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Post n°19 pubblicato il 14 Maggio 2007 da Mille_Piede
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Attorno al caffe'
Davide,incuriosito,le domandò:"Come mai sei giunta in questa metropoli?"e Valentina rispose"Mi sono iscritta all'Accademia voglio fare l'artista!".E intanto sorseggiavano il caffè,un pò amaro a dire la verità per Davide ma non osava dirlo a Valentina che sempre più sucitava in lui sensazioni strane e piacevoli. |
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Il Principe odiava la droga, aveva rovinato molti suoi amici quando ancora viveva in superficie, e conservo' la valigia intatta, che fu poi ereditata quarant'anni dopo dai bambini che avevano permesso a Felipe di riprenderla. |
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Capitolo 5 |
Capitolo 4. Se non ho passato, ho inventiva. |
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"Afferrando saldamente l'elegante valigetta in pelle Felipe Pizarro y Azevedo si incamminò con passo spedito verso Piazza dei Cinquecento. |
Scritto da La Chambre d Isabeau Uscì dalla foresta che il sole era già basso all'orizzonte.Come un'apparizione maligna, nei rossi raggi del sole calante, appariva come uno Spirito del Male coperto di sangue secco e raggrumato, dagli occhi di pazzo, cattivi e scellerati. I quattro cani dello Xoor alzarono la testa.Il vento aveva portato alle loro narici l'odore della Bestia e del sangue, e del desiderio di sangue da versare.Uggiolarono come cuccioli, si alzarono dal loro giaciglio e con la coda tra le zampe si allontanarono da quell'odore di morte. Piombò, ansante, in mezzo al piccolo accampamento come una furia. In mano brandiva una rudimentale clava ricavata da un femore di uro ove da un lato vi aveva attaccato una punta di selce. Laika era intenta a cucinare e non alzò nemmeno lo sguardo. Lo Zamaj balzò fuori dalla tenda all'uggiolare dei cani e tentò, con versi gutturali, di richiamarli a sè. Inutilmente, se ne restarono ai margini della boscaglia. Di Luve nessuna traccia, sicuramente era rimasta rintanata. I due uomini iniziarono a studiarsi guardinghi. Lo Zamaj era lievemente stupito dall'ardire di Koku. Presero a muoversi in circolo attorno al fuoco. Laika li ignorava,lo sguardo spento. Lo Zamaj impugnava una delle sue lance e studiava il momento adatto per sferrare l'attacco. Sembrava divertirsi. Con gesto simile ad una saetta scagliò la sua lancia. Con un balzo Koku cercò di trovare scampo, ma la punta di selce si conficcò nel suo braccio. Digrignando i denti la estrasse. Uno schizzo di sangue colpì Laika sulle labbra. Con aria trasognata se le leccò e il suo sguardo riprese vita. Si rese conto della situazione e, senza pensarci, lanciò dei tizzoni ardenti contro lo Zamaj che cadde al suolo contorcendosi dal dolore. Laika scappiamo, abbiamo pochissimo tempo. Entrarono nella boscaglia, il cuore in tumulto, incuranti dei rovi e degli spini. Koku sanguinava copiosamente. Fermiamoci, lasciati curare. No, lo Zamaj ci sta inseguendo. Se ci raggiunge per noi è la fine. Ripresero la loro folle corsa. i polmoni urlavano in cerca d'aria, i piedi sanguinavano e il sudore accecava la vista. In lontananza i cani abbaiavano furiosi. All'improvviso Koku mise in piede in fallo e franò al suolo, Laika fu su di lui per cercare di aiutarlo. I loro occhi finalmente si incontrarono. Per sempre? Si, per sempre. Di nuovo via. Lontano dal villaggio, affinchè la collera dello Zamaj non si abbattesse sugli altri. I cani erano sempre più vicini e Koku perdeva le forze a vista d'occhio. Dobbiamo nasconderci. Un piccolo anfratto, ricoperto di muschi e licheni. Vi si rintanarono cercando di tenere a bada il respiro e il battito del cuore. Per sempre? Si, per sempre. Si abbracciarono stretti. Koku sopra Laika a difenderla. Eccoli. Erano giunti. I cani e lo Zamaj, simili a demoni. Sembrarono allontanarsi. I due corpi abbracciati smisero di respirare. No, i cani percepirono l'usta. Era la fine. Per sempre? Si, per sempre. Koku afferrò la punta di selce della sua clave e con un gesto deciso squarciò la gola di Laika, mentre la lancia dello Zamaj gli affondava nella schiena. I cani ulularono impazziti all'odore del sangue. Nella sua tenda il Vecchio del Tempo ebbe un sobbalzo. Una nota distorta nel fluire lento delle cose: qualcuno delle Terre del Sole non era più. Si concentrò, lasciò la sua mente vagare. Oltre i monti, oltre il bosco. Vide i due corpi abbracciati e insanguinati. Continuò oltre, verso nord e vide uno sconfitto Zamaj procedere lento. Alle sue spalle i cani e una donna con i capelli gialli. Le genti delle Montagne di Ghiaccio avrebbero ancora patito il gelo. Il Vecchio sapeva cosa doveva fare. Con immensa tristezza si incamminò verso l'anfratto. Sapeva che era molto lontano e lui era vecchio e stanco. Si fermò spesso per riposare. Quando giunse alla cavità gli animali del bosco avevano già fatto il loro lavoro. Rimanevano solo ossa spolpate. Il Vecchio del Tempo scavò una fossa bella profonda. Con gesti delicati ricompose i due corpi abbracciati. Li ricoprì con un grande tumulo, come si usa per gli eroi. Era triste il Vecchio. Si accosciò accanto alla tomba e intonò il lamento funebre A te Koku a te Laika vanno le mie lacrime. Che possiate restare per l'eternità abbracciati. Trasse un profondo respiro e si volse per il ritorno. Sapeva che il tempo non avrebbe cancellato il loro amore. |
Post n°6 pubblicato il 18 Febbraio 2007 da Mille_Piede
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Mentre parlavano, un’altra persona uscì dalla tenda dello Xoor, era una donna. Koku e Laika si ammutolirono per lo spavento, era vestita di una pelliccia strana, del colore del cielo quando piove ed i suoi occhi erano così chiari da sembrare spuma di mare.
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Quello vestiva una pelle di tangàko, la cui mascella gli arrivava poco sopra gli occhi. Le corna erano pitturate di giallo. Koku immaginò che fosse uno Xoor. Nessuno del suo villaggio li aveva mai visti. Ne parlavano le nonne ai bambini, cui dicevano di essi che vivevano molto lontano, oltre i monti della Cona-Aqa. Raccontavano di quando erano scesi fin qui, durante un inverno di più di settantasette stagioni prima, quando la neve non c'era stata, e le valli ed i passi tra i monti erano rimasti transitabili. E di quanto era stato difficile scacciarli. E di quante perdite, delle quali nulla si diceva se non che erano state grandi. Contro di essi pareva fosse impossibile battersi alla pari. Dietro lo Xoor, vicino ai primi alberi del bosco, Laika era rimasta immobile e muta, dopo quell'urlo di terrore. Aveva visto quell'uomo spaventoso mentre tornava dalla raccolta di lencài. Ne aveva il cesto pieno. Koku guardò lei, e guardò lo Xoor. Si chinò per raccogliere un sasso, ma subito una lancia gli sfiorò la mano. Rialzandosi lesto, riuscì a scansarne altre due per un soffio. Guardò l'uomo, che stava all'altra estremità del piccolo campo, e che aveva ancora con sé, di nuovo, sette lance. Koku scartò di lato con uno scatto, per girargli attorno. Ma quello gli si fece contro urlando, così che lo costrinse a fuggire. Non lo seguì per più che pochi passi. Koku tornò al villaggio solo e sconsolato. Laika era perduta. Non ce l'avrebbe mai fatta, a sconfiggere lo Xoor. Gli altri lo guardavano e non dicevano niente. Nessuno aveva il coraggio di sentirsi dire che uno Xoor era apparso da quelle parti per davvero. Preferivano non sapere. Preferivano non domandare. Malgrado la situazione, però, quella notte egli dormì profondamente. Il giorno seguente, senza pensare troppo a che faceva, tornò di soppiatto vicino al punto di quel brutto incontro. Da lontano vide. Lo Xoor aveva quattro grossi cani inquieti, legati ad un albero vicino alla propria tenda. Aveva catturato un manguièro. Laika era sua prigioniera, e cuoceva su uno spiedo quel manguièro per lui ed i cani. Lui invece, steso in terra, fumava da un lungo tubo ed ogni tanto buttava, sul fuoco di cottura, una polvere che produceva una fiammata rossa, ed il cui fumo investiva lei. Lei aveva lo sguardo vitreo e Koku, guardandola, ebbe voglia di piangere. Forse non appena le nubi che nascondevano le cime delle montagne si sarebbero diradate, essi sarebbero ripartiti per il lontano paese sempre innevato, si diceva, degli Xoor. E lui non l'avrebbe rivista mai più. Avrebbe dovuto cercarsi un'altra compagna. Eppure non riusciva a mettersi il cuore in pace. Tornò al villaggio e cominciò ad arrovellarsi al pensiero di cosa fare. Decise di andare a parlare con quel vecchio che gli aveva insegnato a conoscere il tempo, il quale viveva solitario, a trecento bàttite lontano. Il vecchio gli disse che non c'era consiglio che potesse dargli, poiché era Koku che voleva Laika, e non il vecchio. Solo come una curiosità, mentre Koku gli descriveva l'accampamento dello Xoor, gli suggerì che forse quello aveva usato un'esca per catturare il manguièro. Un certo impasto di mokòn, che attirava questi animali anche da molto lontano. Di ritorno dal campo del vecchio, Koku non aveva ancora idea di che fare, ma qualcosa era scattato in lui, e lo scoramento per la perdita di Laika aveva lasciato il posto alla determinazione di tentare qualcosa, comunque. Al mattino successivo si recò in prossimità della radura della Pâtma, vicino ai primi alberi del bosco, ad un mezzo cammino dall'accampamento dello Xoor, verso ponente. Preparò dei grumi con impasto di mokòn, avendo cura di rivoltare prima la terra sulla quale li poneva, così che il tutto odorasse ancora più forte. Disponendo quei grumi in un percorso, si spinse fino ad alcune bàttite da dove Laika era tenuta prigioniera. Poi si nascose ed attese. Arrivarono due manguièri, che si misero a leccare il mokòn, ormai indurito. Poi ne arrivò un altro. Da lontano, i cani sentirono l'odore di quelle bestie selvatiche, e presero ad abbaiare. Dalla loro inquietudine, lo Xoor avrebbe indovinato la presenza della selvaggina, e si sarebbe diretto verso il luogo in cui si trovavano quei suini. Koku sentì i cani andare nella direzione che aveva previsto, mentre lui attraversava il bosco dov'esso era più fitto. Lui andava nella direzione opposta, verso l'accampamento. Arrivato lì, trovò Laika seduta ed immobile. Le si avvicinò, e le pose i palmi delle mani sulle guance. Lei allora alzò lo sguardo verso di lui, ma lo guardò come se egli fosse stato trasparente. Era sicuramente sotto l'effetto di un qualche incantesimo. «Vieni, andiamocene via da qui». Cercò di convincerla a muoversi da lì. La cinse per la vita con un braccio, e riuscì ad indurla ad alzarsi. Fosse stato un grande uomo, un principe, sarebbe riuscito a sciogliere l'incantesimo con un tocco, con un bacio. Ma era solo un povero villano, giovane ed inesperto. Mentre erano così, in piedi, lei lo sorprese con un «perché?», ed aggiunse «tu mi vuoi rapire». «Laika! Io sono Koku! È lo Xoor che ti vuole rapire, non io...», ma ella gli rispose «io non ho paura... tu vuoi portarmi via». Koku non sapeva più che fare. Certo, che voleva portarla via, come diceva lei, ma per salvarla dallo Xoor. Di fronte alle argomentazioni di lei, però, cosa valevano le sue? «Lo Xoor ti porterà nel suo paese, nel freddo e nella neve». «Io voglio il sole», rispose Laika, e lo guardò in modo diverso da prima. «Se mi porti nel sole, là non ci seguirà». Il prossimo blogger, e' Donna_Ombra. |
Ci sono storie che nascono dentro la storia o una storia. E nell'intreccio sviluppano quel compiuto che apporta un tempo nuovo in un tempo che è già stato, anche nel dimenticato. Perchè fondamentalmente alcune abitudini, al di là delle mode e dei momenti sociali, restano quei gesti semplificati, nelle linee dipinte dalle dita di pittori improvvisati che ispirati dalla semplice visione della Vita, hanno immortalato il riflesso della visione stessa. Anche la Vita fa così, compagna degli uomini e del tempo che nasce un qualsiasi giorno, di un qualsiasi anno, in un qualsiasi posto. Come quel mattino, che il sole era già sorto e le ombre disegnavano un profilo più corto della figura. Koku camminava per certi sentieri vicino ai campi e si era ricordato di quel giorno che quel vecchio che puzzava di latte di capra, gli aveva insegnato a leggere le ombre per comprendere il tempo. Misurava con un bastone e poi si metteva a fare i segni sulla terra. A koku piaceva la terra, perchè era compatta ma se metteva le sue mani dentro, diventava morbida, friabile. Si lasciava penetrare, lavorare, accarezzare nel profondo. A koku piaceva anche Laika e la guardava sempre con quella voglia di restarle vicino, tanto vicino. Lei camminava un po' più dritta ed era anche un po' più forte. Ma forse certi ragionamenti neppure servivano a capire il perchè. Gli piaceva punto e basta. Anche al cane di Koku piaceva Laika. Ma poi il cane era morto e Koku aveva deciso che era proprio lei che sarebbe diventata la sua compagna. Mentre camminava pensando a tutte queste cose perchè non aveva niente da fare, sentì un urlo arrivare dal bosco che si trovava nella direzione delle montagne più alte. Avrebbe dovuto correre ma un uomo con sette lance dalla punta di pietra [perchè il metallo fu scoperto da un suo pro[tanto]nipote duemila anni dopo], lo guardava con aria inferocita. |
Ed ecco il primo incipit, la prima frase traccia da cui si sviluppera' il primo racconto: Febbraio 2007, nei dintorni di Mantova vengono alla luce i due scheletri di un uomo ed una donna, sepolti 6000 anni prima, abbracciati in quello che sembra un ultimo atto d'amore, e questa e' la loro storia. La prima blogger invitata a partecipare e' scalzasempre. |
MillePiedi, che cos'è? E' innanzitutto un gioco. Un divertimento. Un momento leggero. Ha la forma di un blog, di un blog collettivo. Ma alla fine sempre gioco è. Come funziona MillePiedi? E' forse più difficile da raccontare che da fare. Partendo da una frase/traccia data dalla redazione, il primo blogger invitato a partecipare comporra' il suo post, per poi passare il testimone ad un altro blogger a sua scelta per il post successivo fino alla conclusione del racconto stesso, che in genere potrebbe svilupparsi in una decina di post: in fondo è un racconto, non un romanzo! Chi scrivera' l'ultimo post del racconto, lancera' anche la frase/traccia per il racconto successivo, oltre a scegliere naturalmente il blogger da invitare a proseguire il racconto. Non è necessario fermarsi alla piattaforma di Libero, più ci si allontana dai confini, meglio è. I post dei blogger invitati, dovranno essere inviati via email alla redazione che provvedera' a pubblicarli. MillePiedi nasce come un semplice strumento di divertimento, il titolo ne e' una espressione evidente, e dalla curiosita' di vedere come la fantasia ed i diversi stili dei vari blogger che si presteranno a scriverne i post, svilupperanno un'esile traccia, un incipit, in un racconto a piu' mani che potra' cambiare di direzione ad ogni post, a seconda di quel che decide l'autore, senza nessuna restrizione. |
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Nickname: Mille_Piede
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E' innanzitutto un gioco. Un divertimento. Un momento leggero.
Ha la forma di un blog, di un blog collettivo. Ma alla fine sempre gioco è.
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E' forse più difficile da raccontare che da fare.
Partendo da una frase/traccia data dalla redazione, il primo blogger invitato a partecipare comporra' il suo post, per poi passare il testimone ad un altro blogger a sua scelta per il post successivo fino alla conclusione del racconto stesso, che in genere potrebbe svilupparsi in una decina di post: in fondo è un racconto, non un romanzo!
Chi scrivera' l'ultimo post del racconto, lancera' anche la frase/traccia per il racconto successivo, oltre a scegliere naturalmente il blogger da invitare a proseguire il racconto. Non è necessario fermarsi alla piattaforma di Libero, più ci si allontana dai confini, meglio è.
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