Un blog creato da ilprincipedelcuore il 13/03/2008

Dell'Amore

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Post N° 108

Post n°108 pubblicato il 06 Dicembre 2008 da ilprincipedelcuore

Panta rei

No
Io, non lo credo

Ci sarà un
Noi
presto
e
Per Sempre

Pazzo, sconsiderato, megalomane, illuso, crudele, irriconoscente, sleale, inetto, insensibile, inadeguato, irreale, inconcludente.
Inaffidabile

 
 
 

Post N° 107

Post n°107 pubblicato il 04 Dicembre 2008 da ilprincipedelcuore

Riavvolgi il nastro.
Cerchi il frame, il dettaglio.
L' attimo, la stonatura, il dubbio, l' inciampo.
Noi
Il braccio si allarga.
Tutto quello che è sulla scrivania vola.
Dove.
Dove devo cercare uno straccio di motivo per
NON
Amarti.
Se perfino l' angolo delle Tue sopracciglia
mi
carezza il cuore.

 
 
 

Post N° 106

Post n°106 pubblicato il 03 Dicembre 2008 da ilprincipedelcuore

Ci metti tempo.
Poi devi accettarlo, comprenderlo.
Vero.
Leale.
C' è una gerarchia di valori.
Puoi importi il secondo.
Se non è figlio del primo.
Ma quello, il primo, muterà.
Falso.
E allora vivrai un' altra vita.
La vita degli altri.
Rinunciando alla tua.

 
 
 

Post N° 105

Post n°105 pubblicato il 03 Dicembre 2008 da ilprincipedelcuore

Potrei attraversare quella parete di vetro.
Ferito o morto, non è il mio sangue che mi spaventa.
Ma Tu sei appena oltre.
Non posso accettare che un pezzo di vetro, guidato dal caso, Ti ferisca.

 
 
 

Post N° 104

Post n°104 pubblicato il 28 Novembre 2008 da ilprincipedelcuore

 
 
 

La direzione del caos ... segue

Post n°103 pubblicato il 27 Novembre 2008 da ilprincipedelcuore

http://blog.libero.it/Foryoureyesonly/5977046.html

... il quale decide che tu sarai la donna della sua vita, quella vera: musa, madonna e nave scuola ...

Pare che la "direzione del caos" esista davvero.
Post, il Tuo, che ho letto con attenzione.
Credo sia irrilevante il posto dell' incontro ... un blog, la strada, una festa, il lavoro, etc.
Un blog, peraltro, Ti consente, se chi scrive è sincero, di conoscere una persona in modo meno fugace.
E' un passo, mancano tutti gli elementi di fisicità, l'attrazione " a pelle ", che solo la voce, gli sguardi, tutti gli altri sensi percepiscono poi in un incontro reale e dai quali non si prescinde.
Strana, una infatuazione che duri anni. La chiamerei storia, amore. Fondata su passione, attrazione sessuale, possibile ... difficile durino tanto in assenza di altro.
Io, in quel caso, vedrei mancanza di coraggio. La sequenza dei passi si scontra con lo status quo.
In età matura ciò è altamente probabile. Le scelte personali coinvolgono relazioni e sentimenti che possono portare allo scontro di Amore contro Amore.
E' evidente che si tratta di due amori di tipo diverso, non è possibile amare due persone contemporaneamente.
Come questo scontro finisca, sinceramente non saprei dirlo.
Ma a nessuno è dato di avere certezze sul futuro.
Personalmente sono convinto di aver incontrato una donna che riconoscerei e sceglierei tra un miliardo di altre donne.
Poi, che questo basti, è altra storia.

 
 
 

La direzione del caos ...

Post n°102 pubblicato il 26 Novembre 2008 da ilprincipedelcuore

http://blog.libero.it/Angelicainfuga/5969749.html

A costo addirittura di crearlo

A volte non è evitabile.
Il fine è così importante da "spostare" la "verità"
Poi ... poi non lo so ...
~

 
 
 

Un numero finito ...

Post n°101 pubblicato il 17 Settembre 2008 da ilprincipedelcuore
 

Accucciato sul divano vuoto, Leonard disegnava forme con la mente.

Sistemava il cuscino.

La tv accesa  proiettava insieme duecento canali.

Leonard disegnava Eleonor..

La stringeva tra le braccia.

Nell’angolo della stanza un arco, frecce.

Un oggetto, un’ arma, volendo una metafora, metafora di una ipotesi.

Il divano, vuoto.

Il vuoto, immenso, dentro.

Leonard amava Eleonor.

La parete vibrava di vita, vomitata insieme dai duecento canali.

Eleonor dormiva.

La mano di Leonard oscurò ognuna di quelle duecento finestre.

C’era, dietro la casa di Leonard, una serra.

Vasi, ognuno con una orchidea.

Numerate, da 1 a 36.500.

Un numero finito, non grande.

Leonard recise la numero uno.

Scrisse un biglietto : “ Ti amo, Eleonor”.

Scrisse: “ Per sempre”.

La pose sul divano, tra le linee del disegno di Eleonor.

Chiuse gli occhi e si addormentò.

Un numero finito, 36.500, cent’anni contati a giorni.

L’indomani Leonard avrebbe rifatto la stessa cosa, tra linee immaginarie o tra le mani di Eleonor, lui avrebbe deposto un’orchidea.

Per sempre.

Dietro la casa di Eleonor c’era una serra.

Eleonor recise la numero uno di 36.500.

 
 
 

Io esisto ...

Post n°100 pubblicato il 10 Settembre 2008 da ilprincipedelcuore
 

Uno pensa di sapere tutto della vita.
Con un po’ di presunzione confonde le cose.
Intelligenza, intuito.
Capacità di elaborare subito soluzioni, discernimento, logica, razionalità.
Il dono di saper essere quanto più possibile obbiettivo, di assumere il ruolo di super partes dentro questioni che lo riguardano.
Messe così sembrano poca cosa.
Molti neppure si avvicinano, taluni non ci arriveranno mai.
Conoscenza, coscienza di se.
E così uno si confonde, perché è troppo facile.
Viaggia un livello sopra tanti, si prende quello che vuole veramente, fa scorrere di lato rivoli di quotidianità, dosa perfino l’egoismo, fa in modo che tutto il contorno lo affligga il meno possibile.
Uno pensa di sapere tutto della vita e, in un tempo breve, capisce che ha costruito uno splendido castello di solitudine.
Che mura e torrioni sono una difesa formidabile.
Poi si accorge di non volere veramente nulla.
L’equilibrio perfetto è vuoto, solo difesa, che diventa difesa del nulla.

Un blog è un blog e la sintesi feroce comporta l’uso di parole quanto più possibili dense di significato.
Condensano pensieri, sono somma, indefinite nei particolari, solo apparentemente superficiali.

Uno sul momento non ci fa caso, travolto da altre emozioni.
Resta un attimo stordito, si chiede perché.
Armato di intelligenza, intuito, coerenza, logica, razionalità si appresta a combattere un’altra battaglia.
Gli è sempre andata bene.
Ha sempre vinto.
Sbatte contro qualcosa che gli appare come egoismo, a momenti crudele, insensibile egoismo.
Possibile ? Nessuna logica, nessuna coerenza. Nulla di “buono”.
Sono solo sensazioni, in realtà alcune anime – molte - hanno bisogno di cercare continuamente la conferma di se. Una sorta di dipendenza dall’effimero numerico. Un pozzo profondo di insicurezza che in taluni momenti diventa incolmabile.

Pure, anche questo accaduto ha un senso.
Già come evidenza di un “volere qualcosa”
Quella che è emersa o nata è la definizione di “cosa”

Non più approssimazioni, parziali deformazioni di una immagine definita.
Una persona, completa di corpo e anima.
Una persona capace naturalmente di mutare in si gli innumerevoli dubbi, quando non addirittura negazioni, su questioni fondamentali.
L’esistenza di un individuo complementare.

La definizione di volere
L’assurgimento di questa condizione a condizione assolutamente primaria.
E’ difficile comprendere come tanti, me compreso, seppelliscano se stessi, sotto un coacervo di obblighi, impegni, debiti, responsabilità.
Sto parlando dell’ “Io”, perché è quello che finisce sepolto.
E’ la morte della vita e gli esiti non possono essere che infausti.
Non provo neppure a dare una definizione dell’ ”Io”.
Dico solo che smettere di cercare l’Amore è una rinuncia importante.
Trovare la persona complementare è probabilmente una fortunata coincidenza o l’esito di un destino.

Si perde con troppa leggerezza rispetto dell’ “ Io “.
Avviene in modo subdolo, giorno dopo giorno.
Finchè scompare.
La cultura del martirio – parola grossa usata di proposito – ha troppi adepti, taluni ignari.


Spero che nessuno legga in questo scritto una superficialità che non c’è se non per l’esigenza di sintesi dovuta al contesto.
Ognuno dei concetti espressi richiederebbe pagine e miliardi ne sono state scritte.
Questo non è un inno all’egoismo.
Un punto di riflessione sulla necessità di provare rispetto per se stessi, di tutelarsi, di amarsi … si.

 
 
 

Con una percentuale di circa 1 su 4 miliardi ...

Post n°99 pubblicato il 03 Settembre 2008 da ilprincipedelcuore
 

La Scala Reale nel poker

Scala Reale:

E' costituita da 5 carte in sequenza tra loro, tutte dello stesso seme.
E' un punto forte, anzi fortissimo.
E' ovviamente raro.

Vi sono tre tipi di scala reale.

La scala reale minima:

A,5,6,7,8 se la carta più bassa in gioco è nel mazzo è un 5.
La scala in assoluto minima dunque è quella che inizia con A.

La scala reale media:

si intende ogni scala reale che non abbia tra le sue carte componenti l'A.


La scala reale massima:

si intende la scala che abbia come carta più alta l'A.

Può accadere che due giocatori nella stessa mano abbiano due scale reali.

La regola dice che:

1.-La scala reale media batte la minima;

2.-La scala reale massima batte la media;

3.-La scala reale minima batte la massima.

Non basta.

Con una percentuale di circa 1 su 4 miliardi potrebbe accadere che due giocatori si ritrovino con due scale reali identiche.
Solo il seme sarà diverso.
Vincerà chi avrà il seme più forte per la regola:

Come Quando Fuori Piove.

Cuore
Quadri
Fiori
Picche

Similitudini tra sacro e profano.
Solo similitudini, è tutta un'altra storia.
Non giochi, non c'è da vincere, non ci sono regole e il cuore può non bastare.

Popolazione stimata nel mondo: 6.7 miliardi.

 
 
 

Pensieri sparsi in parole disordinate ...

Post n°97 pubblicato il 29 Agosto 2008 da ilprincipedelcuore
 

Stheinausen è un posto che non conosco.

Probabilmente non c’è nessun posto con un nome così.

Lo spero, per quello che accadrà tra poco.

Stheinausen è un posto speciale.

Un posto unico.

E’ qualcosa tra una penisola e un’ isola.

Collegata, forse, a qualche parte del mondo.

Non è chiaro.
Perché quella zona, dove forse una lingua di terra appare e scompare, ricoperta da maree irregolari, impreviste, inattese, - sono maree diverse, non pensate ad un uso errato, improprio del termine – è immersa nella nebbia, nascosta, oscura.

Un castello, nell’alba di un inverno cupo, un ponte levatoio, un fossato, mura di pietre irregolari, un portone chiazzato di nero, sterpi di un verde smorto, di forme sgraziate, una dimora di vampiri, una ragnatela avvolta da ragnatele … l’idea, l’immagine potrebbe essere anche questa.

A Stheinausen si accede da li.

Quando la marea è bassa o  il ponte è abbassato.

Una chiazza di inchiostro scuro impedisce di vedere la trama del foglio, separa il cielo del mondo da quello di Stheinausen, perché anche a Stheinausen c’è un cielo.

Ma Stheinausen non è un posto qualunque.

Li si sono stampati tutti i cieli di tutti i giorni della terra di ogni posto della terra.

Si susseguono come scene di un film, dissolvenze non completamente dissolte, sfumature non completamente sfumate.

Stheinausen ha una forma irregolare, curve dolci improvvisamente si infrangono su pendii di monti, precipitano lungo dorsali di roccia grigia, si dividono in miliardi di rette parallele, adiacenti, si incrociano in un reticolato di fili d’erba verde, di cespugli arsi e pietre, di spiazzi d’acqua trasparente, di pozze putrescenti opacizzate da luci spettrali che filtrano tra le ali di miliardi di zanzare.

La zappa di un cercatore d’oro rimuove zolle su zolle di terra.

Una lunga fila interminabile di cercatori d’oro, ognuno con un suo sole e il suo sudore, ognuno vestito di stracci impregnati di affanno, chiazzati di terra che è terra diversa per ognuno di loro, che non è terra ma liquido denso, appiccicoso, iridescente o matto o è pezzi di zappa o è spazi di tempo, frammenti di giorni, scorie lanuginose, appuntite, sfaldate.

File dietro file, davanti a file, di zappe di cercatori che non possono esistere, coesistere.

Zappe che scavano terra che scopre altra terra posata su terra, spostata su terra che non è più terra ma cercatori, zappati, spostati , sommersi.

Curve che sono fogli arrotolati, che sono costruzioni aggraziate, recinti che chiudono prati verdi, fontane e persone che hanno negli occhi memorie di viaggi nelle città di Stheinausen, con grattacieli specchiati e periferie di mattoni e periferie delle periferie con accatastate cataste di baracche, strisciate di strade, passare di cani, beccare di polli.

Stheinausen, nelle baie di Stheinausen, di un azzurro che ha riflesso tramonti , che specchia lune piene, bagliori di stelle, pareti di roccia levigate dal vento, chiazzate di verde, colorate di petali.
Stheinausen nel vento lieve, nelle pianure verdi, nei suoni di flauti e violini, nei capelli di donne, nelle voci stridule di isteriche pettegole, nell’ insieme ordinato di container su moli di porti chiusi da scogliere macchiate di petrolio, bagnate da un mare nero con la pelle di schiuma fatta di bolle ammaccate, plastica fusa, fiamme sotto fumo nero.

Bussano ai vetri di auto mendicanti dalla mano tesa, macchie di sporco su pulite trasparenze, voci deboli neppure disperate, affrante. Solidità di rassegnazione.

Stheinausen, come pagine di un libro di foto.

Dita bagnate di saliva che sfogliano anime ammaccate da errori, disillusi cercatori, bagliori di ideali frantumati, voglie costrette in passi all’indietro, orizzonti di rinunce, smarrita memoria di diamanti pure una volta immaginati, voluti.

Stheinausen, pile su pile di cubi di sobria indifferenza, di rancida accettazione, di coraggi persi, di menzogne, di violenze normali, di spade infilzate su corpi che non perdono sangue, non urlano.

Stheinausen dove quasi tutto ciò che è vive perché esiste negli occhi degli altri che guardano, di doveri che sono solo fiato di menti pettegole incapaci di concepire pensieri propri, strutture devastate dove l’unica emozione residua è la paura di perdersi nel domani.

Stheinausen dove gli angoli di paradiso sono negli occhi di bambini ancora non plagiati, schematizzati, infagottati, sospinti verso futuri di regole, pareti di sicura mediocrità, predefinita sopravvivenza, infinita noia.

Stheinausen vuota di anime, muta di urla, sciamante di nullità.

Stheinausen, irreale realtà, capace di sputare sulle bocche ardenti di due ragazzi innamorati.

Stheinausen dove il puzzo di una morte nera ammorba l’aria quasi ovunque, respiro di una umanità compromessa, libera da qualunque pensiero non precostituito, incatenata da catene di ignari incatenatori, assurda follia, infilata perfino nelle lacrime o nel sorriso vacuo di vecchi sdentati, malati, morenti, esausti di una vita non vissuta, stremati dal peso del loro tempo sprecato, spirato.

Stheinausen, fili d’erba estranea, diversa, sotto la zappa di un cercatore e di un altro e di un altro.

Zappe che calano, fili d’erba che muoiono.

Stheinausen dove poche braccia si fermano, bloccano il movimento automatico, depongono la zappa, sentono il profumo di quell’erba che a loro è stata proibita fin da bambini.

L’erba voglio cresce solo nel giardino del re.

Stheinausen, posto di zappatori, braccia senza menti.

Vite senza anima.

Posto senza re.

Si frantumano le ali di un falco nell’attimo in cui la bomba esplode, molecole invisibili disposte a cerchio, onda d’urto, energia e fiamme e vento e Stheinausen dissolta, materia rimescolata in fuga nell’universo.

Libera, almeno libera di pensare, volere, cercare.

E’ vita, non pezzi di tempo, non lancette di un orologio, non marche stampate su cinture in fabbriche cinesi, non cose e posti.
E’ con chi l’unica cosa che importi, che conti.

E’ amore, emozione, piacere o anche dolore, lacrime, disperazione.

E’ quello che vuoi, con chi vuoi.

Stheinausen, dov’era ?

 
 
 

Non so se mi tocchi ....

Post n°96 pubblicato il 29 Agosto 2008 da ilprincipedelcuore
 
Tag: Scuse

So che sento di farlo.

Chiedo scusa, a tutti quelli che passano di qui, a quelli che partecipando o meno mi leggono.
Chiedo scusa in particolare a queste persone, persone a cui voglio bene, di un affetto che non è virtuale, anche se conosco solo il loro nick o il loro nome e il loro blog, ma di cui mi sento amico e che sento amiche.

- Serendipity
- Passion Imparfaite
- SottoSopra
- A NEW WOMAN
- La mia Honduras

Chiedo scusa per queste mie sparizioni che possono farmi sembrare poco educato, poco attento.
Capita ... scusatemi.

 
 
 

Stella ...

Post n°95 pubblicato il 20 Agosto 2008 da ilprincipedelcuore
 

Ti fermi, il cielo è pieno di infinite stelle.

Senza un motivo ne guardi una.

Neppure sai perché, neppure sai se se è Lei che Ti ha scelto.

Partono, raggi, di una luce lontana, che dovrebbe essere uguale a quella delle altre.

In fondo, sono stelle.

Ti arrendi, perché non capisci, quella stella, quella luce, viaggia nei codici cifrati del tuo dna.

Accende fuochi che neppure conoscevi.

Spiana pianure lastricandole d’oro, tempestandole di diamanti.

Acqua trasparente, luna riflessa, raggi spezzati, azzurri, rossi di sangue, addensati.

Nuoti in una placenta calda, di liquido denso pieni i polmoni.

Pareti di pancia, le mani si stringono, emozioni liquide.

Carne sciolta mista a anima.

Rivoli di te persi in quell’unica direzione, scivolano sui raggi, precipitano verso l’alto.

Stella pensante.

Raggi che diventano spire, percorsi irraggiungibili, rami intricati di rovi, spine da cui ricadono gocce di te.

Dna espugnato, fradicio, strizzato, strappato.

Spingi pensieri su nuvole di nulla, pretendi che arrivino senza parole, senza contatto.
Strapazzi cellule mordendole fino al nucleo, neuroni impazziti, sbattuti, schiantati nell impossibile tentativo di trasformarsi in raggi.

Stella, vuoi mischiarti, appiccicarti, azzeccarti.

AMORE.

E stiri, spezzi, strapazzi, scompigli, scombini una parola che è un sentimento.

Tanta di quell’acqua che spegnerebbe un fuoco immenso.

Muro tempestato di pezzi del tuo DNA.

Fiato che è aria colorata spruzzata di vernice nera.

Io che amo.

Un imbuto sul fondo si riempie di gocce di me.

Tornano.

Precipitano.

In ginocchio, la bocca aperta, le prendo, mute.

Io che amo.

Io che amo.

"Digli, digli aspettami, lei ti capirà."

Forse si, forse no.

Forse io capisco lei, il suo sguardo muto, la tristezza immensa di chi crede di diventare raggio di stella solo perché ama.

 
 
 

Ed io ti seguirò - Renato Zero -

Post n°94 pubblicato il 26 Luglio 2008 da ilprincipedelcuore
 

A Cenerentola ...

 
 
 

Nessuna poesia nel volo ...

Post n°93 pubblicato il 25 Luglio 2008 da ilprincipedelcuore
 

Sigfrid lasciò la sua tana.
Poco più che un buco in una roccia.
Alcune pelli, qualche masso, un angolo con della legna.
No, non tronchetti tagliati a misura, non pelli di orso.

Rami spezzati, pelli mezze spelate, ciò che restava di qualche coniglio selvatico.

La tana era in alto, si arrampicavano su spuntoni di roccia, percorso impossibile per le belve affamate.
La luce dell’alba illuminava il paesaggio.

Una parete ripida, una ventina di buche, un intricato groviglio di vegetazione affannata a carpirsi fino all’ultima zolla di terra.
Massi accatastati alla rinfusa alla fine del loro precipitare rumoroso e scomposto dalla cima.

Poco più a destra un fiume, l’unica striscia ordinata, un’ansa in cui l’acqua trovava un po’ di pace.
Sigfrid era poco più di una figura irreale. Parte di un caos, come la barba irregolare, i lunghi capelli mezzi appiccicati, la carne scoperta, scura, sporca, striata di graffi, lividi, vecchie cicatrici..
Lungo la parete poche altre figure simili a lui scendevano, piccole macchie visibili solo per il loro movimento.

Nessuna poesia nel volo degli uccelli, nei suoni, rumori che arrivavano alle orecchie e alla mente di Sigfrid come informazione, da comparare con lo spartito impresso nella sua memoria.

Due giorni, accucciato in un angolo, scosso da tremiti, bagnato di sudore, senza forza, senza conoscenza, senza paura.
Lei l’aveva guardato, leccato, accarezzato, senza capire, senza sapere.

Si era mossa, da sola, seguita a distanza da due maschi soli.

Una distanza che nel secondo giorno si era dimezzata, la paura che avevano di Sigfrid, il suo unico mantello, si squarciava con le ore.

Brillavano i suoi occhi azzurri, brillavano d’amore. Striati di fierezza erano un richiamo irresistibile, come il suo muoversi attento, il corpo teso.
Aveva vinto, anche il secondo giorno, la paura. I maschi si limitarono a seguirla, sempre più vicini.
Lei era tornata con due uova e qualche frutto dolce strappato ai rovi.

Sigfrid la sentì arrivare, l’aveva seguita da prima, immagini di lei, del posto, dei maschi. Un sibilo, nella mente, il loro filo, un contatto fuori dai sensi, percezione.
Non avevano parole, gli uomini.

Nei gesti confluivano sensazioni, emozioni, istinto. Suoni inarticolati, fatti di toni, di fiato spinto dal diaframma fuori dai polmoni e di cui vibravano le corde vocali.

La guardò, Sigfrid, gli occhi cerchiati, lo sguardo spento, il corpo morto, lo spasmo di un emozione irrefrenabile, un suono gutturale denso di un tono straziato, impotente, immensamente dolce.

Lei era già su lui, gli occhi spaventati, accesi, le mani a cercargli la bocca, le dita sporche di uova, di frutta, sulla sua lingua, sulla sua bocca, nella sua bocca.

Ieri, prima della notte, passata a scambiarsi calore, odore, contatto pelle contro pelle.
Prima dell’alba.
Non sapeva come, non sapeva perché, non sapeva cosa.

Sigfrid si era svegliato nuovamente padrone del suo corpo.
Sentiva il calore di Lei.
Si volevano, si presero, l’uno nell’altra , tra carezze e gemiti e suoni e umori e il loro muoversi che cambiarono lo spartito di quella notte, cambiarono l’odore della tana, intrecciarono le pelli di coniglio, mischiarono istinto sensazione e sentimenti e saliva e mani e lingue e corpi.
Sigfrid lasciò la tana, Lei gli era accanto.

Toccarono l’erba, senza rumore.
Lei gli morse il collo, piano.

Sigfrid non guardò se ci fosse qualcuno.

Li avrebbe sentiti, uccisi.
I due maschi erano lontani, anche così ebbero un fremito di paura.
Istintivamente si portarono le mani al petto, alla gola.
Scorreva quel liquido rosso senza nome, si portava via la loro vita, sensazione di morte annusata nell’aria, percepita dalla mente.
Due macchie sul fiume, le mani colme d’acqua, due bocche che bevono, insieme.
A terra, vicino, carne e pelli, conigli.
Suoni, inarticolati, non c’erano parole, Sigfrid non aveva un nome.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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