Creato da inattesadi il 29/07/2006

confusione

inattesa

 

 

Passpartout

Post n°226 pubblicato il 08 Febbraio 2010 da inattesadi

 

Di ritorno
Perse le parole lungo la strada.
Si fermò guardando dietro,ma la luce fioca della sera non bastava.
Un uomo che poteva essere chiunque o nessuno era alla ricerca da sempre.
Si fermava poi si rigirava su se stesso,
frugò nelle tasche scivolando le mani come su una parete scoscesa.
Le soste erano solamente risparmio. I pensieri sommessi, alle volte sconnessi.
Improvvisamente la luce colorava il suo viso
 ma bastava un dito su uno specchio d'acqua
per disperderlo in tanti anelli trasparenti.
Di ritorno
perse la coscienza del tempo.
Eppure era quello,nulla si era sospeso. le strade nonostante possano cambiare
 rimangono strade da attraversare. Si possono increspare,si possono azzoppare
ma rimangono liquide e catramate.
Quell'uomo qualunque affondò la mano fino in fondo e con il polpastrello
percepì un metallo.
Fece emegere una chiave passpartout
Le luci dei lampioni lo trasportarono tra i palazzi e i portoni,
niente era cambiato,nulla era diverso.
Bastava solo scegliere.
L'uomo per un attimo sorrise,
strinse la chiave nel palmo e perse gli occhi in alto
nella luce della sera.


 

 
 
 

LE VIRGOLE E I PUNTI

Post n°225 pubblicato il 18 Maggio 2009 da inattesadi


Il sole si confondeva un pò ovunque,
si nascondeva tra i rami gli anni e i pensieri.
Gli occhi si girarono su  un dolce specchio,
una goccia lo rendeva salato.
Un' unica sorta di benessere improvviso.
Poi la rotta cambiava.
In pochi si accorsero del mutamento,
solo i più sensibili si voltarono appena.
Le ruote contorcendosi,controversi al volere,
contro il vento,proseguivano.
Le virgole erano punti
gli incontri esclamavano accecati dal troppo catrame.
Eppure il tempo era nuovamente fermo e io
continuavo ad infornare
senza temperatura e senza timer
sostenendo una fortuna appesa alla buona stella.
Eppure l'estate sembrava essere arrivata
proprio mentre cercavo la mia casa.
I lunghi tir stanchi mi domandavano
se l'ancora si fosse staccata
o si fosse imbarcata senza di noi.
Io risposi ma nessuno stava ad ascoltarmi.
Vedrete..Vedrete
si poggerà con me.

 

 
 
 

CI SONO LE MIE COSE

Post n°224 pubblicato il 28 Aprile 2009 da inattesadi

Ecco.
Il tempo scivola via come sapone.
Respiri col vento che si increspa tra le onde dei miei capelli.
Sono vertigini controllate.
Ecco.
Improvvisamente ricordo il nostro incontro.
Un secondo dopo eccoci qui,dopo un secolo di noia.
Ecco
Ci sono le mie cose da mischiare con le tue.
Aspettavo questo palmo raccogliere l'anima mia.

 
 
 

SOSPESI TRATTI

Post n°223 pubblicato il 27 Dicembre 2008 da inattesadi



Aveva dimenticato.
Strano, proprio lui che mai peccava mai.
Lui che non usciva dal selciato.
Mai.
Aveva rimosso.
Cadendo tra cumuli e stridendo sui cerchi,
consumato come un freno stemperato.
Aveva accavallato i suoi stessi sensi in tormenti.
Ogni secondo,
ogni decimo di ogni lancetta che passava inesorabilmente
ne cancellava il ricordo.
Aveva imballato il suo cuore.
Cercava la via ma le strade erano piene.
Le macchine imprigionavano volti insabbiati.
Cercava di unire i centimetri cronometrandosi i gesti.
Eppure continuava a non ricordare.
Continuava a non capire.
I sospesi tratti li aveva già pensati, ma ,
non li aveva tracciati dimenticandoseli così tra gli spazi.
Appoggiò per un attimo il palmo sul foglio bianco.
Il suo foglio bianco.
Guardava la penna adesso senza fatica.
Si accorse che dentro era già tutto scritto.
Si accorse che era tutto lì.

 
 
 

DELLE NOTTI E DEI GIORNI

Post n°222 pubblicato il 07 Dicembre 2008 da inattesadi


Silenzi,

parole non dette mai.
Pensieri
rimasti soli sulle strade
dove mi fermai.
Silenzi per ascoltare
qualcosa che da fuori
non si sente.
Sono contorni di tutti quei giorni.
Sono moli fermi che si guardano
delle notti e dei giorni.
Tu mi dirai
-Non mi scorderai?-
-Non mi dimenticherai?-
Passeremo su di un rumore di parole meste
passeggeri sui nostri stessi occhi
stando attenti alle correnti dei nostri cuori,
apriremo le finestre.


 
 
 

TORNANDO A CASA

Post n°221 pubblicato il 27 Novembre 2008 da inattesadi

Ho chiuso le porte dell’ascensore. Il mio indice destro spinge la T.

Vado giù,in fondo,sempre meno in alto ,con i piedi a terra sospeso nel buio di questo tunnel in verticale.

L’ascensore è arrivato .Sono in fondo,dopo sei piani. Sono troppi.

Troppi per immaginare tutta la vita che li risalirà.

Troppi per dire quanto tempo passerà e, sono pochi.

Pochi e troppo vicini tra loro per sentirsi anche solo per un momento

tra il sopra e il sotto di tutti i piani.  

La notte è filigrana bagnata tra le vie incapsulate di automobili.

Scritte più o meno artistiche sulle pareti del mercato coperto.

Io parcheggio su questa via.

Parcheggio qui anche se in realtà non si potrebbe,

qui i camion discendono tutte le fatiche.

La terra si sente viva abbastanza,per  quello che serve, per quello che beve.

Verrà  mattina quando sarà e i camion arriveranno.

Intanto io vado via e ora è notte.

E’ proprio questo il quartiere con il mercato?

E’proprio lui. Così bello e così,

 decisamente addormentato.

 
 
 

DAL TUO STESSO SPECCHIO

Post n°220 pubblicato il 13 Novembre 2008 da inattesadi

Alle volte mi chiedo,

 dove sto andando?.

 Ora dove paro il tempo?.

 Io mi giro intorno come se fossi ancora girato.

 Due bambini corrono con il gelato.

 Il gioco più bello è quello di averlo avuto

e poi buttato tra lo sciogliersi del vento.

Eppure io lo sapevo, io lo immaginavo.

Immaginavo di averlo mangiato ma non posso,

non posso più dividerlo tra me e l’asfalto.

Cammino come se fossi  un ghiacciaio senza saper pattinare.

Se guardo le mani e penso, se prendo a me le nuvole e il polline

mi si tapperebbe il naso,

e io,

cosa farei se non ci fosse più la pioggia.

Se sapessi scrivere senza bagnarmi,

 senza andare via con i polpastrelli

troverei un blocco nelle strade dei miei pensieri e

sarei fermato da una guardia.

Sono senza i documenti.

Mi giro intorno come se fossi già girato.

Due bambini si guardano come se fossero fratelli.

Il gioco più bello è quello di averlo pensato

 Poi ,rastrellando tra i sassi, anche i più grossi,

 che fatica minore farei,

 se maggiore fosse un passo diverso.

Eppure io lo sapevo,se mi fossi guardato,

avrei intravisto la tua anima sorda

profondamente solcata dai tuoi occhi.

Salvato da te e dal mio dal mio stesso specchio.

Dal tuo stesso specchio.

 
 
 

GROPPO IN GOLA

Post n°219 pubblicato il 28 Settembre 2008 da inattesadi

Mi capita di non avere più voce e non perché mi sono sgolato. Capita e basta.

Poi esce una vocale, ne individuo un accento nuovo, più afono del solito.

Le stagioni passano scongiurando il caldo e promettendo piume, a proposito:

Credo che sul mio balcone ci sia un nido di piccioni,

dovrebbero pagare almeno il sapone e la pazienza del nespolo.

Mi sono accorto di avere una nuova rughetta di espressione ci ho pensato quando ho ceduto il mio posto alla fila in cassa della Standa a una vecchietta che mi ha sorriso facendomi venire venire un groppo in gola. La Standa non mi piace moltissimo e non è un fatto politico, ma ci vado per il garage e perché ti danno un coccetto a solo un euro se fai più di venti euro di spesa.

Oggi ho fatto un pranzo pieno,ho cucinato anche per te. Alle dieci del mattino ho messo a rosolare la carne di agnello per le fettuccine, ho fatto la faraona con i pachino e il peperoncino tenendo spalancate le finestre. Il cielo era blu. Ho ingoiato tutto accorgendomi che sarebbe scivolata via una nuova settimana e soprattutto mi sono accorto che tu non c’eri e io ho mangiato per due.

Domani apriamo insieme la confezione del coccetto per scoprirne il colore.

Vedi , la mia attesa è anche questa.

 
 
 

BICCHIERI PIENI-BICCHIERI ROTTI

Post n°218 pubblicato il 14 Settembre 2008 da inattesadi

La notte aveva mangiato la notte.

Il selciato toccato dai tacchi si era bagnato di bicchieri rotti.

tanto rosso nei tuoi fianchi,

ogni goccia  è un mare in piena.

Sospingevi l’anima sorda tra i rumori.

-Mi vuoi parlare?-

Domandavo senza ritmo sfumando le mie labbra nella foschia,

rassomigliavo ad un attore noir.

La notte aveva ingoiato le stelle, non era male cadere

silenziosamente nel tuo profilo.

L’immancabile destino ci riuniva in un’immagine mai perduta.

-Parlo troppo poco, ora la mia voce è nelle tasche.-

La notte rotolava via

come le gomme della mia macchina antica.

Settembre passeggiava curando le nostre ferite.

-Vedrai, andrà tutto bene-

 
 
 

LA VIA DEGLI ANGELI

Post n°217 pubblicato il 14 Agosto 2008 da inattesadi

 

Tutti,

 tutti  noi abbiamo bisogno di una fortuna,la cerchiamo e la sospiriamo.

Basta fermarsi e ci accorgiamo che è proprio lì dietro l’angolo di questo mare.

Abbiamo tutti la via giusta,anche se alle volte non è proprio così

non dobbiamo darla vinta

 mai.

Io  la mia fortuna me la tengo stretta.

Mi fermo un po’ per respirare meglio.

Non mollate mai.

Ri-Posto una cosa già scritta per auguravi tutto il bene.

A presto.

LA VIA DEGLI ANGELI

La casa di Giorgio era triste,buia e vuota,i soffitti alti la rendevano ancora più smorta e silenziosa,come lui.

Giorgio aveva ritirato il vestito,gli aveva fatto dare una rinfrescata il giorno precedente.

Marta,la proprietaria della tintoria “Jefferson”,quando vide l’abito,sapeva bene cosa significasse per lui.

Conosceva la moglie da quando stavano ad abitare in quel  quartiere,e, quando Giorgio venne a ritirare il vestito lei pianse come una bambina.

Gli stava a pennello,nonostante fosse passato un anno,Giorgio non prese un etto,anzi,probabilmente era anche un po’ dimagrito.Infilò i suoi gemelli d’oro e le sue scarpe di vernice,mise la giacca,prese le sigarette e uscì di casa.

La macchina scura entrò in via Verdi,girò per viale Mefisto,costeggiò il fiume e entrò in via degli Angeli.

Era mezzanotte.

 

Carlo aveva finito l’ultima stecca di liquirizia.ormai era intrattabile,Sandra,sua moglie,non ci faceva più caso,continuava a vedere il suo reality  tutta stravaccata su quella poltrona puzzolente,non aveva cura per niente,non aveva voglia di niente.Un lavoro di cassiera,le chiacchere con la portinaia,la guida tv.Carlo aveva ben altro in mente,ma oramai la sua vita non aveva molto senso.Ora gli bastava sapere dov’era il casco e le chiavi del suo scuter.

Si chiuse la porta appresso con il casco già indosso.

Il motorino  prese Piazza Reggio,si infilò contromano in via Sinibaldi,costeggiò il fiume e entrò in via degli Angeli.

Era mezzanotte e dieci

 

Aveva appena attaccato il telefono in faccia a Marisa,era stufa di sentire le solite prediche della brava sorellina infermiera.Camilla  in realtà era sempre stata stufa di tutto.La vita per lei  aveva sempre girato al contrario,e,non aveva mai avuto il coraggio di affrontarla con i dovuti modi,ormai era un affare tra lei e lei.

Camilla quella sera aveva sfoggiato un vestito rosso fuoco scollatissimo,stivali da capogiro,e calze a rete.

Un ultimo ritocco di rossetto,un occhiata alla borsetta ,agli attrezzi da lavoro e via,pronta per diventare un’altra donna,misteriosa, come gli eroi dei fumetti che leggeva da piccola.Peccato che il suo patrigno non sapeva che a quei tempi lei fosse ancora troppo piccola per quei giochini,e,peccato per lui che non sapeva che la piccola fosse così vendicativa ,quando gli mise il veleno per topi dentro le polpette che gli aveva fatto con tanto amore quella domenica a pranzo, ormai era troppo tardi per chidere scusa.

Camilla uscita vestita così, si chiamava Moana

.Andò ondeggiando su via dei Cenci,costeggiò il fiume e entrò in via degli Angeli.

Era mezzanotte e venti.

 

 

Quella sera Lorenzo era fuori di sé,i suoi genitori stufi delle urla che provenivano dalla camera,gli avevano dato l’ultimatum.Urlava al telefono con la sua ex ragazza,lo aveva tradito con Samuel,il cretino di quartiere,un piccolo ladruncolo di periferia,il padrone dei muri della città.Aveva già avuto a che fare con lui durante la contesa per un murales.

Lorenzo sapeva che quella sera se non fosse stato attento avrebbe passato i guai,ma la rabbia lo corrodeva dentro.Lorenzo era il classico ragazzo che non aveva bisogno di un branco,e questa cosa a Fabiola proprio non andava giù,preferia  farsi vedere da tutti con Samuel,la donna del piccolo boss.

Lorenzo quella sera avrebbe fatto vendetta.Prese la bomboletta spray e la mise dentro la tasca interna del suo grossa felpa nera con il cappuccio,allacciò strette le scarpe da ginnastica  e uscì di casa inforcando la sua bici.

Le gambe di Lorenzo giravano veloci e decise come una ruota,prese via dei Quintili,un pezzo di tangenziale,voltò a destra lungo via dei Cenci,costeggiò il fiume e entrò in via degli Angeli.

Era mezzanotte e trenta

 

Marina,dopo una giornata di lavoro non rinunciava per nessuna cosa al mondo alla sua corsa notturna.

Una tuta bianca,i capelli legati,le cuffiette con qualcosa di morbido da ascoltare,qualcosa che la facesse volare da un metro da terra.

Marina uscì di casa senza fare rumore,prese via Suvereto,tagliò sul marciapiede di ponte Manzoni,costeggiò il fiume e entrò in via degli Angeli.

Era mezzanotte e quaranta.

 

Giorgio si fermò in doppia fila di fronte a uno stabile con le impalcature.

Con calma cominciò a salire in alto.La fronte alta,gli occhi profondi.Sembrava altrove,probabilmente pensava all’anno prima,e, per l’esattezza nello stesso giorno in cui ora saliva in cima al palazzo,vestito da cerimonia,con i gemelli e le scarpe di vernice.

Era vestito così quando sposò Giulietta.

Quella sera stessa lasciò Giorgio solo in quella hall d’albergo scivolando banalmente per le scale che portavano alla loro suite.

Stasera Giorgio la stava per raggiungere,tuffandosi dal quarto piano di una palazzina in via degli Angeli.

Arrivato in cima,prese una sigaretta,e,nel momento in cui la fiamma dell’accendino si accese,vide due occhi impauriti.Un gattino ferito che non sapeva più scendere dal  cornicione.

Giorgio quella sera,alla vista di quel randagio decise di riprovare ,portò con sé il gattino stringendolo a se.Decise di prendersi cura di lui.

Giorgio ricominciò a vivere.

Ancora non lo sapeva quando entrò con il suo salvatore in macchina.

 

Carlo era vicino a quel bar notturno in via degli Angeli,sarebbe entrato e ancora con il casco in testa avrebbe ordinato un fernet.

Nel giro di pochi minuti ne avrebbe bevuti molti altri.Carlo,nonostante le liquirizie non riusciva a smettere,l’alcol per lui era un modo per farsi forza.

A trentasette anni si ritrovava con un lavoro da fame,una casa triste,e, una compagna che non era più buona  nemmeno per il sesso.

Entrò troppo velocemente in quella via,si ritrovò davanti una macchina scura ferma in doppia fila con dentro un uomo che accarezzava un gatto,scivolò con il motorino proprio di fronte al bar.

Carlo non entrò nel bar quella notte,entrò in ospedale,uscì dopo un anno.

Si fratturò un braccio,ma soprattutto,i medici trovarono nel fegato di Carlo un tumore al primo stadio.

Quell’incidente lo salvò dalla morte sicura.

Carlo da quel giorno non bevve più.

All’ospedale lo andò a trovare tutti i giorni l’uomo della macchina scura.,Giorgio.

 

Moana  aveva appuntamento con Franco in via degli Angeli.

Il bar notturno di Nando quella sera era stranamente popolato,la gente era scesa in strada a curiosare per via di un incidente capitato ad un ragazzo li di fronte.C’era ancora la polizia e l’ambulanza era appena andata via.

Moana aspettava Franco per essere accompagnata al suo posto di lavoro,una statale,con una piccola area per poter accogliere i propri clienti.

Improvvisamente il telefono di Moana squillò.Era la sorella Marisa,che lasciò la giovane prostituta senza parole.Gli comunicò che era morto il patrigno,un infarto,seduto sul water e con la testa all’indietro.

Da quel momento morì anche Moana,e,Camilla tornò a casa della madre.

Si occupò di lei fino alla fine dei  suoi anni.

Trovò un posto di lavoro in via degli Angeli.

Commessa in un negozio di fumetti chiamato”Gli ultimi eroi”

 

Lorenzo arrivò in via degli Angeli tutto sudato,una macchina  nera era appena andata via,e,stava passando una prostituta che rideva e piangeva contemporaneamente,la vide andare via con le scarpe in mano.

Si infilò tra le impalcature,sotto la finestra di Samuel c’era una parete bianca.

Lorenzo aveva gli occhi iniettati dall’ira,stava agitando la sua bomboletta di vernice nera.

Aveva già un’idea su cosa scrivere,e,come scriveva Lorenzo non scriveva nessuno.

Avrebbe impresso le seguenti parole”Fabiola la dà via a tutti”.

Il giorno dopo Lorenzo sarebbe morto.

Alzò il suo braccio di artista di strada,stava per essere fatta vendetta,quando,si accorse che la bomboletta era scarica.

Quella notte per Lorenzo gli fù di grande insegnamento.Quella parete,rimase bianca.

 

Marina entrò in via degli Angeli,deserta,buia,silenziosa,talmente silenziosa che si sentiva Romeo and Juliet dei Dire Straits in sottofondo dalle sue cuffiette,improvvisamente da dietro le impalcature vide sbucare un ragazzo.

Era sudato e piangeva amaro,aveva una felpa nera col cappuccio troppo grande per lui, e in mano una bomboletta di vernice.

I loro sguardi si incrociarono.

Fu immediatamente amore.

Marina e Lorenzo si sposarono poco tempo dopo.

Quello fu un amore tra i tanti che se ne possono trovare in giro.

Soprattutto qui

Nella via degli Angeli

 
 
 
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