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You Never Can Tell (C'est la vie)

Post n°413 pubblicato il 20 Marzo 2017 da roby.floyd

CHUCK BERRY - 1926/2017

 

A volte, una canzone, per quanto di successo, ha bisogno di qualcosa in più per fissarsi nella memoria di milioni di persone.
Quel qualcosa in più è una sequenza di un film, 'Pulp fiction' di Quentin Tarantino, impossibile da dimenticare, quella in cui Travolta e Uma Thurman, lei non si sa se più bella o più fatta, lui sornione con la coda di cavallo e il cravattino da cowboy, partecipano a un ipotetico contest di twist e la ballano con gli occhi che si incollano e in modo sexy, cool, divertente.
Per chi si ricorda, quella è la canzone 'incriminata' che, fra la manciata di brani che Berry, uno dei padri del rock'n'roll, ricordiamocelo, ha inciso dopo 20 mesi di prigione dove è finito, per aver fatto attraversare il confine dello stato ad una ragazza indiana minorenne che lui vorrebbe portare  nella sua città e farla lavorare nel suo club...e forse non solo quello.
Il brano è ancora una volta un esempio della capacità di Berry di giocare con le parole, la metrica, raccontando una storia completa, dettagliata e contenuta in soli due minuti e mezzo.
Ed è una storia che ha per protagonisti dei ragazzi, come tutte le sue storie, che, però, crescono e diventano adulti e come cifra ha quelle caratteristica osservazione, sempre ironica, sottile, mai troppo accentuata della società dei consumi.
I due vivono in un modesto appartamento, racconta la storia, ma poi il loro stile di vita cresce un pò in prosperità, e possono comprarsi un'automobile truccata e anche un refrigeratore, come si diceva allora.
I due ragazzi, altro particolare curioso, non si chiamano con due tipici nomi americani, ma francesi: Pierre e la sua mademoiselle, la sua signorina che da un tocco di charm alla storia, tanto che per celebrare il loro anniversario vanno nella città franco-americana per eccellenza, New Orleans e ogni strofa si chiude con " c'est la vie, say the old folks, it goes to show you never can tell ", è la vita han detto i vecchi, i genitori, quelli di famiglia, dimostra che non si può mai dire... tanto che, in alcune cover, non si chiameranno come il vero titolo "You never can tell" ; per esempio quella di Emmylou Harris del 1976 si chiamerà "C'est la vie"  e poi ci saranno tante cover, quella di Springsteen, Bob Seger, Andy Garcia e tanti altri ancora.
Sarà l'ultimo hit per Berry  per molti anni fino a "My Ding-a-Ling" del 1971, dopodichè pezzi di un certo rilievo saran finiti, ma non i concerti, nè tutte le ricadute della sua immortalità artistica.

 

... già... c'est la vie... ma appena appreso della notizia della tua morte desidero raccontare chi sei stato.

Chuck Berry ha rappresentato l'artista folk nell'idioma rock.
Il suo stile non è mai cambiato perchè non ne aveva bisogno; fin dall'inizio esso espresse inconsciamente le reazioni dell'artista e del suo pubblico agli ordinari avvenimenti del loro mondo:  automobili, ragazze, diventare adulti, la scuola, la musica.
Una ingenua vitalità pervade le sue canzoni, tutte.
I suoi argomenti non sono mai trattati a tavolino e le sue parole non mostrano lo sforzo di trovare 'significati' o 'valori' particolari nelle cose che descrivono.
La nota dominante dello stile di Chuck Berry è la sua aperta adesione alla felicità, allo scherzo, al divertimento: "School Days", per esempio descrive la 'pizza' di stare in classe, l'eccitazione che accompagna la campanella e la gioia di ritrovarsi intorno al juke-box; "Roll Over Beethoven"  invita gli ascoltatori , e Beethoven, a partecipare emotivamente alla musica, ad 'agitarsi e dondolare' al suo ritmo vitale.
I versi delle canzoni di Chuck Berry  rappresentano alcune delle eccitanti poesie folk nel campo del rock, rimanendo, in ogni caso, un linguaggio ordinario.
Un aspetto della sua forza artistica, tale da accrescere la sua rilevanza nella scena del rock in genere, è stato il suo stile chitarristico, non si serviva di un supporto di sassofoni se non di rado in qualche incisione; come Elvis era 'un uomo con la sua chitarra'.
Più di Presley tuttavia Chuck Berry suonava la chitarra con una vitalità che costituiva un elemento importante nell'effetto totale dei suoi dischi, per non parlare dei suoi concerti e, anche in questo caso  il suo atteggiamento era quello dell'artista folk.
Le sue canzoni usavano ripetutamente una identica frase introduttiva sulla chitarra, o una leggera variazione della stessa, e durante lo svolgersi dell'esecuzione facevano affidamento su analoghe melodie e armonizzazioni 'preferite' di chitarra, funzionali  alla verità estetica ed espressiva.
La sua artisticità folk,  il suo genio consisteva nel fatto che non cercò mai di cambiare quelle caratteristiche, non sentì mai il bisogno di introdurre innovazioni stilistiche...perchè non sapeva  neanche che cosa fosse lo stile.
Il rapporto di Chuck Berry con la sua chitarra era intimo e amoroso, e la cosa è evidente sia in termini musicali che visivi.
Musicalmente la chitarra penetra nelle liriche e spesso risponde ad uno o due versi di un certo ritornello, così che la voce e la chitarra contribuiscono alla pari dell'impatto totale del sound.
Sotto l'aspetto visivo la stessa stretta relazione era accentuata, in un abbraccio fra l'intera persona dell'artista e il suo strumento; quando si esibiva si stringeva al petto la sua chitarra, ne traeva le note, pizzicandola scherzosamente, e andava avanti in una sorta di balletto con essa.
Un simile modo di esibirsi richiedeva qualcosa di più della tecnica di un virtuoso; esso proveniva dalla convenzione folk per cui la chitarra è umana: come una donna, al cui corpo chiaramente assomiglia, deve essere amata prima di poterne trarre la sua musica avvincente.
Chuck Berry creò i testi e la musica di quasi tutte le sue canzoni che incise e...anche in questo rappresenta il tradizionale artista folk che, paragonato con i cantanti commerciali, crea da sè il proprio repertorio invece di farselo scrivere su misura da un'altra persona.
Durante gli anni '50 l'abitudine di cui Chuck Berry fu l'esempio divenne pian piano comune, e segnò una maggior differenza  fra il rock ed altri stili musicali praticati nel campo pop.
Come Berry, Fats Domino, Little Richard e Ray Charles, così come cantanti di blues più tradizionali, tipo B.B. King composero quasi tutte le canzoni che incisero e, negli anni '60 questa consuetudine divenne ancor più caratteristica della musica rock.

E concludo con una frase di John Lennon: " Se il rock' n' roll avesse un secondo nome potrebbe benissimo chiamarsi Chuck Berry  ".

 

 
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