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salernostoria

Post n°2 pubblicato il 20 Maggio 2007 da racantillo
 

Salerno e’ la mia citta’ natia. Ci sono nata nell’Ottobre del 1974, in una clinica privata, la “Villa del Sole”. La mia famiglia si suddivide in due schiere: quella dei nati alla Villa del Sole e quella dei nati alla clinica “Tortorella”. Tutta la mia infanzia si e’ articolata nel rione Carmine, fra Via San Giovanni Bosco, Via Gelso e Via Paolo de Granita, rispettivamente casa mia, dei mei nonni e dei miei zii paterni. A Salerno, oltre ai miei e a mio fratello, sono nati anche tutti i mei cugini e cugine. Quest' altro ramo della famiglia, quello materno, che ha messo radici a Via Monti e a Matierno. Da piccola percio’ pensavo la vita, oltre che in connubio con i miei, come un andirivieni tra una casa e un'altra, una strada e un'altra, a piedi o in macchina, e poi da piu' grandetta anche da una scuola a un’altra. le mie scuole a Salerno sono state Medaglie d’oro, Torquato Tasso e il Liceo Scientifico G. Da Procida. Da piccola leggevo molto, ascoltavo tanta musica e vedevo i cartoni alla televisione. La stanzialita’ a Salerno e’ tradizione, radicata nella mentalita’ delle vecchie generazioni, per cui il partire doveva sempre significare anche un ritornare. Per questa ragione, finche’ e’ stata in vita la nonna paterna, la nostra famiglia non si e’ mai spostata, per le vacanze, a piu’ di due ore di macchina. Le vacanze, lunghe anche piu’ di un mese e assolate di mare e spiaggia, non si passavano mai in luoghi piu’ lontani del Cilento o della Costiera amalfitana, posti bellissimi ancorche’ esosi. Una regola silenziosa ma incontrovertibile del cilentano che fitta case infatti recita: ‘il turista, anche se nostrano autoctono, resta pur sempre un turista. Per cui, se si puo’ permettere il lusso di fare il turista, lo si puo’ benissimo prosciugare, e  piu’ paga meglio e’. E mai, mai  e poi mai diventare amici del turista. Perche’ va salassato’. A Salerno ancora oggi, ma specialmente negli anni settanta e ottanta erano pochi i luoghi in cui si potevano portare a passeggio i bambini: per cui noi o andavamo alla villa comunale, o al lungomare o tutt’al piu’, tristemente, al cimitero, a ‘trovare’ il nonno paterno, visto che il cimitero salernitano e’ piu’ un incrocio di strade alberate che altro, e quindi i bimbi potevano scorazzare in bicicletta liberi dal traffico con santa pace dei genitori. A me paradossalmente piaceva andare al cimitero in bici, non so a mio fratello, ma meglio che starsene a casa. Poi vista la nostra familiarita’ con Toto’ e A livella tutto sommato era anche divertente.

Altro luogo importante di socializzazione, oltre la scuola, fu per noi il centro della parrocchia dei Salesiani S.S. Maria Ausiliatrice, sotto casa. Tutto in cemento e quindi micidiale per le cadute, ma uno dei pochi luoghi con campi da tennis, calcio e basket, tenuto dalle temutissime suore che, si narra, picchiavano, e dai meno accaniti preti che richiamavano al silenzio col dito indice, se non erano troppo grassi e affannati. Il tutto coronato dall’immancabile preghiera delle otto di sera, ora in cui si smetteva di giocare e ci si radunava a dire l’Ave Maria. Un ricordo molto nitido dello stesso complesso Salesiano fu quello del terremoto del 1980: con i nonni e mio fratello allora piccolo, visto che i mei erano a Napoli quella sera, scendemmo dal sesto piano di Via S. Giovanni Bosco e aspettammo sulle scale della chiesa, che tornassero anche loro. Fu il mio primo ricordo legato alla possibilita’ della morte, da cui probabilmente scaturisce una mia fobia di separazione che a tutt’oggi, a volte, ritorna ad angosciarmi. Fortunatamente indenni, presso i Salesiani stemmo poi, anche con i mei, un paio di notti in macchina, e poi trascorremmo le prime giornate che seguirono il terremoto da mia nonna paterna, che abitava ai piani bassi. Non dimentichero’ mai il sapore della pastina delle suore, ne’ il loro salame piccante nei panini che io non sopportavo. Non capivo allora la gravita’ di cio’ che era accaduto, e da bimba viziata non accettavo che il cibo di casa. Strana coincidenza la mia scelta odierna forse definitiva, di vivere, assieme al mio compagno, in Inghilterra. Come tutti sanno quest’isola a volte arrogante e’ tradizionalmente fatta di case a due o massimo tre piani, anche se vi sono anche qui edifici piu’ alti. Salerno invece e’ irta di palazzi a sei o sette piani, che non lasciano spazio al panorama e tolgono il respiro assieme al traffico, intensissimo e malsano, dovuto al parco macchine ancora non del tutto rinnovato e all’inferno dei sensi unici, da cui si salvano solo poche strade del centro storico.

Ma anche queste poche strade, benche’ ormai rinnovate, centro indiscusso della movida salernitana, sono a tutt’oggi poco curate, maleodoranti e umide, e soprattutto, nonostante il Duomo, la Scuola Medica e l’aspetto storico-istituzionale che in questa zona e’ rappresentato, assieme al lusso dei negozi, ai musei e alla magistratura, e’ mal frequentata e, paradossalmente, da anni e’ appannaggio della micro e macro criminalita’, anche piu’ che altre zone e rioni di Salerno. Questi altri quartieri (Fratte, Pastena, Zona Industriale e Magazzeno per nominarne alcuni) sono anche tristemente noti per essere zone di droga e prostituzione, di cui si legge nella cronaca locale. Poco si e’ fatto sinora per ridare dignita’ a queste zone che, nonostante la prossimita’ col mare devono invece sopportare la tara del malaffare. Ancora un ricordo, che unisce una strada familiare (V. Paolo de Granita) e il frutto della nostra costiera: la granita di limone alla Villa Comunale.

 

 

 

 
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Drink way too much

Night-time nightmare

But loving thoughts

Come through

Of worried partner

From afar

But not so near

Exhaustion

A pause unbroken

Of everlasting love

----------------------------------------------

That time the day blacked out

the moon turned into sun

and sun turned into sea

That time I saw you

Immersed in me

A life's embrace

And a longing for

waiting

patiently

in love

 

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