (Il collezionista di ossaSalt), The Giver si rivela cinematograficamente impotente. Nonostante le buone intenzioni e l'elogio all'alterità, The Giver è al fondo un generoso pamphletche invoca i valori della libertà, della fantasia e dell'indipendenza di giudizio paradossalmente inquinato dallo stesso inganno del conforme che denuncia. Noyce non riesce a trasformare l'immaginazione in visione, non riesce a visualizzare il futuro, brancolando in un universo visivo terribilmente simile e ammiccante al passato. Nulla di nuovo nelle nostre visioni oltre i bastioni di OrioneThe Giver si limita a rubacchiare da Steven SpielbergAndrew NiccolGary Ross e in un certo senso addirittura da Frank Capra, finendo per cozzare contro il limite dei corpi (gli attori), che non sanno essere diversi da quel che sono sempre stati (Meryl Streep su tutti), e contro l'evanescenza di mondi che nessuno è ancora riuscito compiutamente a raffigurare. A mancare è proprio lo scarto, la crepa prodotta da una lacrima che come in Pleasantvillescavava un indecente e struggente color carne.

 
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Perez

Post n°12818 pubblicato il 09 Dicembre 2015 da Ladridicinema
 

 
Locandina Perez.

Demetrio Perez è un avvocato d'ufficio che difende i delinquenti, i dimenticati, i perdenti. La sua carriera è sfumata con il suo matrimonio, di cui Tea, la figlia, è l'unico bagliore. Rassegnato e inerte, si trascina nella vita, lasciando che siano gli altri a scegliere per lui. In un giorno come tanti a Napoli assiste Luca Buglione, capo camorrista che ha deciso di collaborare con la Giustizia ma alle sue regole. Determinato a recuperare una partita di preziosi diamanti nascosti nella pancia di un toro, Buglione propone a Perez uno scambio. Se l'avvocato lo aiuterà nell'impresa, lui troverà modo e occasione per incastrare Francesco Corvino, giovane camorrista rivale che ha una relazione con Tea. L'amore per la figlia lo esorterà finalmente all'azione, cambiando il suo destino di ignavo.
Opera seconda di Edoardo De Angelis, Perez. bussa alla porta come la polizia e rovescia l'ideologia tranquillizzante del cinema italiano. Due almeno i motivi di interesse nel noirsceneggiato e diretto dal regista napoletano. Il primo è di ordine tematico. Perez ci mostra la difficoltà di riscatto di chi è caduto una volta nella vita e, per quanto resista, è destinato a cadere ancora più giù. Tuttavia la caduta viene affrontata in una prospettiva rovesciata, il punto di vista di un avvocato minacciato dalla violenza del mondo a cui appartiene e della società criminale che lo assedia. Il secondo argomento riguarda la fotografia. Il film è ambientato quasi interamente di notte e dentro giorni senza sole, proiezioni dell'angoscia interiore del protagonista. La città fuori è un enorme ingranaggio, un gigantesco organismo insieme vitale e oppressivo, che domina l'esistenza di Perez e circonda il suo tentativo di serrarsi in una tranquilla dimensione domestica. 
Ambientato nel Centro Direzionale di Napoli, un aggregato di grattacieli progettato dall'architetto giapponese Kenzo Tange, Perez. è abitato da un personaggio braccato da entrambi i lati della legge, da una parte i camorristi, che arriveranno addirittura a installarsi a casa sua sequestrandolo con la figlia, dall'altra i giudici e i poliziotti nevrotici che lo sospettano e lambiscono la sua facciata borghese. L'ambiguo tormento dell'avvocato Perez, al tempo stesso eccitato e disgustato dai cattivissimi della storia, è incarnato da Luca Zingaretti, credibile nel ruolo di genitore timido e inibito che regia e sceneggiatura spingeranno verso il punto di massima intensità, là dove ogni rapporto si fa oscuro e tortuoso. A sfidarlo dall'altra parte della legge il camorrista navigato di Massimiliano Gallo, dal volto duro e la strisciante inafferrabilità, e quello imprudente di Marco D'Amore, con il viso d'angelo e il destino segnato. Tra di loro, sorpreso e inquadrato di spalle, sopravvive il protagonista di Zingaretti, che prova a tirarsi fuori dal suo fallimento personale e dalla sua disperata solitudine. Solitudine riflessa nella vita trascinata di Ignazio Merolla, collega arreso e amico caduto. 
Lo sguardo di De Angelis si pone nel mezzo dell'azione e gli interpreti avanzano fino ai primissimi piani, rivelando le loro pulsioni più oscure. Nero, freddo e lucente, Perez. relaziona straordinariamente il personaggio con l'ambiente, di cui l'imponente nettezza volumetrica, quasi astratta, interpreta l'identità smarrita e problematica. Il Centro Direzionale, costruito sulla foce del Sebeto, fiume misterioso e sotterraneo che spinge dal basso per riemergere e tornare al mare, è la nuova terra di nessuno dell'alienazione dove Perez si giocherà a dadi la vita, determinandone la svolta. 
Nell'intimità delle camere o di un abitacolo, si rivela invece la dark lady di Simona Tabasco, tentatrice che seduce il camorrista, condannandolo poi alla rovina. Tentatrice ma pure woman in distress, Tea Perez è la donna da salvare e insieme colei che salverà l'uomo della vita, il primo nella sua personale classifica degli affetti, suo padre, che per lei smetterà di essere usato dall'universo di potere di cui fa parte.

 
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