FRATTAGLIE..utopiche elucubrazioni di una mente istintiva |
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Grazie. allievadelgabbiano & LaStregaFelice
GIOCO LETTERARIO
FRATTAGLIE
Frattaglie di sogni spezzati,
utopie disperse di un sole
salato e lontano,
come luce pallida
e grigia
di un pianto
che sgorga dal cuore.
Frammenti chiamati
a raccolta
da un raggio
che ancora resiste,
che segue l'istinto
infinito
di ricomporre
i frammenti di un sogno.
LASTREGAFELICE
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Nickname: allievadelgabbiano
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Te li ricordi quei giorni e quelle notti tra il 14 ed il 17 gennaio 1985? La neve scendeva senza sosta, copiosa, in una danza svogliata e languida, coprendo tutto, come fosse un manto fatato. La chiamarono “la nevicata del secolo” e rammento bene quando, nei giorni a seguire, da quel piccolo schermo TV in bianco e nero sul mobile in cucina, contemplavamo stupiti il susseguirsi di fotogrammi che ritraevano una Milano aliena, ove il grigiore dello smog invernale e del cemento era stato all’improvviso soppiantato dal bianco della terra e da un grigio diverso, tendente al ceruleo, quello del cielo. Una città liberata dal traffico, senza macchine, senza frastuoni, ma solo rumori attutiti, con visi ridenti di bimbi in slittino ed incerti “ragazzi” di ogni età dediti a stravaganti sciate, sulla collinetta di San Siro. Addirittura, mi sembra di ricordare, ci vollero i carri armati della caserma in piazzale Perucchetti per liberare le strade (che bello vedere i carri armati che fungono da spazzaneve e non da strumenti di morte, non credi? Metallo freddo che diventa salvatore sul bianco invadente e non assassino sul rosso innocente, come ora sta di nuovo accadendo…). Io frequentavo la quinta liceo allora, ma, ovviamente, era impensabile raggiungere la scuola; la vecchia e fedele Opel Kadett rossa se ne stava li, muta, sotto la bianca coperta, come caduta in letargo. La pala del nonno, ricordi, quella pesante, con il manico in legno un po’ scheggiato, non bastava più alle nostre forze per pulire il sentiero e crearci un varco fino al cancello e neppure le mani bastavano più, poiché, nonostante i guanti, si riempivano comunque di calli. Ci sembrava di camminare in un labirinto disegnato da Gaudi, dalle linee morbide, arrotondate, seducenti e scintillanti. Il giardino era silenzioso, solo ogni tanto un po’ di neve cadeva dai pini con quel rumore smorzato, ed il cane scodinzolava felice procedendo a piccoli balzi nella neve ed affondando ovunque, sentendosi, forse, finalmente, degno discendente di Zanna Bianca. E noi? Noi vivevamo in quei giorni momenti davvero difficili…papà aveva finalmente trovato lavoro, purtroppo lontano, i soldi non bastavano mai, la casa, così grande, non potevamo più riscaldarla. Non ridere sai…(viene da ridere anche a me)…te lo ricordi? In quei giorni nel grande soggiorno, con tutte quelle finestre, che tanto erano state apprezzate nei momenti in cui le cose andavano in modo diverso, il piccolo termostato segnava 0 °C, impossibile resistere, a meno di non essere alla ricerca di una tecnica di ibernazione finalizzata al mantenimento imperituro della giovinezza! La mamma aveva uno strano scialle rosa, che la nonna aveva fatto all’uncinetto e le aveva regalato qualche anno prima…girava per casa, coprendosi con quello il capo fino ad avvolgere le spalle, spostandosi dalla cucina alle camere da letto, le uniche stanze che potevamo permetterci in lusso di mantenere ad una temperatura vitale, anche se, comunque, si andava a dormire con i calzettoni e con il cappello di lana e la mattina, al risveglio, occorreva fare una scorta di coraggio per riuscire ad alzarsi dal letto e sentire quella gelida aria pungere, con i suoi piccoli spilli malefici, il naso, le gote e le orecchie. La mamma, però, la vedevi aggirarsi per casa a svolgere le faccende, con lo scialle a coprire la testa e le spalle, giovane, con quel bel viso, per nulla sminuito nella sua avvenenza dall’inusuale copricapo, gli occhi grigi di una luce infinita, senza mai perdere la serenità, senza mai mostrare ansia, senza mai insinuare, in noi, il dubbio che non ne saremmo usciti. Come l’ho amata in quei giorni difficili! Come l’ho amata in quei giorni in cui stringeva al cuore i suoi figli, in una casa in mezzo al deserto di neve, con il suo uomo malinconicamente lontano, inventandosi in cantina piccoli lavori di cucito, per arrotondare, e sacrificando tutto di lei, tranne i sorrisi. E noi? Cosa impossibile a pensarsi solo qualche anno prima, non litigavamo quasi più…erano sparite le incomprensioni infantili per il possesso di oggetti e vestiti, eravamo cresciuti in fretta, svegliati dalla vita che ci aveva scaraventato da un mondo ovattato di fiaba ad una realtà ben più cruda; si era finalmente creato un sodalizio, quel legame che perdura da allora, ci guardavamo ed intuivamo se fosse il caso di parlare, ci guardavamo ed avvertivamo chi di noi avesse bisogno dell’altro, ci guardavamo e capivamo che i nostri genitori erano già abbastanza umiliati, per l’esito ostile di tanti anni di sacrifici e lavoro, da non aver più bisogno di bimbi viziati e spauriti attorno, ma di uomini e donne capaci di rendersi indipendenti, di sostenerli e di mostrare l’orgoglio per tutto quello che avevano fatto per loro. Te li ricordi quei giorni? Non avevamo soldi, le rinunce erano tante, ma te lo giuro…li ho vissuti così intensi e belli quei giorni, tanto da sentirli ancora vivi sulla mia pelle: la neve, il freddo, l’amore e il calore…un tutt’uno? Te lo ricordi? |
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Ma più che la nevicata eccezionale in questo post è descritta una famiglia, il calore che ti ha regalato, il ricordo dei giorni difficili che ti hanno insegnato tanto...
Non mi sono mai piaciuti i dispensatori di consigli, come diceva qualcuno " a sbagliare sono bravissimo da me" :o))
Durante quella nevicata avevo un colloquio di lavoro in un paesino sperduto nelle valli dietro Torino, si viaggiava tra due muraglie di neve, i segnali erano sepolti e si recitava il detto "chi si ferma è perduto"
Io ci sono arrivato, chi doveva farmi il colloquio no. :o(((
Non partecipo ad alcun concorso letterario, non credo di essere all'altezza, eppoi scrivo di cose mie, senza velleità, come viene viene, non voglio essere costretto a mettermi a cesellare le quattro cavolate che mi sgorgano da dentro.
Preferisco leggere chi ha più talento e chi mi stuzzica a livello emozionale.
Ovviamente, non mi sento neppure all'altezza di esprimere giudizi o critiche sull'operato altrui brrr, che brutta parola "giudizio", che brutta parola "critica", mi sono sempre suonate come se qualcuno si ritenesse più in alto di me e potesse decidere se quello che faccio va bene oppure no.
Ma questa è un'idea mia, ovviamente e non vuole essere assolutamente una sentenza.
Mai mi permetterei di criticare il critico diventando critico a mia volta e ponendomi in una situazione di criticità :o))
Parlare amabilmente di tutto e di nulla lasciando andare le parole e gli sguardi oziosi, mentre poco a poco il resto del mondo svanisce con i suoi suoni ed i suoi affanni
Una buona sigaretta ed un buon sigaro
Il problema è che lasciare qui le cose sarebbe poi incompiuto ;o)))
Un sorriso anche a te :o)
Duello ohibò e perchè?
Bel racconto, brava!
piacere di aver fatto la tua conoscenza. Un sorriso, angi
Come non ricordarla quella nevicata! Stavo imparando a guidare, ricordo e passai dalla mia scuola, credo che sia stato l'ultimo anno anche per me! Che emozione! Per noi del Sud, una novità anche la neve; la mia amica aveva paura e i miei compagni facevano gli stupidi: guardandomi passare in auto si gettavano dall'altra parte del marciapiede! Che scemi! O forse non scherzavano! Sono sempre stata disinvolta al volente e forse non me lo potevo permettere! Ora sono molto più brava di tanti uomini, alla guida. Ma dov'è finita al spavalderia?
Non so, sono cresciuta, più o meno come te, in fondo,
Un po' commossa, però, si,
li ricordo quei giorni