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“L'inconscio è qualcosa che noi realmente non conosciamo, ma di cui siamo obbligati a prendere atto perché spinti da deduzioni irrefutabili.”

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LA TERZA MORTIFICAZIONE

“Nell'Introduzione alla Psicoanalisi, scritta tra il 1915 e il 1917, Sigmund Freud dichiara di aver assestato "la terza mortificazione" al narcisismo dell'umanità. Copernico, afferma Freud, aveva inferto la prima, strappando la terra dal centro dell'universo, e Darwin la seconda, illustrando la discendenza dell'uomo da progenitori simili a scimmie. Enfatizzando l'importanza dei processi inconsci nella vita mentale, Freud ritiene di aver assestato la terza e più profonda mortificazione della serie.
Secondo lui le nostre caratteristiche più apprezzate - libero arbitrio, razionalità e senso di sé - non sono che mere illusioni, e noi tutti siamo i prodotti di forze psichiche inconsce e incontrollabili. Naturalmente, Freud incontrò una notevole opposizione.”

F. Talls,
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Mindful: Consapevole

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Il binomio meditazione-psicoterapia sta creando un crescente interesse sia per chi è impegnato in un lavoro personale corporeo e/o interiore attraverso pratiche di meditazione o yoga, sia da parte di alcuni psicologi a causa dei rapporti e delle inequivocabili analogie tra la Mindfulness e la Psicoterapia Cognitiva (Segal, Williams & Teasdale, 2002)

Nel dare alcune precisazioni sul termine meditazione, cercheremo anche di chiarire il significato di 'mindfulness' e come questo sia attualmente utilizzato.
Il termine italiano "meditazione" viene comunemente usato come derivazione del verbo 'meditare su o circa'. Implica quindi un'attività mentale di profonda attenzione, in cui è implicita una relazione tra un soggetto e un oggetto: "Io, individuo medito circa qualche oggetto e perciò focalizzo la mia attenzione in modo conscio su qualcosa di prestabilito".
Ma questa attività mentale andrebbe piuttosto definita come 'concentrazione'. Inoltre, ci sembra che la maggior quantità di incomprensioni e fraintendimenti si concentri attorno alla parola "meditazione" che spesso, nel senso comune, si associa all'ottenimento di un risultato di particolari condizioni psicofisiche con cui essa, nel nostro caso, non ha nulla a che fare.

Si sa che la meditazione comprende una varietà di tecniche e di approcci, propri di ogni tradizione religiosa, le quali però convergono su alcune caratteristiche essenziali che consentono una nitida distinzione rispetto a ciò che la meditazione in senso proprio, si potrebbe forse dire tradizionale, non è. Non è, pertanto, una condizione di trance, con indebolimento o scomparsa della consapevolezza. Non è una condizione mistica, intesa come involontario presentarsi di immagini e visioni di significato "religioso". Non è, soprattutto, una tecnica di rilassamento, e neppure un metodo il cui lo scopo sia il raggiungimento di uno stato di "benessere" fisico o mentale anche se, a volte, questo può esserne un effetto collaterale.

Appare evidente che non è agevole rendere a parole qualcosa che si riferisce innanzitutto ad un'esperienza particolare. Proprio per tale motivo, la parola mindfulness spesso non viene tradotta, anzi si preferisce un nome vuoto di significati immediati, da riempire gradualmente e successivamente con l'esperienza diretta. Inoltre, le traduzioni più immediate, ossia "attenzione", "avvedutezza", "attenzione sollecita", "presenza mentale" rischiano di far scattare una serie di associazioni semantiche svianti o ambigue e possono diventare un ostacolo prima di dare al lettore il tempo di capire il senso che vogliamo dare che, in ultima analisi, è proprio di consapevolezza.
Tuttavia, va precisato che nella tradizione in lingua pali il termine sati (consapevolezza) fu utilizzato originariamente dal Buddha in un suo discorso. Esso si riferisce ad una attenzione consapevole al respiro, ai movimenti lenti del corpo e a tutto ciò che la mente può sperimentare nel presente. Proprio in questo senso, il termine occidentale più vicino al concetto di sati è quello di 'mindfulness' che, in Inglese, non è per niente associato a connotazioni religiose o spirituali. Il suo significato reale è racchiuso nella seguente definizione, attualmente ampiamente condivisa: 'Mindfulness' è 'realmente' portare consapevolezza ad ogni situazione, ogni circostanza, ogni stato mentale, in un modo non giudicante. 'Mindfulness' è 'presenza mentale'. Non è stare in un particolare stato mentale, ma significa praticare la consapevolezza di qualsiasi stato mentale.

La 'pratica di consapevolezza'

Abbiamo tutti la capacità di essere consapevoli, ma il nostro 'essere presenti' è spesso transitorio perché siamo soliti distrarci o siamo protesi verso qualche obiettivo o siamo in competizione con qualcosa d'altro.
Meditare non significa allontanarsi dal mondo e perdersi nelle proprie fantasie, piuttosto si tratta di rallentare, creare una sospensione-tregua in ciò che siamo abituati a fare, in termini di comportamenti, pensieri, emozioni. Questa condizione rappresenta una delle basi per esercitare la consapevolezza.
La meditazione non è necessariamente un'esperienza piacevole: ci si confronta piuttosto in fretta con la realtà della mente che continuamente giudica, mormora, fa progetti o fantasie. Solitamente la mente si trova in uno stato di reattività e inconsciamente tendiamo a stabilire identificazioni con i nostri stati mentali.
Per potersi educare alla consapevolezza è necessario un particolare atteggiamento mentale definito di 'nuda attenzione', che significa concentrare l'attenzione, momento per momento, esattamente su ciò che si sta sperimentando, separando le proprie reazioni dagli eventi puramente sensoriali. Così, nella pratica della meditazione, si impara ad essere consapevoli di quello che sorge dentro di noi, dei nostri intenti, di altre sensazioni fisiche, dei pensieri, delle emozioni. Possiamo provare delle esperienze piacevoli, ma impariamo anche ad incontrare gli stati negativi come la disillusione, il dolore, la noia, la desolazione che si prova nella meditazione. Inoltre, attraverso l'esercizio continuativo della così detta 'pratica di consapevolezza', derivata dalla vipassana buddhista, si può sviluppare nel tempo una condizione mentale in grado di sostenere esperienze percettive e stati diversi, proprio perché essa include sia il sorgere, sia il cessare dei fenomeni.



Tratto da: A.I.M.

 
 
 
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