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RICCARDO SCAMARCIO: DA COSTA-GAVRAS A "LA PRIMA LINEA" (cinec.n.)

Post n°2233 pubblicato il 15 Febbraio 2009 da Ladridicinema
 

"Chiudo il festival di Berlino, poi sul set per De Maria"

[di Cristiana Paternò]


BERLINO - Con la barbetta di Sergio Segio, il comandante Sirio, Riccardo Scamarcio affronta la passerella della Berlinale per la serata di chiusura del festival, affidata a Verso l'Eden di Costa-Gavras. Domani sarà già sul set di un nuovo film, La prima linea: diretto da Renato De Maria, ispirato al libro "Miccia corta", scritto da Segio nel 2005. Una storia di terrorismo ma anche d'amore, l'assalto di Prima Linea al carcere di Rovigo, il 3 gennaio 1982, per liberare la compagna Susanna Ronconi (Giovanna Mezzogiorno) e altre tre militanti di Pl. Un progetto che è passato anche al vaglio dei familiari delle vittime del terrorismo, dopo le polemiche che hanno accompagnato il finanziamento del documentario Il sol dell'avvenire. "Alle vittime e ai loro cari - dice l'attore pugliese, trent'anni a novembre - va tutta la mia vicinanza, ma credo che sia importante capire la psicologia molto complessa di quest'uomo, che si è pentito, ha scontato 25 anni di carcere e cerca di spiegare quello che è successo e perché. La storia italiana è piena di misteri irrisolti ed è molto importante parlare di quel periodo".


 


Veniamo a "Verso l'Eden". Come è nata la collaborazione con Costa-Gavras?
Prima di questo film poter lavorare con Costa Gavras per me era un sogno. Ero a Parigi, ha squillato il telefonino, ho risposto e quando si è presentato volevo rispondergli "Sì, e io sono il presidente francese". Invece in mezz'ora è arrivato in albergo da me, mi ha portato il copione e ho capito che voleva affidarmi addirittura il ruolo del protagonista. Sono quelle cose che succedono solo al cinema e che mi fanno amare questo mestiere.


 


Cosa l'ha affascinata nel personaggio di Elias, l'emigrante puro, senza identità o nazionalità?
Era molto interessante confrontarsi con un personaggio che non parla quasi mai e che non conosce il nostro mondo. E' come un bambino e recitando quel ruolo potevo avere a che fare con gli istinti umani più elementari.


 


Si sente un po' Pinocchio, un Pinocchio senza Lucignolo al suo fianco?


Il paragone con Pinocchio mi piace, l'assenza di Lucignolo anche. Costa-Gavras si concentra sulla relazione tra un emigrante e un occidentale in questo modo responsabilizza il singolo cittadino ed evita le semplificazioni di cui sono pieni i telegiornali. Sull'immigrazione si fa un discorso molto strumentale e si tende sempre a generalizzare.


 


Lei come la vede?


In Puglia, nel '92, ci fu uno sbarco massiccio di albanesi, sembrava che un intero popolo fosse in movimento. Oggi molti di quegli immigrati hanno delle imprese, lavorano e anzi fanno lavori che gli italiani rifiutano. L'emigrazione, certo, va gestita e disciplinata, ma i media devono smettere di enfatizzare gli aspetti negativi perché su questo tema si fa una grande speculazione e questo alimenta una visione sbagliata nella testa delle persone. Se non ci sono interferenze, l'integrazione è un fatto naturale.


 


Cosa impara Elias nel suo viaggio?
Innanzitutto a sopravvivere, poi conosce un mondo che non conosceva e si rende conto che l'Occidente non è il paradiso terrestre, come lui credeva quando è partito. La cosa che più lo colpisce è la solitudine degli occidentali.


 


Si sente parte di una nuova generazione di attori italiani?


Sì, certo. Mio fratello è figlio unico non l'avrei potuto fare senza la bravura di Elio Germano, è stato veramente un lavoro a due. Adesso ho appena fatto Il grande sogno, il film di Michele Placido sul '68 con Jasmine Trinca e sto per incontrare Giovanna Mezzogiorno in La prima linea. Non credo che il problema del cinema italiano siano gli attori.


 


Com'è il film di Placido?


E' un romanzo di formazione che attinge alla storia personale di Michele, e anche una storia d'amore. Jasmine è una studentessa rivoluzionaria, io un poliziotto. E' un film classico, pieno di immagini ricche, una ricostruzione storica ma romanzata.


 


Mentre il film di De Maria è molto fedele nella ricostruzione storica.


Sì, è inevitabile che sia così. E' un film che può far capire meglio come sono andate le cose.


 


Farà Vallanzasca, il bandito milanese, diretto di nuovo da Placido?


Non ho ancora firmato.


 


 

 
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