Creato da Adenia il 02/09/2005

Adenia

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UN PO' DI IRRIVERENZA

L'essere irriverente, nella sua accezione positiva, è un bene. 

L'irriverente esprime se stesso in modo più autentico. Va oltre le imposizioni, le gerarchie e le posizioni sociali. Mette in discussione ciò che non lo convince e non esita a comunicare il proprio dissenso. Insomma, l'irriverente segue solo regole che considera in armonia con il suo senso di giustizia. È fedele a se stesso, alla sua anima. 

             Adenia Loi, il 20.12.2024

 

SE MANCA LA PASSIONE

La passione è il fuoco alchemico che cuoce i fluidi spirituali e rende possibile la conciliazione degli opposti. Chi non si lascia coinvolgere dalla passione e dal desiderio, in quanto troppo attento a trovare solo sicurezza e vantaggi, è immorale.

 

La mancanza di passione è immorale.❤

 

LA PERVERSIONE

Ciò che costituisce la essenza della perversione, clinicamente intesa, non è costituito da un atto o da una fantasia, ma dal significato degli stessi in rapporto alla propria persona e alle altre persone, alla organizzazione di base della personalità. Nella perversione, gli aspetti più ecclatanti sono la rigidità degli atti e delle fantasie, l’erotizzazione degli stessi, la scissione dell’Io, la perdita della percezione del proprio corpo come parte del Sé, l’idealiz-zazione delle difese perverse e il continuo tentativo di sedurre le parti sane della personalità e di trasformare gli altri, compreso l’eventuale terapeuta, in oggetti di una rappresenta-zione interna.

 

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Grazie, auguri!
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il 03/01/2025 alle 21:10
 
Auguri...
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Grazie, mi dà piacere che apprezzi le mie frasi, buon anno...
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Buon anno di Pace e Armonia. Che i progetti più cari...
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Che la donna possa prendere iniziative che magari una volta...
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IL DUBBIO

Quando sulla strada vi imbattete nei punti interrogativi allora andate sicuro che sono tutte brave persone, quasi sempre tolleranti, disponibili e democratiche. Quando invece incontrate punti esclamativi, i paladini delle grandi certezze, i puri della fede incontrollabile, allora mettetevi paura perché la fede molto spesso si trasforma in violenza.

Il dubbio è una divinità discreta, è un amico che bussa con gentilezza alla vostra porta. Il dubbio espone con calma le sue idee ed è pronto a cambiarle radicalmente non appena qualcuno gli mostrerà che sono sbagliate. 

(frasi prese dal libro "Il dubbio")
 

INDIFFERENZA

Penso che alla base di ogni male vi sia l'indifferenza. Combattere l'indifferenza è difficile perché ci si scontra con il nulla, con il vuoto, con l'appiattimento, con la non sensibilità. E' più facile avere un dialogo con chi odia che non con chi è indifferente. Odio, rabbia, gelosia, invidia, depressione, dipendenze dannose e altro ancora, a mio parere, nascono con il dilagarsi dell'indifferenza umana. Avere un parere contrario a qualcosa è costruttivo, non averlo affatto è espressione di morte delle idee.

Credo che la provocazione finalizzata a se stessa sia sciocca e controproducente, ma non mettersi in gioco, non andare contro corrente per partito preso, o meglio, per paura di uscire dai canoni accettati dalla massa, beh questo è un freno alla fantasia, al coraggio, alle innovazioni, allo sviluppo. Chi sceglie l'indifferenza sceglie la via più facile per non sentirsi responsabile di qualcosa che non conviene o per pigrizia o per vigliaccheria.

 

I 7 CHAKRA

I sette chakra sono centri energetici situati lungo la colonna vertebrale, ciascuno associato a specifiche funzioni fisiche, mentali ed emozionali. Ogni chakra è rappresentato da un colore e simboli specifici, come i fiori di loto.

Ecco una breve descrizione dei sette chakra:

  1. Muladhara (Chakra della Radice): situato alla base della colonna vertebrale, rappresenta la stabilità e la sicurezza. Colore: Rosso.

  2. Svadhisthana (Chakra Sacrale): situato nell'area del basso addome, associato alla creatività e alle emozioni. Colore: Arancione.

  3. Manipura (Chakra del Plesso Solare): situato nella regione dello stomaco, legato alla forza di volontà e all'autostima. Colore: Giallo.

  4. Anahata (Chakra del Cuore): situato nel centro del petto, rappresenta l'amore e la compassione. Colore: Verde.

  5. Vishuddha (Chakra della Gola): situato nella gola, associato alla comunicazione e all'espressione di sé. Colore: Blu.

  6. Ajna (Chakra del Terzo Occhio): situato sulla fronte, tra le sopracciglia, legato all'intuizione e alla saggezza. Colore: Indaco.

  7. Sahasrara (Chakra della Corona): situato sulla sommità della testa, rappresenta la connessione spirituale e l'illuminazione. Colore: Viola.

 

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Post N° 81

Post n°81 pubblicato il 06 Giugno 2006 da Adenia

 

Oggi è il 6 Giugno del 2006,
data che può essere letta come ''666'', 
il biblico numero della Bestia
 

 

Se qualcuno non ci avesse fatto caso oggi è il 6 giugno 2006. E quindi? Risponderebbe anche chi ci ha fatto caso. E quindi potrebbe risultare interessante sapere che la data di oggi si può leggere anche in questa maniera: 06-06-06. Tre prefissi telefonici di Roma! Direbbe qualcuno disattento o burlone. No. Se togliamo gli zeri a rimanere sarebbero soltanto i tre sei e quindi: 666, il numero della Bestia.
E quindi? Ritorneranno a rispondere la maggior parte delle persone. E quindi, dicono alcuni, oggi è il giorno dell'apocalisse, il giorno in cui l'Anticristo scende (o sale, dagli inferi) in mezzo agli uomini. Ma ci faccino il piacere!

Eppure sono tanti a credere veramente che il martedì dello 06/06/06, ossia, il sesto giorno del sesto mese del sesto anno del millennio, deve essere il giorno nel quale all'orizzonte i quattro cavaliere dell'Apocalisse faranno la loro comparsa, proprio come indicato dalla Bibbia, il giorno in cui calamità inenarrabili sfoceranno nella fine del mondo o nella nascita dell'Anticristo.
Per bloccare il perfido disegno del diavolo, secondo alcuni, c'è un solo modo: la preghiera interplanetaria convinta ed aggressiva.
In America, patria delle mille iniziative imprenditoriali, anche l'Apocalisse può diventare business.
Come nel piccolo villaggio di Hell (Inferno), nel Michigan, minuscolo centro di 72 ''diaboliche'' anime, che da sempre vive sul turismo diabolico, e dove la data di oggi è una vera manna. Durante la kermesse a base di musica e danza, i negozi di souvenir venderanno T-shirts, tazze da caffè e chincaglieria varia con impresso il numero 666, al prezzo di 6 dollari e 66 centesimi. Mentre l'unico bar del paese servirà ai turisti il cocktail 'Bloody Devil', una variante satanica del più celebre 'Bloody Mary'.

 
 
 

Accogliere il Flusso

Post n°80 pubblicato il 03 Giugno 2006 da Adenia
 

A volte si chiede ad esperti, ad amici o a conoscenti se sia ‘normale’ un determinato tipo di comportamento, pensiero, attitudine. Ma chi può saperlo se non il diretto interessato? Mi fa stare bene con me stesso? Sento che è espressione diretta del mio essere? Mi sento realizzato, soddisfatto, riempito da ciò? Queste, credo, siano i quesiti fondamentali ai quali rispondere più che dare un giudizio di valore in termini di giusto-sbagliato, sano-insano, normale-anormale.

Ci sono tante cose che nessun libro ci insegna. Non esiste alcun volume in grado di offrirci le istruzioni per l’uso per la vita, per una vita piena, autentica, soddisfacente, e ancor di meno per la nostra vita. Questo è un ‘manuale’ che ciascuno di noi è chiamato a scrivere in prima persona.
I libri possono fornirci degli stimoli di riflessione, degli elementi per pensare, per riflettere, ma la declinazione concreta spetta a ognuno di noi come individuo. Questa è la nostra responsabilità più grande.
Conosci te stesso: questo è senso più elevato della nostra esistenza. Il partire da noi per arrivare all’Altro, un altro che, tra le altre cose, ci può fungere da specchio, rimandarci una immagine possibile di noi rispetto alla quale siamo chiamati a rispondere in prima persona, per poi ritornare nuovamente a noi in un circolo virtuoso in cui ogni esperienza non può fare altro se non arricchirci.

Una delle difficoltà maggiori che le persone riferiscono oggi è proprio quella di definirsi. Il concetto di identità, quindi, rappresenta un nucleo problematico per molti che finiscono con il perdere il contatto con se stessi, con la propria essenza più intima fino, a volte, a non sapere più chi si è.
Questo, tra gli altri contesti, è chiaramente evidente anche nella Rete. Non sono poche le persone che, chiamate a dare una definizione verbale di se stesse, a volte lasciano uno spazio vuoto nell’area preposta all’uso, come se il vuoto sullo schermo ben rappresentasse il loro vuoto interiore. Poi c’è chi si affida alle definizioni delle persone che stanno intorno: “Il mio migliore amico dice... La mia fidanzata sostiene...”, come se la propria identità dipendesse in tutto e per tutto da chi è circostante, quasi non ci fossero dei confini con loro. E poi c’è chi ama le citazioni ampie e generiche da opera letteraria, senza alcuna implicazione a livello personale: “Il mondo… la vita… la natura.. l’amore..”, come se il fare parlare gli Altri, degli altri ‘autorevoli’ la dicesse lunga circa la propria assoluta mancanza di pensiero autonomo e responsabile.

Ma tra i tanti c’è chi, pur nella consapevolezza di non poter dire ‘tutto’, è consapevole che tra gli estremi tutto-niente è possibile anche una via di mezzo e tenta di raccontare qualcosa di sé con parole sue, pur sapendo che saranno poche, limitate e limitanti. E’ un punto di partenza, un inizio del proprio libro di vita.

Mettersi alla prova, sperimentarsi, cadere, commettere errori: questa è la vita.
Accettare che si è ignoranti e che la più grande ignoranza rappresenta proprio se stessi. “Io mi conosco benissimo!” – sostengono con fierezza alcuni.
E’ possibile conoscersi un po’, sicuramente, alcuni sono più avanti rispetto ad altri in questo processo, ma il gesto di umiltà più grande che possiamo compiere nei nostri confronti è proprio quello di ammettere che come c’è un flusso, un divenire continuo (‘panta rei’) nell’universo così accade in noi, per cui non è assolutamente possibile giungere ad un possesso pieno, completo, definitivo della conoscenza su di noi. E’ un po’ come il flusso dell’acqua: puoi raccoglierne un poco nelle mani disposte a mo’ di coppa, ma proprio quando ti senti illusoriamente sicuro del suo possesso e ti accingi a chiuderle per meglio tenere ciò che hai nei palmi, a quel punto perdi il contenuto.

E così per noi stessi: nel momento in cui si smette di cercare, quando si suppone di sapere, quando si chiudono i sensi e la mente, ci condanniamo ad una sorta di non-vita imprigionata in un passato non più attualizzabile.E allora apriamoci al futuro, cerchiamo, per quanto possibile, di accogliere e di accettare quella quota di imponderabile che la vita ogni istante ci riserva. Accettiamo il fatto che non tutto è prevedibile e che noi stessi facciamo parte a pieno titolo di questa vita e che come tali non possiamo prevedere la nostra evoluzione: l’avere agito in un determinato modo in passato, anche le circostanze potranno essere assai simili in un futuro, non è detto che anche le nostre azioni ricalcheranno per filo e per segno le orme tracciate in precedenza.Evitare di affidarsi ciecamente ai pareri altrui, imparare a pensare con la propria testa e a decidere sotto la propria responsabilità. Non cercare di essere coerenti a tutti i costi, ma affidarsi alla propria bussola interiore, che sa indicare una direzione, senza dare definizioni nette e obbligate a priori: è uno strumento e come tale va utilizzato.

Accettare il cambiamento, arrendersi al flusso delle cose, cercando di discriminare quando abbandonarsi al flusso e quando cercare di opporre resistenza. Ma soprattutto, essere in grado di discriminare quando vale la pena agire in un modo oppure nell’altro, questa è la vera saggezza, una meta ideale verso cui si tende per approssimazioni successive, giorno dopo giorno, ma che mai si può conquistare una volta per tutte.

 
 
 

Post N° 79

Post n°79 pubblicato il 26 Maggio 2006 da Adenia
 
Foto di Adenia

Generazione '80

Lo scopo di questa missiva è quello di rendere giustizia a una generazione, quella di noi nati agli inizi degli anni '80 (anno più, anno meno), quelli che vedono la casa acquistata allora dai nostri genitori valere oggi 20 o 30 volte tanto e che pagheranno la propria fino ai 50 anni.
Noi non abbiamo fatto la Guerra, né abbiamo visto lo sbarco sulla luna, non abbiamo vissuto gli anni di piombo, né abbiamo votato il referendum per l'aborto e la nostra  memoria storica comincia coi Mondiali di Italia '90.
Per non aver vissuto direttamente il '68 ci dicono che non abbiamo ideali, mentre ne sappiamo di politica più di quanto credono e più di quanto sapranno mai i nostri fratelli minori e discendenti.
Babbo Natale non sempre ci portava ciò che chiedevamo, però ci sentivamo dire, e lo sentiamo ancora, che abbiamo avuto tutto, nonostante quelli che sono venuti dopo di noi che hanno avuto tutto e nessuno glielo dice.

Siamo l'ultima generazione che ha imparato a giocare con le biglie, a saltare la corda, a giocare a lupo, a un-due-tre-stella e allo stesso tempo i primi ad aver giocato coi  videogiochi, ad essere andati ai parchi di divertimento o aver visto i cartoni animati a colori.
Abbiamo indossato pantaloni a campana, a sigaretta, a  zampa di elefante e con la cucitura storta; la nostra prima tuta è stata blu con bande bianche sulle  maniche e le nostre prime scarpe da ginnastica di marca le abbiamo avute dopo i 10 anni.
Andavamo a scuola quando il 1 novembre era il giorno dei  Santi e non Halloween, quando ancora si veniva bocciati, siamo stati gli ultimi a fare la Maturità e i pionieri del  3+2.
Siamo stati etichettati come Generazione X e abbiamo dovuto sorbirci Sentieri e i Visitors, Twin Peaks e Beverly Hills. Abbiamo pianto per Candy-Candy, ci siamo innamorate dei fratelli di Georgie, abbiamo riso con Spank e imparato la mitologia greca  con Pollon.

Siamo i primi ad essere entrati nel mondo del lavoro come Co.Co.Co. e quelli per cui non gli costa niente licenziarci.
Ci ricordano sempre fatti accaduti prima che nascessimo, come se non avessimo vissuto nessun avvenimento storico.
Abbiamo imparato che cos'è il terrorismo, abbiamo visto cadere il muro di Berlino, siamo state le più giovani vittime di Cernobyl; quelli della nostra generazione l'hanno fatta la guerra (Kosovo, Afghanistan, Iraq, ecc.); abbiamo gridato NO NATO, fuori le basi dall'Italia, senza sapere molto bene cosa significasse, per poi capirlo di colpo un 11 di settembre.
Abbiamo imparato a programmare un videoregistratore prima di chiunque altro, abbiamo giocato a Pac-Man e credevamo che internet sarebbe stato un mondo libero.
Siamo la generazione di Bim Bum Bam, di Clementina-e-il-Piccolo-Mugnaio-Bianco e del Drive-in. Siamo la generazione che andò al cinema a vedere i film di Bud Spencer e Terence Hill. Ci siamo emozionati con Superman, ET o Alla Ricerca  dell'Arca Perduta.
Siamo stati gli ultimi a usare dei gettoni del telefono.
Bevevamo il Billy e mangiavamo le Big Bubble, ma neanche le Hubba Bubba erano male; al supermercato le cassiere ci davano le caramelline di zucchero come resto.
Siamo la generazione delle sorprese del Mulino Bianco, dei Lego a forma di mattoncino, dei Puffi, i Volutrons, Magnum P.I., Holly e Benji, Mimì Ayuara, l'Incredibile Hulk, Poochie, Yattaman, Iridella, He-Man, Lamù, Creamy, Kiss Me Licia, i Barbapapà , i Mini-Pony, le Micro-Machine, Big Jim e la  casa di Barbie di cartone ma con l'ascensore.

L'ultima generazione a vedere il proprio padre caricare il portapacchi della macchina all'inverosimile per andare in vacanza 15 giorni.
L'ultima generazione degli spinelli.
Guardandoci indietro è difficile credere che siamo ancora vivi: viaggiavamo in macchina senza cinture, senza seggiolini speciali e senza air-bag; facevamo viaggi di 10-12 ore e non soffrivamo di sindrome da classe turista.
Non avevamo porte con protezioni, armadi o flaconi di medicinali con chiusure a prova di bambino. Andavamo in bicicletta senza casco né protezioni per le ginocchia o i gomiti. Le altalene erano di ferro con gli spigoli vivi e il gioco delle penitenze era bestiale.
Andavamo a scuola carichi di libri e quaderni, tutti infilati in una cartella che raramente aveva gli  spallacci imbottiti, e tanto meno le rotelle!
Mangiavamo dolci e bevevamo bibite, ma non eravamo obesi. Al limite uno era grasso e fine. Ci attaccavamo alla stessa bottiglia per bere e nessuno si è mai infettato. Ci trasmettevamo solo i pidocchi a scuola, cosa che le nostre madri sistemavamo lavandoci la testa  con l'aceto.
Non c'erano i cellulari.
Non avevamo Playstation, Nintendo, videogiochi, 99 canali televisivi, dolby-surround, cellulari, computer e Internet, però ce la spassavamo tirandoci gavettoni e rotolandoci  per terra tirando su di tutto; bevevamo l'acqua direttamente dalle fontane dei parchi, acqua non imbottigliata, che bevono anche i cani!
E le ragazze si intortavano inseguendole per toccar loro il sedere e giocando al gioco della bottiglia o a quello della verità, non in una chat dicendo :) :D :P

Abbiamo avuto libertà , fallimenti, successi e responsabilità e abbiamo imparato a crescere con tutto ciò.

 
 
 

Post N° 78

Post n°78 pubblicato il 23 Maggio 2006 da Adenia
 

IL SALUTO - Solo educazione? No: è un insieme di importanti segni in codice, con molte varianti.

I saluti esprimono il livello di confidenza, evidenziano i rapporti di potere e dicono anche che tipo di persone siamo.
Aprono e chiudono ogni incontro con amici, colleghi, estranei. Li facciamo quasi senza pensarci, ma evitarli può apparire una dichiarazione di guerra; anche perché non sono solo una norma di buona educazione, ma una vera "strategia di avvicinamento" agli altri.

I saluti scandiscono infatti ogni nostra conversazione e rapporto con gli altri, ma a cosa servono? I saluti sono una pratica universale nelle culture del mondo. Siamo così abituati che non ci facciamo nemmeno caso, ma in realtà svolgiamo "un obbligo sociale".
I saluti all'inizio di un incontro hanno innanzitutto una funzione di riconoscimento reciproco e definiscono il "rango", il ruolo sociale delle due persone che si incontrano. Anche l'ordine dei saluti può sottolineare una gerarchia. Tradizionalmente il "superiore" non saluta per primo, ma riceve il saluto... da un sottoposto o da una persona più giovane. I saluti sono una mossa di avvicinamento, cioè il modo con cui si stabilisce un contatto con l'altro. Nelle relazioni più intime sono un segno di affetto. Togliere il saluto è un messaggio o uno sgarbo esplicito: significa "sono offeso e voglio rompere i rapporti tra noi". Vale anche per i saluti veloci quando ci si incontra per strada, senza iniziare una conversazione: questo segnale indica che c'è stato un riconoscimento reciproco e che si intendono mantenere i rapporti.

I saluti si evolvono con il variare dei costumi sociali. Sono praticamente scomparsi gesti, una volta comuni, come sollevarsi il cappello per gli uomini e fare il baciamano. Invece, sono aumentati i contatti fisici: ci si abbraccia e ci si bacia di più (anche tra due uomini). Questo indica che i rapporti sono diventati più informali e ci si preoccupa meno di mantenersi entro formalità e gesti codificati. Il contatto fisico diventa segno di confidenza e immediatezza.

A mio parere il saluto è importante. Tuttavia, e non so ben spiegarmi il motivo, il saluto finale, quello a termine di un incontro, è per me quello più significativo e voluto... forse perché è ciò che più rimane in mente di tutto l'incontro, è ciò che mi permette di capire a che punto è rimasto il mio rapporto con una certa persona.

Bene... un saluto a tutti.     

 
 
 

Post N° 77

Post n°77 pubblicato il 09 Maggio 2006 da Adenia

Sei single? Può dipendere dal tuo QI

Secondo una ricerca inglese, le donne con un alto quoziente intellettivo tendono a sposarsi di meno.

Le donne più intelligenti tendono a sposarsi di meno. È il risultato emerso da una ricerca condotta dalle Università di Edimburgo, Glasgow, Aberdeen e Bristol e pubblicata sul Journal of Personality and Individual Preferences. I ricercatori, che 40 anni fa avevano analizzato il Quoziente di Intelligenza di 900 persone, sono andati a vedere chi fra queste si è sposata e chi invece è rimasta single. Risultato: per ogni 16 punti di QI in più per le donne, c'è un 35 per cento in meno di probabilità di sposarsi, mentre, per gli uomini, c'è un 40 per cento di probabilità in più di arrivare all'altare.

Come interpretare tali dati? In realtà non ci sono riusciti neanche gli stessi scienziati, i quali, in un primo tempo, avevano ipotizzato un legame con la sfera economica. Tuttavia, analizzando i guadagni delle persone esaminate è emerso che gli uomini con i redditi più alti tendono a sposarsi di più, mentre per le donne è l'esatto contrario.

Una domanda sorge spontanea: sono gli uomini a non volere donne più intelligenti di loro o sono le donne ad aver scoperto che gli uomini non sono poi così interessanti?

 
 
 

BELLEZZA e FASCINO

Post n°76 pubblicato il 01 Maggio 2006 da Adenia
Foto di Adenia

Bellezza e fascino non sono sinonimi: sono due straordinarie e differenti doti che non sempre caratterizzano lo stesso individuo; ma, quando sono complementari in una stessa persona, sicuramente quella lascerà indelebili tracce di sé negli occhi e nel cuore di chi l'ha incontrata.

La bellezza è una qualità del corpo; è, in un certo senso, oggettivamente valutabile perché la si misura, pur se inconsapevolmente, su canoni che vengono da lontano, dai modelli estetici proposti dagli artisti e codificati nelle immagini pittoriche e scultoree che essi ci hanno lasciato nel tempo.

Nuovi e potenti riferimenti, però, la moderna civiltà dell'immagine ha prodotto con il cinema, la televisione e la fotografia con i quali vengono proposti modelli di bellezza senz'altro più realistici ma, proprio per questo, deteriorabili: il tempo che passa li fa "passare di moda", li fa comunque alterare e persino invecchiare; mancano insomma di quella sublimità che li conservi uguali a se stessi per sempre. I bellissimi che sopravvivono alla loro bellezza possono diventare patetici se si ostinano nella rappresentazione di sé "come erano" mentre rimane modello in qualche modo immortale, lo splendore cristallizzato nelle immagini cinematografiche di personaggi che che non hanno potuto invecchiare e sono diventati delle icone, delle moderne versioni del sublime.

 Poiché la bellezza reale è effimera, effimeri ne sono i canoni di valutazione: oggi è la moda che decreta chi è bello e chi non lo è e perché; le modelle anoressiche che sfilano sulle passerelle "diventano" bellissime ai nostri occhi perché qualcuno ha deciso che "magro è bello"; tra qualche tempo qualcun altro riscoprirà che è ancor più bello il florido ed i nostri occhi si abitueranno a misurare con quel canone le caratteristiche fisiche nostre ed altrui.
La fama conferita dai mass media ai belli ed alle belle è anch'essa effimera e si consuma nel giro di poche stagioni: nella nostra società consumistica è sempre impellente il bisogno di novità ed i volti nuovi su cui faticosamente si è modellato il look di migliaia di persone desiderose di sembrar belle, diventano troppo presto obsoleti: all'incoronazione di una miss segue sempre e subito la ricerca delle candidate a sostituirla.

Ben diverso è il valore del Fascino.
Tanto per cominciare non è una qualità del corpo e perciò non è percepibile solo con gli occhi; l'origine greca e poi latina della parola "fascino" ci porta all'ambito semantico della magia, dell'ammaliamento, della forza dell'irrazionale che sconvolge ed annulla certezze, canoni e criteri di valutazione oggettiva.
Se si accompagna alla bellezza, il fascino la esalta; se è dote di chi non è bello, ne cancella i limiti fisici mentre la stessa bellezza, priva del fascino, resta, in qualche misura, imperfetta perché, attraverso gli occhi, non porta molto al cuore o alla mente. E' una qualità che attiene all'intelligenza più che alla fisicità e si manifesta attraverso gesti, atti, modi, sguardi, sorrisi, parole: è l'espressione di tutta la forza della personalità di cui il corpo è il contenitore.

Anche il mistero è una componente del fascino: un bellissimo corpo esposto in tutto il suo smagliante splendore è sicuramente un bel vedere, sicuramente suscita straordinarie sensazioni, ma sono certamente più intense le emozioni che nascono dall'immaginare e poi dallo scoprire un bellissimo corpo suggerito, ma non esposto. Le civiltà orientali fondano su questa forma di emozionalità le basi dei loro canoni estetici e sessuali ed è questo uno dei motivi del fascino che quelle civiltà hanno sempre esercitato su noi occidentali.

E' evidente che, se parliamo di fascino, parliamo di una dote che vive ed a volte sopravvive a chi la possiede, ma parliamo anche di una dote che si potrebbe acquisire. Come? Occupandosi anche dell'estetica della propria interiorità con la stessa tenacia con cui ci si impegna, di solito, nella cura del proprio corpo.

La base del fascino è la Personalità ed i bei manichini non hanno fascino nonostante la loro perfezione.

 
 
 

Auguri di Buona Pasqua

Post n°75 pubblicato il 16 Aprile 2006 da Adenia
Foto di Adenia

AUGURI SINCERI A TUTTI. BUONA PASQUA OVUNQUE VOI SIATE. IO ANDRO' AL LAGO PER IL GIORNO DI PASQUETTA, MA OGGI PRANZERO' IN FAMIGLIA E POI POMERIGGIO CON AMICI. BEH, ANCHE SE LE CONDIZIONI CLIMATICHE DI DOMANI NON SARANNO DELLE MIGLIORI... IO AL LAGO CI VADO LO STESSO... SARA' PURE IL MIO COMPLEANNO DOMANI ED UNA GITA PER ALLONTANARMI DALL'AMBIENTE SOLITO MI CI VUOLE. ANCORA AUGURI A TUTTI!

 
 
 

Post N° 74

Post n°74 pubblicato il 10 Marzo 2006 da Adenia

Un amico mi ha inviato una e-mail davvero carina ed io ho pensato di pubblicarla qui.

 Un giorno, un uomo non vedente stava seduto sui gradini di un edificio con un cappello ai suoi piedi ed un cartello recante la scritta:
"Sono cieco, aiutatemi per favore".
Un pubblicitario che passeggiava lì vicino si fermò e notò che aveva solo pochi centesimi nel suo cappello. 
Si chinò e versò altre monete, poi, senza chiedere il permesso dell'uomo, prese il cartello, lo girò e scrisse un'altra frase.
Quello stesso pomeriggio il pubblicitario tornò dal non vedente e notò che il suo cappello era pieno di monete e banconote.

Il non vedente riconobbe il passo dell'uomo: chiese se non fosse stato lui ad aver riscritto il suo cartello e cosa avesse scritto. Il pubblicitario rispose: "Niente che non fosse vero, ho solo riscritto il tuo in maniera diversa". Sorrise e andò via.
Il non vedente non seppe mai che ora sul suo cartello c'era scritto: "Oggi è primavera ed io non la posso vedere...".


Cambia la tua strategia quando le cose non vanno bene e vedrai che  sarà per il meglio.

Forse io avrei scritto un'altra frase ed un'altra frase ancora... insomma, spazio alla fantasia. Credo sia una mossa strategica validissima quella di utilizzare un po' di creatività per cercare di ribaltare un concetto non gradito o un contesto non considerato interessante inizialmente, rendendolo più accattivante e meritevole di attenzione. 

 
 
 

ADENIA PARLA CON L'ALDILA'...

Post n°73 pubblicato il 19 Febbraio 2006 da hawk67
Foto di Adenia

Io Adenia,principessa di Digiland e regina dei blog,tra i miei tanti poteri ho anche quello di poter parlare con gli spiriti dei morti. Questo potere l'ho solo verso gli spiriti di quelle persone che amo,non verso tutte. Se a volte è sembrato che odiassi colui che si faceva chiamare Falco si è trattato solo di atteggiamenti dettati dal mio modo di concepire con distacco il virtuale. Hawk  mi manca in modo incredibile: non riesco ad avere interlocutori validi,se non un manipolo di personaggi volti a cercare un'originalità inesistente o vittime di paranoie dialettiche. Hawk provo ad evocarti...rispondimi ti prego...

ADENIA: Fachetto mio adorato,ti prego rispondimi,mi manchi troppo!

HAWK: Possibile che non mi lasci in pace neppure ora che faccio parte dei più?

ADENIA: Come stai mio unico tesoro?

HAWK: (Questa è fuori come un davanzale!). Bene a parte che se non pagavo le bollette arretrate qua non si vedeva una mazza.Mi han messo  a quadrare dei conti pure qua. Nulla di che come vedi.E tu? Perchè non scrivi più?

ADENIA: Sai da quando non ci sei più la mia vena creativa si è prosciugata. Senza di te non mi sento di scrivere post o rispondere a commenti di personaggi che non sono al tuo livello.

HAWK: Beh dai non dire così.C'è pieno di gente in gamba in giro e....

ADENIA: Falco,io voglio solo te!Ti prego...

HAWK: Adenia ma sei tu?Non ti riconosco: hai fatto un bagno nel miele? Mi hai sempre trattato come una pezza da piedi e ora che mi sono tirato una fucilata in testa ti metti a fare la dolce...

ADENIA: Sì lo sò,tesoro meraviglioso...non ti ho mai manifestato nulla perchè non volevo metterti in imbarazzo con i tuoi amici della stanza Woodstock,ma senza di te proprio non riesco a stare.

HAWK: Adenia cara,sai che non posso tornare indietro:ci sono cose che non si possono cancellare e dalle quali non si può tornare indietro. Tu adesso stai parlando con un'ombra, lo sai...

ADENIA: Meglio parlare con la tua ombra che non sentirti per nulla. Lo sai che mi manchi e che il mio blog si è fermato visto che tu non ci sei più..

HAWK: Dammi retta:hai un periodo tosto da sostenere. Prendi il blog come palestra mentale per scaricarti. Concentrati e butta giù tutto quello che ti passa per la testa. Senza correggere e senza titolo....quei personaggi che ti frequentano virtualmente ne hanno bisogno. Fallo per loro.

ADENIA: Sai Falchetto mio,mi sono resa conto che spesso ti ho dato addosso anche quando non ce n'era motivo;non ho mai preso le tue difese una volta e vorrei dirti che...

HAWK: Adenia lascia perdere,il passato non torna (anche se qualcuno dei tuoi interlocutori psico-filosofo-dialettici potrebbe sostenere il contrario) e qual che è stato è stato. Non preoccuparti, tutto ok!

ADENIA: Ma io voglio dirti che mi manchi e che ho bisogno della tua presenza. Io...

HAWK: Tu puoi evocarmi quando vuoi e se posso mi faccio riesumare spiritualmente molto volentieri. Ora scappo: qua non comando e ci sono dei diavolacci che pretendono relazioni puntuali circa il mio operato. A prestooooooo (risucchiato dalle tenebre)!!!

ADENIA: Noooooooooooo!!!!!!!

Bene, ho ottenuto ciò che volevo. La prossima volta dovrò studiare una strategia per trattenere il mio adorato Falco...Se qualcuno conosce il modo per imprigionare uno spirito, che me lo dica: non resisto senza questo straordinario personaggio che ho sempre trattato male,con sufficienza e in modo duro. Bastava che gli mandassi un bacetto....Sigh!

 
 
 

Post N° 72

Post n°72 pubblicato il 03 Febbraio 2006 da Adenia

Ultimamente sono un po' latitante in questo mondo dei blog, ma noto che vi è meno movimento per quanto riguarda questo spazio, quindi non credo che si avverta molto la mancanza di un mio intervento. Sono completamente immersa nelle questioni professionali e ho davvero scarso tempo per gli aspetti più piacevoli e rilassanti ai quali prima riuscivo a dedicare maggior tempo. So che è solo un periodo e che poi riuscirò ad organizzarmi meglio. Lo spero vivamente in quanto mi sto esaurendo. In questi giorni splende il sole e le temperature sono aumentate... ecco questo è già stimolante per programmare uscite e distrarmi un po'. Un saluto a tutti e buon fine settimana.

 
 
 
 

Essere gentili, educati e leali non è debolezza e sarebbe ora di smetterla di considerare più scaltro, sagace e determinato chi si mostra arrogante,  scortese e disonesto. La grinta la si può mostrare anche con garbo ed eleganza sia nei modi di porsi sia nell'anima.

 

COME SCRIVERE UN LIBRO?

Il presupposto di base è che chi sogna di diventare scrittore, per mestiere o per hobby, possegga un talento, una passione e una propensione per la scrittura da coltivare. Se è vero che scrivere è un’arte, è pur vero che necessita di tanto impegno, studio e pazienza; occorre, infatti, capire come si fa a iniziare a scrivere un libro, anche in base al proprio genere preferito, come occorre proseguire nel racconto, come concluderlo, nonché a chi rivolgersi per farlo conoscere al pubblico. Potrebbero esserci momenti di sconforto. Il primo consiste nell’immaginare il racconto, cercando di sviluppare l’idea alla base. Non basta avere molta fantasia, bensì occorre essere pratici al fine di creare una trama strutturata. Com’è noto, il libro è suddiviso in capitoli, ognuno di essi con un titolo, un inizio, uno sviluppo e una fine. A tal merito, conviene che la fine del capitolo non concluda definitivamente il discorso, creando nel lettore la suspense e la voglia di continuare a leggere le pagine successive, coinvolgendolo e incuriosendolo. Poi vi è la descrizione dei luoghi e la caratterizzazione dei personaggi. Quanto alla prima, è corretto soffermarvisi affinché il lettore si immedesimi nell’ambiente ma, allo stesso tempo, non bisogna eccedere con dettagli e periodi eccessivamente lunghi. I personaggi, principali o secondari, sono i protagonisti del racconto e il lettore deve conoscerli per scoprire la loro evoluzione nel corso della storia. È importante sorprendere con dei risvolti imprevedibili (colpi di scena).

 

ESSER TRISTI È NECESSARIO

A cura de Il Pensiero Scientifico Editore

 

La tristezza è parte della condizione umana ed è funzionale e necessaria per godere della felicità e per un corretto sviluppo emotivo. "Quando si individua un tratto così profondamente conservato nella biologia dell'uomo, bisogna presumere che è un tratto selezionato dall'evoluzione e come tale necessario alla sopravvivenza", ha dichiarato Jerome Wakefield della New York University e coautore del libro "The loss of sadness: how psychiatry transformed normal sorrow into depressive disorder", la cui traduzione in italiano sarebbe "La perdita della tristezza: come gli psichiatri hanno trasformato il normale dolore dell'anima in malattia depressiva". Wakefield e altri psicologi che sostengono l'importanza di vivere ogni emozione, anche quelle più negative, sono stati intervistati sull'ultimo numero della rivista NewScientist.

Nella società moderna la tristezza è diventato uno stato d'animo da evitare. In tutti i modi possibili. Ci si può distrarre evitando di pensare e riempiendosi la giornata di appuntamenti e di cose da fare. Molti scelgono anche, in maniera incauta e superficiale, di usare pillole che stabilizzano l'umore agendo direttamente sui centri nervosi di produzione e regolazione dei neurotrasmettitori.

Eppure è esperienza comune di ciascuno come, nei momenti di difficoltà o di tristezza, la percezione del mondo è diversa e talvolta più profonda. Non è un caso, infatti, che gli artisti esprimono il meglio della loro produzione proprio nei momenti di maggiore difficoltà più che quelli di felicità. Secondo alcuni neurologi vi è un motivo biologico che spiega il legame tristezza-creatività: la riduzione dei livelli di cortisolo tipica dei momenti di tristezza attiva i centri nervosi della creatività mentre riduce l'attività di quelli che stimolano la socialità, la fame e l'attività fisica.
La tristezza, l'introspezione e i momenti di solitudine, quindi, sono funzionali a guardarsi dentro e fare il punto su di sé, per poi riprendere e andare avanti. Attenzione, però, se una sana dose di tristezza è necessaria, tutti gli esperti sono d'accordo nel dire che se si è di fronte ad una diagnosi di depressione allora è necessario sottoporsi a terapie adeguate.

Fonte: Marshall J. Is it really bad to be sad? NewScientist 14 gennaio 2009.

 

IL ME DIT QUE JE SUIS BELLE

Et quand le temps se lasse
De n'être que tué
Plus une seconde passe,
Dans les vies d'uniformité
Quand de peine en méfiance,
De larmes en plus jamais
Puis de dépit en défiance
On apprend à se résigner
Viennent les heures sombres
Où tout peut enfin s'allumer
Ou quand les vies ne sont plus qu'ombres
Restent nos rêves à inventer

Il me dit que je suis belle
Et qu'il n'attendait que moi
Il me dit que je suis celle
Juste faite pour ses bras
Il parle comme on caresse
De mots qui n'existent pas
De toujours et de tendresse
Et je n'entends que sa voix

Eviter les regards, prendre cet air absent
Celui qu'ont les gens sur les boul'vards
Cet air qui les rend transparents
Apprendre à tourner les yeux
Devant les gens qui s'aiment
Eviter tous ceux qui marchent à deux
Ceux qui s'embrassent à perdre haleine
Y a-t-il un soir, un moment
Où l'on se dit c'est plus pour moi
Tous les mots doux, les coups de sang,
Mais dans mes rêves, j'y ai droit

Il me dit que je suis belle
Et qu'il n'attendait que moi
Il me dit que je suis celle
Juste faite pour ses bras
Des mensonges et des betises
Qu'un enfant ne croirait pas
Mais les nuits sont mes églises
Et dans mes rêves j'y crois

Il me dit que je suis belle...
Je le vois courir vers moi
Ses mains me frôlent et m'entraînent
C'est beau comme au cinéma
Plus de trahison, de peines
Mon scénario n'en veut pas
Il me dit que je suis reine
Et pauvre de moi, j'y crois
Hmm, pauvre de moi, j'y crois
 

PER ASPERA AD ASTRA

Per aspera ad astra oppure Per aspera sic itur ad astra è una frase latina, spesso usata quale motto o incitazione, che significa letteralmente: «attraverso le asperità sino alle stelle». Si tratta di una frase relativamente recente in questa forma, anche se frasi simili si possono trovare nei classici: Virgilio (Eneide IX, 641); Lucio Anneo Seneca, che scrisse nell’opera Hercules furens: "non est ad astra mollis e terris via" ('non esiste alcuna via semplice dalla terra alle stelle').

 

 

IL TUO UMORE DIPENDE DA TE

Quello che senti dentro dipende da te e non cambierà mai in funzione di eventi esterni. Ciò che ti circonda può distrarti, aiutarti, colmare qualche vuoto… sì, ma solo temporaneamente se non illusoriamente. ❤

 

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