Creato da: daniela.g0 il 17/11/2013
Tutela dell'ambiente e della salute

Archivio messaggi

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

Ultime visite al Blog

daniela.g0Spal.Codigoroacquasalata111junder61g.i.n.o8ernestoandolinaLeggi_la_schedaPenna_Magicacamper1967camillainbluamici.futuroieriloredana49alberto.t1981hardrain61cassetta2
 

I miei Blog Amici

 

 

 
« "Adesso tocca a noi e s...Il tentativo di distruzi... »

Il tentativo di distruzione della Chiesa Cattolica e il tradimento del Concilio Vaticano II (prima parte)

Post n°42 pubblicato il 28 Giugno 2021 da daniela.g0
 

 

Il fulmine che ha colpito il Vaticano il giorno delle dimissioni di Benedetto XVI        

 

Nel maggio scorso è stato pubblicato un articolo dal titolo: "Lutero infine ha vinto, grazie a Wojtyla e Ratzinger", a firma del prof. Francesco Lamendola, dove si riaffronta un tema assai antico per tutta la cristianità: la dottrina della giustificazione.  

Francesco Lamendola, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia, docente nell'Istituto Superiore "Marco Casagrande" di Pieve di Soligo, collabora con numerose riviste scientifiche e letterarie, con vari siti, ed è presidente dell'Accademia Adriatica di Filosofia "Nuova Italia". Egli scrive: 

"Ci sono voluti 500 anni, ma infine Lutero ha riportato piena vittoria, con la sua dottrina sulla giustificazione per mezzo della sola fede (sola fide) sulla dottrina cattolica della giustificazione con la fede e le opere. Non si può dubitare di questo, dopo aver preso contezza del documento intitolato Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, datato 31 ottobre 1999 e sottoscritto dalla Federazione Luterana Mondiale e dalla Chiesa cattolica romana. Allora il pontefice era Giovanni Paolo II, che tante anime belle ricordano come il campione dell'ortodossia, sorvolando su inezie come gli incontri di preghiera interreligiosi di Assisi, da lui inaugurati nel 1986, antecedenti diretti del prossimo sabba infernale di Astana; e prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede era il cardinale Joseph Ratzinger, che di lì a cinque anni sarebbe stato a sua volta eletto pontefice col nome di Benedetto XVI e che tante altre anime belle tuttora rimpiangono rispetto a Bergoglio, vedendo in lui l'ultimo papa cattolico prima del diluvio modernista, eretico e apostatico dei nostri giorni".   

Lamendola riporta quindi le osservazioni sulla Dichiarazione fatte da Ratzinger a caldo, prima di divenire pontefice, nel libro-intervista scritto col giornalista Peter Seewald, Dio e il mondo (titolo originale: Gott und die Welt. Glauben und Leben in unserer Zeit, Stuttgart-München, 2000; traduzione dal tedesco di Olivia Pastorelli, Edizioni San Paolo, 2001, pp.412-413):    

D. Alla fine del secolo appena trascorso teologi protestanti e cattolici hanno formato la cosiddetta "Dichiarazione comune sulla dottrina della giustificazione", secondo la quale non contano tanto le azioni umane, le "opere", perché l'uomo è giustificato solo dalla grazia di Dio, indipendentemente dal modo in cui ha vissuto. È davvero un passo significativo in direzione dell'ecumenismo? Non si deve, pur con tutti i punti di convergenza, preservare con la massima precisione anche la specificità della fede perché non corra il rischio di smarrire la propria identità?  

R. Non ci è purtroppo riuscito di comunicare fino in fondo il contenuto di questa Dichiarazione di consenso perché nessuno sa più oggi cosa si intenda per "dottrina della giustificazione". All'epoca di Lutero è stata un tema molto dibattuto, che ha scosso e diviso gli animi, anche se l'avanzata del protestantesimo non era dovuta solo ad essa, ma anche ad esempio, agli interessi dei principi, che si ripromettevano dei vantaggi da una rapida diffusione della Riforma. Oggi non è più un tema che sollevi un grosso interesse, nemmeno nella cristianità protestante. Così l'opinione pubblica ha colto soltanto che ora le opere non contano più davanti a Dio ma solo la fede. Così non è stato solo il pensiero di Lutero a essere grossolanamente semplificato. Si disconoscono soprattutto le questioni che l'uomo moderno pone al cristianesimo. Alla fine, nei cinquecento anni trascorsi dalla Riforma, tutta la cristianità ha fatto nuove esperienze e ha subito un mutamento epocale. Non posso ora entrare nei dettagli. Basti dire che nella "Dichiarazione comune" si è iniziato col confermare che l'inizio di una vita con Dio proviene da Dio stesso. Noi non siamo in grado di innalzarci a lui, lui solo può trarci a sé. Quell'inizio, che porta l'uomo sulla via giusta, è la fede. E la fede è, a sua volta, espressione dell'iniziativa di Dio, che noi non siamo in grado di determinare o di meritare.  

La Chiesa cattolica, in sede di elaborazione di questo "Consenso", ha posto l'accento da un lato sul pieno riconoscimento dell'iniziale intervento di Dio, dall'altro sulla presa d'atto di ciò che l'iniziativa autonoma di Dio opera nel credente. Ha sottolineato il coinvolgimento umano voluto da Dio, che affida all'uomo la responsabilità e lo sollecita a collaborare fecondamente con lui, e ha messo in evidenza il giudizio cui sarà sottoposta la corresponsabilità del credente. Questo è il secondo pilastro di quella dichiarazione, che però è stato recepito scarsamente dalla pubblica opinione.  

Per dirla in altri termini. Dio non vuole degli schiavi che lui rende semplicemente retto e che lui stesso non prende sul serio. Vuol avere negli uomini partner effettivi, soggetti reali, messi in grado di collaborare con lui dal dono dell'iniziativa divina e di assumersi la responsabilità di questa collaborazione. Direi che entrambi questi pilastri sorreggono l'impianto della "dottrina della giustificazione". In loro è stato accolto ciò che dell'esperienza di Lutero corrispondeva davvero alle Scritture. Ma insieme vi è stato immesso ciò che la Chiesa cattolica non ha mai smesso di dire e che è per lei irrinunciabile e si è stabilito un equilibrio tra questi due elementi, tra queste due tradizioni.  

Conclude Lamendola:  

"È una cosa triste e penosa vedere come Ratzinger si serva della propria raffinata intelligenza per cercar di confondere le idee al lettore, come don Abbondio tentò di fare con Renzo sfruttando la propria conoscenza del latino, lingua che quest'ultimo ignorava. Non potendo negare l'evidenza, e cioè che con la Dichiarazione la Chiesa cattolica si è rimangiata la dottrina professata da sempre della salvezza mediante la fede e le opere, per abbracciare incondizionatamente la falsa dottrina luterana della salvezza mediante la sola fede, fa un complicato giro di parole che si può così sintetizzare: è vero, abbiamo dato ragione a Lutero, ma allo stesso tempo abbiamo ribadito la dottrina cattolica del libero arbitrio, perché Dio non vuole dei servi, ma dei collaboratori volontari. Però l'iniziativa della salvezza parte da Dio, perché l'uomo non è in grado d'innalzarsi fino a Lui: il che equivale a dire che le opere non contano più nulla, ma conta solo la fede. Ratzinger cerca di confondere le acque [...] [...]".        

 

Entrare nei meandri della dottrina della giustificazione non sarebbe opportuno in questa sede: né pretendo di possedere le specifiche competenze teologiche (e non filosofiche) strettamente necessarie a questo scopo. Tuttavia vorrei proporre - a partire dalla Sacra Scrittura - delle semplici considerazioni che ritengo fondamentali.  

Anzitutto, le affermazioni da fine teologo quale indubbiamente mostra di essere Joseph Ratzinger non fanno - a mio avviso - una sola piega dal punto di vista teologico. Il prof. Lamendola dimentica infatti che, se Ratzinger cerca di confondere le acque, allora dovrebbe muovere tale accusa anzitutto all'apostolo Paolo.  

Egli scrive nella Lettera agli Efesini, al capitolo 1,4-6:  

In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto    

Forse, non si riesce a scorgere come il libero arbitrio, sempre garantito all'uomo da Dio stesso, si intreccia con il Suo piano eterno, con il Suo disegno stabilito prima dell'inizio dei secoli: fuori dal tempo quindi. Il grande sant'Agostino, Padre e Dottore della Chiesa, afferma che Dio non ha creato il mondo nel tempo ma con il tempo [1], perché altrimenti il tempo stesso sarebbe una realtà a Dio preesistente.   

E come si può pensare, in tale ottica, che Dio non avesse già chiaramente la visione di ogni essere umano che, con la creazione del mondo, avrebbe un giorno anelato a Lui? E che non lo avesse "scelto" prima di ogni suo possibile atto, a Lui già manifesto?   

Agostino stesso oscilla continuamente tra predestinazione e libero arbitrio, tra grazia e libertà; perché il libero arbitrio dell'uomo non può non incontrarsi a sua volta con il piano salvifico che Dio ha prestabilito prima dell'inizio dei secoli:   

Il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra. In lui siamo stati fatti anche eredi, essendo stati predestinati secondo il piano di colui che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontà, perché noi fossimo a lode della sua gloria, noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo. (Ef 1,10 b-12) 

E sempre san Paolo, nella Lettera ai Romani, afferma al capitolo 3,23-28:       

Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù. Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue, al fine di manifestare la sua giustizia, dopo la tolleranza usata verso i peccati passati, nel tempo della divina pazienza. Egli manifesta la sua giustizia nel tempo presente, per essere giusto e giustificare chi ha fede in Gesù. 

Dove sta dunque il vanto? Esso è stato escluso! Da quale legge? Da quella delle opere? No, ma dalla legge della fede. Noi riteniamo infatti che l'uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della legge.                     

Lo studioso ed esegeta Gilberto Marconi scrive in un suo articolo: "Che la concezione rabbinica (non giudaica tout court) della giustificazione confligga con quella paolina era nelle intenzioni del redattore di Rm. [2]" [della Lettera ai Romani, n.d.r.].   

Certamente Paolo polemizza con la concezione rabbinica della giustificazione, volendo invece porre nella massima evidenza la necessità dell'iniziativa della grazia divina, senza la quale è impossibile l'osservanza della Legge. Significa quindi che san Paolo pensasse che le opere fossero inutili? Certamente no. Ed infatti concluderà scrivendo:  

Togliamo dunque ogni valore alla Legge mediante la fede? Nient'affatto, anzi confermiamo la Legge. (Rm 3,31)   

L'osservanza della Legge passa tuttavia necessariamente attraverso la fede, senza la quale diverrebbe vuoto farisaismo.     

Come vuote e farisaiche - alla chiara luce della Sacra Scrittura - sembrano apparire certe dissertazioni, che infine conducono alla conclusione, spero non voluta, di dilaniare dal suo interno ulteriormente la Chiesa.   

Con l'attacco al Concilio Vaticano II, doveroso in alcuni suoi punti oggettivamente ambigui, in ultima analisi infatti si tenta di travolgere anche i papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, senza curarsi delle conseguenze che da questo inevitabilmente scaturiscono, e in fondo neanche di quegli stessi fedeli che in quella figura di "Vicario di Cristohanno riposto per tanti anni la loro fiducia e la loro devozione, da entrambi rappresentata degnamente.   

Tuttavia "le anime belle" a cui accenna il prof. Lamendola nel suo articolo, forse non sono poi così ottuse come potrebbero apparire ad un primo sguardo superficiale.   

Sappiamo bene che il processo di erosione dal suo interno della Chiesa Cattolica è iniziato assai prima dell'insediamento di Bergoglio. Tuttavia sarebbe riduttivo pensare che esso sia iniziato a partire dal Vaticano II. E che invece 70-80 anni prima dell'inizio del Concilio - ad esempio - tutto andasse per il meglio. Il processo di erosione della Chiesa Cattolica da parte delle massonerie e delle massonerie ecclesiastiche è da ricercare già nei secoli antecedenti.   

Papa Leone XIII pronunciò il 30 giugno del 1889 una solenne allocuzione di condanna e di protesta a motivo dell'erezione, a Campo de' Fiori a Roma, di un monumento in onore del filosofo eretico Giordano Bruno; denunciando la "lotta ad oltranza contro la religione cattolica" da parte di un mondo moderno ostile alla Chiesa e a Dio. Nel 1896 sempre papa Leone XIII inviò un breve apostolico di apprezzamento e sostegno al Congresso antimassonico internazionale di Trento, dove il 26 settembre - giorno di apertura - si incontrarono 36 vescovi, 50 delegati episcopali e 700 delegati provenienti da varie organizzazioni cattoliche.   

Certo, il Vaticano II ha potuto fornire il grimaldello cercato e voluto dalla massoneria ecclesiastica per accedere più facilmente nel progetto di distruzione della Chiesa. Personalmente ritengo tuttavia che se anche il Concilio Vaticano II non fosse mai stato indetto, tale processo, anche se molto più lentamente, probabilmente si sarebbe comunque avviato anche approfittando del lento ma inarrestabile cambio di guardia che sarebbe avvenuto via via nella Curia romana, nelle diocesi, nelle parrocchie e nelle facoltà teologiche.   

Mentre molti detrattori del Concilio all'interno della stessa Chiesa, già all'indomani della sua conclusione, possono a mio avviso avere involontariamente contribuito ad indebolirlo, opponendo ostinatamente nel tempo un rifiuto assoluto e facilitando in ultima analisi l'opera di coloro che di fatto intendevano servirsi di esso per portar a termine il loro processo demolitivo. Non credo affatto che tutti coloro che contribuirono al Vaticano II, tra cui anche Karol Wojtyla e lo stesso Joseph Ratzinger, fossero animati da quelle intenzioni maligne e distruttive che oggi vengono attribuite loro da alcuni, in maniera spesso affrettata e superficiale.   

Lo attesta il Concilio stesso, che in gran parte conferma la perenne dottrina della Chiesa, come già affermato in un editoriale del 21 luglio 2017 apparso su Rorate Coeli anche dal vescovo Athanasius Schneider:   

"Il Vaticano II deve essere visto e ricevuto come è e come veramente fu: un concilio prevalentemente pastorale. Questo concilio non aveva l'intenzione di proporre nuove dottrine o quantomeno di proporle in forma definitiva. Nelle sue dichiarazioni il concilio ha confermato in gran parte la dottrina tradizionale e costante della Chiesa".  

Il vescovo ausiliare di Astana in Kazakistan, Athanasius Schneider, rappresenta a tutt'oggi una delle poche voci coraggiose ed autorevoli all'interno della Chiesa Cattolica. E afferma ancora:   

"Quanto all'atteggiamento nei confronti del Concilio Vaticano II, dobbiamo evitare due estremi: un rifiuto completo (come fanno i sedevacantisti e una parte della Fraternità San Pio X (FSSPX) o una "infallibilità" di tutto ciò che il Concilio ha detto.  

Il Vaticano II è stato un'assemblea legittima presieduta dai Papi e verso questo Concilio dobbiamo mantenere un atteggiamento rispettoso. Ciò non toglie, tuttavia, che ci sia proibito esprimere dubbi fondati o rispettosi suggerimenti di miglioramento su alcuni punti specifici, pur facendolo sulla base dell'intera tradizione della Chiesa e del Magistero costante.  

Gli enunciati dottrinali tradizionali e costanti del Magistero nel corso di un periodo secolare hanno la precedenza e costituiscono un criterio di verifica circa l'esattezza degli enunciati magisteriali posteriori. Le nuove affermazioni del Magistero devono, in linea di principio, essere più esatte e più chiare, ma non devono mai essere ambigue e apparentemente in contrasto con le precedenti dichiarazioni magisteriali. 

Quelle dichiarazioni del Vaticano II che sono ambigue devono essere lette e interpretate secondo le dichiarazioni dell'intera Tradizione e del Magistero costante della Chiesa. 

In caso di dubbio, le affermazioni del Magistero costante (i Concili precedenti e i documenti dei Papi, il cui contenuto dimostra di essere una tradizione sicura e ripetuta nei secoli sempre nello stesso senso) prevalgono su quelle dichiarazioni, oggettivamente ambigue o nuove del Vaticano II, che difficilmente concordano con specifiche affermazioni del magistero costante e precedente [...] [...].  

Dobbiamo liberarci dalle catene dell'assolutizzazione e dell'infallibilità totale del Vaticano II. Dobbiamo chiedere un clima di confronto sereno e rispettoso per amore sincero alla Chiesa e alla fede immutabile della Chiesa.  

Possiamo vedere un'indicazione positiva nel fatto che il 2 agosto 2012 papa Benedetto XVI ha scritto una prefazione al volume riguardante il Vaticano II nell'edizione della sua Opera omnia. In questa prefazione Benedetto XVI esprime le sue riserve sul contenuto specifico dei documenti Gaudium et spes e Nostra aetate. Dal tenore di queste parole di Benedetto XVI si evince che difetti concreti in alcune sezioni dei documenti non sono migliorabili dall''ermeneutica della continuità'".    

Mons. Schneider evidenzia qui come Benedetto XVI sia intervenuto sui contenuti di due discussi documenti conciliari allo scopo di fare chiarezza. Certamente non allo scopo "di confondere le idee al lettore" come vorrebbe Lamendola.   

Certamente questo adesso non basta, ma è anche vero che papa Benedetto XVI non ha più la possibilità di intervenire direttamente avendo dovuto rinunciare al ministerium. In merito al Concilio Vaticano II, l'argomento è molto vasto e certamente non esauribile in queste poche righe. Tuttavia vorrei sottolineare come quel contributo prezioso ed originale che esso apportava alla Chiesa sia stato disatteso da oltre 50 anni. Così si pronuncia in merito il vescovo Schneider:  

"Il contributo originale e prezioso del Vaticano II consiste nella chiamata universale alla santità di tutti i membri della Chiesa (cap. 5 della Lumen gentium), nella dottrina sul ruolo centrale della Madonna nella vita della Chiesa (cap. 8 della Lumen gentium), nell'importanza dei fedeli laici nel mantenere, difendere e promuovere la fede cattolica e nel loro dovere di evangelizzare e santificare le realtà temporali secondo il perenne senso della Chiesa (cap. 4 della Lumen gentium), nel primato dell'adorazione di Dio nella vita della Chiesa e nella celebrazione della liturgia (Sacrosanctum Concilium, nn. 2; 5-10). Il resto si può considerare in una certa misura secondario, provvisorio e, in futuro, probabilmente dimenticabile, come è avvenuto in passato per alcune dichiarazioni pastorali e disciplinari non definitive di vari concili ecumenici.  

I seguenti temi - Madonna, santificazione della vita personale dei fedeli con la santificazione del mondo secondo il perenne senso della Chiesa e il primato dell'adorazione di Dio - sono gli aspetti più urgenti che devono essere vissuti ai nostri giorni. In esso il Vaticano II ha un ruolo profetico che, purtroppo, non si è ancora realizzato in modo soddisfacente.  

Invece di vivere questi quattro aspetti, una considerevole parte della nomenclatura teologica e amministrativa nella vita della Chiesa ha promosso, negli ultimi 50 anni e promuove ancora oggi ambigue dottrine, pastorali e liturgiche, distorcendo così l'intenzione originaria del Concilio o abusando delle dichiarazioni dottrinali meno chiare o ambigue per creare un'altra chiesa, una chiesa di tipo relativista o protestante.   

Ai nostri giorni, stiamo vivendo il culmine di questo sviluppo".         

 

 

Note:    

 

[1] Cfr. AGOSTINO, Confessioni, XI, 13, 15.          

[2] G. MARCONI, La fede e le opere per la giustificazione nella lettera di Giacomo e in Paolo: il motivo ideologico della Riforma, "Storicamente", 15_16 (2019_2020), no. 40. DOI: 10.12977/stor787.             

 

Fine prima parte.                         

Qui la seconda parte dell'articolo.     

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Vai alla Home Page del blog

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963