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Il sospetto sulla morte di Papa Pio XI, la Prima Repubblica e il futuro dell’Italia - Seconda parte

Post n°136 pubblicato il 19 Agosto 2023 da daniela.g0
 

 

Achille Ratti, Papa Pio XI   

Ambrogio Damiano Achille Ratti nacque a Desio il 31 maggio 1857. 

Uomo di eccezionale erudizione, fu frequentatore assiduo di biblioteche e archivi, in Italia e all'estero, dottore della Biblioteca Ambrosiana e dal marzo 1907 fu anche prefetto della stessa biblioteca. 

Gli studi intrapresi da Ratti si rivelarono presto di grande portata: gli Acta Ecclesiae Mediolanensis, la collezione completa degli atti dell'arcidiocesi di Milano, di cui pubblicò i volumi II, III e IV rispettivamente nel 1890, nel 1892 e nel 1897, e il Liber diurnus Romanorum Pontificum, una collezione di formule utilizzate nei documenti ecclesiastici. Scoprì anche la biografia più antica di sant'Agnese di Boemia e per studiare soggiornò a Praga; inoltre a Savona, casualmente, scoprì gli atti di un concilio provinciale milanese del 1311, di cui si era persa memoria. 

Ratti conseguì ben tre lauree nei suoi anni di studio romani: in filosofia all'Accademia di San Tommaso d'Aquino di Roma, in diritto canonico all'Università Gregoriana e in teologia all'Università La Sapienza. Era appassionato sia di studi letterari, sia di studi scientifici, tanto che si trovò in dubbio se intraprendere lo studio della matematica. Fu grande amico e collaboratore di don Giuseppe Mercalli, noto geologo e creatore dell'omonima scala dei terremoti, che aveva conosciuto come insegnante nel seminario di Milano. 

Grande appassionato di sport, divenne presto un esperto alpinista: scalò diverse vette delle Alpi e fu il primo - il 31 luglio 1889 - a raggiungere la cima del Monte Rosa dalla parete orientale; conquistò, benché appesantito dal peso di un ragazzo che portava sulle spalle, la vetta del Gran Paradiso; nel 1889 scalò il Monte Cervino, e nel 1890 il Monte Bianco, aprendo la via che sarà chiamata in suo onore "Via Ratti - Grasselli". 

 

Monsignor Achille Ratti in montagna (al centro)  

 

Uomo capace di uscire dagli schemi e dai rigidi protocolli (si ricordi il telegramma di felicitazioni da lui inviato alla Scuola militare di alpinismo di Aosta nel 1935, quando era divenuto pontefice), fu nominato arcivescovo di Milano e lo stesso giorno creato cardinale nel concistoro del 13 giugno 1921. 

Achille Ratti fu eletto papa nel febbraio1922 alla quattordicesima votazione di un conclave contrastato. 

Accettata l'elezione e scelto il nome pontificale, Pio XI, chiese di potersi affacciare dalla loggia esterna della basilica vaticana (in luogo di quella interna utilizzata dai suoi tre ultimi predecessori): la possibilità gli fu accordata e il nuovo pontefice poté presentarsi alla folla raccolta in Piazza San Pietro, alla quale impartì una benedizione Urbi et Orbi

Si presentò con lo sguardo rivolto verso la città di Roma e non dentro le mura vaticane, segno del suo intento di risolvere la questione romana, con l'irrisolto conflitto tra i suoi ruoli di capitale d'Italia e sede del potere temporale del papa. Dalla folla accorsa davanti alla basilica di San Pietro si levò il grido di esultanza: "Viva Pio XI! Viva l'Italia!"

Delle sue numerose encicliche mi soffermo solo su Quadragesimus annus, del 1931, dove risuonano ancora oggi attualissime le parole riportate in questo breve estratto: 

«Nel nostro tempo è ormai evidente che la ricchezza e un immenso potere sono stati concentrati nelle mani di pochi uomini. Questo potere diventa particolarmente irresistibile se esercitato da coloro i quali, poiché controllano e comandano la moneta, sono anche in grado di gestire il credito e di decidere a chi deve essere assegnato. In questo modo forniscono il sangue vitale all'intero corpo dell'economia. Loro hanno potere sull'intimo del sistema produttivo, così che nessuno può azzardare un respiro contro la loro volontà.» 

(Papa Pio XI, Quadragesimus Annus 106-9, 1931)   

 

L'11 febbraio 1929 il papa fu l'artefice della firma dei Patti Lateranensi tra il cardinale Pietro Gasparri e il governo fascista di Benito Mussolini, dopo lunghe ed elaborate trattative. Questo un interessante passaggio della sua allocuzione Vogliamo anzitutto, pronunciata davanti studenti e docenti dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, due giorni dopo.  

«Le condizioni dunque della religione in Italia non si potevano regolare senza un previo accordo dei due poteri, previo accordo a cui si opponeva la condizione della Chiesa in Italia. Dunque per far luogo al Trattato dovevano risanarsi le condizioni, mentre per risanare le condizioni stesse occorreva il Concordato. E allora? La soluzione non era facile, ma dobbiamo ringraziare il Signore di averCela fatta vedere e di aver potuto farla vedere anche agli altri. 

La soluzione era di far camminare le due cose di pari passo. 

E così, insieme al Trattato, si è studiato un Concordato propriamente detto e si è potuto rivedere e rimaneggiare e, fino ai limiti del possibile, riordinare e regolare tutta quella immensa farragine di leggi tutte direttamente o indirettamente contrarie ai diritti e alle prerogative della Chiesa, delle persone e delle cose della Chiesa; tutto un viluppo di cose, una massa veramente così vasta, così complicata, così difficile, da dare qualche volta addirittura le vertigini. E qualche volta siamo stati tentati di pensare, come lo diciamo con lieta confidenza a voi, sì buoni figliuoli, che forse a risolvere la questione ci voleva proprio un Papa alpinista, un alpinista immune da vertigini ed abituato ad affrontare le ascensioni più ardue; come qualche volta abbiamo pensato che forse ci voleva pure un Papa bibliotecario, abituato ad andare in fondo alle ricerche storiche e documentarie, perché di libri e documenti, è evidente, si è dovuto consultarne molti. Dobbiamo dire che siamo stati anche dall'altra parte nobilmente assecondati. E forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare; un uomo che non avesse le preoccupazioni della scuola liberale, per gli uomini della quale tutte quelle leggi, tutti quegli ordinamenti, o piuttosto disordinamenti, tutte quelle leggi, diciamo, e tutti quei regolamenti erano altrettanti feticci e, proprio come i feticci, tanto più intangibili e venerandi quanto più brutti e deformi. 

E con la grazia di Dio, con molta pazienza, con molto lavoro, con l'incontro di molti e nobili assecondamenti, siamo riusciti "tamquam per medium profundam eundo" a conchiudere un Concordato che, se non è il migliore di quanti se ne possono fare, è certo tra i migliori che si sono fin qua fatti; ed è con profonda compiacenza che crediamo di avere con esso ridato Dio all'Italia e l'Italia a Dio.»  

(Papa Pio XI, allocuzione Vogliamo anzitutto)   

 

Passarono alla storia le parole di Pio XI su Benito Mussolini, definito come «un uomo come quello che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare; un uomo che non avesse le preoccupazioni della scuola liberale [...]».

 

La prima pagina dell'edizione straordinaria de La Gazzetta del Mezzogiorno, pubblicata l'11 febbraio 1929, in occasione della firma dei Patti Lateranensi. Vennero sanciti, per la prima volta dall'Unità d'Italia, gli accordi di reciproco riconoscimento tra il Regno d'Italia e la Santa Sede  

 

Con la firma dei Patti Lateranensi il Cattolicesimo divenne religione di Stato in Italia e il Paese riconosceva come obbligatorio l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole. 

Malgrado questo, nella sua enciclica Non Abbiamo Bisogno solo due anni dopo, papa Ratti ebbe a definire il Fascismo come «statolatria pagana». 

Pochi mesi dopo l'elezione di papa Pio XI, nel febbraio 1922, come è noto era infatti asceso al potere Benito Mussolini. 

Il 6 agosto dello stesso anno Pio XI aveva scritto ai vescovi italiani in occasione dei tumultuosi scioperi e violenze, per condannare le «passioni di parte» e le esasperazioni che portano «ora da una parte, ora dall'altra, a sanguinose offese». Questo atteggiamento di assoluta neutralità fu ribadito il 30 ottobre, due giorni dopo la Marcia su Roma: l'Osservatore Romano scrisse infatti che il papa «si tiene al di sopra delle parti, ma rimane la guida spirituale che sempre presiede ai destini delle nazioni».

 

Roma, Pio XI legge alla radio il messaggio per il Congresso Eucaristico di Dublino del 1932  

 

Durante gli anni del pontificato di Pio XI si cercherà infatti sempre di raggiungere un accordo e una pacificazione, sia da parte italiana che vaticana. Benché i rapporti tra la Santa Sede e il governo di Mussolini non furono esenti da tensioni, in alcune occasioni anche molto gravi. 

Tuttavia, occorre sottolineare come Pio XI attribuisse ai più bassi livelli gerarchici la responsabilità delle aggressioni fasciste alle organizzazioni cattoliche e ad alcuni esponenti cattolici. 

Il pontefice impose a don Luigi Sturzo le dimissioni dal Partito Popolare Italiano alla vigilia della discussione alla Camera dei deputati della riforma elettorale. Questa richiesta di dimissioni avvenne nella convinzione di Pio XI che la gerarchia ecclesiastica non avesse dovuto ricoprire incarichi politici. 

Ebbe anche parole di secca condanna per l'attentato compiuto da Anteo Zamboni contro Mussolini, che definì: «criminale attentato il cui solo pensiero ci rattrista... e ci fa rendere grazie a Dio per il suo fallimento». 

D'altronde mentre era ancora cardinale, nel 1922, poco prima che venisse eletto al soglio pontificio e in occasione di un'intervista concessa al giornalista francese Luc Valti (pubblicata in versione integrale nel 1937 su L'illustration), aveva definito Benito Mussolini con queste parole: 

«Quell'uomo, ragazzo mio, fa rapidi progressi, e invaderà tutto con la forza di un elemento naturale. Mussolini è un uomo formidabile. Mi ha capito bene? Un uomo formidabile! Convertito di recente, poiché viene dall'estrema sinistra, ha lo zelo dei novizi che lo fa agire con risolutezza. E poi, recluta gli adepti sui banchi di scuola e in un colpo solo li innalza fino alla dignità di uomini, e di uomini armati. Li seduce così, li fanatizza. Regna sulla loro immaginazione. Si rende conto di che cosa significhi e che forza gli fornisca? Il futuro è suo. Bisognerà però vedere come tutto questo andrà a finire e che uso farà della sua forza.»

 

Papa Pio XI e Guglielmo Marconi inaugurano la nuova Radio Vaticana. Sulla sinistra, il cardinale Eugenio Pacelli, futuro papa Pio XII  

 

Papa Pio XI venne a mancare improvvisamente nel febbraio 1939, colpito da un attacco cardiaco, proprio il giorno prima in cui avrebbe dovuto pronunciare un importante discorso all'assemblea dei vescovi italiani riuniti per l'occasione. 

Vi furono sin dal primo momento moltissimi sospetti sulla sua morte. 

C'è chi addirittura scrive che a provocare la morte del pontefice sarebbe stato il medico personale di Pio XI, Francesco Saverio Petacci, padre di Claretta - l'amante del Duce - e che Mussolini e il Fascismo ne avrebbero beneficiato. 

Ma le cose non stanno affatto così. L'unica verità certa è che non esiste alcuna prova a sostegno di una simile, inverosimile, tesi. 

Mussolini avrebbe avuto infatti tutto da perdere con la scomparsa di papa Pio XI. E la sua morte improvvisa segnerà anche irreparabilmente gli esiti del conflitto mondiale imminente. 

D'altronde la morte arrivò proprio ad orologeria, immediatamente prima che la sua enciclica Humani generis unitas contro il razzismo potesse essere resa pubblica e il giorno prima che egli potesse tenere il suo importante discorso. 

Come abbiamo visto, malgrado alti e bassi, Pio XI manteneva un rapporto di stima verso Mussolini e di tolleranza con il Fascismo, al di là di vicende incresciose e violenze immotivate le cui origini dovrebbero essere ricercate nell'azione di uomini ufficialmente fascisti, ma che poi risultarono essere iscritti anche alla massoneria, come Giovanni Giuriati. 

La morte di Pio XI segnerà la fine di quegli equilibri e farà sì che quell'importante discorso non venisse mai pronunciato. Né l'enciclica Humani generis unitas verrà pubblicata: non ne conosceremo mai il testo esatto come voluto dal pontefice. 

Humani generis unitas fu materialmente scritta da tre padri gesuiti guidati da John La Farge e su incarico di Pio XI nel 1938. La bozza del testo, da quanto risulta, rimase segreta fino al 1995 quando fu pubblicata in Francia da Passelecq et Suchecky intitolata L'Encyclique Cachée de Pie XI, e quindi nel 1997 in lingua inglese con il titolo The Hidden Encyclical of Pius XI

Fu il seminarista gesuita Thomas Breslin a scoprire le copie microfilmate dell'enciclica e dei documenti annessi nel 1967 mentre procedeva alla catalogazione degli archivi del confratello John La Farge. 

Rimarrà merito del pontificato di papa Benedetto XVI se nel giugno 2006 tutta la documentazione relativa al pontificato di Pio XI e presente nell'Archivio apostolico vaticano è stata desecretata. Nel settembre dello stesso anno gli studiosi poterono consultare più di 30.000 documenti. 

La bozza dell'enciclica condanna chiaramente il razzismo e l'antisemitismo di stampo razziale, ma il documento affonda le radici in quello che viene definito antigiudaismo teologico. La bozza di Humani generis unitas critica la maggioranza degli ebrei per non riconoscere Gesù Cristo come il vero Messia. 

Ne riporto un estratto importante, così come sulla stessa Wikipedia: 

«D'altra parte, accecati da una visione di dominazione materiale e di guadagno, gli Israeliti hanno perso quello che essi stessi avevano cercato. Poche anime elette, tra i quali sono stati i discepoli e seguaci di Nostro Signore, i primi cristiani ebrei, e, nel corso dei secoli, alcuni membri del popolo ebraico, erano un'eccezione a questa regola generale. Con l'accettazione della dottrina di Cristo e il loro inserimento nella Sua Chiesa, hanno condiviso l'eredità della sua gloria, ma sono rimasti e rimangono ancora un'eccezione. "Che dire dunque? Israele non ha ottenuto quello che cercava; lo hanno ottenuto invece gli eletti; gli altri sono stati induriti" (Lettera ai Romani 11,7).»  

Il testo afferma che: 

«Da una misteriosa provvidenza di Dio, questo infelice popolo, distruttore della sua stessa nazione, i cui leader, fuorviati, avevano invocato sul loro capo una maledizione divina, furono condannati, per così dire, a vagare perpetuamente sulla faccia della terra, ma comunque mai gli era stato consentito di perire, si sono conservati attraverso i secoli fino ai nostri giorni. Nessuna ragione naturale sembra spiegare questa persistenza secolare, questa coerenza indistruttibile del popolo ebraico.» 

(Bozza Humani generis unitas, paragrafo 136)   

 

È evidente che il testo appena letto sarebbe risultato assolutamente non gradito alla lobby anglo sionista, e in particolare nel 1939, l'anno che Mussolini indicherà come l'inizio della crisi in Italia e in Europa. Inoltre non sappiamo se in origine esistevano parti non pervenute con la bozza dell'enciclica pubblicata nel 1995, che quindi non conosceremo mai. 

Benito Mussolini tenterà in ogni modo di fermare l'imminente conflitto, ma si scontrerà con l'ostilità di Winston Churchill, determinato fortemente a volere lo scoppio della guerra. La scomparsa della grande borsa di pelle contenente i documenti che provavano le pesanti responsabilità di Churchill e che Mussolini portava con sé fino al momento della sua cattura, consentirà di nascondere la verità e addossare mediaticamente e storicamente l'entrata dell'Italia in guerra alla presunta "brama di potere" di Benito Mussolini. 

In tal contesto, sembra proprio che la voce scomoda di papa Ratti dovesse essere fermata a qualunque costo. La sua morte, oltre a segnare inevitabilmente l'esito del conflitto, segnerà anche il destino dell'Italia, quella stessa Italia di cui papa Pio XI aveva sempre dimostrato di desiderarne il bene, pur mantenendo la giusta imparzialità super partes che è prerogativa del Vicario di Cristo. 

Come abbiamo visto, giornali e opinionisti vari, a partire dal dopoguerra fino (incredibilmente) ad oggi, continuano ad accusare Benito Mussolini e l'archiatra del pontefice della morte di papa Pio XI. L'occasione è ghiotta e il gioco facile. 

Il modello pare sia stato esportato attualmente anche con il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, detto anche, da tutti i mezzi di comunicazione occidentali, "l'avvelenatore". 

Inoltre è assolutamente evidente che solo alcuni uomini vicini alla cerchia del pontefice potevano essere informati sui contenuti della bozza dell'enciclica scomparsa e di quel discorso mai pronunciato, mentre è del tutto inverosimile pensare che Mussolini ne fosse a conoscenza.   

 

Papa Pio XII   

Eugenio Pacelli, segretario di Stato durante il pontificato di Pio XI e poi passato alla storia come papa Pio XII, ritenne opportuno non pubblicare l'enciclica del suo predecessore. 

Pacelli fu eletto pontefice il 2 marzo 1939, dopo soltanto tre scrutini e un unico giorno di votazioni. 

Da una lettera emersa dall'Archivio vaticano si evince che il segretario di Stato cardinale Pacelli diede disposizione per distruggere il discorso mentre era già in tipografia. La lettera, del 15 febbraio 1939, è a firma di Domenico Tardini, in quel momento collaboratore della segreteria di Stato vaticana. 

Ne riporto un estratto, sempre da Wikipedia: «Mi telefona S.E. Mons. Montini. Gli ha telefonato il cardinal Pacelli per dare i seguenti ordini: 1) che Mons. Confalonieri consegni tutto quel materiale che ha circa il discorso che S.S. Pio XI aveva preparato per l'adunanza dei vescovi dell'11 febbraio; 2) che la tipografia distrugga tutto il materiale che ha (bozze, piombi) [...]»

La morte improvvisa di papa Ratti segnò anche un cambio di passo: Pio XI durante tutto il suo pontificato aveva cercato di mantenere il clero fuori dall'appartenenza a qualunque ideologia politica; il pontificato di Pio XII fu orientato invece verso una collaborazione attiva, tanto da posizionare, tra il 5 e il 6 marzo 1939, nella Biblioteca Apostolica in Vaticano, delle microscopie in un sofisticato impianto di intercettazione ambientale, allo scopo di registrare quattro cardinali, di cui uno era sospettato di avere simpatie hitleriane. Allo scopo venne usata una gigantesca macchina di registrazione regalata al Vaticano da Guglielmo Marconi, sotto il pontificato del defunto papa Pio XI. 

Papa Pacelli tentò il sabotaggio dei piani di Hitler, costituendo un clandestino «Comitato degli ordini» tra i più alti esponenti dei gesuiti e dei domenicani tedeschi con l'incarico di rastrellare documenti e progetti bellici del Fuhrer da tutte le fonti possibili, dalle centraliniste alle segretarie, ai funzionari di governo ostili al regime. Tramite religiosi che avevano avuto dal papa la speciale dispensa per indossare abiti borghesi e «vivere al di fuori delle regole dell'ordine», si inviavano messaggi e dispacci Oltretevere, che a sua volta faceva in modo di farli pervenire a Londra e Washington.

 

Papa Pio XII, fotografia di Yousuf Karsh (1945)  

 

Queste notizie inedite sono riportate nel libro Le spie del Vaticano (Mondadori, pp.369 ss.) di Mark Riebling. Lo storico attingendo a numerosi archivi, fra cui i National Archives and Records Admnistration statunitensi e quelli vaticani, ricostruisce dettagliatamente le trame con cui Pio XII cercò di provocare la caduta del tiranno. Il pontefice prendeva in seria considerazione, come dimostra Riebling, l'eventualità di un colpo di Stato e si dichiarava disponibile a far da mediatore tra i cospiratori e gli Alleati. 

Questo potrebbe spiegare bene il silenzio delle autorità ecclesiastiche sulle stragi ad opera dei partigiani, avvenute sul suolo italiano a pochi chilometri dal Vaticano, subito dopo il termine del conflitto bellico mondiale. 

E rimangono pesanti le parole pronunciate da Benito Mussolini nella sua ultima Intervista: «La Chiesa Cattolica non vuole, a Roma, un'altra forza. La Chiesa preferisce degli avversari deboli a degli amici forti. Avere da combattere un avversario, che in fondo non la possa spaventare e che le permetta di avere a disposizione degli argomenti coi quali ravvivare la fede, è indubbiamente un vantaggio. Diplomazia abile, raffinata. Ma, a volte, è un gran danno fare i superfurbi. Con la caduta del Fascismo, la Chiesa Cattolica si ritroverebbe di fronte a nemici d'ogni genere: vecchi e nuovi nemici. E avrebbe cooperato ad abbattere un suo vero, sincero, difensore». «Nel Sud, nelle zone cosiddette liberate, l'anticlericalismo ha ripreso in pieno il suo turpe lavoro». 

Di fatto, da quel momento storico, le porte ai nemici della Chiesa Cattolica in territorio italiano, furono aperte. Le stragi di tantissimi preti cattolici del Nord Italia ne costituiscono la prova incontrovertibile, mentre la cultura degli ambienti di sinistra e la loro ideologia corrosiva e anticattolica penetravano lentamente, fin da allora, tutti gli strati della società italiana.    

 

Fine seconda parte. Qui la prima parte dell'articolo.

 

 
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