Ho un amico scienziato, con il quale ho diviso la camera ai tempi dell’università. Dopo un’esperienza come meteorologo con la divisa dell’Aeronautica Militare, è diventato ricercatore del C.N.R. e si occupa di clima. È già da molto tempo che mi racconta di come inevitabilmente cambierà il mondo e delle conseguenze immediate, dell’Africa che sarà sempre più arida e di come la vita che si affaccia sui paesi del Mediterraneo avrà sempre più sete e fame. Quando una persona ha fame, ascolta per prima la ragione della sopravvivenza e cerca sostentamento dove ne vede abbondante: è una legge naturale, comprensibilissima, è quello che, mascherato da crisi politica, succede già da tempo ed in questi giorni si acuisce. Io non desidero parlare di politica su queste pagine, perché in Italia la politica è strumento di divisione invece di essere l’ago ed il filo che cuciono le pezze colorate della nostra realtà. Eppure di fronte a quel mare dove ogni tanto vado a cercare consiglio, le onde ruggenti d’Inverno trasportano il grido di aiuto al quale, io credo, nessuno dovrebbe tappare le orecchie, un urlo che mi scuote e che trascrivo per sentirlo ancora più impellente. Il mio è il mare fatto della stessa acqua sulla quale galleggia la disperazione commista alla speranza di un futuro dignitoso, lontano dalla fame, lontano dalla guerra. Ha ragione Dew, non possiamo rinnegare questo pensiero che preme, io aggiungo anche, pensando al nonno di mia moglie minatore in Francia, non possiamo dimenticare un passato recente fatto della stessa necessità, infarcito della stessa disperazione, fiorito della medesima speranza. Non possiamo amputare le nostre radici migliori in nome dell’egoismo. Oggi, anche oggi, le mie parole sono poca cosa, ascoltando questa riflessione di Gianmaria Testa, non ho potuto che assentire in silenzio, e con forza: credo vadano ascoltate spesso. Il mare non ha porte, lo amo anche per questo: sulla costa possiamo costruire barriere, filo spinato, spianare difese con palle di piombo o di carta bollata; oppure possiamo rinunciare a qualche briciola superflua della nostra quotidianità ed aprire la porta del cuore, che credo migliore.
sono parole che dovremmo ascoltare e vivere sempre più spesso per non rischiare di essere coloro che non ascoltano o non vedono la gente che viene dal mare, il mare dei gommoni, che è come il mio e il tuo. ciao! mp
Ah sì, è il mare nel quale ci bagniamo ed è la stessa acqua che gira o che trasporta speranze cercando di lavare via la disperazione. Grazie delle tue parole.
Le tue e le sue parole...incidono.
come un voler chiudere gli occhi su una verita' evidente, ché in tutte le situazioni, c'è motivo di dolore..
Questo è uno fra i piu' grandi, un grido che si avverte al di la'. Perchè è degli Ultimi.
Io mi chiedo se sia davvero possibile negare la speranza, quale sia il costo non solo materiale, di questa indifferenza o di questa presunta superiorità. Ed ancora mi chiedo come possa un oggi così breve consentire di dimenticare un passato tanto recente. Non è giusto restare indifferenti ad un urlo così, io credo di no. Grazie
Buongiorno Max.....non posso pensare nemmeno io che il mare, quel mare che amo tanto divida invece di unire....non riesco a guardare lo spettacolo desolante e tristissimo di quei barconi che cercano di attraccare... e lasccio sempre di più la politica fuori dai miei interessi
un abbraccio
Io penso al fatto che sul mare non si possono tracciare confini precisi, sono elastici come le sue onde, non puoi costruire muri perché non si appoggiano, o chiudere porte l’acqua passa dappertutto. Avere una nazione affacciata sul mare io credo sia una fortuna, perché altrimenti come potremmo imparare il significato più puro della parola libertà, che fa rima con dignità. :). C’è molto da fare, questo sì, è vero.
“Persone valide e oneste” io credo possano esserle tutte in potenza, si tratta di alimentare la nostra parte migliore, evitando che l’egoismo ed il senso di possesso di cose che forse nemmeno ci appartengono per intero possa prevalere. :)
*Il mare non ha porte*....condivido in pieno questa tua affermazione ma poi?..l'emergenza è immensa....servono case...scuole...ospedali...lavoro...
e le risorse sono minime...
certamente la politica...dalla quale tutti ci tiriamo comodamente fuori...dovrebbe agire...ma anche in un momento così critico non vedo condivisione per un progetto comune...
anzi proprio il contrario...l'odio vince su qualsiasi tipo di solidarietà...
come non ricordare anche l'Europa così tragicamente assente...
e noi?....
chi di noi avrebbe la possibilità o la volontà di fare della propria casa un luogo di accoglienza?...
è dal cuore...come dici bene tu...che parte una via per un mondo migliore..
ma chi aprirà questa porta?....giulia
In questo appello doloroso sento di dovere rispondere presente, la politica siamo noi e le persone che noi deputiamo a rappresentarci, ciascuno di noi è solo un piccolo chicco di grano forse, ma basta poca fatica e piccole concessioni, moltiplicate per un numero grande, perché diventi pane fragrante. Si tratta di stringere un poco lo spazio alla tavola e lasciare ciascuno un modesto cantuccio. Apprendo dal telegiornale, come se non lo sapessi già personalmente, che siamo la regione più sovrappeso dello stivale. Non credo che sia il pane a mancarci, nemmeno in questo momento di crisi dove sono i ristoranti a reggere meglio dei negozi di vestiti. Forse dovremmo rinunciare al secondo televisore e io magari, ad un computer in più. Ci provo subito :), ciao Giulia.
Quanto è vero tutto. Se solo avessimo il dono di metterci nei panni degli altri, di quelli che affrontano il mare per fuggire chissà da quale triste realtà. Forse proveremmo non solo angoscia, ma anche il desiderio che qualcuno ci tenda la mano.
come un voler chiudere gli occhi su una verita' evidente, ché in tutte le situazioni, c'è motivo di dolore..
Questo è uno fra i piu' grandi, un grido che si avverte al di la'. Perchè è degli Ultimi.
un abbraccio