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« La Foglia del DiavoloLe terre del Nord »

In viaggio per Orgocrit

Post n°5 pubblicato il 27 Settembre 2006 da AracnoMania
 

Il suo Velostios, creatura nata da pozioni e magie, lo avrebbe portato fino a Orgocrit, isola maggiore dell'arcipelago della Rannisula. Si dirigeva dal suo fidatissimo amico Otto, capitano di Motanga, nonchè Mastro dei Metalli. Il sole era alto sopra Sbrillo e il Velostios, che procedeva sbattendo le sue ali arancioni dalla forma di pipistrello, il muso protratto in avanti fendeva l'aria rendendolo aerodinamico, raggiungeva la velocità di 80 nodi e per Sbrillo era un vero divertimento tenersi e lasciarsi trasportare. Le nuvole morbide erano quasi a portata di mano e il mare luccicava di mille brillanti. Ogni tanto appariva qualche isolotto, posti incantati che solo la Rannisula poteva nascondere. Orgocrit sbucò all'orizzonte dopo poco più di un'ora. La casa-laboratorio di Otto era nella parte ovest del paese, proprio dentro la montagna di Rinpel. Il Velostios conosceva la strada perchè nel rito magico era stato programmato per arrivare fin li, così fu. Sceso dal grande bestione alato Sbrillo si diresse verso la porta incastrata nella roccia incurante del Velostios che diventava cenere. Bussò. Attese qualche secondo e battè nuovamente la porta. Otto era molto impengato a soddisfare donne di ogni ceto, che volevano allietare  le proprie ore tra massaggi, carezze e quant altro, il giovane alchimista sperava non fosse una situazione di queste, sarebbe stato un guaio. Mentre stava per battere nuovamente la porta, sbucò la faccia del suo amico dalla porta.
<< Deh! Ccha fai qui?>> Nel frattempo si stropicciava gli occhi. Sbrillo lo prese in contropiede sperando di non indispettirlo 
<< Deh! Dobbiamo salpare, adesso! Cammella è irrecuperabile, prendiamo la tua Motanga, ci aspetta un viaggio lungo e pericoloso, e il posto dove siamo diretti lo sarà ancor di più.>> Quando si parla di strani viaggi e avventure misteriose il capitano Otto ha la meglio sul pigro Otto abitante di Orgocrit. <<Finalmente, mi stavo annoiando! Dammi il tempo di mandare via due dame che volevano quel qualcosa da me, mi preparo e ...salpiamooo!! >> Un sospiro di sollievo, il giovane Sbrillo non si aspettava tanta celerità. Avrebbe atteso dopo la partenza per raccontare la storia al proprio amico, nel frattempo approfittò dell'amaca per fare uno dei suoi microsonni ristabilizzatori.

 
 
 
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LE AVVENTURE DI MOTANGA

Il vento soffiava leggermente da Nord. Sbrillo esausto contemplava il cielo strappato di nuvole, mentre sorseggiava quella bevanda denominata Adrenina, dal sapore dolciastro e il colore purpureo, sedeva su una sedia in una terrazza del centro del paese di Faglie. Dal balconcino si affacciò Otto, era sudato con gli occhi spiritati, aveva avuto una litigata con una delle sue donne e poi l'aveva posseduta per due ore abbondanti. 
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Sbrillo aveva capito che Otto voleva la sua pozione magica, magari per concludere in bellezza con la dama o magari per riuscire a dirle che era meglio non vedersi più. Controvoglia preparò l'intruglio, lo assaggiò, e lo mise di fronte alla porta di Otto, bussò e si diresse nuovamente in terrazza. Sapeva che in una decina di minuti sarebbe stato lì accanto a lui e avrebbero deciso finalemente il da farsi.
Erano anni che si frequentavano e si scambiavano opinioni varie, avevano avuto la possibilità di fare alcune traversate insieme, ma adesso si trattava di scegliere se formare una ciurma e rimettere in sesto Motanga o continuare ognuno per la propria strada come sempre.

Passarono altre due ore, l'attesa uccideva Sbrillo che nel frattempo aveva cominciato a mischiare Tequila, Adrenina e il suo personale intruglio a base di Foglia del Diavolo. Decise di muoversi, andò a cercare la Musa dei Cerchi di Fuoco.
Faglie era la città natale di Sbrillo, ma non ci si muoveva a suo agio, preferiva viaggiare e stare continuamente in balia della corrente. Ma si sa: i sogni per realizzarsi hanno bisogno di tempo, vera volontà e fatica.
Per sua fortuna trovare una Musa non era un sogno, sua personale confidente era entrata nella vita del giovane Sbrillo poco tempo prima ed aveva occupato immediatamente un ruolo stabilizzante. Infatti Arachiù, così lo conoscevano in paese, era solito avere momenti di follia incontrollabile che manifestava con un arrossamento del viso (diventava magenta in alcuni casi) e un'insaziabile bisogno di sputare veleno e acido citrico su chiunque fosse alla portata della sua voce. Il compito che la Musa assolveva con tenerezza era quello di portarlo nuovamente nel mondo razionale che solitamente ordinava il giovane marinaio.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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