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un'anima alla ricerca di un chissà

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Quel colpo di pistola

Post n°315 pubblicato il 14 Febbraio 2016 da roby.floyd

 

Una notte di quasi cinquant'anni fa a Sanremo.
Una vicenda che sembra appartenere alla sceneggiatura di un brutto film di serie B.
Un colpo di pistola nel buio (potrebbe essere un titolo) e un mito creato ad hoc per l'industria discografica.
Ecco che un cantautore bravo ed introverso, autore di una manciata di canzoni che comunque mai avevano superato le 50.000 copie (in un periodo in cui i successi veri toccavano tranquillamente il milione) diventa improvvisamente l'unico, tanto da infilarsi prepotentemente nella storia del costume italiano, quasi che quello sparo potesse aprire le porte di chissà quale paradiso.
Quel colpo di pistola scosse a morte il sonno dell'italiano medio, ma non servì, almeno, non immediatamente, a far riflettere sullo stritolante ingranaggio della musica leggera.
Quell'edizione di Sanremo è andata avanti lo stesso; lo stesso hanno cantato le Orietta Berti, Gianni Pettenati e i Lucio Dalla: tutt'al più hanno gettato (dopo, però, molto dopo) , una manciata di ipocriti fiori e forse la speranza che finisse tutto presto.
Solo pochi intellettuali sono insorti, e qualche amico che mai accettò quella morte violenta.
Al funerale di Luigi Tenco c'era Fabrizio De Andre', Michele e la prima moglie di Gino Paoli.
Gli altri, compresi quelli che avrebbero rivendicato una chissà quale affinità culturale, preferirono non rischiare.
Alle feste dei matti, si sa, ci vanno solo i matti.
E quel cadavere ancora caldo rimase solo; monumento di un'ipocrisia senza fine.
Oggi quella morte rimane ancora oscura: suicidio, omicidio, fatalità?
Gli elementi che fanno dubitare della versione ufficiale sono molti, ma non sono serviti libri, tavole rotonde, fiction, articoli più o meno infuocati.
Resta il fatto che Tenco rimane a simbolo di un ingranaggio feroce e, tutto sommato, stupido; rimane il controsenso di una generazione che subì, seppur ideologicamente, la stessa bruciante sconfitta.
Mito di scarto per un mondo che, fino ad allora, voleva solo personaggi vincenti; in questo senso, Tenco non è mai uscito vincitore da questa vicenda.
Nemmeno quando le sue canzoni (in verità, poche meravigliose, tanto che sarebbero sopravvissute lo stesso) , conobbero i vertici dell'hit parade e passarono di bocca in bocca, interpretate da un mucchio di gente che, forse, un pò la coscienza nera se la sentiva.
Nemmeno quando a lui venne intitolata la più prestigiosa rassegna europea sulla canzone d'autore, quel Club Tenco che sembra essere rimasto il solo a proporre intelligenza e buon gusto.
Tenco, invece (soprattutto oggi che certa canzone d'autore insegue pardisi perduti e si svilisce in compravendiuta di sentimenti), rimane un'incognita, un'incompiuta, seppur di lusso, nella storia della nostra canzone.
Oggi, gli amici di allora, rimasti in vita, sono naufragati in una fine ben più miserabile di quella che gli è toccata.
E chissà quale disgusto proverebbe (sempre che poi fosse riuscito a conservare integra la sua coerenza) nel vederli, chissà se si riconoscerebbe, ad esempio, nel bar dell'ex Onorevole Paoli, attualmente preso da beghe in ambito di evasione fiscale, se sarebbe così contento di entrare 'nell'ufficio delle cose perdute'.
Oggi, che quella dignità che gli fece premere quel grilletto (ammesso che sia stato davvero lui a premerlo) è costantemente rinnegato per un'apparizione televisiva in più o per una manciata di dischi al supermercato.
Rimane Tenco, a 50 anni da quella morte inutile, l'amaro simbolo di una rivoluzione solo sognata e quel colpo di pistola rimbomba ancora, non tanto per scuotere qualche coscienza, ma solo per farci capire la nostra stupidità.
Quella, soprattutto, di aver costruito un monumento sul nulla e di aver trasformato in eroe uno che magari ha cercato, fino all'ultimo, di essere solo se stesso.

 

 

 
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