Creato da fattodiniente il 01/06/2007

Gloriosa spazzatura

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John Martyn, "Solid Air"

Post n°47 pubblicato il 19 Marzo 2009 da fattodiniente

 

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Tornando al discorso, c’è una certa differenza tra un disco per i momenti di tristezza e un disco deprimente. Quantunque la prima categoria difficilmente possa includere La febbre del sabato sera, un disco per i momenti di tristezza immagino non potrà essere qualcosa di caciarone e bordelloso, ma non per questo dev’essere un disco deprimente. Poi, per carità, tutto può essere: ma se qualcuno include Disco Inferno nella sua lista di Dischi Per I Momenti Di Depressione, per me ha più problemi di quanto egli stesso non sia disposto ad ammettere. E se invece vi include un disco deprimente – che ne so, Faith dei Cure – allora è uno stupido, perché crearsi più problemi di quanti già non se ne abbiano, non è propriamente segno di intelligenza. E va bene la teoria del cancello, per cui il dolore viene eliminato da un dolore più grande, ma la somma algebrica dell’operazione giurerei dia qualcosa al di sotto dello zero. Insomma, è come se qualcuno ti chiedesse la morte di cui vuoi morire: e che domanda è? Io voglio vivere!

Ammetto però benissimo che ciascuno curi i suoi privati dolori con la colonna sonora che più gli aggrada; tutto sommato i concetti di “deprimente” o “triste” sono sfuggevoli alquanto, e di sicuro son personali e parecchio.
E poi ci sono dolori e dolori, quantunque, come dicevo, la maggior parte delle pene siano di natura amorosa, o in qualunque modo ad essa riconducibili, e la restante minor parte, di natura non meglio definita e generalmente esistenziale. Ma credo che perdere un congiunto sia un dolore in assoluto non commensurabile ad una sofferenza amorosa, ad esempio; però non si può mai dire. Per certo, dolori di tal natura non c’è disco che li curi, per cui conviene lasciar perdere ogni riflessione che li abbia ad oggetto, se non altro per rispetto.
Bisognerebbe comunque classificare i dolori per tipologia (metodo analitico) o per intensità (metodo fenomenologico); ad esempio una ipotetica scala di sofferenze potrebbe essere, a crescere: 1. malumore, 2. disagio esistenziale, 3. malinconia, 4. struggimento, 5. tubo del gas. L’esperienza mi insegna che superato il livello 3., di ascoltar musica non ti frega una pippa, e questo complica non poco le riflessioni sul tema, perché se il tutto si risolve nel cercar musica per i momenti malinconici o giù di lì, il tutto medesimo è ben poca cosa, se ne vorrà convenire.

Quanto al resto, la musica ha indubbiamente un qualche suo potere lenitivo: persino lo stare ad un concerto di Ligabue ce l’ha; a patto che a fianco tu abbia una bella mora, questo va aggiunto, sennò tre quarti dell’effetto vanno a Patrasso. In mancanza di questo, non resta che chiedere al vate, Rob Fleming: “ok ragazzi, i cinque dischi migliori per i momenti di depressione”. E lui la lista te la sciorina subito. Come faccia non so, ma è un vate per qualcosa dopotutto.
Il fatto è che trovare canzoni per i momenti di depressione non è poi difficile, ma un disco – un disco intero – è tutta un’altra faccenda.
Come dicevo, per quasi unanime consenso, la classifica all-time è vinta a mani basse da Pink Moon di Nick Drake, e per l’appunto non saprei dire perché. Ma se così dev’essere, così sia. Personalmente metterei più su in classifica Solid Air di John Martyn; ma siccome è un omaggio alla memoria di Nick, fatto appena dopo la sua morte, mi sa che siamo lì.
Io però mica ascolto Solid Air con intento terapeutico di nessuna specie, e anche questo ribadisce quanto già dicevo a proposito di Bryter Layter.

Col che, questo post pare perdere ogni suo possibile perché; o almeno, ogni sua possibile conclusione logica. Non è che lo perde: non ce l’ha, semplicemente.
Si vede e si legge, e si incontra molto dolore, in giro; davvero tanto. E basta andar a vedere da vicino, e toccare con mano, per rendersi conto che non di pose si tratta, e il dolore è sempre dolore autentico, sulla pelle viva. E va rispettato.
Ho imparato che osservare - beninteso col massimo rispetto e con lo sguardo sinceramente partecipe, ma senza aver la pretesa di poter lenire alcunché - è la cosa migliore che si possa fare. E avendo io molto sofferto, so che non c’è parola o altro che possa essere realmente d’aiuto.
Va detto anche che nessuno mi ha chiesto altro che essere me stesso, anche solo per quel che appariva essere. Ed è quel che faccio: fin che mi viene chiesto, e nella serena consapevolezza che le persone bisogna lasciarle andare quando veramente vogliono andare. Con rispetto, e senza accampare diritti che non si hanno. Non li si hanno, semplice. Di nessuna specie, per nessuna cosa che si sia fatta o detta. Ciò che si è, che si sa essere, e come lo si sa essere, è ciò che deve bastarci. Né si deve aspettarsi dalle persone altro che ciò che vogliono darci; che poi è quasi sempre anche ciò che possono darci. E queste, nella mia opinione e nella mia esperienza, sono anche buone terapie di prevenzione personale.

Se poi vogliamo usare Solid Air come colonna sonora di tutto ciò, a me va bene. Ma non ho canzoni, né altro da suggerire. Sono fatto di niente, non dimentichiamolo.

 

 
 
 
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