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.. e ti tirano le pietre

Post n°18 pubblicato il 19 Ottobre 2016 da marcusandrews382
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Capita spesso che lavorando in grandi aziende dopo aver imparato le cose fondamentali il lavoro diventa routinario e l’azienda non ha alcun interesse a investire sulla propria professionalità.

Nel mondo italico i capi non chiedono se la tua professionalità può essere utile all’azienda. Anzi se ti dimostri sufficientemente bravo diventi un problema. Molti bravi professionisti sono mandati via malamente perché il loro talento mette i bastoni tra le ruote dei superiori.

Già, perché in Italia i capi sembrano interessati solo a mettere in luce il proprio operato. I capi tendono a farsi la guerra per dimostrare che uno è più bravo dell’altro e pur di risaltare si prendono sempre tutto il merito oscurando il valore della propria squadra.

Addio etica del lavoro. Tendono a far passare i membri del loro team per dei buoni a nulla, a discapito del valore per l’azienda.

E se sei bravo, ti tirano le pietre..

Resta in ascolto.

 
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Serenità

Post n°17 pubblicato il 12 Ottobre 2016 da marcusandrews382
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Un efficace esercizio mentale nei momenti burrascosi di un cambio organizzativo in azienda è racchiuso in queste parole, una sorta di preghiera della serenità.

"che io abbia sempre la serenità per accettare le cose che non posso cambiare, ma anche la forza per cambiare quelle che posso, ma soprattutto la saggezza per capirne la differenza"

Resta in ascolto.

 
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Bravi ragazzi

Post n°16 pubblicato il 03 Ottobre 2016 da marcusandrews382
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Eravamo giovani ed entrammo in Azienda, ma subito ci dissero:”beh! ringraziate, siamo tutti una famiglia e adesso solo sacrifici perché dovete fare gavetta”.

Facemmo tanta gavetta e li aiutammo a fare carriera. Poi chiedemmo qualcosa per noi ma a quel punto ci dissero: “dovete aspettare perché dobbiamo sistemare gli amici”.

Lavorammo tanto per tutti loro e aspettammo che fossero sistemati tutti gli amici e quando riuscimmo ad ottenere qualcosa per noi allora ci disserro: “beh quello che avete  lo dovete solo a noi per cui adesso dovete tirare la carretta ancora di più”.

Tirammo la carretta e facemmo fare loro ottime carriere ma poi ci misero da parte perché dovevano fare posto ai loro parenti e ci dissero: “adesso dovete aspettare”.

Ci mettemmo da parte e aspettammo tanto tempo  per riprenderci il dovuto ma a quel punto ci dissero: “non vedete che siamo tanti? dovete trovavi qualcos’altro!”

E allora lasciammo la nostra cara Azienda che avevamo contribuito a creare e trovammo con difficoltà una nuova casa a cui donammo quell’anima e quel cuore che loro avevano sempre disdegnato e solo allora fummo felici.

E quando le cose nella nostra cara Azienda natia cominciarono ad andare male, allora ci richiamarono e ci dissero: “ecco, qui adesso le cose vanno male perchè voi ve ne siete andati abbandonando la famiglia che vi ha cresciuto e lasciandoci in mano a degli incapaci”.

Beh! A quel punto poco educatamente rispondemmo: “andatevene aff..”

Resta in ascolto.

 
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Lo zio d'America

Post n°15 pubblicato il 27 Settembre 2016 da marcusandrews382
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Nel desolante caravanserraglio delle nostre aziende sono sempre più in voga gli esercizi di familismo amorale.

Per far carriera non devi essere ovviamente una nullità. Se sei una schiappa, dove vai? La promozione sarebbe effettivamente imbarazzante.

Ma se hai l’aria da fighetto, meglio con un rolex al polso, una bravura quanto basta , la capacità di tenerti lontano dai guai, beh allora non ti resta che l’asso nella manica.. cioè  il potentone di turno che ti sponsorizza, meglio se imparentato: si sa, nel doloroso stivale italico la famìgghia conta più di tutto, del rispetto, della meritocrazia, ma sì.. dell’etica aziendale.  

E “l’applicazione di criteri chiari e oggettivi che garantiscano  la trasparenza delle scelte operate” così strombazzata nei proclami aziendali? Che importanza ha? Esercizio di stile!

Serve lo zio d’America, appunto.

Resta in ascolto.

 
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A volte ritornano..

Post n°14 pubblicato il 08 Settembre 2016 da marcusandrews382
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A volte ritornano. Come nei più paurosi racconti horror.

Quegli incubi che attanagliano i cuori di tanti manager si ripresentano purtroppo ad anni di distanza ed impattano nella vita lavorativa con maggiore fragore rispetto alla volta precedente.

Forse perché pensano che questa volta non li tocchi da vicino. Forse perché i successi raccolti e la (presunta) reputazione costruita negli anni fa credere loro di esserne protetti.

Ma non è così. E quando l’azienda, nel suo viaggio altalenante tra i destini dei suoi azionisti, torna ad agire con la mannaia tutta la catena di management è scossa e vengono a galla i peggiori istinti di sopravvivenza. E di convenienza.

Sì, è vero, a volte questi incubi ritornano.

Resta in ascolto.

 
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Regole e valori

Post n°13 pubblicato il 13 Ottobre 2009 da marcusandrews382
 
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Si predica bene ma si razzola male.

 

L’azienda propugna una base di regole condivise per poi sacrificarle sistematicamente sull’altare della convenienza personale e delle raccomandazioni.

 

L’assegnazione di incarichi (e quindi il destino professionale di intere schiere di dirigenti) è legato allo scambio scandaloso tra il blocco vincente e i gestori del personale.

 

Fa carriera chi si lega alla cordata che vince. E la scelta viene fatta sulla base dell’appartenenza al gruppo, al cognome che si porta, al potentato politico e religioso che da cui si è sostenuti.

 

Avviene questo nelle oscure stanze del potere aziendale, dove si decidono le sorti dei predestinati e si segnano i destini degli indesiderati. E se quest’ultimi sono bravi… peggio per loro.

 

Resta in ascolto.

 
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La decimazione

Post n°12 pubblicato il 06 Ottobre 2009 da marcusandrews382
 
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La decimazione. E’ quello che succede quando l’azienda va male o va fatto credere che vada male. E’ in questi casi che l’azienda mostra il peggio di sé e vengono a galla le peggiori inclinazioni.

Di solito le riduzioni del management avvengono in seguito e per tramite di riorganizzazioni aziendali. I posti si riducono e chi resta fuori viene eliminato.

E’ come una gara ciclistica all’americana: tanti giri e ad ogni giro chi resta ultimo viene squalificato. Con l’unica differenza che in azienda la gara è truccata: prima si decide chi deve perdere e poi si inizia la gara. Inutile parlare di regole, inutile guardare l’arbitro..

In queste occasioni vince chi ha di più da offrire: parentele, protezioni, tessere politiche ed inclinazioni confessionali.

Di chi si sacrifica onestamente e spinge la carretta interessa poco. Semplicemente non serve: va decimato.

Resta in ascolto!

 

 
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Ancora in marcia

Post n°11 pubblicato il 09 Febbraio 2009 da marcusandrews382
 
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Quando sembra che in un’azienda l’organizzazione si sia stabilizzata è proprio allora che bisogna temere nuovi rivolgimenti.

E le organizzazioni cambiano non tanto per ottimizzare i flussi di lavoro e migliorare il risultato finale delle attività ma soprattutto per compiacere vecchi e nuovi potentati.

Si decide di far crescere qualcuno a dispetto di altri. E qual è la formula migliore per ottenere tutto questo? Far scorrere sotto i nuovi fortunati fette consistenti della vecchia organizzazione. E si sa: quante più persone hai sotto tanto più pesi e tanto più cresce il tuo prestigio.

Il risultato è sempre quello: attività ingolfate, nuovi rapporti di potere in cui districarsi, catene di comando sempre più lunghe da assecondare. Con i soliti effetti secondari: posizioni raggiunte con tanta fatica improvvisamente azzerate e sbalzamenti repentini dai fogli delle organizzazioni.

Che fare? Scendere in campo e cercare nuove e più valide protezioni (leggi amici e poteri economici e politici che vogliano metterti sotto la loro ala protettiva) oppure rimettersi in marcia.

Una marcia nel deserto del gioco aziendale del potere, del compiacimento delle elitè organizzative, nell’ipocrisia del presenzialismo e del familismo.

Sciogliere le proprie vele e cercare nuovi lidi (organizzativi) dove approdare, remando con forza e spesso controvento.

Resta in ascolto!

 
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Essenzializzare

Post n°10 pubblicato il 30 Dicembre 2008 da marcusandrews382
 
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L’ultimo slogan che va di moda è essenzializzare i ruoli di coordinamento. E’ un modo come un altro di dire licenziare. Questa volta tocca ai manager di fascia medio-bassa. Per gli altri non ci si spreca in giri di parole: si caccia via e basta. Quando questo succede vuol dire che l’azienda ha fallito nuovamente. Ed insieme all’azienda i capi che la gestiscono. Per loro si applicano altre leggi: economia di relazione, cordate, scambio, favori. E’ l’esempio italico della sopravvivenza: la loro. Se i risultati mancano, se l’azienda va a rotoli c’è sempre una scusa pronta: il mercato saturo, l’evento imprevisto, la crisi finanziaria. E via con la scure. Se le cose vanno male la cosa più semplice da fare è spendere di meno, fermare le macchine, non consumare. L’innovazione, la sperimentazione, la competizione è un altro tipo di scelta. Troppo impegnativa, non essenziale. Resta in ascolto!

 
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Scusate, ma siamo italiani

Post n°9 pubblicato il 29 Luglio 2008 da marcusandrews382
 
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L’Italia del piccolo vince su quella del grande. La storia italiana delle grandi imprese è costellata da grandi insuccessi. Ogni qualvolta dalla piccola dimensione si voglia passare alla grande organizzazione l’azienda italica zoppica, fa acqua e solitamente si arrende. E’ avvenuto nella chimica, nell’elettronica e anche nelle telecomunicazioni. Di solito quando aumentano le dimensioni di un’azienda ci si guadagna in efficienza, in economia di scala, in qualità del prodotto finale. Non da noi. E’ un limite culturale delle nostre organizzazioni. Da bravi individualisti quando si tratta di gestire un gruppo gli obiettivi falliscono. Questione di latitudine o di regole tradite. L’atavica attitudine alla furbizia mal si adatta alla ferrea disciplina delle grandi organizzazioni. E l’incapacità della gestione aziendale diventa inattitudine nella gestione del personale. Favoritismi, clientelismo e nepotismo rendono l’efficienza dell’azienda ancora più precaria. Scusate, ma siamo italiani.

Resta in ascolto.

 
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Vuoi un consiglio?

Post n°8 pubblicato il 07 Luglio 2008 da marcusandrews382
 
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Intere truppe di consulenti hanno invaso le nostre aziende. Il fenomeno già presente negli anni passati è ormai diventato dilagante. Una consulenza non si nega a nessuno. Da come organizzare un’azienda a come definire le strategie aziendali, da come analizzare i mercati di business a come ridurre i costi (dei consulenti compresi).

Una babele di società, dalle più note alle più improbabili, sono approdate nei nostri corridoi. Cosa facciano esattamente queste schiere di consulenti non si sa esattamente. Sicuramente producono carta o meglio, come va più di moda, megabyte e megabyte di slide. E’ lo slideware, mondo soffuso in cui si adagiano le nostre aziende.

Ma le vere conseguenze del loro operato sono sotto gli occhi di tutti. Interi uffici completamente scavalcati e dipendenti irrimediabilmente depauperati. I consulenti consentono di bypassare le gerarchie e se opportunamente schierate possono costituire una quinta colonna nelle mani del management. Spesse volte i compitini svolti dai consulenti diventano obiettivi per i dipendenti che a loro volta utilizzano altri consulenti per raggiungerli. E’ un cane che si morde la coda.

Ma le consulenze sono anche forme moderne di distribuzione. Fette importanti di budget che vengono ripartite fra aziende amiche. Per questo obiettivo le società di consulenza pensano in grande. Aggrediscono un’azienda e la conquistano. Gli organigrammi sono devastati e il consulente che prima era ingaggiato come fornitore passa dall’altra parte della scrivania e diventa lui il committente. E i lavori vengono sempre più assegnati all’azienda di consulenza di cui faceva parte. Nessuno sputa nel piatto in cui ha mangiato.

E se i costi del lavoro diventano insostenibili la soluzione (proposta ovviamente dai soliti consulenti) è bella e pronta: ridurre il costo del lavoro, cioè, licenziare.

Resta in ascolto.

 
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Una poltrona per due

Post n°7 pubblicato il 03 Luglio 2008 da marcusandrews382
 
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Una tipica tecnica di mobbing è assegnare lo stesso compito a due persone. Quella da promuovere e quella da eliminare. Di solito quella da eliminare è quella che parte avvantaggiata perché indicata dall’azienda per quel ruolo. Quella da promuovere è quella che più piace al capo diretto.

Di solito queste situazioni si verificano quando sono in atto riorganizzazioni aziendali e si assiste a rimescolamenti di cordate.

Naturalmente la persona da promuovere svolgerà i compiti assegnati meglio e più rapidamente della persona da eliminare. Ad insindacabile giudizio del capo. Altre volte chi dovrà essere eliminato non sarà a conoscenza di attività (di solito importanti e ad alta visibilità) che andranno ineluttabilmente assegnate al concorrente fortunato.

Per uscire da questa trappola c’è poco da fare. Rincorrere le attività e fare escalation sul capo del capo a volte può essere inutile. E dannoso.

Più utile è scendere a patti con il capo e trovare obiettivi comuni con il concorrente. E provare a fare le scarpe all'ingrato capo. E’ un tentativo. Che di solito non produce effetti.

Meglio è cambiare aria e trovare altri lidi a cui approdare. Dove ci sia maggiore correttezza aziendale e dove possano meglio apprezzare il proprio valore.

Ma anche questa è un’avventura.

Resta in ascolto

 
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Tagliare le punte

Post n°6 pubblicato il 29 Giugno 2008 da marcusandrews382
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La capacità più importante per un manager dovrebbe essere la competenza. In realtà quella più apprezzata è la fedeltà. Per fare carriera in azienda ci si organizza in cordate: non importa quanto si è bravi, conta quanto si è fedeli. E la fedeltà si costruisce nel tempo, per affinità, complicità o semplicemente per paura delle altre cordate.

Il capocordata è il vero leader e forgia la sua squadra a sua immagine e somiglianza. Detiene la scala dei valori e la applica e la fa applicare in maniera scientifica.

Chi spicca per capacità e competenza diventa pericoloso, va domato, addomesticato o meglio isolato e neutralizzato. Per fare ciò le tecniche applicate possono essere le più subdole e sottili. Si applica il demansionamento, l’assegnazione ad altri compiti, si cancella la sua memoria all’interno dell’azienda.

Sono le forme più moderne del mobbing. Tagliare le punte serve ad eliminare pericolosi concorrenti per far brillare di più i cialtroni. Nessuno che possa farli sfigurare: nel regno dei ciechi il monocolo è re.

E’ l’apoteosi del disprezzo aziendale, l’esatto contrario della meritocrazia. Ci si allena e si lavora all’interno dell’azienda solo per mantenersi al potere. Ci si arricchisce solo se si fa terra bruciata. La competenza è inutile. Ma anche dannosa.

Resta in ascolto.

 
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Servi e schiavi

Post n°5 pubblicato il 19 Giugno 2008 da marcusandrews382
 
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tQuando in azienda si verificano stravolgimenti organizzativi si assiste sempre ad un ricambio di nomi e posizioni. E’ l’ascensore aziendale delle nomine. Chi sale, chi scende, chi si incatena alla propria posizione e la difende fino all’inverosimile.

In queste circostanze emergono le attitudini vincenti per fare carriera (o per difendere quella che si ha). Non che queste attitudini contino molto. Il più delle volte contano i nomi (o meglio i cognomi – di entrambi i genitori, si intende), i pezzi di DNA nobili, le affinità politiche (diciamo).

Ma quando non contano questi aspetti (cioè solo alla fine del primo giro di distribuzioni di giochi e cotillons) ecco emergere le attitudini vincenti.

Di solito la versione più gettonata è il servilismo senza dignità. Senza dignità per chi lo esercita, senza dignità per chi lo riceve (che così può accrescere il proprio codazzo e quindi la propria visibità aziendale). Ed è facile riempirsi di servi. Un po’ di blandizie, un mix di minacce e promesse (la consueta formula del bastone e della carota) ed ecco che il giochino è fatto.

Servi si nasce e si diventa. Intere schiere di dipendenti pronti a farsi stuoino e a barattare la propria coscienza per un piatto di lenticchie: protezione assicurata, qualche gettone di presenza e l’osso a fine pasto.

Un esercito meno numeroso è quello degli schiavi, veri portatori d’acqua dell’azienda. Chiusi nelle sale macchina  si crogiolano nella loro incorruttibilità (morale) e nel frattempo muovono il carrozzone.

Degli schiavi non si può fare a meno, dei servi è meglio circondarsi.

Resta in ascolto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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Slideware

Post n°4 pubblicato il 11 Giugno 2008 da marcusandrews382
 
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Ultima conquista delle aziende che lavorano sulla frontiera dell’innovazione. Oltre alla tradizionale suddivisione tra Hardware e Software compare una tipologia merceologica nuova: lo Slideware. E’ l’azienda che lavora, funziona, comunica con le slide. L’apoteosi del powerpoint.

Tramite questo strato logico che si frappone tra le menti pensanti del management e le braccia oscure dei dipendenti vive una realtà aziendale immateriale, spesso fantasiosa, il più delle volte falsa.

Lo Slideware è il collante che tiene unito i board di varia natura e li alimenta delle informazioni più varie, complesse, articolate purchè compiacenti. Non c’è obiettivo che non venga raggiunto, indicatore di produttività che non venga rispettato, milestone che non venga incontrata.

È il mondo immaginifico del management che si culla nei propri sogni o più semplicemente nelle proprie ipocrisie. E non ci si cura della sala macchine.

Il carburante di questo mondo sono i consulenti d’azienda.

L’abbinamento delle slide con la posta elettronica rende il mondo soffuso dello slideware veloce, pervasivo, fluido e per questo maggiormente convincente. Chi riesce a rendere le proprie slide animate e meticolose fino all’inverosimile (chi non è rimasto affascinato dalla potenza cinematografica della dissolvenza incrociata..) rende la credibilità del proprio lavoro migliore.

Su questi sentieri si sono giocate le carriere più inverosimili e si sono consumati i progetti più indecorosi.

Lo slideware rende i due mondi del management e dei dipendenti completamente disgiunti. La comunicazione tra questi due livelli diventa ininfluente, semplicemente non serve.

Resta in ascolto.

 
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Cotiche ed errori

Post n°3 pubblicato il 10 Giugno 2008 da marcusandrews382
 
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Alcuni top manager hanno idee abbastanza precise sui propri collaboratori.

In ogni azienda coloro che ci lavorano possono essere divisi in quattro categorie:

1) gli smart and clever: quelli che lavorano tanto e bene ed hanno grandi potenzialità;

2) i muli: quelli bravi a fare quello che stanno facendo ma nulla di più;

3) gli errori: quelli che lavorano male ma forse vengono impiegati male e quindi non si può neanche sapere se hanno delle potenzialità;

4) le cotiche: quelli che lavorano male perchè non sono bravi nè disponibili e non hanno nessuna potenzialità e quindi vanno cacciate.

Resta da chiedersi qual è il confine tra gli errori e le cotiche. E gli errori non sono forse uno sbaglio del management? Persone che potrebbero esprimere il meglio di sé se solo potessero avere delle possibilità? O forse sono persone non allineate che pensano con la loro testa e pronte a dire che il re è nudo ogni volta che gli altri abbassano gli occhi?

Tanto varrebbe spingere gli errori un po’ più in là e farli diventare delle cotiche..

Resta in ascolto.
  

 
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(Con)Fusione

Post n°2 pubblicato il 08 Giugno 2008 da marcusandrews382
 
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Esistono momenti nella vita di un’azienda che sono decisivi per la sorte dei propri dipendenti. La nascita (startup) o la fine (fallimento) di un’azienda sono fasi che portano con sè conseguenze abbastanza prevedibili per chi ci lavora. Altre fasi sono più difficili da interpretare, così come difficili sono le conseguenze che si portano dietro.

Tra queste la più subdola è la fusione di un’azienda con un’altra o meglio l’accorpamento di quella acquistata (o perdente) da parte di quella acquirente (o vincente). In questi casi non importa quale sia la migliore o la più efficiente. E le dinamiche che si manifestano sono abbastanza chiare e (purtroppo per chi le subisce) inevitabili.

Durante questa fase si confrontano diverse organizzazioni, mentalità, gruppi di persone e (più semplicemente) centri di potere. Il mescolamento di organigrammi e persone sulla carta può durare pochi giorni ma la vera amalgama in realtà può non avvenire mai.

E di solito quello che succede è uno spargimento di sangue (metaforico): la strage degli innocenti.

La struttura vincente cerca di demolire quella perdente, di assimilarla, digerirla, di destrutturarne le logiche di difesa. Iniziando dai grandi capi. La logica è sempre quella come da best practise: 60-40 al primo giro, 100-0 (dopo qualche mese) al secondo.

In palio c’è un posto al sole, le posizioni in organigramma, la carriera e brutalmente la possibilità di difendere il proprio stipendio e i propri premi.

Osservando da fuori l’impressione è quella di tribù di formiche di specie diversa che si combattono. Non importa quello che succede fuori. Il mercato può attendere. Il cliente si rassegni una volta di più.

Le logiche di difesa della parte perdente sono le più varie: c’è chi prova a salire sul carro dei vincitori, chi si appella a nobili nascite o ad influenti amicizie.

Ma la maggior parte di loro è destinata a soccombere e le formule della sconfitta possono essere varie: dal demansionamento, al mobbing fino al licenziamento.

Resta in ascolto.

 
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Nasce un nuovo (?) blog

Post n°1 pubblicato il 08 Giugno 2008 da marcusandrews382
 
Foto di marcusandrews382

Nasce un nuovo blog. Cosa questo voglia dire non lo so ancora esattamente (spero di poterlo capire strada facendo). E questo sembra il momento migliore per iniziare: in aereo sui cieli italiani, volando coming home, accompagnato dal bagliore accecante del sole di alta quota e dal dondolio non proprio rassicurante dell’aereo: ecco, solo in questi momenti si può avere la giusta dose di incoscienza (o di lucidità) per pensare a qualcosa del genere. Il laptop a portata di mano ed il gioco è fatto.

Il nome di questo presunto blog è Umane Risorse. Sottotiitolo: e progressive. Se le sorti mirabili e progressive sono l'amara constatazione dell'ipocrisia e della (spesso) fallimentare capacità degli uomini di raggiungere in generale ambiziosi traguardi nella vita, beh lo stesso può dirsi per per il mondo delle aziende (ed in particolare di quelle italiane).

Lo sfacelo comunemente esistente nei rapporti professionali ed umani all’interno delle nostre aziende (solitamente medio-grandi) è sotto gli occhi di tutti (sono sufficienti i primi 4-5 anni di lavoro per comprenderne pienamente la dimensione) e i proclami di vittoria da parte del management aziendale rasentano a volte il ridicolo e nel peggiore dei casi provocano costernazione e rabbia.

Ed è questo che vuole raccontare questo blog (qualunque cosa esso sia o che diventerà), partendo da esperienze e storie personali ed arricchendosi nel futuro delle esperienze e delle storie altrui.

Quello che serpeggia tra chi vive ed opera in questi contesti è un malessere diffuso, a volte pesante, il più delle volte espressione di una mediocre cultura dominante. Se in generale il livello medio della nostra coscienza civile è veramente basso, all’interno delle nostre aziende spesso questo valore rasenta punte negative veramente impressionanti.

Coraggio allora. Spero di poter scrivere con una certa regolarità e di poter raccogliere nella maniera più opportuna i commenti dei lettori assidui o dei navigatori occasionali di queste pagine.

Resta in ascolto.

 
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