FRATTAGLIE

..utopiche elucubrazioni di una mente istintiva

 

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che ancora resiste,
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Elucubrazione sul grande freddo

Post n°76 pubblicato il 20 Gennaio 2008 da allievadelgabbiano
 

"Come va la tua vita?".
"D'incanto. E la tua?".
"Non d'incanto".
"Oh, si dice la verita?".

Non riuscivo a dormire questa notte, cosa strana davvero per me, lo ammetto, ma non riuscivo a prendere sonno. Così dopo essermi rigirata più volte sotto il piumone ed aver fatto scappare la micia che, stufa di farsi coccolare, voleva giustamente abbandonarsi tra le braccia del buon Morfeo, ho rivisto un film, non so se per la seconda o terza volta, “Il grande freddo”.

Mi ricordo che avevo guardato questo film in un’ottica più “politica” meditando sui rimpianti e sui i rimorsi di quel gruppo di ex contestatori scelti dal regista per rappresentare il destino di un'intera generazione, protagonisti e testimoni delle metamorfosi impietose prodotte dalla storia. Il non comprendere o ricordare se il loro slancio combattivo fosse un vero sentire o soltanto una moda a cui uniformarsi, li aveva portati a quello che erano: persone insoddisfatte, che avevano abbandonato i propri ideali scambiandoli con grandi compromessi, rimuovendo la propria coscienza politica per sopravvivere alla disillusione.

Ma questa notte, forse anche a causa del mio sentire attuale, il freddo polare della vita dei protagonisti mi è entrato fin nelle ossa diventando più personale e meno legato all’affresco di una generazione che pone mille domande senza suggerire risposte. E ho riflettuto. Confrontarsi dopo quindici anni con persone che hai sentito amici, che ai tempi dei liceo, pur diversi da te, erano accomunati  da mille ideologie supportate e rese indimenticabili dalle canzoni ma che, in un modo o nell’altro, invece di vivere una vita vera, continuano, malinconicamente, a rimpiangere i tempi passati, fingendo gli stessi impeti e le stesse passioni.

Alex si è tagliato i polsi e gli altri si ritrovano per commemorarlo, cercando di convincere, forse innanzi tutto sé stessi, di riuscire a nascondere, sotto maschere espansive, inquietudini colme di amarezze. In un ambiente asettico agiscono in realtà personaggi chiusi ciascuno nella propria immensa solitudine; tutti si sforzano di soffrire per la morte dell’amico, ma, in realtà, ognuno si duole per il vuoto interiore che si porta dietro.

Un “come siamo” invece di un “come avremmo voluto essere”. E così, cullata dalla meravigliosa colonna sonora, tra Rolling Stones, Aretha Franklin, Percy Sledge, Beach Boys, Temptations e Procul Harum, ho pensato che posso sorridere, perché la mia vita oggi è migliore di quella di vent’anni fa, perché, per qualche strano motivo, non ho mai considerato di rimpiangere i tempi andati, ma di combattere per migliorare quelli a venire, arricchendo, contemporaneamente, me stessa.

Quando morirò spero sarò riuscita a sentirmi  il più simile possibile a quella che avrei voluto essere, e non rimpiangere quello che sono stata.
Con il cuore volto al futuro, mi sono finalmente addormentata.

 
 
 
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