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TSO a magistrati, preti, studenti: è deriva psichiatrica?

Post n°39 pubblicato il 15 Maggio 2021 da daniela.g0
 

 

Fano, provincia di Pesaro-Urbino, 6 maggio 2021. Studente di 18 anni si incatena al banco per protestare contro l'obbligo di indossare la mascherina, dichiarando che si tratta di un obbligo contro la Costituzione italiana. Dopo due ore di trattativa, viene prelevato da scuola dalle forze dell'ordine per essere portato al Pronto Soccorso dell'Ospedale di Fano, dove viene sottoposto a TSO e poi trasferito e ricoverato in Psichiatria nell'Ospedale di Muraglia a Pesaro, nonostante il ragazzo non abbia mai manifestato alcun tipo di violenza, né contro se stesso, né contro gli altri.    

Ravanusa, provincia di Agrigento, 2 maggio 2020. Un uomo di 33 anni prende un megafono percorrendo le vie del paese solo dentro la propria macchina, proclamando che non esiste nessuna pandemia. Il giovane viene bloccato dalle auto delle forze dell'ordine e, malgrado non opponga nessuna resistenza, come documentato da molti testimoni ed anche da un video, viene buttato a terra, immobilizzato, gli vengono somministrati dei farmaci da un operatore sanitario e poi portato via, sotto gli occhi increduli dei presenti. Resterà ricoverato per sette giorni all'Ospedale di Canicattì (Reparto Psichiatria) costretto a non muoversi: legato al letto mani e piedi, con catetere, feci sul posto e cibo somministrato dal personale infermieristico; mentre la famiglia versa nella più totale angoscia non avendo sue notizie per giorni. Sarà soltanto grazie al fratello Lillo Massimiliano Musso, avvocato, dopo ripetuti ed inutili tentativi di contattarlo telefonicamente, che si avranno finalmente sue notizie. L'inquietante storia approda pure in Parlamento tramite l'interrrogazione della deputata del gruppo misto Sara Cunial. Scriverà l'avvocato e fratello del giovane: "Nel caso di specie, non è stata indicata alcuna psicosi o altra forma di apprensione morbosa legittimante il Trattamento".    

Castelletto di Leno, provincia di Brescia, 19 maggio 2020. Il parroco don Gianluca Loda, 54 anni, mentre si trova nella propria abitazione, dentro il bagno, è costretto ad uscire velocemente a causa dei rumori avvertiti. La porta della sua abitazione è stata forzata, viene prelevato quindi dalle forze dell'ordine e costretto a recarsi in ospedale, "scortato dai vigili da un lato e dall'altro, manco fossi un malvivente". La sua colpa: aver allestito una "tavolata" all'aperto, secondo Brescia Today, di cinque persone.   

Scriverà l'ex vaticanista Aldo Maria Valli: «Il parroco [...] aveva una strana abitudine. Anzi, tre. La prima era quella di pensare con la sua testa, la seconda era quella di dire ciò che pensava, la terza era quella di pensare cose piuttosto diverse da quelle imposte dal pensiero dominante. 

Per esempio, nell'aprile del 2017 don Gianluca disse che in Europa è in atto un invasione islamica pianificata, studiata e calcolata a livello mondiale, denunciò la profanazione di un presepio nella sua frazione, invitò a riflettere sulla crisi demografica, disse che i nostri governanti, a Roma come a Bruxelles, si allontanano sempre più dalla vita concreta delle persone e si preoccupano solo della grande finanza, li invitò a riflettere sulla Brexit, [...] e, in polemica con il politicamente corretto che impone di fare l'elogio del dialogo, aggiunse: "Si dice che il confronto con altre culture e civiltà arricchisce, ed è vero. Però, mi permettete, non vorrei far cambio con la cultura e con la civiltà di nessun altro; mi sento contento della mia. Oggi lo posso dire ancora liberamente. Ma fino a quando?"

Già. Fino a quando?  

Le cronache ci dicono che don Gianluca di recente è stato prelevato dalle forze dell'ordine e portato in ospedale per "accertamenti"».     

 

Tutti i casi sopra elencati hanno in comune il dato di essersi succeduti, rapidamente, dopo l'inizio della cosiddetta "emergenza CoVID-19". Hanno anche il dato comune che tutti e tre i soggetti, a detta di parenti e conoscenti perfettamente sani di mente, hanno però dissentito in qualche modo dal pensiero unico dominante, instaurato con ferrea autorità dal potere vigente subito dopo l'inizio della sempre cosiddetta "emergenza CoVID-19".  

Tuttavia, l'Italia non è nuova all'uso di trattamenti sanitari obbligatori in soggetti che poi si dimostrarono essere sempre stati perfettamente sani di mente. Richiamo qui alla memoria un caso che credo resterà emblematico nella triste storia del nostro Paese, anche se all'epoca la vicenda fu totalmente ignorata dai grandi media, come per lo più anche i tre casi sopra citati.   

Si tratta del TSO ingiusto ed illegale subìto da un magistrato: il suo nome, sconosciuto a molti, è Paolo Ferraro.   

Riporto integralmente questo estratto, dal blog CDD (Comitato di Coordinamento Difendiamo la Democrazia), per l'importanza che esso può rivestire:   

 

 

La vicenda del magistrato Paolo Ferraro
prova del golpe scientifico targato Tavistock      

«Era il 24 novembre del 2008 quando il magistrato Paolo Ferraro denunciò episodi avvenuti tra l'8 ed il 18 novembre nell'appartamento situato nella città militare della Cecchignola dove conviveva da maggio dello stesso anno con donna, moglie separata di sottoufficale dell'esercito impiegato allo stato maggiore della difesa, a sua volta presentatagli (reiteratamente) da magistrato distaccato presso il Ministero degli Esteri ufficio legislativo (le circostanze di contorno ma anche di contenuto sono state già spiegate più volte.  

https://paoloferrarocdd.blogspot.it/2014/01/tutto-torna-e-quadra-nei-minimi.html

https://paoloferrarocdd.blogspot.it/2013/10/un-bel-guazzabuglio-questa-e-la-trama_23.html ).  

Per mezzo di registrazioni audio condotte privatamente dallo stesso Paolo Ferraro (allertato da esplicita richiesta di aiuto da parte del figlio minore della signora) si evince che quando egli non era presente nell'abitazione della Cecchignola entrava in azione un gruppo composto da sottoufficiali militari abitanti nel palazzo e nel quartiere, con lo svolgimento di attività anomale coinvolgenti donne, bambini e la particolare presenza di bambini ROM.    

La procura ottenne la archiviazione della denuncia esattamente tre mesi dopo mentre nel frattempo il dott. Ferraro veniva circondato da alcuni colleghi della Procura di Roma (incluso l'allora procuratore capo Ferrara) i quali con varie pressioni più o meno violente lo invitavano a non approfondire la vicenda scoperta.  

Il 23 maggio del 2009, sette mesi dopo la denuncia depositata e archiviata dalla Procura di Roma, il magistrato Paolo Ferraro che invece stava approfondendo i fatti e si apprestava ad una denuncia del tutto, subisce un sequestro di persona venendo prelevato presso la sua abitazione da una psichiatra, un medico, due agenti di polizia municipale e un'autista di ambulanza con tanto di infermieri, in un vero e proprio agguato concertato e in assenza non solo di qualsiasi presupposto ma altresì di qualsiasi provvedimento formale.  

Media e complottistoidi parlano di un "TSO ingiusto" ma fu un solo un vero e proprio sequestro di persona (in quanto mancavano tutte le formalità necessarie per configurare un TSO oltrechè i presupposti di fatto) organizzato con urgenza a causa dei gravi fatti denunciati dal magistrato Paolo Ferraro che dal 2011 poi verranno resi pubblici dallo stesso con ulteriori particolari sconosciuti al pubblico.  

Dal sequestro di persona si passa ad un tentativo di eliminazione fisica del magistrato. Infatti, ad una persona mentalmente e fisicamente sana come il dott. Paolo Ferraro viene imposta la somministrazione di un antipsicotico dal nome "Risperdal", un neurolettico molto forte che inibisce i collegamenti chimici tra le sinapsi (intelletto). La psichiatria deviata (ovvero la quinta colonna tavistockiana) sa benissimo che il risperdarolo somministrato ad una persona sana può danneggiare la complessa rete di fibre nervose che regolano il controllo motorio, provocando rigidità muscolare, spasmi e un abbassamento dei globuli bianchi. Come pure è consapevolissima del fatto che il risperdarolo somministrato ad una persona sana può creare una perdita di coscienza causata dalla riduzione di flusso sanguigno al cervello oltre che portare infiammazione cardiaca e del pancreas (potenzialmente letale). Ma in quel momento la parola d'ordine che la quinta colonna sotterranea faceva passare ai propri membri presenti nella magistratura e negli ambienti sanitari era: "bisogna eliminare il magistrato Paolo Ferraro", diventato troppo scomodo.  

Immesso nel perverso meccanismo del trattamento psichiatrico attraverso un sequestro di persona privo dei requisiti formali, ma impossibilitato a ribellarsi al ricovero in quanto qualsiasi reazione interpretata come "sintomo di patologia in atto" avrebbe fornito l'alibi per regolarizzare il trattamento, Paolo Ferraro ha dovuto suo malgrado sottoporsi a 9 mesi di tortura farmacologica.  

Finito l'effetto risperdal, la procedura Tavistock si inserisce ancora una volta con attività di pressione, minaccia diretta ed indiretta ed altre realizzate poi (taglio delle gomme del camper) proprio a partire dal momento in cui il dott. Ferraro riprende in mano vecchie e nuove prove che gli serviranno a capire ancora più a fondo ciò che gli era successo negli ultimi vent'anni della sua ben più che onorata carriera.  

Guardando alla sua storia personale e professionale, Ferraro riconosce che la Quinta Colonna all'interno della Procura di Roma lo attenzionava già dal 1991, anche perché era il magistrato più brillante, capace e creativo (ha ideato un programma per la gestione integralmente automatizzata delle attività procedimentali denominato "ATZ" che consentiva di gestire agevolmente circa 12.000 procedimenti penali l'anno senza intervento umano): quello che si mette in luce in un ambiente di lavoro piatto e con l'altissima probabilità di aver rotto dinamiche di clan molto chiuse, tipiche della quinta colonna sotterranea. Vent'anni di metodiche di infiltrazione che hanno letteralmente distrutto e interferito rapporti familiari e sociali intorno al magistrato (allora ignaro di un'attività pianificata a suo danno) che con personalità solida andava avanti addirittura sereno nonostante quello che gli capitava intorno. Il nuovo assalto, dal 2005 in poi, dopo la grande inchiesta OIL FOR DRUG, organizzata gestita e portata a termine dal dott. Ferraro con sistemi informatici avanzati ed approntata in soli sei mesi, con 137 indagati , centinaia di intercettazioni, che scopre il doppio fondo del mondo dello sport amatoriale e del doping. Uno snodo essenziale anche per apparati e massonerie coperte. 

Ciò che è stato fatto al PM Paolo Ferraro è la sintesi di ciò che è il progetto Tavistock e anche delle varie tecniche di analisi dinamica manipolazione e gestione delle vite individuali e degli organismi associativi, istituzionali e sociali: strumenti usati programmaticamente ed operativamente da servizi ed apparati deviati per le attività di infiltrazione e governo ombra delle istituzioni.  

Studiare attentamente la vicenda del PM Paolo Ferraro significa quindi avere la prova che il progetto Tavistock (con derivati progetti di analisi e governo delle dinamiche individuali e sociali) è attivo sul nostro territorio con le sue tecniche utilizzate operativamente da servizi ed apparati per incidere anche sui tessuti istituzionali degli Stati. La infiltrazione mediante il Tavistock come metodologia di attività elettiva fu proclamata dal direttore medico dell'omonimo Istituto della fondazione Rockfeller, il militare John Reese, sin dal 1949/1950: obiettivo arrivare al governo delle classi mediche e della magistratura negli altri stati (il golpe scientifico!).  

Poi ci sono tutte quelle strane morti d'infarto di molti magistrati sicuramente non cardiopatici (ad eccezione della familiarità per il dott. Saviotti). Il 5 gennaio 2012 muore di infarto Pietro Saviotti, procuratore aggiunto a Roma. Era a capo del pool anti-terrorismo. Un infarto stronca Pio Avecone, procuratore aggiunto presso la Procura di Napoli. Il 25 luglio 2012 un camion si scontra frontalmente con una Land Cruiser che si dirige verso Otijwarongo in Namibia. I tre occupanti dell'auto muoiono sul colpo, tra loro c'è il giudice Michele Barillaro. Qualche settimana prima, il 9 luglio, il ministero dell'Interno aveva tolto la scorta a Barillaro, gip presso il tribunale di Firenze. In seguito, il 16 luglio, Barillaro aveva ricevuto delle minacce contenute in una lettera recapitata all'Adnkronos. Il giudice Barillaro si occupò tra l'altro del processo Borsellino ter. Il giorno successivo (26 Luglio 2012) moriva Loris D'Ambrosio di infarto fulminante senza che ne fosse disposta l'autopsia. Spariva così il custode delle suppliche di Mancino, imputato al processo di Palermo per i collegamenti mafia-Stato. Ed infine il 13 ottobre del 2012 il procuratore aggiunto di Roma Alberto Caperna muore a 61 anni per attacco cardiaco. Caperna era il responsabile del pool dei reati contro la pubblica amministrazione ed in questa veste coordinava le indagini relative a fatti su corruzione, peculato ed altri. Era titolare dei casi Fiorito e Maruccio. Caperna si è anche occupato dal caso Lusi, della vicenda della casa dell'ex ministro Scajola, dell'appalto nell'ambito dell'inchieste sul G8 della scuola Marescialli di Firenze, dell'indagine Parentopoli romana, del filone romano dell'inchiesta Parmalat, della presunta compravendita di senatori. Forse era scomodo anche perché conosceva bene l'esistenza dell'indagine Fiori nel Fango 2, poteva riconoscere e conosceva la portata della vicenda Ferraro e sapeva bene del contesto in cui erano state portate a termine le iniziative contro il magistrato.  

E poi c'è l'Italia dei capi cattivi e dei cattivi colleghi che sparsi in tutta la nostra penisola tentano di distruggere gli elementi brillanti ed eccellenti attraverso violenze verbali e morali, attraverso attacchi alla vita privata e vessazioni in genere. Il lavoro per le vittime accerchiate diventa un incubo e le vessazioni da parte di cattivi capi e cattivi colleghi una regola. Cattivi capi e cattivi colleghi che per aver abbracciato il progetto in tutta la sua essenza riescono a fare carriere d'oro (con stipendi d'oro) e veloci ma non per meriti o capacità ma per la destrezza di come utilizzano il modello. Il modello prevede che l'aggressione prenda avvio con una serie di episodi apparentemente casuali e scollegati. Poi però l'attacco si fa sempre più chiaro anche per le vittime designate, poiché dotate di grande intuito, intelletto e di conseguenza di una marcata sensibilità.  

Questo trova conferma dalle ricostruzioni dettagliate e suffragate da prove del dott. Ferraro. Poi ci sono le sue specifiche analisi politiche storiche, frutto del lavoro più generale del dott. Ferraro e del gruppo CDD (Comitato Difendiamo la Democrazia), che aprono gli orizzonti della storia alle nuove consapevolezze dei progetti reali, di élites reali per un dominio reale, che stanno distruggendo dalle fondamenta l'impianto costituzionale del nostro paese».   

 

*        *         *         *      

 

Il dott. Paolo Ferraro verrà espulso dalla Magistratura con provvedimenti del CSM in quanto accusato di aver inventato la presenza di massonerie e sette sataniche. Infatti Paolo Ferraro a fine 2008 formalizzò una denuncia in Procura, sostenendo che nella propria abitazione, nel quartiere romano della Cecchignola, avvenivano rituali satanici, pratiche sessuali in condizione di ipnosi e sotto l'effetto di sostanze comunque alteranti lo stato di coscienza, che coinvolgevano adulti, bambini e come vittima - posta in stato di incoscienza - l'allora sua compagna. Lo riporta Armando Manocchia, direttore di ImolaOggi.it, il 9 marzo 2013.  

«Si tratta - precisò il dott. Ferraro - di modalità e tecniche di manipolazione e condizionamento mentale di varia radice ma anche di ascendenza militare meglio note come operativamente ricollegate al progetto CIA Monarch ed MK.ULTRA e il dott. Paolo Ferraro ne ha fatto denuncia pubblica riportata anche in trasmissioni televisive nazionali».  

Scrisse ancora Ferraro: «Per il 14 marzo 2013 sono stato convocato in udienza dinanzi al giudice tutelare di Roma (presidente della sezione Tribunale) per la "nomina di amministratore di sostegno" non alla mia anziana madre o alla signora terminale in ospedale... ma a me...
Chi sà capisce quanto grave sia questa iniziativa e comunque spiego per gli altri che significa togliere a un soggetto autonomia capacità di agire ed in crescendo intrappolarlo rapidamente... nella direzione finale che è stata evidentemente tracciata dall'odio di chi credeva di poter mettere tutto a tacere.
Farlo a Paolo Ferraro significa esattamente quello che intuite e non servono parole . 
Le iniziative relative spettano a voi ma non sono "per me", sono per la strenua difesa della democrazia e della legalità»
.    

Alfonso Luigi Marra, avvocato del dott. Ferraro, il 16 maggio 2013, al termine di un'udienza in cui si attendeva dal giudice tutelare di Roma la decisione sulla nomina di amministratore di sostegno per il magistrato (dichiarato quindi non pienamente in possesso delle sue facoltà mentali), si disse non fiducioso nella giustizia, augurandosi però che non si sarebbe arrivati fino al punto di dichiarare una persona sana di mente, come malata. Intervistato, ai microfoni dichiarò anche:   

«Bisogna che [Paolo Ferraro, n.d.r.] venga dichiarato folle perché la sua versione dei fatti sociali non è gradita. Solo che questo è un processo alle opinioni politiche e alla cultura. Questo è un processo russo, della Russia sovietica di 40 anni fa. E lo stanno facendo in Italia. [...] Sarà veramente da ridere se a Paolo verrà nominato un amministratore di sostegno».    

E queste furono le pesantissime parole pronunciate allora dal dott. Paolo Ferraro

«Se questo Paese arriverà a tentare di distruggere l'attività intellettuale e politica e a negare, manipolando la realtà, l'evidenza di prove e di fatti, [...] io dichiarerò la morte dello Stato di diritto: [...] questo è gravissimo... ma non per me, ma per la collettività degli italiani. Attenzione! monitorate attentamente ciò che accade. Perché se accadrà ciò che noi pensiamo, ognuno dovrà prendersi le sue responsabilità. E ci sarà qualcuno che dovrà dichiarare che è morto lo Stato di diritto».   

 

 

 

 

 

 

 
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Frate francescano maltrattato e portato via solo perché pregava

Post n°38 pubblicato il 08 Maggio 2021 da daniela.g0
 

Frate Alexis gettato in terra dalla polizia (Foto: Caserta24ore)         

 

Cari Lettori, nei primi di maggio è accaduto a Roma un episodio gravissimo. Un frate francescano è stato gettato in terra dalle forze dell'ordine e poi spinto dentro la loro vettura per essere portato via.    

Pochi giorni dopo, a Chivasso in Piemonte, la mattina del 6 maggio 2021, è avvenuto un enorme dispiegamento di forze di polizia per bloccare le strade di accesso al locale "La Torteria" della signora Rosanna, che ha scelto di mantenere aperto il suo locale nonostante le norme anti-CoVID. E' stato disposto, oltre il sequestro del locale, perfino quello della sua automobile.    

Di entrambi i casi, ne ha parlato in un video l'avvocato Edoardo Polacco, che ormai da tempo prende le difese dei cittadini italiani privati dei loro diritti costituzionali.    

Per la gravità dei fatti accaduti, soprattutto ai danni del religioso, ho deciso di pubblicare questo video con le agghiaccianti immagini dell'arresto. Secondo quanto risulta, l'unica colpa del francescano è stata quella di pregare, a partire dal gennaio 2020, tutte le sere intorno alla mezzanotte di fronte la Basilica di Santa Maria Maggiore, per liberare la città di Roma dal male. Il frate si chiama Alexis Bugnolo ed è un eremita italo-americano. Le immagini hanno fatto il giro del mondo, suscitando indignazione generale.  

Da quanto si apprende il frate è stato trattenuto successivamente per ben otto ore, nel silenzio più assoluto dei media mainstream.  

Si tratta dell'ennesimo attacco ai diritti costituzionalmente garantiti di ogni cittadino, ma anche, nel caso del francescano, di un vergognoso attacco a tutta la Cristianità.       

 

Di seguito il video dell'avvocato Polacco.         

 

 

 
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Siamo ombre: le nostre anime sono morte (seconda parte)

Post n°37 pubblicato il 02 Maggio 2021 da daniela.g0
 

 

 

Il lungo incubo ad occhi aperti di Gulbahar Haitiwaji sarebbe durato più di due anni: 

«"Destra! Sinistra! Riposo!" Eravamo in 40 nella stanza, tutte donne, in pigiama blu. Era un'anonima aula rettangolare. Una grande persiana metallica, perforata da minuscoli fori che lasciavano entrare la luce, ci nascondeva il mondo esterno. Undici ore al giorno, il mondo era ridotto a questa stanza. Le nostre pantofole scricchiolavano sul linoleum. Due soldati Han hanno tenuto inesorabilmente il tempo mentre marciavamo su e giù per la stanza. Questa era chiamata "educazione fisica". In realtà, equivaleva a un addestramento militare.    

I nostri corpi esausti si muovevano nello spazio all'unisono, avanti e indietro, da un lato all'altro, da un angolo all'altro. Quando il soldato urlò: "Riposo!" in mandarino, il nostro reggimento di prigioniere si bloccò. Ci aveva ordinato di restare ferme. Questo poteva durare mezz'ora, ma altrettanto spesso un'intera ora, o anche di più. Quando lo fece, le nostre gambe iniziarono a formicolare dappertutto con spilli e aghi. I nostri corpi, ancora caldi e irrequieti, lottavano per non ondeggiare nel caldo umido. Potevamo sentire l'odore del nostro alito cattivo. Ansimavamo come bestie. A volte, una o l'altra di noi sveniva. Se non si fosse ripresa, una guardia l'avrebbe tirata in piedi e la avrebbe svegliata con uno schiaffo. Se fosse crollata di nuovo, l'avrebbe trascinata fuori dalla stanza e non l'avremmo rivista mai più. Mai. All'inizio questo mi aveva scioccata, ma ormai ci ero abituata. Puoi abituarti a qualsiasi cosa, anche all'orrore.    

Era giugno 2017 e mi trovavo qui da tre giorni. Dopo quasi cinque mesi nelle celle di polizia di Karamay, tra interrogatori e atti casuali di crudeltà - a un certo punto sono stata incatenata al mio letto per 20 giorni come punizione, anche se non sapevo per cosa - mi è stato detto che sarei andata a "scuola". Non avevo mai sentito parlare di queste scuole misteriose o dei corsi che offrivano. Il governo le ha costruite per "correggere" gli uiguri, mi è stato detto. Le donne che hanno condiviso la mia cella hanno detto che sarebbe stata una scuola normale, con insegnanti Han. Ha detto che una volta finita, gli studenti sarebbero stati liberi di tornare a casa».      

Gulbahar verrà detenuta cinque mesi nelle celle della stazione di polizia e poi inviata alla "scuola". La scuola consiste in un programma di rieducazione destinato alla minoranza islamica e rientra nella cornice della campagna Strike Hard contro il terrorismo violento; si tratta di strategie di difesa che risalgono alle pagine più buie della storia della Cina, ma che hanno trovato sempre più pretesti a partire dagli attacchi dell'11 settembre e successivamente dagli attentati terroristici a Pechino, alla stazione di Kunming e al mercato di Urumqi più di recente, come ha riportato il settimanale Espresso, in un articolo del 14 gennaio scorso.   

Prosegue Gulbahar: 

«Questa "scuola" era a Baijiantan, un distretto alla periferia di Karamay. Dopo aver lasciato le celle di polizia, tutte le informazioni che ero riuscita a raccogliere, provenivano da un cartello piantato in un fosso secco dove vagavano alcuni sacchetti di plastica vuoti. A quanto pare, l'addestramento doveva durare due settimane. Dopodiché, sarebbero iniziate le lezioni di teoria. Non sapevo come avrei resistito. Come avevo fatto a non crollare già? Baijiantan era una terra di nessuno da cui erano sorti tre edifici, ciascuno delle dimensioni di un piccolo aeroporto. Al di là del recinto di filo spinato, non c'era altro che deserto a perdita d'occhio.   

Il mio primo giorno, le guardie femminili mi hanno portata in un dormitorio pieno di letti, semplici assi di legno numerato. C'era già un'altra donna: Nadira, Bunk N. 8. Mi è stata assegnata Bunk N. 9.  

Nadira mi ha mostrato il dormitorio, che aveva l'odore inebriante della vernice fresca: il secchio per fare i tuoi affari, che ha preso a calci con rabbia; la finestra con la persiana metallica sempre chiusa; le due telecamere che fanno una panoramica avanti e indietro negli angoli alti della stanza. Questo è stato. Nessun materasso. Niente mobili. Niente carta igienica. Niente lenzuola. Nessun lavandino. Solo due di noi nell'oscurità e il fragore delle pesanti porte delle celle che si chiudono sbattendo.   

Questa non era una scuola. Era un campo di rieducazione, con regole militari e un chiaro desiderio di spezzarci. [...] Le guardie ci avevano sempre tenuto d'occhio; non c'era modo di sfuggire alla loro vigilanza, nessun modo di sussurrare, asciugarsi la bocca o sbadigliare per paura di essere accusate di pregare. Era contro le regole rifiutare il cibo, per paura di essere definita una 'terrorista islamista'. [...] Non vedevamo la luce del giorno da quando eravamo arrivate: tutte le finestre erano bloccate da quelle dannate persiane di metallo. Sebbene uno dei poliziotti avesse promesso che mi avrebbero dato un telefono, non lo avevo mai ricevuto". [...] Il campo era un labirinto dove le guardie ci conducevano in giro in gruppi per dormitorio. Per andare alle docce, al bagno, all'aula o alla mensa, venivamo scortate lungo una serie infinita di corridoi illuminati da lampade fluorescenti. Anche un momento di privacy era impossibile.        

Si ritiene che il Centro di servizi di formazione per l'istruzione professionale di Artux City a nord di Kashgar, nello Xinjiang, sia una struttura di rieducazione (The Guardian, 12 gennaio 2021. Foto: Greg Baker / AFP / Getty)          

 

[...] Avresti potuto distinguere le nuove arrivate dalle loro facce sconvolte. Stavano ancora cercando di incontrare i tuoi occhi nel corridoio. Quelle che erano lì da più tempo si guardavano i piedi. Si trascinavano in fila ravvicinata, come robot. Scattarono sull'attenti senza batter ciglio, quando un fischio ordinò loro di farlo. Buon Dio, cosa era stato fatto per renderle così?     

[...] Pensavo che le lezioni di teoria ci avrebbero portato un po' di sollievo dall'allenamento fisico, ma erano anche peggio. L'insegnante ci osservava sempre e ci schiaffeggiava ogni volta che poteva. Un giorno, una delle mie compagne di classe, una donna sulla sessantina, chiuse gli occhi, sicuramente per la stanchezza o per la paura. L'insegnante le diede uno schiaffo brutale: "Pensi che non ti vedo pregare? Sarai punita!". Le guardie la trascinarono violentemente fuori dalla stanza. Un'ora dopo tornò con qualcosa che aveva scritto: la sua autocritica. L'insegnante gliela fece leggere ad alta voce. Lei obbedì, con la faccia color cenere, poi si sedette di nuovo. Tutto quello che aveva fatto era chiudere gli occhi.    

[...] Incollate alle nostre sedie, ripetevamo le nostre lezioni come pappagalli. Ci hanno insegnato la gloriosa storia della Cina: una versione disinfettata, ripulita dagli abusi. Sulla copertina del manuale, che ci era stato dato, era scritto "programma di rieducazione". [...] Ma con il passare dei giorni, la stanchezza era iniziata come un vecchio nemico. Ero esausta e la mia ferma determinazione a resistere era rimasta inalterata. Avevo cercato di non arrendermi, ma la scuola andava avanti. Era rotolata proprio sui nostri corpi doloranti. Quindi questo era il lavaggio del cervello: intere giornate passate a ripetere le stesse frasi idiote. Come se non bastasse, avevamo dovuto fare un'ora di studio in più dopo cena la sera prima di andare a letto. Rivedemmo un'ultima volta le nostre lezioni ripetute all'infinito. Ogni venerdì sostenevamo una prova orale e scritta. A turno, sotto l'occhio diffidente dei capi del campo, recitavamo lo stufato comunista che ci era stato servito.    

[...] Ci fu ordinato di negare chi eravamo. Sputare sulle nostre tradizioni, sulle nostre convinzioni. Criticare la nostra lingua. Per insultare la nostra stessa gente. Le donne come me, che sono uscite dai campi, non sono più quelle che eravamo una volta. Siamo ombre; le nostre anime sono morte. Mi è stato fatto credere che i miei cari, mio marito e mia figlia, fossero terroristi. Ero così lontana, così sola, così esausta e alienata, che quasi finivo per crederci.

[...] Nei campi di "trasformazione attraverso l'istruzione", la vita e la morte non significano la stessa cosa che hanno altrove. Un centinaio di volte ho pensato, quando i passi delle guardie ci hanno svegliate nella notte, che era giunto il momento di essere giustiziate. Quando una mano ha spinto brutalmente le forbici sul mio cranio e altre mani hanno strappato via i ciuffi di capelli che cadevano sulle mie spalle, ho chiuso gli occhi, offuscata dalle lacrime, pensando che la mia fine fosse vicina, che mi stessero preparando per la sedia elettrica, o l'annegamento. La morte era in agguato in ogni angolo. Quando le infermiere mi hanno afferrato il braccio per "vaccinarmi", ho pensato che mi stessero avvelenando. In realtà, ci stavano sterilizzando. Fu allora che capii il metodo dei campi, la strategia in atto: non ucciderci a sangue freddo, ma farci sparire lentamente. Così lentamente che nessuno se ne sarebbe accorto.   

Durante i violenti interrogatori della polizia, mi sono inginocchiata sotto i loro colpi, tanto che ho persino fatto false confessioni. Sono riusciti a convincermi che prima avrei ammesso i miei crimini, prima sarei stata in grado di andarmene. Esausta, finalmente ho ceduto. Non avevo altra scelta. Nessuno può combattere contro se stesso per sempre. Non importa quanto instancabilmente combatti il lavaggio del cervello, fa il suo lavoro insidioso. Ogni desiderio e passione ti abbandonano. Quali scelte hai a disposizione? Una lenta e dolorosa discesa verso la morte o la sottomissione. Se giochi alla sottomissione, se fingi di perdere il tuo potere psicologico nella lotta contro la polizia, almeno, nonostante tutto, ti aggrappi al frammento di lucidità che ti ricorda chi sei.  

Non credevo ad una sola parola di quello che stavo dicendo loro. Ho semplicemente fatto del mio meglio per essere una brava attrice.     

Il 2 agosto 2019, dopo un breve processo, davanti a un'udienza di poche persone, un giudice di Karamay mi ha dichiarata innocente. Ho sentito a malapena le sue parole. Ho ascoltato la frase come se non avesse niente a che fare con me. [...] Mi avevano condannata a sette anni di rieducazione. Avevano torturato il mio corpo e portato la mia mente sull'orlo della follia. E ora, dopo aver esaminato il mio caso, un giudice aveva deciso che no, in realtà, ero innocente. Ero libera di andarmene».     

Il racconto di Gulbahar Haitiwaji è stato tratto da un estratto modificato di Rescapée du Goulag Chinois (Survivor of the Chinese Gulag) di Gulbahar Haitiwaji, scritto in collaborazione con Rozenn Morgat e pubblicato da Editions des Equateurs. Alcuni nomi sono stati cambiati. La traduzione originale in lingua inglese è di Edward Gauvin. L'articolo riportante l'estratto è apparso originariamente sul quotidiano britannico The Guardian, il 12 gennaio 2021. La traduzione in italiano è mia.      

Un campo di "educazione politica" nello provincia cinese dello Xinjiang (The Guardian, 2 aprile 2020. Foto: Greg Baker / AFP via Getty)           

 

La pericolosa strada imboccata dall'Europa          

Secondo il sito Scenarieconomici, "in Francia, negli ultimi 15 anni sono stati aperti 18 Istituti Confucio, apparentemente per insegnare il cinese e promuovere la cultura cinese. In Europa, nel 2019, il Belgio ha espulso il rettore dell'Istituto Confucio della Libera Università fiamminga di Bruxelles, dopo che i servizi di sicurezza lo avevano accusato di essere una spia".     

Françoise Robin, dell'Istituto nazionale di lingue e civiltà orientali (Inalco) ed esperto del Tibet, definisce questi istituti come "armi di propaganda". Inalco ha invitato nel 2016 il Dalai Lama per tenere una conferenza, ma Francoise Robin ha affermato: "Abbiamo ricevuto lettere ufficiali dall'ambasciata cinese che ci chiedevano di non riceverlo".  

Ancora, nel settembre 2014, la Facoltà di Giurisprudenza del professor Mestre, presso l'Università di Strasburgo, ha ospitato una serie di eventi sul Tibet: sono state tenute conferenze, sono stati organizzati mostre, balli e concerti "su richiesta del Consolato Generale della Cina a Strasburgo", secondo i termini espressi in una mail inviata dal preside. Il professore di diritto Nicolas Nord ha dichiarato: "La conferenza inaugurale ha assicurato [a tutti] che il Tibet non è mai stato annesso, [e] che l'intervento cinese del 1950 era stato richiesto dai tibetani". Una clamorosa falsità che diventa tuttavia reale per l'Università di Strasburgo.   

Secondo il settimanale britannico The Economist, il regime cinese in Tibet sta cercando di sradicare l'influenza del buddismo dalla cultura e dalla mente della loro gente.  

Il nuovo capo della CIA, William J. Burns, ha affermato che chiuderebbe tutti gli Istituti Confucio nelle università occidentali, se rientrasse nelle sue possibilità.  

Inoltre, il quotidiano britannico The Times ha rivelato che l'Università di Cambridge, nel regno Unito, ha ricevuto un "regalo generoso" da Tencent Holdings, una delle più grandi società tecnologiche in Cina coinvolta nella censura statale.     

Ma anche in Italia risuona un grido di allarme, che è arrivato dal Copasir: le nostre aziende strategiche a causa delle conseguenze della post pandemia sono finite nel mirino dei potentati bancari e finanziari e dei fondi esteri. Ed in particolare, oltre alle banche che sono nel mirino francese, i nostri porti e le principali infrastrutture per la logistica sono nel mirino della Cina. Mentre molte aziende, che si sono rivelate essenziali per rilanciare il Made in Italy nel mondo, sono adesso a serio rischio di acquisizioni estere. L'obiettivo è infatti quello di chiudere il più alto numero di operazioni nel più breve tempo possibile, prima che lo stato di emergenza legato al CoVID possa sbiadirsi, ed approfittando delle gravi difficoltà che stanno attraversando le realtà produttive che devono fare i conti con un mercato interno contratto come mai prima di adesso e con canali esteri bloccati. L'ultima relazione dei servizi di intelligence al Parlamento parla ha mostrato senza ombra di dubbio come le minacce agli asset strategici italiani hanno avuto un'impennata senza precedenti a partire dal 2020. Le società italiane rappresentano infatti un target privilegiato per l'alta specializzazione industriale. Le maggiori minacce provengono attualmente da Cina e Francia, ma le aziende e gli asset del paese sono finiti anche nel mirino degli Stati Uniti e di altri paesi del nord Europa, come ha anche ricordato di recente lo scrittore napoletano Francesco Amodeo.    

Lo strumento del Golden Power permetterebbe al Governo italiano di bloccare molte di queste acquisizioni predatorie, consentendo al Governo di decidere quali acquisizioni bloccare. Tuttavia Mario Draghi, attuale Presidente del Consiglio, proviene proprio da quegli ambienti dell'alta finanza mondiale che hanno posto il nostro Paese nel mirino. 

Tutto ciò mentre gli italiani, preoccupati dal virus di Wuhan e dalla corsa ai vaccini, sono troppo distratti per accorgersi realmente della gravità di quanto sta accadendo. Lo strapotere in primis della Cina sta rischiando di travolgere l'Italia, che già da molti decenni persegue una politica di immigrazione forsennata. E' a rischio l'economia, l'indipendenza ma anche l'identità nazionale, le radici, la cultura, come anche la fede. Sono altrettanto a rischio quei diritti democratici che i nostri avi conquistarono a prezzo del loro sangue e che per lungo tempo abbiamo creduto inalienabili, ma che domani potrebbero non esserlo più.    

Anche i popoli europei e l'intera civiltà occidentale, così come la conosciamo, rischiano di rimanere travolti, mentre la Cina, dopo la crisi legata al CoVID, sta già riprendendo benissimo la sua economia e vede lievitare enormemente i propri introiti. Ma vede anche allargare sempre più la sfera della sua influenza in Occidente.  

La cultura cristiana, a fondamento della maggior parte delle Costituzioni europee, potrebbe venire spazzata per sempre, complice la scristianizzazione dell'Europa, che prosegue ormai speditamente da parecchi decenni. Riporto qui virgolettate le incredibili parole pubblicate su Repubblica lo scorso 15 marzo da Eugenio Scalfari: 

"Il pontificato di Francesco segna un punto di non ritorno nel dialogo tra le fedi. E la premessa perché tutte le confessioni convergano in un cammino unitario."       

E' questo il medesimo obiettivo perseguito dalla Cina e lo testimoniano, oltre il genocidio della minoranza islamica degli uiguri, anche le non meno feroci persecuzioni inferte ai cattolici che vanno dal carcere durissimo alla tortura disumana dei sacerdoti, con un ulteriore peggioramento della situazione dei cattolici dopo l'accordo segreto Vaticano Cina. L'obiettivo è formare un unico calderone senza identità dove siano comprese tutte le religioni, obiettivo perseguito anche da papa Bergoglio, come si è già visto durante il Sinodo dell'Amazzonia, in Iraq e in attesa del prossimo appuntamento interreligioso programmato ad Astana.    

Il calderone globalista delle religioni che sta perseguendo la Cina del Partito Comunista ha il suo evidente punto di arrivo nell'ateismo più assoluto.   

Ma in Europa e in tutto l'Occidente, ha anche l'obiettivo di spazzare via radici, cultura e diritti fondamentali della persona che scaturiscono direttamente dalla cultura cristiana, di cui il continente europeo è intessuto ormai da molti secoli. 

Se alla crisi imposta dal CoVID non farà seguito un rapido e brusco risveglio dei popoli occidentali, le Nazioni, un tempo cristiane, per voler parafrasare le parole di Gulbahar Haitiwaji, potrebbero davvero divenire l'ombra di ciò che furono: le loro anime, morire per sempre.            

 

Qui la prima parte dell'articolo. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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