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la musica, suonare il pianoforte, suonare il mio violino, la luce del tramonto, ascoltare il mare in una spiaggia deserta, guardare il cielo stellato, l’arte, i frattali, viaggiare, conoscere e scoprire cose nuove, perdermi nei musei, andare al cinema, camminare, correre, nuotare, le immagini riflesse sull’acqua, fare fotografie, il profumo della pioggia, l’inverno, le persone semplici, il pane fresco ancora caldo, i fuochi d’artificio, la pizza il gelato e la cioccolata


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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura





 
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Impromptu n.3 op.90
Impromptu n.2 op.142




 

 

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Post n°894 pubblicato il 31 Luglio 2022 da enodas

 

 

Ho sempre immaginato che avrei chiuso questo blog per qualche motivo speciale, qualcosa di bello e straordinario. Un po' come se tutto questo mio raccontare, partendo e vivendo la mia esperienza all'estero, e tutto il resto avessero un filo conduttore, un qualcosa per cui l'universo avesse tramato in mio favore. Ho sempre nascosto qua e là qualche messaggio in bottiglia, qualche significato segreto, frammenti di me. Ad ogni modo, ho cercato di raccontare me stesso, un po' di quell'invisibile che ognuno di noi si porta dentro, scoprendo alla penna fianchi deboli per uno che preferisce non farsi notare. Nello scrivere ho cercato me stesso e, a volte, un po' di conforto. Chissà, forse pensavo, questo sarà il giorno in cui tornerò in Italia, o magari mi sposerò, o forse ancora avrò un bambino. O tutto insieme, chissà. Un happy ending, insomma.
Non é stato così. In questi anni, ovviamente, sono cambiato, anche se non credo in meglio, e quei sogni tutto sommato semplici che avevo in valigia a volte mi sembrano come sbiaditi. E' come se la profondità di alcune ferite mi avessero segnato indefinitamente, oscurando parte della mia anima. La razionalità non basta a nascondere certe cicatrici, sempre che di cicatrici si tratti, e non di ferite ancora sanguinanti. La solitudine, intensamente, resta.
Credo che a monte di tutto ci sia la mia profonda timidezza, che ha sempre condizionato non solo le mie scelte, ma anche le opportunità mancate, una certa sensibilità e l'incapacità di gestire alcune situazioni per come avrebbero dovuto essere. Ogni ricordo si imprime sulla pelle come un tatuaggio, con un'intensità che probabilmente non dovrebbe essere. Una sedia vuota, molto tempo fa, ed un tramonto dalla cima di un vulcano fumante, sulla linea di un azzurro intenso, molto più di recente, sono alcune di queste immagini che non andranno mai via e che nel buio della notte mi hanno fatto piangere lacrime silenziose, invisibili e, a mio parere, immeritate.
Così, nel frattempo, il mio tornare in questo spazio, e scrivere, é diventato sempre più rarefatto nel tempo, fino volutamente a scomparire, nei mesi scorsi, probabilmente proprio in un momento in cui più di altre volte, avrei voluto raccontare me stesso ed avuto la necessità di lasciar fluire le parole da qualche parte, fosse anche in maniera anonima e da perfetto sconosciuto. Pure dei viaggi straordinari, che pure ci sono stati e che per me sono sempre stati linfa vitale ed un'emozionante avventura, non ho avuto l'energia di raccontare, per poter imprimere le mie sensazioni su un quaderno di viaggio.
Di loro, e delle mie Istantanee, continuerò a scrivere qui, nella speranza di recuperare anche le pagine che ancora devo scrivere.
E quindi, questa volta, questo blog finisce qui, in un'estate che non ho davvero vissuto, con l'anima intrisa di amarezza e con le lacrime agli occhi.

 

 

 
 
 

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Post n°893 pubblicato il 31 Dicembre 2021 da enodas

 

 

Probabilmente difficile da credere, ma questa foto l'ho scattata ad inizio settembre in Sicilia. Forse ancora più difficile da immaginare, davanti a me in realtà c'é la cima di un vulcano, e non solo prima di iniziare la camminata, ma anche soltanto una manciata di minuti prima di questa foto, quel profilo svettava in lontananza su un cielo azzurro. Tutto questo per dire che la mia vita privata proprio a partire da quei giorni sia andata a rotoli. Da allora, queste settimane sono durate come mesi ed ho navigato a vista. E così sarà ancora, dubito che i prossimi mesi saranno differenti.

 

 

 
 
 

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Post n°892 pubblicato il 28 Dicembre 2021 da enodas

 

 

Credo di poter affermare che la mia vita sentimentale faccia schifo. E che non sia nemmeno una gran novità.
In una sorta di esercizio terapeutico, avevo iniziato a scrivere ripercorrendo i miei ricordi e quanto volessi legare a quel mio vissuto, tra amori platonici, delusioni cocenti e storie naufragate. Ad un certo punto l'ho trovato un esercizio abbastanza patetico. Ben più di queste poche righe.
Ho sempre voluto credere che, una oltrepassata la mia timidezza e la mia riluttanza a farmi notare in qualsiasi situazione, alla fine avrei trovato qualcuno che amasse il mio cuore e mi apprezzasse per la persona che sono. Non é stato così. Anzi, ancora peggio, sono riuscito asoltanto a collezionare ricordi dolorosi, frasi taglienti, per finire talvolta in una sorta di disprezzo ostentato. Alzando ogni volta l'asticella di quanto questo significasse e quanto mi facesse male. Come a dire, può sempre andare peggio.
Una disillusione crescente, ogni volta più lacerante.
E forse, per la prima volta, tra ferite rabbiose, un po' di autocommiserazione e tanta tristezza, una parte di me mi fa dire che non me ne importi più niente, che questo sia un sogno svanito che non vale più la pena di inseguire. E che sia sbagliato o no, anche questo non mi interessa. I miei mondi fantastici ed un po' idealisti, il mio mondo, vengono smantellati, pezzo per pezzo. Rendendomi più deluso, più duro, più povero.
Guardando indietro nella mia vita e cercando un punto qualsiasi che mi dia una risposta precisa, non so trovare esattamente dove abbia sbagliato. Ma rimango cinico verso me stesso.
Tutto ciò che é succeso in questi ultimi mesi, per me, é profondamente ingiusto. Per come sono, per i significati che do ad ogni cosa, per qualsiasi intenzione. Anche se in fondo, guardandomi indietro, non é che in altre circostanze sia stato diverso. Solo, ogni volta, é stato peggio.

 

 
 
 

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Post n°891 pubblicato il 23 Dicembre 2021 da enodas

 

 

Gli uffici vuoti fanno una certa sensazione. Quelle poche volte che sono andato fisicamente, in questi ultimi due anni, hanno sempre lasciato la stessa immagine, di un luogo silenzioso e quasi onirico che quasi pareva una cattedrale eretta nel deserto. Ancora più la sera, io che già in passato uscivo spesso tardi ed i corridoi di per sé erano in buona parte svuotati, e flebili lampi di attività si percepivano come un brusio nelle zona ristorante o in un'ombra che si muoveva dietro una finestra illuminata. Era il momento che preferivo, assaporare il silenzio e la calma di fine giornata. Adesso, questo silenzio é perenne, in questo labirinto di uffici e corridoi che rimangono vuoti e silenziosi laddove prima a volte ci si trovava a vagare alla ricerca di una sedia ed una scrivania lasciati liberi. Le prime volte che ero tornato avevo provato quasi un senso di orgoglio per lo spirito di adattamento e l'organizzazione, per i segnali alle pareti così come sui pavimento, dove l'innovazione continuava a distanza di sicurezza e la conoscenza non aveva limiti. Poi questa nuova quotidianità, unita ad altro, ha cancellato questo slancio positivo. Così, rieccomi qui, a pochi giorni da Natale, a percorrere questi corridoi, magari con un motivo in più per guardare al calendario e fermarmi, prima di uscire - probabilmente un'ultima volta quest'anno - passando da un punto all'altro di questo spazio mastodontico che in qualche modo si riconnettono ad una normalità che sembra ormai lontana e dimenticata, tanto da sembrare quasi sconosciuta. E ripetere percorsi che allora significavano altro, spezzavano la giornata, erano un incontro. Provo un tremendo senso di malinconia per alcune di queste cose, soprattutti quando allacciano ricordi con una persona in particolare. E' tutto scomparso, ora, nel silenzio e nel deserto, nell'assenza di lei, nella mancanza di tutto ciò che prima era una familiare normalità.

 

 
 
 

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Post n°890 pubblicato il 13 Dicembre 2021 da enodas

 

 

E' ancora buio e gli occhi strizzano di una notte che in realtà non é mai passata, in un dormiveglia che ha lasciato giusto un paio d'ore di sonno. Eppure, era una notte infinita, che muore in un battito di ciglia. Il tragitto verso la stazione é solo l'ultima propaggine di qualcosa che é andato. Nel gelo d'inverno, via via la si osserva, la città che lentamente torna a muoversi, ignara di un punto qualsiasi che l'attraversa silenzioso. Perché questo é, alla fine, silenzio. Amare significa anche lasciar andare. Immagino. Cerco di ripetermi. Tenerezza. Ed ancora una volta mi trovo ad aggrapparmi a delle parole. E questo, fisicamente, é un lasciar andare. Che carica di ulteriore tristezza e compassione una partenza. Prima ancora che mentalmente, perché quella é una lunga deriva iniziata chissà dove, chissà quando, un lungo addio che mi lacera in parti frammentate, un'onda travolgente che nessuna mia volontà può avere la forza di opporsi. Un altro passo nell'oscurità.

 

 

 
 
 

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Post n°889 pubblicato il 03 Dicembre 2021 da enodas

 

 

Senza perdere la tenerezza. E' il frammento di una frase a cui mi aggrappo. Oggi come in altri momenti più o meno sconfortanti di questi giorni. La stanza, vuota e gelida mi rimbomba nell'anima. Mantengo lo sguardo fisso su un barattolo colmo di penne tutte uguali e tutte con la punta verso il basso. E cerco ad ogni costo di sopprimere anche fosse una sola lacrima. Il vento sbatte contro la parete di vetro, feroce e gelido lungo la strada, che pedalare é uno sforzo anche solo da immaginare. Il primo feroce morso d'inverno sembra essere oggi. La parete candida a lato si interrompe su un quadro astratto posato a terra che stona con l'ambiente, sia per soggetto che per dimensioni, e che mi infastidisce alla vista. Figure abbardate nel vento si muovono alle mie spalle, oltre il vetro, continuando un pomeriggio anonimo che prelude al fine settimana. Ascolto il ticchettio di un orologio che centellina ogni secondo. Ed ancora mi perdo nella parete bianca e muta che ho di fronte. Ancora, mi aggrappo a queste parole, trovate un giorno nel contesto più impensabile. Se non preservo almeno un tocco gentile, nel mio cuore, mi ripeto, come potrò mai salvarlo. Anche a costo di lasciar credere che questa sia una debolezza. E probabilmente lo é, nella mia incapacità di lasciar andare le cose. Tra rabbia e frustrazione. Come di fronte ad un mare, un giorno di sole, finalmente caldo ed impregnato di colori intensi, attesi da anni, in un angolo recesso di ricordi, di fronte a tanta bellezza che mani d'ombra già stavano strappando via. Stavo allungando passi in salita, sul costone del vulcano, mentre frammenti di isole spuntavano via via all'orizzonte soltanto per sparire nell'azzurro che diventava tramonto. Non potevo immaginare una cornice più bella, e invece mi trovavo a perdermi nel tramonto più triste. Il vento feroce continua a sentirsi, oltre la parete di vetro opaco alle mie spalle che mi separa dalla strada, mi ferisce con la sua indifferenza per il mio mondo piccolo e insignificante, per ogni secondo scandito da un orologio che forse soltanto immagino nella mia mente, per ogni lacrima che violentemente mi ripeto di non versare, per ogni volta che mi aggrappo ad una parola.

 

 

 
 
 

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Post n°888 pubblicato il 07 Novembre 2021 da enodas

 

 

9, 10 Ottobre 2021

 

Erano anni, da quando ero bambino che non risalivo verso questo lago incastonato tra le Alpi. A guardarlo adesso, tutto sembra più piccolo ed accessibile, forse anche un po' più normale. Effetti di scala, impartiti dagli occhi di un bambino. Ciò che ricordo, così come mi si presenta ancora oggi, sono le acque turchesi e smeraldo, quelle gradazioni di azzurro e verde intense e sature che sono tipiche dei laghi alpini, e le temperature gelide dell'acqua del lago, al primo contatto con le mani. Ricordo altri luoghi, sparsi qua e là ai margini della distesa verde che si apre davanti a Molveno, là dove ci eravamo sempre fermati, ai margini del lago più raggiungibili. Forse persino il profilo di un albero che solitario rimane ad osservare un piccolo promontorio di sassi a rendere irregolare la foce del torrente verso il lago, dove mi piace pensare ci siamo fermati quell'ultima volta.

 

 

Questa volta sarà soltanto un punto di partenza, un tracciato lungo quel cerchio allungato che si deposita tra le montagne, ed un sentiero che si inoltra nella foresta a seguirne il tracciato. Quando già i segni dell'autunno sembrano propagarsi seguendo i passi del viandante, e l'unico rumore che sale alle orecchie e quello delle foglie schiacciate al suolo. O l'ansimare di un cane, quando incroci qualcuno che arriva, seguendo la direzione opposta, un fruscio che si attenua velocemente e scompare alle spalle. Il cerchio prosegue, per sbucare in una radura direttamente opposta al paese, un punto confuso di case incastonato ai piedi della montagna, dove chissà, in qualche modo immagino di vedere un albero solitario sulla riva che curva in un piccolo promontorio.

 

 

Per me che non sono molto abituato alla montagna, anche quest'immagine che si apre sul sentiero tagliato lungo il costone custodisce la sua bellezza imponente ed il silenzio ampio e vertiginoso che sembra salire fin verso il cielo lungo quelle pareti scoscese il cui colore rosato ancora solo si immagina durante la luce del giorno. Vi arrivo svoltando ad una curva sul vuoto, un attimo accecato dal sole ora che l'ombra protettiva degli alberi si é interrotta bruscamente. L'arrivo sembrava a portata di mano, ma oltre alla curva si presenta un paesaggio di roccia. E' come emergere, oltre, e camminare in un mondo nuovo che dal basso si intravedeva soltanto aguzzando la vista. E procedere, affrontando nuove curve cieche, oltrepassando un doppio arco naturale, e sostenendo con lo sguardo altre pareti scoscese, immobili giganti schierati come soldati che mi osservano dall'alto. Forse mi giudicano, forse mi guidano, forse mi proteggono, spero solo che una mano invisibile si appoggi alla mia spalla.

 

 
 
 

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Post n°887 pubblicato il 23 Ottobre 2021 da enodas

 

 

30 Giugno 2021

 

E' un rumore lontano inghiottito nel buio. Proviene da quella stessa direzione, dove la passerella di legno bianco si perde nell'oscurità prima ancora di fondersi con la sabbia. Quella sabbia fresca della sera che copre i piedi nudi, i quali, anzi, si muovono per affondare di qualche centimetro e godere della sensazione dissetante che restituisce il terreno. Quel rumore, di un mistero che gli occhi della mente hanno svelato, é una carezza ed un richiamo allo stesso tempo. Mi culla, mi dà sicurezza e mi attrae come il canto di una sirena. Perché tutto ciò che vedo é una massa informe ed impalpabile di una notte senza luci, semplicemente perché, incamminandomi verso gli ultimi lembi di sabbia raggiunti dalle luci alle mie spalle, prima o poi giungerei al mare, le onde infrante che avanzano e si ritraggono senza sosta. A quel punto, saranno le luci del paese ad apparire lontane, attorno sarà soltanto silenzio, e quel confine nascosto tra terra ed acqua ondeggerà parallelo tracciando una strada che soltanto un riflesso di luna potrebbe svelare.

 

 

 
 
 

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Post n°886 pubblicato il 20 Ottobre 2021 da enodas

 

 

 

30 Giugno 2021

 

Tuttodante. Dovrebbe suonare più o meno così l'intento di questa mostra che si dipana su almeno due strade differenti. La prima é "il prima ed il dopo", tutto ciò che fu per il Poeta il contesto culturale che fece da genesi al mondo della Commedia, la cultura medievale e la riscoperta degli antichi, e ancora il contesto politico e quello poetico, per passar poi alle illustrazioni del viaggio dantesco fino alle interpretazioni che ogni secolo e movimento a seguire fece della vita di Dante e della sua poesia. Viaggiatore, patriota, visionario, letterato, artista del sublime. La seconda é il viaggio della Commedia e la sua interpretazione attraveso i secoli, letta sulla base di una sensibilità ogni volta differente: qui gli episodi più celebri ed i personaggi più memorabili, immortali tra i versi, appaiono come se stessi aprendo un libro, ad un canto ben preciso, e si materializzassero in successione. Una rassegna impossibile da contenere se non soffermandosi sugli episodi più celebri, in un crescendo via via sempre più rapido attraverso le tre cantiche. E allora, "Tuttodante" é un obbiettivo impossibile, troppo vasto e sconfinato é stato scritto del Poeta, della sua vita e delle voci a cui ha dato possibilità di poter comunicare con noi, del mondo che ha saputo creare verso dopo verso in quel suo viaggio straordinario.

 

 

Cercare di raffigurare, o meglio evocare in immagini ciò che la sua parola aveva portato a perfezione. Perché quei versi diventassero ancora più eterni. Perché il mio viaggiare, come sfogliando pagine di un libro, é il viaggiare di chiunque ricordi un minimo di sofferente fatica tra i banchi di scuola e, una volta adulti, di chi (forse finalmente) ne apprezzi veramente tutto il messaggio portentoso. Il turbine dei due amanti, lo sguardo fiero che si erge da terra, e quello animale e disperato di un condannato. Il fuoco prima, il gelo poi, li divora e graffia anche me, per quelle passioni così terrene, così umane. La figura che chiede di essere ricordata, e l'altra sacrificata dalla famiglia. Ancora, immagini che escono dalle pagine, immortali, prendono volto, ci guardano e parlano, un'ultima, eterna, volta perché esistano, perché abbiano la possibilità di comunicare dal modo delle anime. Ancora, a mio avviso, straordinariamente umano, anche quando ormai alle porte del Paradiso, l'amore é ormai mistico, quasi astratto, elevato ad una purezza tale da risultare difficile da comprendere. E di nuovo, immagini che dai versi nascono e che i versi illustrano, perché abbia la possibilità di entrare e partecipare a questo viaggio, comprendere l'incomprensibile che come un seme resta nascosto dentro di noi. Con la speranza certa che infine, sarà concesso di tornare a veder le stelle.

 

 

"...Pallide le dolci labbra
che vidi, che baciai, leggiadra la figura
con la quale fluttuai nella malinconica bufera."

(J. Keats)

 

 

"[...] La mostra affronta un arco temporale che va dal Duecento al Novecento. Per la prima volta l’intimo rapporto tra Dante e l’arte viene interamente analizzato e ricostruito, presentando gli artisti che si sono cimentati nella grande sfida di rendere in immagini la potenza visionaria di Dante, delle sue opere, ed in particolare della Divina Commedia, che hanno trattato tematiche simili a quelle dantesche, o ancora che hanno tratto da lui episodi o personaggi singoli sganciandoli dall’intera vicenda e facendoli vivere in sé.

[...] Con uno stile magniloquente e antologico, l’esposizione condurrà il visitatore alla scoperta della crescente leggenda di Dante attraverso i secoli. La prima fortuna critica del Poeta verrà mostrata attraverso le più antiche edizioni della Commedia e alcuni dei più importanti Codici miniati del XIV e XV secolo. Apposite sezioni saranno dedicate alla sua fama nella stagione rinascimentale, alla riscoperta neoclassica e preromantica del suo genio, alle interpretazioni romantiche e novecentesche della sua opera ed eredità; capitoli a parte verranno dedicati all’ampia e fortunata ritrattistica dedicata all’Alighieri nella storia dell’arte, al tema del rapporto tra Dante e la cultura classica, alla figura di Beatrice, che il Poeta eleva ad emblema del rinnovamento dell’arte e delle sue stesse positive passioni.

Protagonisti della mostra saranno anche le molteplici raffigurazioni che alcuni tra i più grandi artisti hanno offerto nel corso della storia della narrazione dantesca del Giudizio universale, dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso. Il percorso si concluderà con capolavori ispirati, nella loro composizione, al XXXIII canto del Paradiso. [...]"

(dell'Introduzione alla Mostra)

 


 
 
 

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Post n°885 pubblicato il 17 Ottobre 2021 da enodas

 

 

 

26-27 Giugno 2021

 

E' passato quasi un anno, ed alla fine torno a casa passando proprio da qui, da quell'ultimo luogo di frontiera che aveva segnato il mio passaggio, l'ultima volta. Quanti silenzi e quante giornate vissute lontano, nel frattempo. Sono tornato, ma questa volta con l'idea di fermarmi, almeno un attimo. In fondo, me lo ero promesso, di fare tappa qui e spendere un po' di tempo camminando i sentieri che si intravedevano dalla strada che dalla frontiera scendono verso valle. Quel campanile che affiora e compare, quasi dal nulla, soppraffatto dalle acque ma non dal ricordo, lo stesso ricordo che la sua presenza sembra voler mantenere come monito. Quel campanile marca un confine quasi nascosto, ormai, forse dimenticato, e la sua vista segna che sì, finalmente sono entrato in Italia.

 

 

E' un lungo cammino di una giornata quello che abbraccia il lago da un'estremità all'altra, partendo da sud, dalla presenza pur sempre sinistra della diga, quella che ha pesantemente plasmato questo paesaggio, e le cui costruzioni ad imbuto che affiorano dall'acqua, ora che il livello dell'acqua é più basso. E si allunga fino all'estremità opposta, praticamente giusto dietro al confine con l'Austria, dove il campanile superstite esce dall'acqua, la stessa immobile come uno specchio opaco ancorato ad un angolo naturale formatosi sulla riva. E' un lungo cammino, che abbraccia un circuito perfetto o si ritragga sullo stesso lato, più in alto lungo il fianco della montagna, esposto alle folate di vento ed alle campate di sole come le vele dei surfisti che si animano in mezzo al lago.

 

 

Non si direbbe, ma quel rigagnolo che esce da una frattura nella roccia é il fiume che bagna la mia città. Vi si arriva attraverso un bosco di pini lungo un breve sentiero che si dipana aggirando fortificazioni nascoste nel terreno, collinette aggiunte dall'uomo, e linee di difesa tracciate sulle montagne e mai veramente utilizzate. C'é un certo romanticismo nel pensare di poter bagnare le mani nell'acqua fresca e limpida che sgorga timidamente da questo punto intaliato nel terreno, raccogliere un sasso levigato e portarlo via, ed immaginare che quella stessa acqua mi raggiungerà, centinaia di chilometri più a valle in un altro luogo, là dove ho costruito ricordi ed emozioni. Come due immagini che si sovrappongono in luoghi e tempi diversi, legati dallo scorrere vitale dell'acqua.

 

 

 
 
 
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