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Dammi tre parole

Post n°529 pubblicato il 02 Ottobre 2016 da meninasallospecchio

Come forse avrete notato, sono un po’ in crisi di creatività e scrivo il blog molto di rado.

Qualche giorno fa, chattando a questo proposito con il Card, dicevo che sarei forse più stimolata se avessi un argomento specifico di cui parlare, una sorta di tema assegnatomi. Perché a volte troppa libertà fa male.

Allora ho proposto al Card un giochetto: gli ho chiesto di dirmi le prime tre parole che gli venivano in mente. Lui non lo sapeva, ma fra queste, come nel tema a scelta, ne avrei selezionata una per scriverci un post.

Il Card è uomo di spirito: sapevo che delle tre parole che mi avrebbe suggerito, almeno una avrebbe avuto a che fare con il sesso. Ma ero quasi altrettanto sicura che, essendo lui persona equilibrata, le altre due sarebbero state neutre.

Insomma, le sue tre parole sono: porta, gelato, tette. Di tette ho già parlato e non ho granché da aggiungere. Il gelato al momento non mi suggerisce nulla, se non, come abbiamo notato, che con le tette ha in comune la coppa.

Sulla porta invece posso raccontare un aneddoto, ed è quello che farò.                                                  

Se qualcun altro vuole giocare con me, mi dia tre parole e vediamo cosa si può fare.

A proposito: mi sono chiesta che fine avesse fatto Valeria Rossi, cantante del famoso tormentone del 2001. In verità aveva una bella voce e uno stile di canto “strascicato”, all’epoca abbastanza nuovo in Italia. Pare che abbia smesso di cantare ma abbia continuato a fare l’autrice, ha scritto pure qualche libro. Sticazzi? Vabbé, nel caso ci teneste a saperlo.

 
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Quelli che… i social

Post n°528 pubblicato il 27 Settembre 2016 da meninasallospecchio

Quelli che non sono su Facebook, non sono su whatsapp, non leggono le mail e i messaggi, ma vorrebbero essere messi al corrente di tutti gli eventi che vengono organizzati. Perché non me l’avete detto? O yeah.

Quelli che sbarcano su Facebook nel 2016 e cominciano a creare gruppi, aggiungerti ai gruppi, pubblicare tutte le bufale e gli aforismi che girano da 10 anni, come se tutti fossimo qui dal 2008 ad aspettare loro. O yeah.

Quelli che hanno paura di perdere la loro privacy per il solo fatto di iscriversi a Facebook, senza considerare che esiste anche l’opzione di non scrivere nulla. O yeah.

Quelli che raccontano su Facebook tutte le loro vicissitudini e sembra che succedano più cose da film a loro in una settimana che a me in tutta la vita. O yeah.

Quelli che pubblicano le foto in primissimo piano di ogni brufolo purulento che vedono sui loro figlioli e chiedono: “Secondo voi che cos’è?”. Ma che cazzo ne so, mica sono una dermatologa, togli quella schifezza che mi fa vomitare. O yeah.

Quelli che a ogni anniversario di matrimonio mettono le loro foto con i cuoricini tesoro ti amo tanto. Ma dirselo in camera da letto? Che poi c’è stata pure una morta strangolata dal marito che aveva scritto del loro grande amore su Facebook due giorni prima. O yeah.

Quelli che O tempora o mores, i giovani d’oggi, la società dell’apparire, tutta colpa della TV, delle multinazionali e di Berlusconi. Poi al compleanno del figlio mettono duemila foto su Facebook, tesoro, luce dei miei occhi, hai illuminato la mia vita, ecc. Perché dirglielo di persona non va bene, bisogna metterlo in bacheca. Ma se poi i loro figli pensano che tutto quello che conta nella vita sono i click, la colpa è della De Filippi. O yeah.

Quelli che ogni giorno mettono qualche citazione sugli amici che ti deludono, fidarsi delle persone sbagliate, la cattiveria, l’ingratitudine… Ma che cazzo di gente frequentate? O yeah.

Quelli delle frasi mafiose: tu che mi leggi, lo sai che un giorno pagherai per tutto il male che mi hai fatto, perché la vita presenta sempre il conto. Ma ce l’hai con me? O yeah.

Quelli delle citazioni di Socrate. Ma lo sapete che Socrate non ha mai scritto una riga? O yeah.

Quelli che l’olio di palma no. Quelli che l’olio di palma sì. Quelli che l’olio di palma forse. Quelli che il problema è un altro. O yeah.

Quelli che parlano con i morti tramite Facebook. O yeah.

Quelli che condividi se anche tu hai usato il gettone del telefono, il mangiacassette, il Ciao, o le punte di selce per cacciare i mammuth. O yeah.

Quelli che vediamo quanti leggono il mio post fino in fon…

 
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La risposta - 2

Post n°527 pubblicato il 11 Settembre 2016 da meninasallospecchio

(segue dal post precedente)

E ora veniamo ad esaminare la questione opposta. Un uomo manda un messaggio a una donna che gli interessa. Chiarisco, a scanso di equivoci, che sto parlando di relazioni reali, non di quei messaggi fuffa che girano in rete con tecniche di broadcasting.

E qui mi rivolgo agli uomini: sappiate che una donna vi risponderà sempre, che gradisca il vostro approccio o meno. E ovviamente questa è la ragione, per cui, a parti invertite, si aspetterebbe una risposta da voi.

Tuttavia, se la donna è interessata, potrebbe anche, a seconda del grado di gattamortaggine, dare una risposta sdegnosettta, anche se non tranchante. Il che oggettivamente rende i comportamenti femminili poco decifrabili e finisce per offrire una sponda alle giustificazioni dei molestatori. Ragione per cui personalmente detesto le gattemorte più di quanto non facciano gli uomini.

Se invece non è interessata, avrà una reazione del tipo: Uff, e ora come affronterò questa prova alla quale il mio cuore è sottoposto? Come vedete, non c’è molta differenza con il comportamento maschile, se non che l’apparato cardio-vascolare parla come Jane Austen.

In realtà l’atteggiamento starà su un asse che va dal compiacimento (me l’ha chiesta, trallallà), alla compassione (poverino, si è innamorato di me, come non capirlo?), allo sdegno (come osa questo sgorbio ambire alle mie grazie?). La posizione sull’asse si calcola come rapporto fra quanto la donna se la tira e il livello di attrattiva del maschio proponentesi.

A questo punto, in ogni caso, la donna, non avvezza a dire ad altri o a se stessa: questa è una rottura di coglioni della quale non intendo occuparmi, partorirà una risposta, che nelle sue intenzioni sarebbe un rifiuto, più o meno cortese a seconda della posizione sull’asse di cui sopra.

E qui scatta l’inevitabile misunderstanding; perché l’uomo, in base ai suoi parametri, giudicherà il fatto stesso che la donna abbia dedicato più di 8 secondi a rispondergli, fosse pure vaffanculo, come un inequivocabile segno di interesse. Se poi magari avete scritto un messaggio lungo e articolato, per timore di essere scortesi e offendere i sentimenti del povero innamorato, state pur certe che non ve lo toglierete mai più, e alla fine, per la vostra sopravvivenza, sarete costrette a essere scortesi per davvero.

Quindi, cari uomini, leggete quello che vi viene scritto. Le donne rispondono sempre, rispondono a tutti: non è un segno di interesse. Oltretutto c’è anche l’equivoco dell’amicizia, che per voi non esiste, ma per le donne sì. Quindi potrebbe essere che la donna vi stia sì rispondendo cortesemente, ma in modo tale da friendzonarvi (ho imparato questa nuova parola) fino alla prossima glaciazione.

E ancora, e qui mi rivolgo alle donne. Se un uomo non vi interessa, semplicemente non rispondetegli. Lo so che pare maleducato, ma è quello che farebbe lui al vostro posto e, credetemi, l’unico messaggio che capisce. Per non apparire maleducate, secondo parametri che sono soltanto vostri, vi mettete in una situazione problematica che alla fine vi costringerà ad essere ancora più rudi. In altre parole, dopo esservi rotte i coglioni senza motivo, passerete ancora per stronze, laddove un inequivocabile silenzio fin dall’inizio sarebbe accolto con molta meno stizza di quello che immaginate. Anzi, con rassegnazione e persino una punta di simpatia, perché, come noi, anche gli uomini amano sentirsi capiti.

 
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La risposta

Post n°526 pubblicato il 09 Settembre 2016 da meninasallospecchio

Quello che sto per dirvi, e che in parte si ricollega al mio post precedente, riguarda una delle modalità di interazione fra uomini e donne che è fonte di molte incomprensioni da entrambe le parti. Essendo io, come più volte mi è stato detto, una specie di trait d’union fra i due sessi, penso di essere in grado di spiegare come funziona, chiarendo un po’ i meccanismi a beneficio di entrambi.

Allora. Supponiamo che a una donna interessi un uomo che ha conosciuto in qualsivoglia contesto e che voglia approcciarlo o sondare il terreno con un messaggio o una mail. A seconda dei casi potrà usare un pretesto oppure essere più esplicita, ma all’uomo sarà in ogni caso chiaro quali sono le motivazioni, talvolta persino di più di quanto non lo siano alla stessa autrice.

Ecco, serve una premessa. Tutti noi, più o meno consapevolmente, partiamo dal presupposto che gli altri ragionino come noi. Il che può essere vero oppure no, ed è spesso fonte di incomprensioni, come sto per illustrare.

Tornando al nostro esempio, in questo caso la premessa è corretta. Un uomo non contatterebbe una semi-sconosciuta che non gli interessa, con una debole motivazione. Quando un uomo contatta una donna, fosse pure il call center della banca, tiene sempre presente tutto il retroterra di rottura di coglioni che ne potrebbe derivare, e quindi lo fa soltanto se strettamente necessario o se interessato.

Allora il nostro uomo è oggetto di questo approccio. I casi sono due: o la donna gli interessa o non gli interessa. Nel primo caso si fionderà a risponderle. Attenzione, perché avendo già la certezza di piacerle, non riterrà necessario applicare il surplus di sbattimento indispensabile per essere spiritoso, brillante, cortese o affascinante. La risposta potrebbe essere decisamente banale o terra-terra, quando non addirittura triviale. Ma risponderà sicuramente e quasi altrettanto sicuramente lo farà in tempi brevi.

Per contro, se la donna non gli interessa, avrà una reazione del tipo: Uh! E immediatamente si spalancherà davanti a lui un orribile abisso di rottura di cazzo dentro al quale non avrà nessuna voglia di guardare. Per un attimo si porrà la domanda: E mò a questa che je rispondo? (l’inconscio dello scroto parla romanesco). Ora, dovete sapere che il tempo che l’uomo medio dedica alle rotture di coglioni che non sa come risolvere va dai 4 agli 8 secondi, in base al suo livello di coscienziosità. Dopo di che il problema verrà definitivamente archiviato in una zona inaccessibile della memoria a lungo termine, dalla quale non verrà mai più estratto se non forse in qualche incubo da cattiva digestione.

Ne deriva che il messaggino di più o meno timido approccio resterà inevaso e la sua autrice a chiedersi: perché non mi risponde? La risposta è una sola: non ti risponde perché non gli interessi. Punto.

Ora, io concordo con la maggior parte delle donne sul fatto che in questo algoritmo c’è un bug. Come sapere che il messaggio è stato effettivamente ricevuto, se non c’è nessuna risposta? E infatti spesso le donne si aggrappano a questa esile speranza, ma, se ascoltate me, lasciate perdere, perché la mancata ricezione è davvero un evento raro, mentre il deliberato silenzio è la regola. Per fortuna whatsapp ha inventato le spunte blu per togliere ogni dubbio, e anche Messenger mostra la ricezione. In teoria anche la mail ha la conferma di lettura, ma usarla per uno scambio personale etichetta il mittente come irrecuperabile scassacazzi prima ancora di qualsiasi ulteriore interazione. Resta l’SMS, che però sta cadendo in disuso. Insomma, se volete togliervi ogni dubbio usate un sistema che consenta la verifica di lettura, direi whatsapp su tutti. Gli uomini che configurano whatsapp senza le spunte blu sono da evitare a prescindere.

Ma in definitiva, se uno non vi risponde sapete già come la pensa. Come direbbero gli inglesi, state abbaiando all’albero sbagliato.

 

(continua)

 
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La frase

Post n°525 pubblicato il 06 Settembre 2016 da meninasallospecchio

Sapete, io ho una teoria. Che nella vita bisogna sempre, potendo, ispirarsi ai comportamenti delle categorie privilegiate: i ricchi, i maschi… perché loro possono scegliere. E se scelgono un posto, uno stile, un comportamento, molto probabilmente hanno ragione loro.

Per esempio: è meglio corteggiare o essere corteggiati? Non ci sono dubbi. Se fosse meglio aspettare l’iniziativa altrui, i maschi farebbero così. Invece, credetemi: molto più saggio e opportuno rischiare un due di picche che stare lì a menarsela tutta la vita, mi caga o non mi caga. Altro esempio: avete mai visto un uomo depilarsi la faccia con la ceretta? No. Eppure loro sono duemila anni che si depilano. Se non lo fanno con la ceretta ci sarà un motivo, no?

Ecco, questo per dire che in generale io credo che dagli uomini, intesi come maschi, ci sia molto da imparare. Ebbene, veniamo al punto.

Gli uomini hanno un concetto, che noi donne non abbiamo, sintetizzabile nella più genuina, archetipica, saggia, filosofica, imprescindibile frase: “non mi rompere i coglioni”.

Fateci caso. Noi femmine, nella migliore delle ipotesi, usiamo questa perla di saggezza fra i 13 e i 16 anni; poi smettiamo. Come se chiunque avesse diritto da noi a una risposta, anche cortesemente negativa, ma sempre una risposta; un attimo di attenzione, un favore, un ascolto, una parola di conforto. Invece no. Diritto un cazzo.

Il diritto è quello sacrosanto di ciascuno di noi di difendere la propria incolumità psico-fisica; e invito a non trascurare lo “psico”. Come può non farci piacere subire un contatto fisico non desiderato, quando non addirittura un maltrattamento o una costrizione, allo stesso modo abbiamo diritto al nostro piccolo habeas corpus mentale, a preservare il nostro guscio di inviolabilità emotiva, come se fosse la nostra casetta; dalla quale usciamo, per carità, ma se e quando decidiamo noi. Nessuno ha il diritto di entrare nella nostra casa, né di bussare o suonare insistentemente il campanello.

Contro questi tentativi di effrazione, contro questi intrusi che vogliono insinuarsi nel nostro benessere interiore, uomini, parenti, figli, amiche, che ci creano problemi, che vogliono farci sentire in colpa, che criticano le nostre scelte o il nostro modo di essere, abbiamo il sacrosanto diritto, anzi quasi il dovere civile, di impugnare le armi e presidiare le nostre Termopili mentali opponendo un sano, risolutivo, perentorio: non mi rompere i coglioni.

 
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Pensieri di viaggio - 5

Post n°524 pubblicato il 29 Agosto 2016 da meninasallospecchio

Il paese delle mozzarelle si estende dalla Basilicata fino quasi a Roma. Lungo tutta la strada campeggiano giganteschi cartelli che invitano a provare la specialità locale. Senza farmi deviare dai miei obiettivi, tiro dritto fino a Paestum, concedendomi soltanto qualche breve sosta balneare.

Non è male viaggiare lungo la costa. Mi piace andare al mare, ma quando proprio decido di starci ad libitum perché non ho più niente da visitare, dopo un’ora e mezza mi sono comunque rotta i coglioni. La mia misura ideale è un’ora: un bagno, un po’ di sole, un altro bagno, un altro po’ di sole; poi uno di quegli avventurosi cambi di costume che mi hanno reso famosa presso i blogger e via. On the road again.

Paestum è stato il clou della mia vacanza, insieme a Maratea. Matera è carina, ma dopo tutto non mi ha così entusiasmata. Forse per me il piacere sta nel gusto della sorpresa, trovarmi in un posto più bello di quanto immaginavo. E quei templi greci sono davvero spettacolari, belli quanto quelli di Agrigento e ciò nonostante molto meno noti. Una bella sorpresa anche la singolare ospitalità che ho ricevuto in un B&B squisitamente familiare.

Sulla via del ritorno la mia tappa laziale è coincisa per puro caso con il paese di Wide_red. Essendoci già conosciute a casa di sagredo, non potevamo farci mancare un’ulteriore rimpatriata. Girare l’Italia andando per blogger non è affatto male, da considerare anche per il futuro.

L’ultima mia tappa è stata in Toscana, non so perché ho scelto Follonica, un’idea pessima. Follonica è un posto abbastanza di merda, con palazzoni in riva al mare e nessuna attrattiva. Tanto che il giorno successivo, pur avendo ancora un po’ di tempo per andare al mare, sono subito ripartita. Ho cercato allora in rete “spiagge più belle della Toscana” e la mia scelta è caduta su Rosignano Solvay.

Ora probabilmente vi dirò delle cose che tutti sapete. Tutti, tranne me. Il posto si chiama così per la presenza della Solvay, azienda che produce bicarbonato e soda e non so che altro. Negli anni la Solvay ha riversato in mare scarti calcarei delle sue lavorazioni, dando origine a una spiaggia bianca e a una specie di laguna tropicale. Ora, che la cosa non fosse naturale lo sapevo, ma vi assicuro che è una vera figata. Non c’era nessun divieto di balneazione, però il fatto che la spiaggia fosse abbastanza affollata e il mare molto meno avrebbe dovuto insospettirmi. Ma era così bello… perché rovinarselo con una ricerca in Internet?

Insomma, per farla breve, ho scoperto in seguito che si tratta di uno fra i 15 tratti costieri più inquinati del Mediterraneo. Perché non c’è soltanto l’innocuo calcare, ma ci sono pure mercurio, cromo, arsenico e chi più ne ha più ne metta. Ho capito, i Caraibi de noantri meglio lasciarli perdere. Vabbé, per una volta non mi farà morire.

Adesso sto a casa. Una vacanza un po’ faticosa globalmente. Ho macinato 3.200 km, che se considerate che ho una macchina a benzina del 2001 e con 220.000 km, c’ho avuto un bel coraggio. Va a finire che non la cambio nemmeno stavolta.

 
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Pensieri di viaggio - 4

Post n°523 pubblicato il 24 Agosto 2016 da meninasallospecchio

Il padrone del b&b mi accoglie con una citazione di Manzoni, mentre mi prende il borsone. E già questo marca la differenza fra la Basilicata e la Calabria. Va be' che non ha nient'altro da fare se non giocare a carte con i pensionati e pensare cazzate da dire ai turisti.

Però Basilicata batte Calabria su tutta la linea. Maratea è bellissima. Non tanto il centro storico che quello di Tropea era meglio, ma il paesaggio che qui è davvero splendido perché la montagna, una montagna vera, sta proprio addossata al mare. Non ho visto posti così belli in Calabria.

E poi c'è l'ospitalità che qui è speciale, i calabresi sono troppo rudi per i miei gusti. E c'è un orgoglio di appartenenza come in Sicilia, l'orgoglio di gente che sembra ansiosa di darti notizie, di raccontare la storia. 

Ma c'è anche 'sto pane, per esempio. Perché qui è così buono? A Matera c'è tutta una storia con il pane materano, che ha una forma particolare e tutti te la menano con il pane. Vai in Calabria, il pane ha lo stesso aspetto invitante, ma consistenza da suola di scarpa. Va be', era quello di Matera ad essere speciale, ti dici. No, fai pochi kilometri, torni in Basilicata e c'è di nuovo il pane buono. Come si spiega?

E poi ogni tre metri c'è un locale che serve prodotti tipici, vini della zona e tutto quello che puoi desiderare. In Calabria i prodotti tipici te li vendono, negozietti ce ne sono un sacco, ma l'unica cosa tipica che non fai fatica a mangiare è il famoso tartufo.

Globalmente l'impressione è che il turismo lucano e in generale il tipo di sviluppo abbia un'impronta molto più collettivistica, sia come modello imprenditoriale sia nell'avere come target il turista che usa le strutture, non la famiglia semi-indipendente dai servizi di ospitalità. Insomma, si conferma la mia prima impressione "alto-atesina".

Ora sto in Campania, forse vi dirò.

 
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Pensieri di viaggio - 3

Post n°522 pubblicato il 22 Agosto 2016 da meninasallospecchio

Pubblico in differita per i malfunzionamenti di Libero.

Un blogger di cui serbero l'anonimato mi ha consigliato di fermarmi a Pizzo Calabro per mangiare il tartufo.

Scusa neh, gli dico, ma io sono di Alba, ti pare che vado in Calabria a mangiare il tartufo? 

Ma nooo! Non "quel" tartufo. Il tartufo gelato. C'è una piazza a Pizzo Calabro, piena di gelaterie che fanno il tartufo.

Esco pertanto dalla famosa Salerno Reggio Calabria apposta per andare a Pizzo. Il navigatore esprime il suo dissenso, ma presto si convince ad accompagnarmi a Pizzo. Non posso pretendere tuttavia che trovi la piazza delle gelaterie, non è un cane da tartufi, ancorché gelati. Abbandono l'auto e uso l'antico metodo della domanda ai passanti.

Non sono esperta di tartufi gelati, me la cavo meglio con il tuber, ma devo riconoscere che questi sono davvero buoni e diversi anche da quelli che mi sono stati venduti come tartufi di Pizzo a Matera o a Crotone.

Due giorni per visitare Matera si sono rivelati pochi, ma sono lontani i miei fanatismi giovanili, quando vedere TUTTO era questione di vita o di morte.  Se mi è sfuggita una cisterna o un museo posso sopravvivere ugualmente. 

A Matera si fa un gran parlare dell'abbandono dei sassi, avvenuto a partire dagli anni 50, dopo la visita di De Gasperi, che etichettò Matera come la vergogna d'italia. Ma non si parla del ripopolamento dei sassi, del loro recupero a scopo forse non proprio abitativo, ma certamente come sede di attività, ristorante, negozio o b&b. Manca una mostra che parli di questo. Mi chiedo se L'Aquila sia destinata a fare la stessa fine.

Arrivo in Calabria con tutto il mio corredo di pregiudizi, per lo più inutili. Per esempio ero convinta che si mangiasse più piccante che nell'India del sud, invece mangiare tipico non è alla portata del turista di passaggio. 

Tropea è carina ma non sbavo. Forse i miei interessi sono di natura diversa, mi sono entusiasmata di più per alcuni piccoli e sorprendenti musei. Ma non voglio fare la snob, un po' di mare non mi dispiace, anche se le spiagge sono minuscole e sovraffollate. D'altra parte è domenica 21 agosto, che si pretende?

Sappiate che per scrivere mi sono persa il tramonto. Lo danno di nuovo domani sera a Maratea.

 
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Pensieri di viaggio - 2

Post n°521 pubblicato il 17 Agosto 2016 da meninasallospecchio

Il bicchiere di aglianico è quantitativamente molto generoso, ma come qualità credo si possa fare di meglio. 

Ho intravisto dei sassi in un buco nella piazza (un cripto-sasso ipogeo, direbbe l'autore dei pannelli di Villa Adriana), ma me ne occuperò dopo cena, che se no mi veniva troppo tardi anche per gli orari sudisti. In teoria il ristorante avrebbe pure la terrazza con vista sui sassi, ma col cazzo che danno un tavolo a me che sono da sola. Questo è il principale problema di viaggare da soli: il ristorante. Non ti fanno prenotare. Venga verso le 10, ti dicono, e il tavolo esterno te lo scordi. 

In compenso riesci a infilarti anche dove serviva la prenotazione. Al volo dell'angelo mi hanno detto che potevo partire anche subito. Ma subito è una parola grossa. Un complesso intreccio di navette, una laboriosa preparazione, finiscono per prendere parecchio tempo. 

Però complimenti allo spirito d'iniziativa lucano, che con questa roba ci campano due paesi, manco fosse l'Alto Adige. Ed effettivamente con l'Alto Adige ha in comune un'organizzazione impeccabile e il fatto che ci lavora uno più di mille.

A dire il vero mi cagavo sotto, ma in fin dei conti è meno tremendo di quanto sembra. Non sono sicura che ne valga la pena tuttavia, se non per tirarsela con gli amici. 

Non darò al ristorante l'occasione di rifarsi con i dolci: il livello modesto del vino è stato confermato da antipasto e primo. E con questo ho finito di fidarmi dei consigli dei miei host, per questo viaggio. Domani si va di guida slow food e basta. 

L'artista di strada canta canzoni di Bob Dylan, circondato da un pubblico nemmeno così disperatamente vecchio. Questi sudisti sono adorabilmente naif; chissà che fine farebbe uno che canta Bob Dylan a Torino o a Milano.

Il sasso ipogeo, come l'armadio di Narnia, schiude la porta a tutto un mondo di sassi, che non posso astenermi dall'esplorare, per quanto sfinita. Ma non mi inerpicherò fino alla chiesa, ci penserò domani. Tuttavia devo ammettere che i sassi ti aggiustano la serata più dell'aglianico. Ma il sasso è infido e scivoloso. Se appena appena il vino fosse stato più buono, una culata non me la levava nessuno. 

 

 
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Pensieri di viaggio

Post n°520 pubblicato il 16 Agosto 2016 da meninasallospecchio

Caserta non è un gran posto. Dopo essermi messa il vestitino per uscire a cena, mi sono frettolosamente cambiata perché temevo di attirare troppo l'attenzione. Ma pure con i pantaloni ero eccessivamente elegante. Pizza con mozzarella di bufala, birra media e due bruschette 11 euro.

Però la reggia è bella. Sarà che mi piacciono queste architetture settecentesche, così attente alla geometria, all'effetto scenografico. Il padiglione ottagonale ha quattro finestroni ciascuno dei quali affaccia diagonalmente su uno dei quattro cortili. Cose che a me piacciono. Come ovviamente mi piace la successione di fontane e bacini d'acqua del parco. Poche foto però, il mio cellulare ha problemi di batteria. 

Dopo avermi guidata senza colpo ferire fino a casa di sagredo, il navigatore del cellulare ha smesso di parlarmi, come certi uomini ai quali non capisco bene che ho fatto. Stamattina ci ho messo tre quarti d'ora a scendere da quel cazzo di Gianicolo. Salutare il grande raccordo anulare come la salvezza può apparire bizzarro ma tant'è. Ora l'ho disinstallato e ho installato un navigatore nuovo, speriamo che questo mi parli.

Da sagredo sono stata da dio. Sembra di stare dentro un film, di quelli con gli intellettuali romani. Una roba tra La terrazza, Sorrentino. .. che detto così pare brutto ma per una provinciale come me è davvero esotico. Gnappetta no, lei è normale, ma sagredo e sorella sono parecchio cinematografici. Sorella in particolare, parla come un libro stampato, roba da far venire l'ansia da prestazione persino a me, che tutti dicono che me la tiro e sono insopportabilmente saputella. Epperò è una figata, mi sono divertita un sacco, anche fidanzo di sorella è molto pittoresco. A cena stavamo io e sorella senza reggiseno (e a un esame più approfondito anche senza mutande) e lui in canottiera stile Little italy. Sagredo vestito da sciamano africano. Su tutto aleggiava il profumo della cucina indiana di sagredo. Insomma, ambiente intellettualmente impegnativo ma praticamente sciallissimo, rilassante come casa propria. So bene che quando le cose funzionano alla perfezione e sembra che filino lisce come l'olio vuol dire che qualcuno si è fatto il culo perché fosse così, ma so per certo che quel qualcuno non sono io.

Domani vado a fare il volo dell'angelo, ovvero a buttarmi in una vallata appesa a un cavo. Mi sto vagamente chiedendo perché. A proposito di Angelo. Anche lui mi ha ospitata nei miei peregrinaggi. Grande sorpresa la moglie, molto più giovane gnocca intelligente e simpatica di lui. Scherzo neh. Roba da interrogarsi su quali virtù nascoste abbia Angelo per meritare tanta grazia.

Che differenza c'è fra un amante e un amasio? Forse non lo sapremo mai. Amasio mi ha impallato il browser del cellulare, ma come avrete capito già non stava tanto bene. Speriamo che lui e la macchina reggano fino a casa.

 
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