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La Forma dell'Acqua

Post n°14389 pubblicato il 29 Marzo 2018 da Ladridicinema
 

L'acqua, la specie chimica più abbondante sulla superficie terrestre, ha da sempre suscitato un doppio sentimento nell'umanità: grande attrazione, dettata dalla necessità di soddisfare la sete, acqua come fonte di vita ma anche paura per le grandi distese marine in tempesta e per l'imprevedibilità delle alluvioni provocate dai grandi fiumi, e allo stesso tempo avventura. Un grosso mito è sempre stato quello che può riservare la profondità dei fondali, e qualcuno spesso ha cercato in questo mistero di trovarci una sorta di mitologia ancestrale che di conseguenza porta a nuove inquietudini e domande.
L'acqua è silenziosa, invasiva e lustrale nella Baltimora del 1962, avvolta nelle foschie della Guerra Fredda. I potenti si sfidavano a colpi di scoperte tecnologiche, puntando anche alle stelle. I servizi segreti americani scopriono una strana creatura, strappata da un fiume in Amazzonia per diventare una cavia da laboratorio.
L'altro personaggio è Elisa, muta per via di un trauma passato, che vive ai margini della società, perchè si crede e si vede come diversa. Lavorando in un laboratorio segreto, come donna delle pulizie, vede quello che succede, ma non può immaginare che quella creatura in realtà abbia una sensibilità e un'intelligenza particolare, e attraverso la musica riesce a comunicare con lei.
Una trama semplice, ma costruita con una tale maestria e una tale passione da parte di Del Toro, che realizza un capolavoro da far rimanere a bocca aperta.
La forma dell'acqua non è un film horror, come qualcuno pensa, bensì una favola romantica che invita a non aver paura del diverso. È una favola ultraterrena, una storia d’amore pura e semplice. Tutto viene realizzato ad hoc nei minimi particolari, a partire dai personaggi, che costituiscono un’esaltazione della diversità, un riscatto della gente comune e apparentemente insignificante. L'acclamato “The shape of water”, leone d’oro all’ultima Mostra del cinema di Venezia e oscar come miglior film, é nella sua semplicità, come lo ha definito il regista stesso ” una fiaba per tempi difficili”, tra un riferimento ad "Et" o a "il mostro della laguna". E in questi difficili carichi di odio e di paura, da fare assolutamente vedere a tutti.
Sally Hawkins, con la sua carica espressiva è assolutamente magnifica, avrebbe meritato anche lei un oscar; e che dire di Michael Shannon nei panni di un perfetto uomo nero, 
Resta difficile non rimanere incantati dalla magia di questo film e da Del Toro che si rivela ancora una volta un grande narratore
Voto finale: 5/5
La Forma dell'Acqua

Titolo originale: The Shape of Water

La Forma dell'Acqua è un film di genere drammatico, fantasy, sentimentale del 2017, diretto da Guillermo del Toro, con Sally Hawkins e Octavia Spencer. Uscita al cinema il 14 febbraio 2018. Durata 123 minuti. Distribuito da 20th Century Fox.

Poster

Nella sua nuova opera, La forma dell'acqua, il visionario Guillermo del Tororacconta una fiaba gotica ricca di suggestioni fantasy, ambientata nel pieno della Guerra Fredda americana (siamo nel 1963) e incentrata su una giovane eroina senza voce.  
A causa del suo mutismo, l'addetta alle pulizie Elisa (Sally Hawkins) si sente intrappolata in un mondo di silenzio e solitudine, specchiandosi negli sguardi degli altri si vede come un essere incompleto e difettoso, così vive la routine quotidiana senza grosse ambizioni o aspettative.  
Incaricate di ripulire un laboratorio segreto, Elisa e la collega Zelda (Octavia Spencer) si imbattono per caso in un pericoloso esperimento governativo: una creatura squamosa dall'aspetto umanoide, tenuta in una vasca sigillata piena d'aqua. Eliza si avvicina sempre di più al "mostro", costruendo con lui una tenera complicità che farà seriamente preoccupare i suoi superiori. 

Il film ha vinto il Leone d'Oro al Festival di Venezia 2017 ed è candidato a 13 Premi Oscar 2018
Vincitore di 4 Premi Oscar 2018: Miglior film, migliore regia, migliore scenografia e migliore colonna sonora.


 

"L'acqua prende la forma di tutto ciò che la contiene in quel momento e, anche se l'acqua può essere così delicata, resta anche la forza più potente e malleabile dell'universo. Vale anche per l'amore, non è vero? Non importa verso cosa lo rivolgiamo, l'amore resta sé stesso sia verso un uomo, una donna o una creatura." 
Parla così del suo film, Guillermo del Toro, il regista messicano che non ha mai nascosto la sua passione per i mostri, per storie capaci di impaurire e incantare allo stesso tempo, così come facevano i classici horror della Universal di cui si è nutrito per anni, popolati di creature sì mostruose, ma intrappolate in uno stato transitorio - parte umane, parte qualcos'altro -, uno stato in cui chiunque si sia sentito emarginato, potesse identificarsi. 
Uno di questi esseri era proprio il Mostro della laguna nera protagonista del b-movie diretto nel 1954 da Jack Arnold e dei due sequel che ne sono derivati, il Gill-Man che è chiaramente un'ispirazione diretta per l'essere anfibio protagonista di The Shape of Water
Un film che nasce da una chiacchiera tra il regista messicano e Daniel Kraus, suo cosceneggiatore nella serie animata Trollhunters, avvenuta durante una colazione, durante la quale Kraus raccontò di un'idea avuta da ragazzo diventata poi il soggetto essenziale del film: quello di una donna delle pulizie di un impianto governativo che intesse un'amicizia con un uomo anfibio tenuto lì prigioniero. 
Nelle mani di del Toro, che per girare The Shape of Water ha rinunciato al sequel di Pacific Rim, questa trama è poi diventata una vera e propria storia d'amore, di un amore anche carnale che, per il regista, rappresenta la completa fusione tra due anime. 
Se il cast del film appare così azzeccato e funzionale alla storia che racconta, è di certo anche perché del Toro ha scritto il copione avendo fin dall'inizio in mente gli attori cui poi ha chiesto di partecipare al film: Sally Hawkins - che del Toro ha raccontato di aver approcciato da ubriaco ai Golden Globe del 2014, e che proprio in quel momento stava scrivendo una storia in cui una donna non si rende conto di essere una sirena - nei panni di Eliza, la protagonista; Richard Jenkins in quelli del suo amico e vicino di casa omosessuale, che l'aiuterà a salvare la Creatura; Michael Shannon in quelli del feroce agente governatico che ha catturato e che tortura la Creatura; Michael Stuhlbarg in quelli dello scienziato che invece vuole studiarla e proteggerla; Octavia Spencer in quelli della collega e grande amica di Eliza. 
Nei panni della Creatura, il cui aspetto definitivo ha richiesto nove mesi di lavoro, c'è Doug Jones, alla sua sesta collaborazione con del Toro, l'attore che è stato in precedenza per lui il Fauno del Labirinto del Fauno e l'Abe Sapien dei due Hellboy, giusto per citare due ruoli. 
L'attesa attorno a questo film è stata altissima fin da quanto è stato diffuso online il primo trailer, di fronte al quale Kevin Smith ha sentito di twittare che "Vedere qualcosa di così bello mi fa sentire stupido per definirmi anche io un regista". E se The Shape of Water è riuscito a vincere il Leone d'Oro al Festival di Venezia 2017, pur essendo un blockbuster, e rompendo quindi una consolidata tradizione festivaliera, un motivo ci sarà pure.

Alcuni dei film e telefilm citati in La Forma dell'Acqua

Guillermo del Toro, la cui cinefilia è ben nota, riempie il suo film di citazioni, evitando di fare riferimento ai capolavori del musical e della Hollywood classica e preferendo inserire pellicole minori e attrici di grande successo popolare, per comunicare l'idea che qualsiasi film, per un ragazzo, rappresenta un mondo magico e di speranza. 
Ecco dunque che Elisa, la protagonista della storia, vede in tv col suo più anziano amico Giles. oltre ai notiziari dell'epoca (l'annuncio del presidente John F. Kennedy dell'inizio della cosiddetta crisi dei missili di Cuba, con l'inasprimento della Guerra Fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica, il 22 ottobre 1962) telefilm come Mister Ed - The Talking Horse, ma soprattutto musical minori degli anni Quaranta, che risalgono all'epoca della giovinezza di Giles. 
Tre di questi hanno come protagoniste altrettante dive del periodo, oggi dimenticate dai più: l'esotica ballerina brasiliana Carmen Miranda, la cantante Alice Faye e la pin-up dei soldati americani Betty Grable, rispettivamente in Una notte a Rio (1941), Vecchia San Francisco (1943, in cui Alice Faye interpreta la canzone premio Oscar che Elisa canta nel sogno ad occhi aperti al suo amore anfibio, "You'll Never Know") e L'isola delle sirene, sempre del 1943. E' invece del 1935 Il piccolo colonnello, dove il più grande tap dancer della storia, Bill “Bojangles” Robinson, stella del Cotton Club, fa da spalla come in altri film alla diva bambina Shirley Temple, purtroppo relegato, per il colore della sua pelle, a ruoli insignificanti. Il ballo tra Elisa e la Creatura è invece ispirato, nelle coreografie, a due film con Fred Astaire: Seguendo la flotta (1936) e Balla con me (1940). 
La Forma dell'Acqua: guida ai contenuti dello scrigno magico di Guillermo del Toro

 

Dal Trailer Ufficiale in Italiano del Film La Forma dell'Acqua

Richard Strickland (Michael Shannon): Se sapete qualcosa su quello che è successo qui, è vostro dovere...denunciarlo. 

Zelda Fuller (Octavia Spencer): Brava, fingi di non sapere niente 

Generale Hyot (Nick Searcy): La tua unica preoccupazione è la risorsa, la vogliono i Sovietici, ce l'hai? 
Richard: Signore, la sto recuperando 

Richard: Avete visto qualcuno entrare o uscire dal laboratorio? 
Zelda: No, niente di insolito 

Fleming (David Hewlett): Potrebbe essere in assoluto il soggetto più sensibile mai ospitato in questo laboratorio! 

Richard: Come sono entrati? 
Fleming: È un gruppo altamente addestrato di almeno dieci uomini: efficienti, spietati e meticolosi 

Richard: Tu risolvi, è questo che fai, risolvi...giusto? Giusto?? 

Richard: Se sai qualcosa che non mi stai dicendo, me lo dirai! 

Zelda: Sta venendo, vattene subito e porta via quell'essere 

Elisa Esposito (Sally Hawkins): F-O-T-... 
Richard: Cosa mi hai detto? Che dice? Cosa sta dicendo?? 
Zelda: Sta dicendo "grazie"

 


 
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Nelle Pieghe del Tempo

Post n°14388 pubblicato il 29 Marzo 2018 da Ladridicinema
 

Titolo originale: A Wrinkle in Time

Nelle Pieghe del Tempo è un film di genere avventura, family, fantasy, fantascienza del 2018, diretto da Ava DuVernay, con Chris Pine e Reese Witherspoon. Uscita al cinema il 29 marzo 2018. Durata 109 minuti. Distribuito da Walt Disney Studios.

Poster

Adattamento cinematografico del primo volume della saga sci-fi scritta da Madeleine L'Engle tra gli anni sessanta e ottanta. Nelle Pieghe del Tempo, il film diretto da Ava DuVernay, racconta le avventure della quattordicenne Meg Murry(Storm Reid), della sua famiglia di menti geniali e dei loro strampalati vicini di casa. 

Figlia di due fisici di fama mondiale, Meg ha problemi di autostima come tutte le ragazzine della sua età, fatica a integrarsi e cerca disperatamente di farsi degli amici. Non sa ancora di aver ereditato la mente brillante del suo papà e di essere incredibilmente dotata come il fratellino Charles Wallace (Deric McCabe). A peggiorare la situazione interviene la sconcertante scomparsa del signor Murry (Chris Pine), evento che tormenta Meg e che lascia sua madre (Gugu Mbatha-Raw) con il cuore a pezzi. Tuttavia, poco tempo dopo la scomparsa dello scienziato, tre donne dall'aspetto eccentrico e un nome altrettanto peculiare, le signore Whatsit, Who e Which (impersonate rispettivamente da Reese WitherspoonMindy Kaling e Oprah Winfrey), spediscono Meg, suo fratello minore e l'amico Calvin (Levi Miller) nello spazio, per salvare il genitore rimasto intrappolato in una faglia temporale. 
Catapultati in mondi oltre i confini della loro immaginazione, grazie a un congegno magico che permette di scivolare lungo le pieghe del tempo e dello spazio, i tre ragazzini si imbarcano in una formidabile impresa contro un nemico potente e sconosciuto. Per poter tornare sulla Terra, Meg sarà costretta a guardare a fondo dentro se stessa e ad accettare i suoi difetti per raccogliere la forza necessaria a sconfiggere l'oscurità che avvolge lei e i suoi amici.


La Walt Disney, attraverso la sua divisione TV, aveva già prodotto un adattamento del romanzo A Wrinkle in Time di Madeleine L'Engle per il piccolo schermo nel 2003. Originariamente intesa come una miniserie, questa prima versione di Nelle pieghe del tempo ebbe qualche problema in fase di montaggio, fu rimandata più volte la sua messa in onda per diventare alla fine un TV movie da poco più di due ore. È noto che l'autrice Madeleine L'Engle non ne fu entusiasta e purtroppo, essendo scomparsa nel 2007 a 89 anni, non potremo conoscere il suo parere su questa versione cinematografica

In seguito al grande successo di pubblico di Alice nel paese delle meraviglie di Tim Burton, la Walt Disney Pictures nel 2010 gettò le basi per realizzare portare al cinema anche Nelle pieghe del tempo, la cui autrice si rifà indubbiamente ai mondi per bambini creati da Lewis Carroll aggiungendo però un po' di fisica quantistica. Un budget di ben 100 milioni di dollari era a disposizione della regista Ava DuVernay, cercata proprio dai produttori per un motivo preciso. La Disney ha voluto dare un forte segnale e operare un cambio etnico per il ruolo della ragazzina protagonista, la quale da americana caucasica diventa afroamericana mulatta. Era importante che anche alla regia ci fosse una persone con la stessa provenienza etnico-culturale dell'attrice Storm Reid. Ava DuVernay è dunque diventata la prima regista donna di colore a dirigere un film ad alto budget. 

Il film ha inoltre una forte impronta femminile, come d'altra parte aveva anche il libro. Oltre al personaggio di Storm Reid, Meg Murray, sono fondamentali mnella storia le tre signore che la aiutano durante i suoi viaggi astrali. La signora Quale, la signora Chi e la signora Cos'è sono interpretate rispettivamente da Oprah Winfrey, Mindy Kaling e Reese WItherspoon e anche nel ruolo della madre di Meg, nella prima parte del film, spicca la brava Gugu Mbatha-Raw che abbiamo visto in un episodio di Black Mirror e in La Bella e la Bestia. Nei personaggi secondari vediamo Zach Galifianakis, peraltro in un ruolo che nel libro era femminile, e Michael PeñaChris Pine, che interpreta il padre di Meg, ha detto che il motivo principale per cui ha accettato di fare il film è proprio la variante multirazziale che è stata aggiunta alla famiglia Murray.

 

Dal Trailer Ufficiale Italiano del Film:

Preside Jenkins (André Holland): Non puoi usare la scomparsa di tuo padre come scusa per compotarti male 

Meg (Storm Reid): Non tornerà più, vero? 
Dott. Kate Murry (Gugu Mbatha-Raw): Devi sperare sempre! 

Calvin (Levi Miller): È il suo lavoro? Di che si tratta? 
Meg: Lui è convinto che si possa viaggiare nell'unverso in un istante 
Calvin: Quindi lo spazio si piega 
Meg: No, si contrae 

Calvin: Immagino quanto ti manchi... 
Meg: Più di qualsiasi altra cosa nell'universo! 
Signora Whatsit(Reese Witherspoon): Perché non andiamo a cercarlo?! 
Charles Wallace (Deric McCabe): Andiamo! 

Signora Whatsit: È il pianeta che preferisco nell'intera galassia! 

Meg: Chi siete? 
Signora Which (Oprah Winfrey): Siamo in cerca di guerrieri! Tuo padre ha realizzato qualcosa di straordinario, ma potrebbe essere in pericolo 
Meg: Mio padre è vivo? 
Signora Which: Pensiamo di sì. E la sola che può trovarlo, sei tu! 

Meg: Lei scherza! 
Happy Medium (Zach Galifianakis): Ti sembra che io scherzi?! 
Calvin: Un po' 
Happy Medium: Beh, no. No 

Signora Which: Verrai messa alla prova...a ogni passo. Abbi fiducia in ciò che sei! 
Meg: Ci proverò! 

Signora Which: Non è sicuro qui! Non fidarti 

Meg: Io non posso andarmene senza mio padre! 

Signor Murry: Sei molto più forte di me 

Signora Which: Sii una guerriera! 

Meg: Ti fidi di me? 
Calvin: Mi fido!

 


  • MONTAGGIOSpencer Averick
  • PRODUZIONE: Walt Disney Pictures, Whitaker Entertainment

 
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L'ultimo viaggio

Post n°14387 pubblicato il 29 Marzo 2018 da Ladridicinema
 

Titolo originale: Leanders letzte Reise

L'ultimo viaggio è un film di genere drammatico, sentimentale, guerra del 2017, diretto da Nick Baker-Monteys, con Jürgen Prochnow e Petra Schmidt-Schaller. Uscita al cinema il 29 marzo 2018. Durata 107 minuti. Distribuito da Satine Film.

Poster

Eduard ha la barba bianca, il passo incerto e la schiena un po' ricurva. Porta il peso dei suoi 92 anni, ma anche quello di un passato denso di ricordi ed emozioni che il suo volto segnato lasciano trasparire ma il suo atteggiamento scorbutico e distaccato non lasciano penetrare. Un passato che riemerge prepotente alla morte della moglie e di cui nè la figlia Uli, - una donna un po' nevrotica che già pensa di metterlo in una casa di riposo-, nè tantomento la nipote Adele, - una ragazza che vive alla giornata totalmente disinteressata alle storie del passato-, sembrano essere a conoscenza. Eduard, invece, a dispetto di tutti è una forza della natura: ora può finalmente ricomporre il puzzle del suo passato e mettere in ordine i ricordi che lo hanno accompagnato e tormentato per una vita intera. Con un cappello da cosacco estratto da un vecchio baule e una valigia con poche cose dentro, non esita a salire su un treno diretto a Kiev, in Ucraina, lasciando alla figlia Uli giusto un biglietto con un rapido saluto. Uli ha solo il tempo di allertare Adele, che lavora in un bar nei pressi della stazione, per farla correre alla ricerca del nonno e convincerlo a scendere dal treno. Ma il vecchio Eduard non ha alcuna intenzione di essere dissuaso dai suoi piani e Adele, si ritrova, suo malgrado, in partenza per un lungo viaggio nei ricordi personali del nonno, ma anche nella Storia. Un viaggio inaspettato e pieno di sorprese che, sullo sfondo della guerra civile Ucraina del 2014, porterà Eduard a riconciliarsi con il suo passato e Adele a capire quanto sia importante, per la propria identità, conoscere e accettare le proprie radici.



 
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Io c'è

Post n°14386 pubblicato il 29 Marzo 2018 da Ladridicinema
 

Io c'è è un film di genere commedia del 2018, diretto da Alessandro Aronadio, con Edoardo Leo e Margherita Buy. Uscita al cinema il 29 marzo 2018. Durata 100 minuti. Distribuito da Vision Distribution.

Poster

Nella commedia Io c'è, il film diretto da Alessandro Aronadio, Massimo Alberti(Edoardo Leo) è il proprietario del "Miracolo Italiano", bed and breakfast un tempo di lusso ridotto ormai ad una fatiscente palazzina. 
La crisi che ha messo in ginocchio l'attività sembra non aver scalfito i suoi dirimpettai, un convento gestito da suore sempre pieno di turisti a cui le pie donne offrono rifugio in cambio di una spontanea donazione. Esentasse. Ecco l'illuminazione di cui Massimo aveva bisogno: se vuole sopravvivere deve trasformare il "Miracolo Italiano" in luogo di culto. Ma per farlo deve prima fondare una sua religione. E' la genesi dello "Ionismo", la prima fede che non mette Dio al centro dell'universo, ma l'Io. Ad accompagnare Massimo nella sua missione verso l'assoluzione da tasse e contributi la sorella Adriana (Margherita Buy), inquadrata commercialista, e Marco (Giuseppe Battiston), scrittore senza lettori e ideologo perfetto del nuovo credo. Preparatevi ad essere convertiti!


Io c'è è il terzo lungometraggio del romano classe 1975 Alessandro Aronadio, già autore di Vite per caso (2010) e soprattutto del gioiellino in bianco e nero Orecchie che ha vinto diversi riconoscimenti, fra cui il Premio del pubblico del Montecarlo Film Festival de la Comédie. 

Io c'è - il cui titolo fa pensare alle scritte "Dio c'è" che negli anni 70 occupavano cartelli stradali, muri e cavalcavia (e che si dice fossero un messaggio in codice che indicava la presenza uno spacciatore in zona), nasce dalla grande curiosità del regista (che è un ateo convinto) per il mondo della fede: "Da migliaia di anni miliardi di persone hanno bisogno di credere in morti che resuscitano, fasci di luce portentosi, entità superiori magnanime o vendicative, personaggi che volano o camminano sulle acque. Com'è possibile?". 
In realtà la commedia è una costola di Orecchie, perché prende spunto da due scene con Rocco Papaleo in cui si parla di fede. Affrontando un argomento tanto delicato, perché nel film si racconta di una nuova religione chiamata "Ionismo" che pone l'io al centro di tutto, Aronadio ha messo in conto eventuali proteste da parte della Chiesa Cattolica, ma nonostante i consigli di alcuni prudenti amici che lo spingevano a lasciar perdere, ha continuato a sviluppare il progetto. Il regista è infatti convinto che si possa ridere perfino delle "cose sacre": "Trovo che ci potrebbe essere qualcosa di intrinsecamente comico nelle religioni: gli abiti liturgici, le storie che raccontano, i rituali, le coreografie". 

A capitanare il cast del film di Io c'è, nei panni del proprietario di un bed & breakfast che per non far fallire la propria attività si inventa appunto lo Ionismo, è Edoardo Leo, alle prese con un ruolo certamente comico ma non istrionico, visto che il suo Massimo fa quello che fa perché gli affari vanno decisamente male. L'attore ha già combattuto con la crisi economica nella trilogia di Smetto quando voglio e in Che vuoi che sia, la sua ultima regia. E' invece completamente nuovo alla collaborazione tanto con Margerita Buy (che nel film è sua sorella) quanto con Giuseppe Battiston (che impersona invece uno sfortunato scrittore di nome Marco). Entrambi sono stati scelti perché hanno un forte potenziale comico. In Io c'è recitano infine Giulia Michelin e Massimiliano Bruno, che di Leo è amico e compagno di lavoro da tempo immemore. 

Anche se Orecchie ha portato ad Alessandro Aronadio apprezzamenti e notorietà, Io c'è è per lui una sfida ben più complessa di quella produzione low budget, perché si rivolge al grosso pubblico e si affida a una comicità non solamente di parola ma anche di situazione. Le riprese del film sono durate 6 settimane e la sceneggiatura è stata scritta, oltre che dallo stesso Aronadio, da Valerio Cillio, Renato Sannio e da Edoardo Leo.

 

Dal Trailer Ufficiale del Film Io c'è:

Adriana (Margherita Buy): Sulla base dei primi quattro mesi, il bed&breakfast ti fa diciamo...centodieci mila euro! 
Massimo (Edoardo Leo): Eh? 
Adriana: Spese di gestione, pulizie, quarantuno percento sull'eccedenza, Tasi, l'Imu... 
Massimo: Ma che veramente devo paga' le tasse? 

Massimo: Ma sempre pieni de turisti questi?! 

Massimo: Che posso avere la fattura? 
Prima Suora: No 
Seconda Suora: Noi accettiamo solo donazione 

Massimo: Un'idea geniale questa! Mi faccio pagare dai turisti con la donazione minima esentasse! 

Massimo: Nel mio bed&breakfast potremmo allestire un piccolo altare, potremmo pure fa 'na formula messa e colazione... 
Prete: Lo Spirito a sinistra, il Santo a destra...manco il segno della croce sai fa! 

Massimo: Io non c'ho bisogno di loro, io me la invento 'na religione! 

Marco (Giuseppe Battiston): Prendiamo un po' qua, un po' là, facciamo un mix di gusto magari, ma un mix! 

Massimo: Facciamo che Dio è quadruplo! 

Marco: Tu sei il tuo Dio! 

Tutti: Noi siamo nostro Dio! 

Massimo: Avete avuto il monopolio pe' duemila anni, adesso tocca a noi! 

Marco: Ci dobbiamo concentrare per il prossimo obiettivo: l'otto per mille! 

Teresa (Giulia Michelini): Ionismo, eh? 
Massimo: Cioè io da "io-" e nismo da...che ci porti altri du' spritz, per favore?

 


  • MUSICHESanti Pulvirenti
  • PRODUZIONE: Italian International Film, Vision Distribution

 
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Zucca e i torturatori: l’orrore di Genova da osservatoriorepressione.info

Post n°14385 pubblicato il 29 Marzo 2018 da Ladridicinema
 

Un estratto dal libro “Genova Macaia” (ed.Laterza), in cui l’autore racconta le testimonianze raccolte nelle aule di tribunale di quanto accaduto nei giorni del G8 nel carcere di Bolzaneto

Sulla caserma ho affrontato in tribunale gli sguardi degli imputati, di tutti gli imputati, compresi gli sguardi dei «colleghi». Lo sguardo poco rassicurante di chi sa che certe cose non verranno dimenticate. E ho sentito e letto di tutto. E poi dovevo scriverne. Vivevo a Milano, fino alla mia partenza per la Cina, e facevo il pendolare al contrario: tutte le mattine alle 7.10 prendevo il treno. Alle 8.50 arrivavo a Genova, alla stazione Principe. Scendevo, tempo di immettermi in via Balbi e la prima focaccia arrivava secca sullo stomaco. Focaccia con le cipolle e cappuccino, se si pensava di avere tempo perché l’udienza iniziava più tardi.

Dopo il G8, quando mi è capitato di dire «sono di Bolzaneto», ho sempre visto un impercettibile movimento delle labbra e degli occhi nel mio interlocutore. È un lampo nell’animo, un ricordo tagliente; che uno sia stato a Genova o meno in quei giorni del 2001, Bolzaneto è quella roba lì: una ferita comune, un’offesa comune. E il problema, da genovese, è che è l’ennesima. Bolzaneto è diventata cosa? È diventata la «posizione del cigno», è diventata il triage del dottor Toccafondi, le dita spaccate di una ferita alla mano, un salame sui genitali, «vi stupriamo come in Bosnia», «un due tre Pinochet». È il ministro della Giustizia che non vede nulla, niente, tutto a posto! È l’assessore alla sicurezza del sindaco Marino, che nel 2001 è magistrato addetto a Bolzaneto, che non vede nulla, niente, tutto a posto! Ma, oltre alle vittime, c’è un cazzo di infame. Un infermiere. Infermiere penitenziario. Un genovese. Che racconta un’altra storia. In quelle aule di tribunale si fa presto a far diventare la minaccia di uno stupro un titolo di giornale. Sono capaci tutti.All’epoca ci guardavamo sconvolti: mesi di lavoro e di testimonianze, e una dose di cinismo che cominciava a riempire di tacche il cuore, ma quando uscivano fuori le atrocità commesse dentro la caserma di Bolzaneto, era troppo anche per noi. Io sognavo manganelli e pietre che volavano, rincorse, sbuffi dei poliziotti e carabinieri, sentivo l’aria passarmi accanto rapida, mentre dormivo. L’odore di benzina e gli elicotteri lì sopra. Ancora oggi alcune persone si terrorizzano a sentire gli elicotteri. Ancora oggi alcune persone si terrorizzano a sentire nominare la caserma di Genova Bolzaneto. È una storia, del resto, che sembra non finire mai. Un ragazzo che ha dieci anni meno di me mi ha detto: «Genova per me è un incubo: qualunque cosa si faccia, Genova incombe». La pesantezza delle sconfitte. A Bolzaneto fu rappresentata in modo plastico. È il 6 maggio 2005. Il giudice per l’udienza preliminare di Genova rinvia a giudizio 45 imputati appartenenti alle forze dell’ordine in servizio a Bolzaneto fra il 19 e il 21 luglio 2001, formulando a loro carico ben 120 distinti capi d’imputazione: avere ingiustificatamente e ripetutamente percosso, o avere consentito che altri percuotessero, con calci, pugni e schiaffi e talvolta colpi di manganello alla testa, al volto, alla schiena, ai reni, allo stomaco, ai testicoli, nonché attingendole con gas asfissianti e urticanti, le perso- ne arrestate presenti nella caserma di Bolzaneto, cagionando a vari arrestati malori e/o lesioni personali e, in un caso, una lesione grave (cagionata da un agente di polizia che divaricò con forza due dita di una mano di un arrestato, provocando- gli così una ferita lacerocontusa guarita in 50 giorni); avere costretto, o non impedito che altri costringessero, le persone arrestate presenti nella caserma di Bolzaneto a «rimanere per numerose ore in piedi all’interno delle celle, con il viso rivolto verso il muro della cella, con le braccia alzate oppure dietro la schiena, o sedute per terra ma con la faccia rivolta verso il muro, con le gambe divaricate, o in altre posizioni non giustificate […], senza poter mutare tale posizione», e a subire «percosse calci pugni insulti e minacce, anche nel caso in cui non riuscivano più per la fatica a mantenere la suddetta posizione nonché per farli desistere da ogni benché minimo tentativo, del tutto vano, di cercare posizioni meno disagevoli»; avere minacciato, o comunque non impedito che altri minacciassero, di infliggere violenze sessuali o lesioni fisiche a numerosi arrestati, in un caso simulando addirittura un’esecuzione sommaria; avere costretto, o non impedito che altri costringessero, le persone arrestate che dovevano essere accompagnate ai bagni a «camminare con la testa abbassata all’altezza delle ginocchia e le mani sulla testa», mentre altro personale appartenente alle forze dell’ordine presente nei locali le derideva, ingiuriava e percuoteva; avere mantenuto, o avere consentito che altri mantenessero, le persone arrestate senza rifornimenti di cibo, bevande e generi necessari alla cura e alla pulizia personale in quantità adeguata in rap- porto alla lunga durata del periodo di permanenza presso la struttura; avere costretto, o comunque non impedito che altri costringessero, taluni degli arrestati a ripetere frasi fasciste o comunque contrarie alle loro convinzioni politiche, o comunque «ad ascoltare espressioni e motivi di ispirazione fascista contrariamente alla loro fede politica» (quali inni e slogan fascisti); avere costretto, o comunque non impedito che altri costringessero, a compiere movimenti innaturali aventi lo scopo di umiliarli; avere costretto, o avere consentito che altri costringessero, un’arrestata a subire il taglio di tre ciocche di capelli; avere pesantemente offeso, o non avere impedito che altri offendessero, l’onore delle persone arrestate a mezzo di «insulti riferiti alle loro opinioni politiche (quali ‘zecche comuniste’, ‘bastardi comunisti’, ‘comunisti di merda’, […], ‘Che Guevara figlio di puttana’, ‘bombaroli’, ‘popolo di Seattle fate schifo’ e altre di analogo tenore), alla loro sfera e libertà sessuale e alle loro credenze religiose e condizione sociale (quali ‘ebrei di merda’, ‘frocio di merda’ e altre di analogo tenore)»; avere costretto, o avere consentito che altri costringessero a mezzo di percosse o altre violenze, taluni degli arrestati a firmare i verbali relativi all’arresto con- tro la loro volontà; avere danneggiato sottratto, o consentito che altri danneggiassero o sottraessero oggetti personali alle persone arrestate; non avere consentito alle persone arrestate di avvisare familiari e parenti del loro arresto, e agli arrestati di nazionalità stranieri di avvertire l’ambasciata o il consola- to del paese di appartenenza, attestando anzi falsamente sui verbali relativi all’arresto – o consentendo che altri attestassero falsamente sui verbali medesimi – la volontaria rinuncia degli arrestati a tali facoltà.

Simone Pieranni

 
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Fulvio Scaglione: "Il caso Skripal è una grande fake news. La guerra contro la Russia è terribilmente vera"

Post n°14384 pubblicato il 29 Marzo 2018 da Ladridicinema
 

da antidiplomatico


di Fulvio Scaglione - Linkiesta


In un suo libro meraviglioso (Sapiens – Da animali a dei – breve storia dell’umanità), Yuval Noah Harari, docente di Storia alla Hebrew University di Gerusalemme, analizza la funzione dei miti nell’organizzazione delle società complesse. E scrive: “Crediamo in un particolare ordine non perché sia oggettivamente vero ma perché crederci ci permette di cooperare efficacemente”. Oggi basta guardarsi intorno, con la tensione tra Russia, Usa ed Europa che sale di settimana in settimana, per trovare evidente conferma dell’intuizione di Harari.

 




Quella che spinge la russofobia imperante è ormai una vera mitologia. Prendiamo le ultime rivelazioni. Per esempio il “caso Skripal”. Si parla di un vecchio arnese dello spionaggio, un doppiogiochista fuori dai giochi da vent’anni che si arrabattava con un po’ di consulenze. Già è curioso che di colpo Vladimir Putin (perché gli inglesi hanno detto che l’ordine veniva dal Cremlino) si ricordi di Skripal. Ancor più curioso che gli venga di colpo voglia di ucciderlo. Straordinariamente curioso, poi, è che si pensi di ammazzarlo con gas nervino. Il buon vecchio colpo alla testa non è più di moda? Oppure si vuole lasciare un’impronta così grossa da far gridare a tutti “aiuto, arrivano i russi!”? E poi si parla dl gas nella valigia, ma forse non è più vero. E poi si scopre che Skripal padre e figlia avevano spento per quattro ore i rilevatori satellitari dei cellulari, e chissà che avevano fatto in quelle ore. E chissà come stanno i due Skripal, che non sono morti ma nemmeno riapparsi: non una foto, una notizia, un bollettino medico. Tutto questo, per dirlo con la filosofia di Theresa May, è “highly likely”, altamente probabile? Se ve lo raccontasse un collega di un suo amico ci credereste?

Stesso discorso per l’hacker russo (sempre Cremlino, sempre Putin, ovvio) che avrebbe rubato le mail di Hillary Clinton. Siete andati oltre i titoli, avete letto gli articoli? Sarebbe successo questo: l’hacker del Gru (servizi segreti militari russi) riesce a violare i server della Clinton. Poi, compiuta l’intrusione, con lo stesso computer e dalla stessa sede centrale del Gru a Mosca, ma dimenticando di usare il programma che cela la sua identità elettronica, si mette a surfare su Internet e addirittura entra in Twitter (Twitter, mica nel dark web) dove si fa pescare dall’Fbi. Secondo voi è “highly likely” che un militare-informatico esperto dei servizi segreti russi e impegnato in una simile missione faccia una coglionata di questo genere?

 

Certo che no. E infatti gli stessi giornali raccontano queste favole con aria stanca, sapendo che sono balle. Avendo perfetta coscienza che tutti, i russi come gli americani, gli inglesi e anche noi italiani, spiano, intrigano, trafugano, origliano ovunque possono. Però sui russi le raccontano. Perché tutto ciò serve a tenere in piedi quello che Harari chiama “ordine” e che, a sua volta, è l’architrave di questo nostro mondo.

Per andare avanti con la globalizzazione, il dominio dei mercati finanziari e il controllo delle risorse naturali del pianeta, abbiamo bisogno di raccontarci che siamo il centro del mondo. E che lo siamo non perché siamo i più forti ma perché siamo i migliori, i “buoni”. E che se rischiamo di non essere più il centro del mondo (con la sgradevole conseguenza di dominare e controllare un po’ meno, e di rimetterci qualche soldino) è perché i “cattivi” complottano contro di noi. Traduzione: poiché la Russia ci manda un po’ di carte a quarantotto, dal Medio Oriente all’Ucraina, è chiaro che complotta. Russiagate, Skripal, Brexit, Catalogna, vittoria di Lega Nord e M5S in Italia, no? Dunque va combattuta, in nome ovviamente del bene.

È la funzionalità per il sistema a tenere in piedi una narrazione che, di per sé, in piedi non starebbe. E che vive di inesausta ripetizione, poiché prove convincenti dei vari complotti, dopo anni di martellamento, non se ne sono viste. Basta osservare quanto avviene in queste ore in Italia, dove un Governo in carica solo per l’ordinaria amministrazione (come il premier Gentiloni ha voluto chiarire anche su Twitter) prende un provvedimento straordinario espellendo due diplomatici e giudicandoli spie. Cosa che lo pone in rotta di collisione con un partner economico e commerciale storico come la Russia, che infatti lo definisce un “atto ostile”. Cosa che, almeno in teoria, ci mette nel mirino dei missili russi, visto che noi abbiamo in casa decine di testate atomiche Usa e Nato. E il Governo defunto che prende una simile decisione ai propri cittadini come unica spiegazione dice che bisognava stare con gli altri, gli americani, gli europei, l’Alleanza Atlantica. Di fatto ammettendo che non ci crede nemmeno lui ma che non poteva (o non aveva le palle per) tirarsi indietro.



Come detto prima, è sicuro che la Russia spia, come spiano tutti gli Stati che spendono soldi per un servizio segreto. Oggi, però, il problema è un altro. A sentir parlare di armi di distruzione di massa (gas nervino) tornano alla mente ricordi nemmen tanto vecchi. Di quando gli stessi giornali, e spesso gli stessi “esperti”, tali armi le avevano localizzate per certo in Iraq. Di quando un ex generale, in quel momento segretario di Stato Usa, andava sventolando all’Onu provette di borotalco spacciandole per antrace. E di quando la Casa Bianca faceva circolare la lista dei “Paesi canaglia”: Afghanistan, Siria, Iraq, Libia e Iran. Paesi che, guarda combinazione, nel frattempo sono stati distrutti. Ecco, non si vorrebbe che il can can attuale servisse da distrazione di massa per spuntare l’unica voce di quella lista che ancora non è stata piallata.


*Pubblichiamo su gentile concessione dell'Autore

 
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La pretesa di tacitare le “voci scomode” dimostra la falsità e l’ipocrisia della democrazia occidentale

Post n°14383 pubblicato il 29 Marzo 2018 da Ladridicinema
 

Il concetto di “Libertà e Democrazia” continuamente sbandierato in Occidente e con quello il pretesto per aggredire i paesi che non si conformano allo standard politico del sistema ipercapitalista e consumista promosso dalle elite anglo USA, si scontra con la realtà dell’intolleranza manifestata nei confronti delle voci discordi non conformi al coro del politicamente corretto imposto nelle società occidentali.

Le fonti di informazione che operano in modo difforme rispetto al coro conformista del sistema dei media atlantisti, quelli che svolgono l’insostituibile compito della manipolazione delle idee e dei cervelli , vengono sottoposte a pressione indebita, ricattate e sanzionate con i più assurdi pretesti in modo da rendere loro impossibile lo svolgimento del proprio lavoro.


Il concetto di libertà di opinione per Washington, Londra ed i loro lacchè europei, confligge con l’atteggiamento delle autorità anglosioniste che sottopongono tutte le fonti di informazione al loro controllo palese o occulto attraverso l’appartenenza ai grandi gruppi finanziari che ne assicurano l’esistenza e ne garantiscono la conformità alle programmazioni degli “spin doctors” che soprassiedono alla manipolazione dei flussi informativi.

Nel caso degli Stati Uniti, risulta vincolante il controllo che viene esercitato dall’AIPAC,una società di influenza politica che cura gli interessi della potente lobby sionista negli USA e che esercita il vero potere dietro le ombre in materia di politica estera di Washington.
L’espressione più chiara di questa idea è l’attacco permanente contro i paesi dell’asse della Resistenza, quali la Siria, il Libano e l’Iran. Questo attacco si svolge a tutti i livelli, incluso il sistema dei media e la loro limitazione, proibizione e perfino chiusura degli accessi sui social media, per effetto delle decisioni e degli obiettivi perseguiti dall’Amministrazione di turno e delle pressioni sioniste sui mezzi di comunicazione di massa.

Così è accaduto ad esempio con il network informativo di Hispan Tv , che ha subito la censura da parte della società Google e da Youtube, portando alla chiusura dei suoi canali globali in una decisione inaccettabile delle autorità statunitensi, dimostrando che queste reti sono soggette al controllo preventivo che non ha nulla a che spartire con la sbandierata libertà di informazione e di opinione. Stesso trattamento riservato anche alla rete libanese Al-Manar ed a quella di Al-Mayadeen.

Questi episodi dimostrano con chiarezza come opera il potere della elite dominante e la sua imposizione di controllo. La pagina su You Tube è stata riperta dopo il provvedimento di censura ma senza possibilità di accedere ai suoi archivi ed alla sua ricca storia documentata di reportage e di notizie su quelle aree tematiche, su quelle regioni e processi che vegono silenziati dai media occidentali (es. la guerra in Siria ). Ancora peggio per le reti libanesi che, esendo considerate collegate con Hezbollah, partito presente nel Parlamento libanese, vengono considerate “reti terroriste” e come tali viene negato l’accesso ai loro corrispondenti sul territorio statunitense e sequestrati i loro conti bancari.

Provvedimenti analoghi sono stati presi dalle autorità USA contro la rete russa RT News ed RT Actualidad (in spagnolo) diffuse negli USA. Nello scorso mese di Novembre, le autorità del Congresso USA hanno decretato il ritiro delle credenziali stampa al network RT sulla base di un voto unanime realizzato il giorno 21 di Novembre da parte del Comitato Esecutivo dell’Ufficio dei corrispondenti di Radio e Televisione nel Congresso. Un atto di autorità unilaterale sulla base del quale viene limitata la possibilità di trasmettere da parte di questa rete sul territorio degli Stati Uniti, con il pretesto di inserire la rete in un elenco di agenti stranieri la cui attività informativa può essere limitata da parte del Congresso.

Il piano maestro di Washington è quello di cercare in ogni modo di silenziare le voci dell’Asse della Resistenza che contrasta le politiche imperialiste degli Stati Uniti e dei loro alleati, in una guerra informativa che possa controbilanciare la campagna di falsificazioni e di menzogne che il Dipartimento di Stato, l’AIPAC e la CIA fanno diffondere sulla Siria, sul Libano e sull’Iran attraverso i loro mega media collegati, dalla CNN alla Reuters, alla NBC, Fox Nexs, ABC, Associated Press, ecc… Una campagna che prepara il pubblico statunitense alle nuove guerre ed agli assassinii di massa che USA, GB, Arabia Saudita ed Israle si apprestano ad organizzare in Medio Oriente.

Nel caso di Google, il gigante mediatico statunitense, principale sussidiaria della multinazionale USA Alphabet Inc. la cui specializzazione sono i prodotti ed i servizi relazionati con Internet, software, dispositivi elettronici ed altre tecnologie, è stata imposta una restrizione contro le pagine di Hispan Tv, Hispan Tv programmi, documentazione, video e serie televisive tanto nella piattaforma Youtube quanto in Google Plus. La scusa è stata quella che Hispan Tv avrebbe violato le condizioni di Google in materia di invio di spam e contenuti pubblicitari e richieste varie. Tutti argomenti falsi e chiaramente destinati ad esercitare pressioni ed attaccare quei media che si opppongono alla egemonia globale.

Risulta evidente che, al governo statunitense, risulta scomodo un paese sovrano come l’Iran, che rappresenta una spina nel fianco della sua politica egemonica, come il trovare un rivale che è in grado di affrontarlo sul suo stesso terreno e sgominare i suoi alleati, come accaduto nella guerra di aggressione contro la Siria e in Iraq, dove l‘Asse della Resistenza ha rappresentato un muro dove si è infranta la triade costituita dall’imperialismo, sionismo e wahabismo saudita.

Allo stesso tempo come il Piano di Azione Congiunta -JCPOA – l’accordo sul nucleare ha dimostrato la forza della nazione persiana in materia di realizzare un programma nucleare in funzione dei propri obiettivi nazionali, mostrando al mondo che l’unico che non adempie a agli accordi stabilit tra i firmatari del gruppo 5+1 è precisamente il governo degli USA che non accetta, che non assimila che i termini come sovranità e dignità sono acora presenti in alcuni popoli del mondo.

 
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Aderisci al nostro appello contro la disinformazione Rai sulla Siria

Post n°14382 pubblicato il 29 Marzo 2018 da Ladridicinema
 

La guerra siriana rappresenta una delle più grandi tragedie del nostro tempo. Per analizzare tale complesso conflitto per procura che dura da 7 lunghi anni, occorrono competenza, preparazione e uno sguardo non fazioso e il più possibile oggettivo sui fatti.

Riteniamo che una vicenda simile non possa essere trattata senza contraddittorio e con tesi precostituite né con troppa enfasi e in maniera unilaterale. Pensiamo altresì che quanto andato in onda domenica 25 marzo a Che Tempo Che Fa, in particolare durante l’intervento del saggista Roberto Saviano, che non è né un professore di relazioni internazionali né un giornalista esperto di Medio Oriente, non sia tollerabile.

Riteniamo che un servizio pubblico come quello della Rai debba il più possibile fornire un’informazione bilanciata e sopra le parti. Quello che abbiamo visto è un monologo senza contraddittorio che non fa un buon servizio all’informazione.

Chiediamo dunque che d’ora in poi questo tema venga trattato con maggiore equilibrio e professionalità.

COPIA QUESTO MESSAGGIO E INVIALO A chetempochefa@rai.it

 
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Il film di Sorrentino su Berlusconi uscirà in due parti: al cinema il 24 aprile e il 10 maggio da la stampa

Post n°14381 pubblicato il 29 Marzo 2018 da Ladridicinema
 

Il regista stupisce ancora: in due pellicole l’epopea dell’ex-premier

Toni Servillo nei panni di Silvio Berlusconi

FULVIA CAPRARA
ROMA

Berlusconi si fa in due. E Sorrentino stupisce ancora. Non un film ma due film, distinti e separati, racconteranno l’epopea dell’ex-premier. Il primo, «LORO 1», uscirà nelle sale italiane martedì 24 aprile, distribuito da Universal Pictures. Il secondo «LORO 2» sarà nei cinema dal 10 maggio. La collocazione delle date fa immediatamente pensare al cartellone del prossimo festival di Cannes dove da tempo si dava per certa la presenza della nuova opera sorrentiniana.  

 

 

La scansione in due parti fa immaginare diverse possibilità, Sorrentino potrebbe partecipare alla kermesse per la prima volta fuori concorso (a Cannes i film in gara sono generalmente anteprime mondiali) oppure potrebbe aver ottenuto dal direttore Thierry Fremaux una deroga (in passato era accaduto solo a Nanni Moretti), oppure, altra ipotesi, potrebbe partecipare alla competizione per la Palma d’oro solo con il secondo titolo, annunciato per il 10 maggio, quindi a festival ormai iniziato. I più informati parlano anche della possibilità secondo cui «Loro» potrebbe aprire la rassegna (in programma dall’8 al 19 maggio). 

 

Nel trailer, un’esibizione in cui il protagonista interpreta, a bordo piscina, la celebre «Malafemmena», scorre la galleria dei personaggi, dalla moglie Veronica Lario (Elena Sofia Ricci) all’ imprenditore pugliese Tarantini (Riccardo Scamarcio). Volti immobili, come raggelati nell’incantesimo del leader.  

 

Accanto al protagonista dei due «Loro» Toni Servillo, recitano, tra gli altri, Kasia Smutniak, Euridice Axen, Fabrizio Bentivoglio, Roberto De Francesco, Dario Cantarelli, Anna Bonaiuto, Giovanni Esposito, Ugo Pagliai, Ricky Memphis, Lorenzo Gioielli, Alice Pagani, Caroline Tillette, Elena Cotta, Iaia Forte, Duccio Camerini, Yann Gael, Mattia Sbragia, Max Tortora, Milvia Marigliano, con l’amichevole partecipazione di Michela Cescon e con Roberto Herlitzka. La sceneggitura è scritta dal regista con Umberto Contarello. Luca Bigazzi firma la fotografia, Cristiano Travaglioli il montaggio, Lele Marchitelli le musiche, Stefania Cella la scenografia, Carlo Poggioli i costumi. Il film è prodotto (con la Francia) da Nicola Giuliano, Francesca Cima, Carlotta Calori, Viola Prestieri. 

 
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