Quando una tradizione raccoglie abbastanza forza per andare avanti per secoli, non può essere cancellata in un giorno solo. (Chinua Achebe)
Sono vecchio: so di esserlo; non tanto e non solo per una questione anagrafica, ma per un’anima nata con il piacere delle tradizioni e il rispetto per quel senso della storia che ha regalato all’uomo un piccolo ma necessario moto di orgoglio. Molte cose normali “di questi tempi” per me sono storture e non riesco ad accettarle, pur dovendomi adeguare: questo è il primo argomento di una sensazione che si appoggia su più elementi e che mi spinge a vergare queste righe. Ci sono poche feste che sento mie, non quelle rubate dalla tradizione cattolica ai riti preesistenti, che semmai apprezzo per la loro radice più antica e non per i paludamenti clericali, quasi sempre sono usanze ancestrali collegate al ritmo della terra, che è figlia della danza del sole e della luna. Festeggio solstizi ed equinozi come giorni speciali perché, a prescindere da quanto stampato sul calendario, la durata del giorno e della notte sono una scansione percepibile di un passaggio. Il mio capodanno è il punto vernale che corrisponde all’equinozio di Primavera, anche questo non è sempre il 21 Marzo ma capita quando lo decide il sole. Nell’imminenza di questo, da ben prima del passaggio cristiano sulla terra, nelle mie terre si sono accesi fuochi per annunciare il ritorno della bella stagione, lo si è fatto con precisione astronomica, anche se sul calendario questo annuncio non compare, non ce n’è bisogno, è un’energia che scorre nel sangue e con il sangue si tramanda di generazione in generazione, magari anche con l’esempio. Di spada parlerò nelle prossime pagine, ma quando vesto le protezioni della spada storica che adesso pratico, indosso ancora un elemento tipico del Kendo, perché concorde alle parole del Tenno nel film l’Ultimo Samurai: “Non possiamo dimenticare chi siamo e da dove veniamo”. Nella mia città governa per il secondo mandato, un sindaco giovane e fighetto: come molti politici non ha mai lavorato in vita sua, è casomai esperto di incontri mondani che chiama “eventi”, eppure con arroganza che ricorda il ventennio comanda sbraita e prende decisioni autarchiche. Quest’anno ha deciso di traslare “l’evento” della Fogheraccia comunale di una settima causa la previsione di pioggia. È questo il motivo della mia incredulità e del mio sgomento, dovuto soprattutto al coro belante di fedelissimi che sostengono la positività di questa iniziativa. Va ancora precisato che le Fogheracce vengono accese in ogni cantone, soprattutto parrocchiale, ma quella del comune è certamente la più grande e maestosa, in quanto la raccolta del legname di scarto condotta dalla compartecipata comunale consente volumi impossibili al piccolo volontariato dei privati. Questo fuoco viene acceso con pompa a spruzzo e serbatoio da 50 litri di gasolio, sempre “in onore” della tradizione che vorrebbe persone competenti nella preparazione e gestione della pira, invece che pompieri alla Fahrenheit 451, quali quelli usciti dalla penna di Ray Bradbury. Va da sé quindi che in questo modo si potrebbe accendere anche sotto il diluvio universale. Infine a margine delle fiamme sono disposti sul lungomare in prossimità del porto una serie di bancarelle con dolciumi e leccornie varie che sostituiscono l’antica abitudine di vino caldo e torte fatte in casa, utili ad un migliore scambio di sorrisi e di relazioni da stringere ancora di più tra i partecipanti alla ricorrenza. Così, nonostante gli sbraiti del fighetto, una buona parte di riminesi autentici e vecchi dentro ha preferito accendere i fuochi nella veglia che precede il 19 Marzo (ora S. Giuseppe) con soddisfazione e ringraziamento della madre terra e degli dei del cielo che la pioggia hanno trattenuto benevoli. Io credo, lo credo con assoluta fermezza, che certe tradizioni non possano avvilirsi a diventare eventi, eppure assisto all’anticipo della Via Crucis, così che in caso di maltempo si possa sperare in un miglioramento della meteo nella settimana successiva, quasi che una Via Crucis sotto l’acqua sia troppo “Crucis” e scoraggi tutti coloro che vogliono temperature miti, cielo sereno, e magari un bel cestino di popcorn da sgranocchiare insieme alle litanie. In ogni caso la Primavera non si affligge per le abitudini degli uomini e prosegue indifferente il suo ingresso profumato e pieno di colori. A tutti l’augurio di una buona Pasqua senza mai dimenticare chi siamo e da dove veniamo :)
Buona Pasqua anche a te.E sottoscrivo le tue parole,ora che gli anni anche per me si avvicinano con incredibile velocita' alle soglie della prima vecchiezza o della maturita' avanzata.Quando perdi il 'cuore' degli antichi riti,quando tutto diventa uno spettacolo,quando ti dicono che 'in fin dei conti che senso hanno le date delle feste comandate o dei compleanni'.Al di la' delle credenze e delle fedi di ognuno non sono semplici riti...sono il rinnovamento della nostra Identita':culturale,politica,religiosa o anche solo umana quando spegniamo l'ennesima candelina in un compleanno.Questa fobia della cancellazione di ogni radice ben lungi dall'essere 'modernita' che supera un rito vuoto mi pare essa stessa in se', rappresentazione del Vuoto,del Nichilismo dell'Uomo Occidentale.E mi sgomenta.Comunque sia Buona Pasqua con un sorriso.
Caro amico sono passati davvero un numero di giorni senza che io ti abbia dato risposta: scusami, davvero scusami. Ho fatto fatica a tornare qui e scoprire che avevano imposto il silenzio a quello che per me era un giardino di salici.
Ti auguro ogni bene e molti pensieri felici,
Max
ricordo ancora, tanti anni fa, una fogheraccia enorme, a s. giuliano. borgo di pescatori... una nave intera regalata alle fiamme. superata la burocrazia dei fighetti è stata una bellissima esperienza... un calore di molto superiore ai gradi del rogo
Ah, le fogheracce
Restano, concluse le vampe più ardenti, le braci dove si possono abbrustolire salsicce da mettere nella piada, ugualmente cucinata su un “testo” antico di coccio o più nuovo di ghisa. Restano soprattutto sulle gote i riverberi caldi di luce danzante che illuminano volti, noti o meno, sfumandoli in magici contorni cangianti, mentre il vino d’un calore appena diverso, col suo profumo di spezie, lascia che il desiderio di unione diventi canto.
Infine, varcata la soglia di casa con la cenere tra i capelli, permane la coscienza di avere celebrato fedeli una danza antica come la vita, quella del sole e della luna che vegliano sulle vicende della gente, con un ritmo tanto lento che pare senza tempo.
Finirà l’inverno e tornerà Primavera.
:)
Posso solo invitarti a visitare questa landa della Romagna qualche giorno prima dell’equinozio di Primavera. Il riferimento è diventato secondo tradizione cattolica la vigilia di S. Giuseppe e quindi la sera del 18 Marzo, sempre che il Sindaco ed il meteorologo non abbiano da eccepire.
Al di là di quel fuoco che si consuma, spettacolo ormai raro salvo casi sciagurati, c’è quel respiro dei millenni che sobbolle nel sangue permettendoci di capire il senso delle radici e dell’appartenenza, è per questo e per il fatto che queste radici le sento profonde e tenaci che io la vivo come una festa vera, imperdibile.
Arrivederci :)
Questa decisione di cambiare la data, seguendo le previsioni, la trovo anch'io sbagliata. Le tradizioni hanno date importanti che ognuno di noi aspetta con emozione e non si possono far slittare a piacimento del sindaco.
Buon pomeriggio e un sorriso per te.
Ti auguro ogni bene e molti pensieri felici,
Max
un saluto primaverile ;)
Un abbraccio forte :)
borgo di pescatori... una nave intera regalata alle fiamme.
superata la burocrazia dei fighetti è stata una bellissima esperienza... un calore di molto superiore ai gradi del rogo
Restano, concluse le vampe più ardenti, le braci dove si possono abbrustolire salsicce da mettere nella piada, ugualmente cucinata su un “testo” antico di coccio o più nuovo di ghisa. Restano soprattutto sulle gote i riverberi caldi di luce danzante che illuminano volti, noti o meno, sfumandoli in magici contorni cangianti, mentre il vino d’un calore appena diverso, col suo profumo di spezie, lascia che il desiderio di unione diventi canto.
Infine, varcata la soglia di casa con la cenere tra i capelli, permane la coscienza di avere celebrato fedeli una danza antica come la vita, quella del sole e della luna che vegliano sulle vicende della gente, con un ritmo tanto lento che pare senza tempo.
Finirà l’inverno e tornerà Primavera.
:)
Al di là di quel fuoco che si consuma, spettacolo ormai raro salvo casi sciagurati, c’è quel respiro dei millenni che sobbolle nel sangue permettendoci di capire il senso delle radici e dell’appartenenza, è per questo e per il fatto che queste radici le sento profonde e tenaci che io la vivo come una festa vera, imperdibile.
Arrivederci :)