Carina, la poesia.
...la cosa che fai con gioia,come se avessi il fuoco nel cuore e il diavolo in corpo.
Post n°171 pubblicato il 24 Gennaio 2012 da thallullah
“Ti voglio, ti desidero, ti lego alla mia volontà” di Carina Spurio - Il vecchio borgo sorge intorno alle rovine di un vecchio castello di fronte al mare Adriatico. Da bambina quella spiaggia la consideravo mia. Giocavo con il rastrello e la paletta, e riempivo di continuo il secchiello di acqua salata. Non erano tanto i castelli di sabbia il mio obiettivo, quanto scavare a fondo per cercare l’acqua e andare sempre più giù, senza una ragione. Molte ore dopo la prima colazione arrivava il momento del bagno. Le uniche raccomandazioni dei genitori erano quelle di non affogare. Nel pomeriggio il sole calava come a ricordare l’ora della cena, tra il melone sudato, le fette di prosciutto e una lattina di coca-cola. Dopo una lunga passeggiata fino al porto, di corsa a dormire. Negli anni seguenti, mentre sulla spiaggia dell’Adriatico iniziavano i miei primi amori, a Sarajevo, dall’altra parte del nostro mare, si sparavano le bombe. Arrivo a casa di Maria persa nei miei pensieri. La via è stretta, profuma di cantina. La vernice della porta è scrostata. Non c’è campanello. Busso. I contorni del viso della donna fanno capolino tra la folta capigliatura bianca nell’anta a metà. Maria improvvisa un sorriso e si sposta per farmi entrare. Un cane ed un gatto arrivano festosi. Mi annusano. Gli animali intrecciano il solito giro di valzer con cui accolgono i nuovi arrivati. Maria si siede, mi invita con un cenno ad imitare il suo gesto. Il candore dei suoi capelli genera un senso di rispetto. Ripenso a mia nonna, mentre la stanza si riempie di uno spesso silenzio. Le chiedo in che anno è nata. Mi risponde:<< a Natale del 1926>>. Lo stesso giorno del Bambino che ogni anno rinasce senza mai andare a scuola, deduco ironicamente. La semplicità della donna che ho di fronte non è opportuna per le mie domande troppo pretenziose. Maria non conosce gli elfi, gli gnomi e le fate, né Nostradamus e Cayce. Ignora l’esistenza di Sai Baba e di Osho. Non conosce il mondo delle idee di Platone, immutabili e perfette che vivono nell’iperuranio, al di là del cielo. Maria è una strega per discendenza. Venne iniziata da sua nonna all’età di nove anni. Imparò da bambina l’arte di preparare unguenti magici, filtri e polveri per avvelenare, allenandosi negli anni a plasmare le effigi in cera. Ho davanti una vecchia donna, vittima in giovanissima età di qualcosa che forse non voleva realmente ma che si era imposta su di lei. Maria conosce solo le fasi della Luna. La Luna Nuova per i riti da iniziare, la Luna Piena per quelli da interrompere. La sua specialità è preparare “annodamenti” d’amore. Il concetto di magia a distanza di questi tempi lascia interdetti. Senza dubbio, resta un aspetto affascinante della magia operativa che andrebbe sviscerato e studiato a fondo, malgrado sia difficile accettarlo e comprenderlo. Esorto Maria a descrivermi un “annodamento” comprensibile al lettore che si appresterà a leggerci e ad entrare nel regno della magia a distanza. Mi racconta di una pratica antica realizzata mediante un nastro rosso di 123 centimetri da annodare per 48 notti consecutive e da riporre sotto il materasso. Il nastro, bruciato il 49° giorno presso un incrocio di strade, andrà disperso in cenere al vento. Il rituale contempla una seconda fase: il successivo venerdì di Luna crescente, un minuto dopo la mezzanotte, si dovrà invocare per 99 volte il nome della persona amata e visualizzarla mentalmente recitando la seguente frase: “Ti voglio, ti desidero, ti lego alla mia volontà”. Questo rito, minuzioso ed elaborato, ma assai efficace (precisa) si dovrà ripetere per tre volte. Mi spiega che i rituali sono molti e che per la loro complessità, necessitano della massima cura nel rispetto di ogni piccolo particolare. Aggiunge che le correnti di energia magica dirette verso “la vittima” si propagano avvolgendo il bersaglio in un circuito chiuso e se per una ragione “oscura”, l’obiettivo non sarà raggiunto, la corrente energetica (non avendo la possibilità di essere assimilata) può tornare al punto di partenza colpendo l’operatore. Questi procedimenti, secondo Maria, sono complessi e difficili da realizzare, ecco perché, per essere eseguiti richiedono la massima competenza e precisione. Prima di salutarla le chiedo se esistono degli accessori specifici per operare. Mi spiega che non si può intraprendere un’azione magica senza un altare, gli incensi, l’incensiere, il “pugnale dell’arte”, l’olio per le unzioni, il sale, l’acqua, la Bibbia, la conoscenza delle dimore lunari e un accendino. La curiosità mi possiede anche durante l’ultimo secondo e pretendo di sapere se c’è una frase ricorrente come motto di ogni vero occultista. “Ex tenebris ad Lucem”(“Dalle tenebre conducimi alla luce”) risponde, con un tono meravigliato al cospetto della mia ignoranza. Torno a casa, ormai è sera. La realtà mi saluta come uno schiaffo in pieno viso. Mia madre mi guarda con gli occhi incantati. La bradicinesia l’ha sorpresa poco dopo il suo pensionamento. Questa malattia è molto di più di un film al rallentatore, chissà se Maria possiede un rito adatto al suo caso, un cerchio magico in cui incensarla per guarirla. C’è pochissima dignità nel soffrire del morbo di Parkinson. Da un angolo della stanza mia zia con il rossetto scolorito, tenta una posa come una diva senza Oscar. A differenza di Maria possiede un cellulare (che non suona mai) ed ha il campanello sulla porta. Intanto, in ogni angolo del mondo, il tempo continua a trascorrere sui volti di tante Marie intente ad attirare l’amore di un uomo o di una donna attraverso “il rituale”, eseguito categoricamente nella fase lunare che dinamizza il fine nei giorni di Venere. Eppure, l’elemento magico nasce per sfuggire al limite della condizione umana e per cambiare il corso degli eventi secondo il proprio vantaggio. Il rituale, alimentato dell’impotenza, genera l’illusione di manipolare un fallimento sul quale non si ha nessun controllo. Il fascino dell’occulto non deriva forse dall’ esigenza di cambiare la sorte avversa, modificandola secondo i propri bisogni, piuttosto che rimanere in balia degli eventi? Dal racconto di Maria si evince che la magia esiste, è praticata ovunque, a prescindere dal grado di sviluppo, dal progresso e dalla posizione geografica dei richiedenti. Coloro che frequentano gli occultisti, non sono persone ingenue e illetterate come si potrebbe ipotizzare per eccesso di logica, ma sono individui che scelgono una via misteriosa e all’apparenza più facile per raggiungere l’obiettivo desiderato: nessuno di loro testimonierà mai di aver pagato per eseguire un rito, né se lo stesso ha funzionato. Spesso è l’amore l’impulso che spinge ad assoggettare la volontà di un amante perduto, poiché tale sentimento, nelle sue accezioni nobili e meno nobili, è di fondamentale importanza nel destino di ogni uomo e di ogni donna. Il riflesso condizionato mi accende l’ultima Camel della giornata. di Patrizia Di Donato -Patrizia Di Donato è una scrittrice di Giulianova (Te) autrice di diverse opere narrative:Il romanzo "Il gesto" ha ricevuto una segnalazione di merito al Premio Letterario Nazionale “Nuove Scrittrici” (Pescara 1996); il racconto “L’uovo di Colombo” è stato segnalato nell’edizione 1999 del Premio Teramo e inserito nella raccolta di racconti Ventagli, edito dalla casa editrice Sovera.Nel 2005 ha vinto il Premio Teramo, nella sezione dedicata allo scrittore abruzzese Mario Pomilio, con il racconto “Che bel dono” che apre la presente raccolta. Di recente ha publicato "La neve in tasca", Edizioni Duende. Dopo aver letto l’ articolo di Carina Spurio è entrata fantasticamente nell'intervista nel seguente modo: MARIA DONNA E' l'ultima volta. Farò riparare quel maledetto campanello e me ne starò così, ferma, in attesa dell'alba. Mi è mancato il tempo per osservare il suo passo dondolare sullo scricchiolio della ghiaia stretta. Ha bussato ed è entrata, senza che la fessura della persiana mi rivelasse l'odore acre della sua fragilità. Era accaldata, le gote accese di chi ha o avrà. Nella tasca un telegramma urgente e sconosciuto. Veloce perché un malato arriva all'orario del male. Io ho girato la mia testa canuta e i nostri sguardi si sono trovati. Lulù e Pastos ad annusare le urine di strada, incollate alle sue scarpe altissime. Scale che la portano lontano dalla sua altezza immatura. Le faccio cenno di sedere, lei poggia il tenero delle sue cosce sulla paglia stuccata come una chitarra senza giri di do. Mi fissa. E' un animale notturno e resta immobile spiando ogni angolo della casa. Quanta paura ti fa Maria la Maga? Apre un piccolo blocchetto con una penna senza tappo. Finge una professionalità distaccata come se fossi un terremoto, un uragano, un incidente stradale. Cosa cerchi bella? Mi chiede in che anno sono nata. Associa il mio tempo ad un tempo che le è familiare. Ha un bolo maligno nella gola, seduto fra le sue corde vocali. Sta tentando di convincersi per convincermi. Le rispondo. La sua mano imprime segni tremolanti. Scrive largo, crea spazi di ghiaccio. Si allontana da se. Forza ragazza. Abbandona il cappotto e il cappello. Metti ad asciugare quegli abiti intrisi di grandine. Hai fame di creta con cui annerire le tue unghie ma sei vena di basalto nero, e riposo sulla tua selce. Pretende i miei anni ora. Le sue gambe tintinnano, e il suo ventre sussulta sotto le gonna nera di colore che si ribella alla luce. So dove vuole arrivare. La sento. Maria la maga conosce il suo mestiere. E' un animale da carrozzone un orso lunare, la donna cannone, la medicina miracolosa. Maria la maga ubbidì a sua madre e sputò sui pennelli. Le da ciò che cerca. Annodamenti. Cercavi questo vero signorina? Ti rivelerò come fare. Le parlo delle Lune nuove, degli incantesimi, dei rituali, dei numeri,dei bersagli. Lei mi guarda estasiata con il candore e il timore con cui si fissano i fuochi d'artificio. E io lancio in aria i miei colori, lascio che esplodano nel cielo. Nastri neri, sarai mio, sarai mio, bersagli oscuri e ripeti ancora. Lei ride ora. Vede una luce e ride. Il taccuino rotola sotto il marmo del tavolo. E' felice. Maria la donna no. Piange e cede al vento. Maria la Donna ha visto entrare una bambina che profumava di onde. Ha notato i suoi graffi di conchiglie maligne. La vede scavare, in cerca di un'acqua che l'accolga, un utero spalancato in cui affogare. Una madre a cui urlare: eccomi. E lenzuola da stendere, e profumo di gesso, e spalle di gigante, e camini da scaldare, e pigiami e lacrime e denti e..un nodo. Un filo da tendere nell'attesa dell'altro capo. Un uomo su cui cadere, un albero forte a cui mostrare il bianco delle radici. Ti desidero. Ti lego. Tienimi stretta a te. Un amore per forza, un nodo acido. Un cappio in cui morire. Qualche incantesimo presto Maria, prima che mia madre dimentichi il mio nome e io non abbia il tempo per maltrattarla e amarla. Ma io sono Maria la Maga e così resto. La ragazza esce. Va via con l'illusione della potenza che la segue. Un Dio che non delude. Non dico nulla. La vedo allontanarsi. Un lago di grano ondeggia sulle sue spalle. I suoi tacchi di cielo. Una scia di fumo si dissolve dietro di lei. Abbasso gli occhi e serro le imposte. E' già notte ormai.
|
Post n°168 pubblicato il 06 Novembre 2011 da thallullah
Intervista a Beniamino Biondi, autore di "Cronaca di una farfalla in lutto" |
Post n°167 pubblicato il 17 Aprile 2011 da thallullah
Cristiana Alicata Verrai a trovarmi d’inverno Edizioni Hacca, 2011 Intervista di Carina Spurio D:“Verrai a trovarmi d’inverno” non è un romanzo autobiografico ma un romanzo alla ricerca della propria identità. Lo scrive nell’epilogo intitolato “cose che si scrivono alla fine”. Dentro le pagine del suo libro ci sono le donne coraggiose e diverse: Elena, Gina e Liz che a Pantelleria aspetta due cose “Il coraggio di presentare la richiesta al tribunale per il cambio di sesso. E il grande amore.” Da secoli ciò che è diverso ci spaventa. Ed è attraverso la paura che si inizia a ragionare per “luoghi comuni”. Così, il siciliano diventa un mafioso. Il milanese uno snob. L’uomo di colore rimane sporco e cattivo. L’omosessuale un malato … R: …il problema oggi è che si governa con la paura. Si sposta il problema della propria incapacità, da quella politica a quella emotiva, su qualcosa di diverso. Si alimenta un feticcio, un nemico. Farlo significa tenere protetto e pulito un intorno. Illudersi di farlo. Dobbiamo ricominciare ad infilare le dita nella vita. Credo che i protagonisti del mio romanzo imparino questo alla fine. D: Cristiana lei è ingegnere, vive a Roma ed è militante del Partito Democratico perché vuole un’Italia diversa. Inoltre, é un'attivista del movimento lesbico, gay e transessuale. Nel nostro paese si continua a difendere la famiglia tradizionale formata da un uomo e una donna ma ancora non si riconosce, né si tutela, quella omosessuale … R: Mi viene da sorridere. In Italia si difende la parola famiglia. Le stesse persone che difendono la famiglia tradizionale poi privatizzano gli asili, non ne aprono di nuovi, non muovono un dito per aiutare le donne italiane a fare più figli, tolgono soldi alla scuola. Parliamo di numeri. Nei Paesi meno omofobi c’è più scuola pubblica e si fanno un sacco di bambini. Persino nelle nostre regioni dove le politiche sociali sono più attente alla famiglia le coppie gay sono più protette da strumenti di welfare. Come l’Emilia Romagna per esempio. D:Sullo sfondo del suo romanzo, i luoghi: Pantelleria, “il dammuso, il carico di abitudini e di odori, un’insieme di consuetudini.” E poi Roma e Amelia, in Umbria, luogo in cui ci informa sia avvenuto il parto del suo romanzo … R:Si dimentica di Torino. Viaggio molto. E la scrittura viaggia con me. Si succhia i luoghi attraverso i miei occhi. Pantelleria una vacanza, Torino una latitanza, Roma la casa, Amelia un luogo dell’anima. D: Di donne che l’hanno sostenuta ce ne sono molte: Silvia Greco, Francesca Melandri, Concita De Gregorio, Francesca Chiappa e Caterina Morgantini … R:Credo che sia cominciata una nuova era. Quella in cui le donne si riconoscono, si leggono, si sostengono. Non sono più in competizione. E’ come la cultura. Viviamo in un mondo competitivo, ma l’unica cosa che non dobbiamo mai mettere in competizione è la produzione culturale: possiamo leggere centinaia di libri, vedere film, andare a teatro. La stessa cosa vale per le discriminazioni. Tra donne e tra omosessuali. Fare squadra fa bene a tutti. Ognuna di loro ha messo un pezzo di cuore, di competenza, di dolcezza per farlo nascere. Devo loro molto. Non solo a loro. Ovviamente. D:Afferma: “dovrei scrivere un altro libro per raccontare la storia di Verrai a trovarmi d’inverno” eppure, in questo libro, lei ha graffiato il buio per vedere affiorare la luce. Cosa manca? R: A volte si arriva in un luogo partendo da tutt’altro presupposto. Quando ho cominciato a scrivere non sapevo dove sarei andata a finire.
D:Cosa vuol dire essere donna oggi, in un tempo in cui le immagini subiscono il culto della forma, allargandola, anche chirurgicamente, nei punti consacrati alla libidine e riducendola obbligatoriamente nello spazio restante? E’ difficile. Siamo bombardati da un modello che sembra l’unico accettabile e vale anche per i maschi. Siamo imbevuti di conformismo nascosto negli eccessi del nostro tempo. Guai a discostarsi. D:Chi è Cristiana Alicata? R:Una donna di 35 anni che si incazza per le ingiustizie e che scrive da quando ha 6 anni e che fatto quasi 20 traslochi in giro per l’Italia e adesso si fermata. Finalmente. D:Penna a sfera o matita? R:Matita. 2B e con un temperino di metallo sempre vicino. D:Che libro sta leggendo attualmente? R:“Mia madre è un fiume” di Donatella Di Pietrantonio, edizioni Elliot. Il rapporto con la madre malata, con una malattia degenerativa. E’ ambientato in Abruzzo, che poi è il mio luogo di lavoro attuale. C’è tanta Italia dentro, l’Italia dei nostri nonni. E’ molto poetico anche nella descrizione della difficoltà con cui la figlia si relazione “fisicamente” alla madre. D:Cos’è per lei l’amicizia? R:La mia vera famiglia. D:Si sente mai sola? R:Sì, quando sono in compagnia di persone con cui non sono in sintonia. D:Pensa di regalarci un nuovo romanzo in futuro? R:Spero più di uno. D:Vive a Roma, che rapporto ha con la sua città? R:Quando ero piccola e vivevo a Bergamo mi ricordo che a 6 anni ne provavo nostalgia. Diciamo che malgrado abbia sangue siciliano vecchio di 700 anni, è la mia città e la amo. Però a volte mi fa incazzare di brutto, così come accade con le passioni forti. A volte vorrei andarmene in una città del nord Europa, pulita, sistemata, distribuita in modo diverso, con i teatri fruibili, i locali allegri, le domeniche calme, poco traffico, la vita più lunga insomma. Poi Roma, che ti trattiene sul GRA anche per ore, ti regala le passeggiate sul Tevere (sulle banchine) che sono da mozzare il fiato. O il caldo che sale dai sanpietrini del centro. O gli odori di sugo delle trattorie dei quartieri popolari. Vorrei solo che tutto questo fosse più accessibile a tutti. Roma non è più una città per giovani, né per bambini, né per vecchi. D: < avere un cane sulla porta>> (dalla sua quarta di copertina). Lei è innamorata? R:Sì. D: Una domanda che non le ho fatto? R:Una risposta che non le ho dato? Cristiana Alicata (1976) è ingegnere, vive a Roma. Milita attivamente nel PD e combatte per il riconoscimento dei pieni diritti della comunità lesbica, gay e transessuale. Ha pubblicato il romanzo Quattro (Il Dito e La Luna, 2006) e un racconto nell’antologia Principesse Azzurre da Guardare (Mondadori, 2007). |
Post n°166 pubblicato il 30 Aprile 2010 da thallullah
Narciso – Carina Spurio Leggendo diverse recensioni sulla tua nuova raccolta di poesie, ho notato una parola associata al tuo versificare che si ripete: “urgenza”. Sapresti darmi una spiegazione? E’ la chiave di lettura per le tue opere? “Urgenza”, la parola ricorrentemente associata al mio versificare è “una” delle tante definizioni contenute nella forza tentacolare che assale il poeta e si insinua in ogni angolo del pensare e del vivere. Per questo, penso che il termine “urgenza” non sia l’unica parola-chiave per le mie opere, malgrado scrivere spesso sia una “necessità”. “Necessità” non intende cedere, non può farlo: ne + cedere. “Notwendigkeit” (ciò che non potrebbe essere altrimenti) avrebbe detto Kant se fosse stato in vita. Eppure, non fui preda del fascino di questa inflessibile dea all’inizio. Il mio verso, come hai ben scritto, esplose dal piacere, affidato ad “un lucido e circolare procedere”. La mia prima Poesia nacque dall’ “assenza”, dall’attimo in cui la consequenzialità della sillabe si arrese al gesto mosso dalla privazione. Senza quel vuoto dentro non avrei potuto catturare quel fiato sinistro in cerca di uno spazio. Versai: “Cosa ho se non ti ho?” (da “Noi”). Un verso, una domanda! Avevo racchiuso un istante in un grumo che perse calore prima della finitura. Da quel giorno Poesia fu comunicazione dei sensi, per non costringerli al silenzio affinché il binomio “io/tu” potesse diventare “noi”. Oggi so che Poesia non è una formula. Piu’ che un profitto è una perdita e non si avvale di strumenti logici. Ci sono giorni in cui ancora mi tenta, soprattutto quando proviene dall’immobilità, dal vuoto di me, dalla gioia e dal dolore altrui e come una spettatrice decide di testimoniare. Continua a resistere sgorgando dalla mia mano, mentre labbra serrate conservano il senso deglutito nelle tenebre. “Senza il completo estraniamento dalla realtà” la imprimo nel candido niente, invaso da pericolosi enjambements, innocui come una farsa teatrale e adagiati come le bugie automatiche sul mio fiato e resto a “guardarla” come un atto d’amore che non merita i miei brividi. La tua raccolta ha una struttura inusuale, infatti, la maggior parte delle poesie sono seguite da un commento critico e stilistico. E’ stata una scelta che muove prettamente dal bisogno di diverso ed originale? “Narciso” è un’antologia poetica che contiene liriche selezionate dai miei precedenti quattro libri di versi pubblicati nel seguente triennio: 2005 / 2008. Nei capitoli scanditi anno per anno i relativi commenti critici e stilistici sono rimasti invariati, non per un bisogno di originalità o di differenziazione, ma per legittimare quanti avevano collaborato attivamente alla realizzazione del testo. In foto: Alessia Mocci |
Post n°165 pubblicato il 21 Aprile 2010 da thallullah
Alessio Pelusi - Moleskine nera di Carina Spurio
Pensi che chiunque possa essere uno scrittore o una scrittrice? Quali sono gli autori a cui ti sei ispirato? Per emergere conta essere innovativi e sperimentali, oppure è meglio ripercorrere strade classiche per mettersi al sicuro? Credi che il mondo dell’editoria sia aperto a nuovi talenti? Nel 2008 hai pubblicato il racconto dal titolo “Ana non può baciare” sull’antologia “Una storia sbagliata” della casa editrice “Mediando” ed hai frequentato un Master in Giornalismo e Giornalismo Radiotelevisivo presso la Società Eidos Communication di Roma. Racconta… Nel 2009 con la vittoria del Concorso per Giovani Autori della Fondazione Pescarabruzzo, hai potuto pubblicare il tuo primo romanzo dal titolo la "Moleskine nera”. Partiamo dal titolo. Che cosa significa? La storia è ambientata in parte a Chieti e in parte a Roma e comincia con un ritrovamento fortuito. C’è un messaggio che vuoi far arrivare attraverso il tuo romanzo? L’ultimo libro che hai letto?
Alessio Pelusi |
I MIEI LINK PREFERITI
- Carina Spurio Tiscali blog
- Il Gattopardo
- "La Fenice"
- Carina Spurio news
- Hermes
- Autori Italiani
- N&TS Group, Milano
- Uniservices s.r.l.
- Marilena Abbatepaolo
- Sociopatica
- PrimaDaNoi.it
- Provincia di Teramo
- Comune di Napoli
- Comune di Sassari
- Edizionisimple
- Editrice Uni Service
- Eugenio Picchiani
- Tempo al libro di Mauro Gurioli
- Francesco Sicilia
- Giuseppe Mincuzzi
- cicorivoltaedizioni
- "La Donna nell'Arte"
- La Sicilia.it
- Paciokkina
- Vincenzo Grasso Editore
- Giulio Perrone Editore
- Edizioni Il Filo
- Ass.Padre G.Errico
- sensiparticolari
- Licenze Poetiche
- Nicla Morletti
- Blusfumato
- kimerik
- Faraeditore
- Teramani.net
- goldenpress
- salvietta150x40
- Aletti Editore
- stefano
- sensopposto
- Emilia Sensale, poetessa
- IX Edizione Premio Beato Gaetano Errico
- Ipernova
- Musa Calliope
- Concorso di Emozioni IVa Edizione
- Ghigliottina.it
- Concorso di Poesia 2008
- Daniela Savini
- Come in alto così in basso
- lingue e linguaggi
- Faber
- TraMorfeoevecchimiti
AREA PERSONALE
CERCA IN QUESTO BLOG
MENU
I MIEI BLOG AMICI
- occhiodivolpe
- x diventare GRANDI
- Figlio De L'Amour
- x chi e' come me
- Tracce di vita
- TAUGHTBYTHIRST
- Fuocodeisensi
- TEMPO
- scambi emozionali
- Comporre i lontani
- Il Cinema e il resto
- io respiro volando
- Poiesis
- IL MONDO DI LINFA...
- Trascrivendoemozioni
- Il senso dei luoghi
- =--NARC¥SSE-->
- arte passione amore
- Vasca Rossa
- TeatroTerra
- 'Ntrastule
- Extreme Sports World
- Poesie per gioco
- mio
- il mio canto libero
ULTIMI COMMENTI
CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
Inviato da: pinkstar1990
il 01/02/2012 alle 14:29
Inviato da: ZPPWZAFAGOGE
il 06/01/2011 alle 21:21
Inviato da: thallullah
il 15/05/2010 alle 22:05
Inviato da: Narcysse
il 01/05/2010 alle 20:14
Inviato da: artfactory
il 15/03/2010 alle 15:58