Tu mi chiedi a chi appartengo, è una domanda preziosa che contiene un concetto fondamentale per me, fondamentale sì. Intanto sono convinto che non si possa vivere senza appartenere a qualcosa o qualcuno. Poi, oltre a questo, sono altrettanto persuaso che la libertà non sia vivere senza catene, ma scegliendo senza costrizioni l’alveo in cui fare scorrere il proprio fiume, assumendosi di conseguenza doveri e responsabilità, piantando quelle radici attraverso le quali arriva nutrimento fino ai fiori ed ai frutti. Io sono cosciente di avere espresso scelte di appartenenza, che non vivo come vincoli, ma sono il giogo leggero dell’espressione più personale di me e delle mie inclinazioni, cioè, in una sola indefinita parola: libertà. Riporto di seguito un racconto che ho già postato sul mio blog, un punto focale che mi ha illuminato, nato dalla penna soave di Rabindranath Tagore, dove, con lo stesso stupore di Agostino d’Ippona, incontro quotidianamente anche io un bambino che mi spiega il mistero del mare.
Ero giovane e mi sentivo forte. Quella mattina di primavera uscii di casa e gridai: "Io sono a disposizione di chi mi vuole. Chi mi prende?". Mi lanciai sulla strada selciata. Sul suo cocchio, con la spada in mano e seguito da mille guerrieri, passava il Re. "Ti prendo io al mio servizio", disse fermando il corteo. "E in compenso ti metterò a parte della mia potenza". Ma io della sua potenza non sapevo che farmene. E lo lasciai andare. "Io sono a disposizione di tutti. Chi mi vuole?". Nel pomeriggio assolato, un vecchio pensieroso mi fermò, e disse: "Ti assumo io, per i miei affari. Ti compenserò a suon di rupie sonanti". E cominciò a snocciolarmi le sue monete d'oro. Ma io dei suoi quattrini non sapevo che farmene. Così mi voltai dall'altra parte. La sera arrivai nei pressi di un casolare. Si affacciò una graziosa fanciulla e mi disse: "Ti prendo io e ti compenserò col mio sorriso". Io rimasi perplesso. Quanto dura un sorriso? Frattanto quello si spense e la fanciulla dileguò nell'ombra. Passai la notte disteso sull'erba, e la mattina ero madido di rugiada. "Io sono a disposizione... Chi mi vuole?". Il sole scintillava già sulla sabbia, quando scorsi un bambino che, seduto sulla spiaggia, giocava con tre conchiglie. Al vedermi alzò la testa e sorrise, come se mi riconoscesse. "Ti prendo io", disse, "e in cambio non ti darò niente". Accettai il contratto e cominciai a giocare con lui. Alla gente che passava e chiedeva di me, rispondevo: "Non posso, sono impegnato". Finalmente da quel giorno mi sentii un uomo libero.
un racconto, quello di tagore che fa a pugni con quello di bertoli, ma in questo consiste la vera, verità..nell'equilibrio del bianco che stacca il nero, perchè in fondo la verità non esiste.. un aquilone in fondo non vuole essere libero, ma l'uomo non è nato per essere legato a fili, bensì per tenerli in mano e tu, tu possiedi un cuore immenso nel quale è bello appoggiare il capo..
E "non avrò nessuno" a cui badare, nessuno che mi chiamerà papà
Non una donna da "dovere" amare
Ma un solo amore la mia libertà
Parto dai versi della canzone, scoprendo che dentro la parola libertà è possibile creare una forma di schiavitù verso un ideale disumano; questa sì è davvero una catena terribile che non opera verso il bene della persona, ma verso la condanna all’eterno vagare.
Io vedo quindi il racconto e la canzone come una carezza l’uno sull’altra, Bertoli prima declama la libertà fatta di icone, di purezza e di viaggi per il mondo, poi dice anche lui che questa non è la maniera possibile di vivere, che ci sono cose irrinunciabili come quelle che ho scelto per iniziare questa risposta. Sono gioie e non fardelli, sono i frutti che nascono dai fiori i quali hanno sempre radici e non sono mai figli del vento.
Pierangelo è un uomo che vive sulla terra e capisce che la libertà autentica, quella vivificante, è fatta di accettazione e di equilibri, che lui chiama compromessi.
Per questo mi piace la figura dell’aquilone al quale tagliando il filo non si regala libertà, ma si nega l’altezza del Cielo.
Grazie di questa libertà che concedi ai miei pensieri :)
Bellissime le parole di Bertoli. Ho sempre ammirato la capacità dei cantautori di riuscire a mettere in musica le cose più semplici, a volte terribili, e farle diventare poesia. Un Bacio ;O)
Quello dell’arte è un dono raro: sapere trasformare in elementi più semplici le emozioni davvero complesse che ci agitano. Ho sempre apprezzato Bertoli per la sua concretezza e la sua sincerità nel vivere la propria avventura umana. Ciao Penny :)
Come sorprendersi di un'appartenenza del tutto inaspettata, si è prigionieri dove le speranze sembrerebbero quasi assurde. E invece...anche, e sicuramente i ricordi del passato si abbandonano istintivamente a quella sincera invocazione.
Vero, Max. E quel bimbo, dipinto lì, racconta...la liberta' dolce dell'affidarsi.
Una prigionia solo apparente è vero, in fondo non è prigione se siamo a noi a chiudere le sbarre mantenendo anche la possibilità di aprirle. In quel caso non penso che la sensazione sia quella amara del volo negato, al contrario ha il sapore dolce della protezione e delle cose care. Un saluto di simpatia.
Quanto ho amato e amo Bertoli, la sua voce di cantastorie disilluso continua a commuovermi.....il mio senso di appartenenza a questo mondo passa attraverso un estremo bisogno di libertà che non sempre è possibile, e per questo forse crea frustrazione.....
sarebbe bello poter dire appartrngo solo a me stessa, ma mi rendo conto che sarebbe utopistico e forse anche egoistico....
Sempre belle le tue riflessioni Max...grazie*******
Io… parlo per me ovviamente, ho il timore che inseguire l’assoluta libertà sia davvero una prigionia. È possibile desiderare di realizzare quello che è di questa terra, ma negli spiriti più liberi, che mi è stato possibile incontrare, il senso di solitudine era sostituito da una grande appartenenza a qualcosa di umano e concreto e sempre, proprio sempre, da un vivo sentimento di rispetto reciproco, come quello che ho apprezzato nelle parole di Bertoli.
un aquilone in fondo non vuole essere libero, ma l'uomo non è nato per essere legato a fili, bensì per tenerli in mano e tu, tu possiedi un cuore immenso nel quale è bello appoggiare il capo..
Non una donna da "dovere" amare
Ma un solo amore la mia libertà
Parto dai versi della canzone, scoprendo che dentro la parola libertà è possibile creare una forma di schiavitù verso un ideale disumano; questa sì è davvero una catena terribile che non opera verso il bene della persona, ma verso la condanna all’eterno vagare.
Io vedo quindi il racconto e la canzone come una carezza l’uno sull’altra, Bertoli prima declama la libertà fatta di icone, di purezza e di viaggi per il mondo, poi dice anche lui che questa non è la maniera possibile di vivere, che ci sono cose irrinunciabili come quelle che ho scelto per iniziare questa risposta. Sono gioie e non fardelli, sono i frutti che nascono dai fiori i quali hanno sempre radici e non sono mai figli del vento.
Pierangelo è un uomo che vive sulla terra e capisce che la libertà autentica, quella vivificante, è fatta di accettazione e di equilibri, che lui chiama compromessi.
Per questo mi piace la figura dell’aquilone al quale tagliando il filo non si regala libertà, ma si nega l’altezza del Cielo.
Grazie di questa libertà che concedi ai miei pensieri :)
Vero, Max. E quel bimbo, dipinto lì, racconta...la liberta' dolce dell'affidarsi.
sarebbe bello poter dire appartrngo solo a me stessa, ma mi rendo conto che sarebbe utopistico e forse anche egoistico....
Sempre belle le tue riflessioni Max...grazie*******