Creato da gugolet il 23/11/2006

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Sci alpino, Macartney riprende conoscenza dopo incidente

KITZBUEHEL, Austria (Reuters) - Lo sciatore americano Scott Macartney, rimasto ferito in uno spettacolare incidente ieri nella discesa di Coppa del Mondo di Kitzbuehel, è di nuovo vigile e si sta riprendendo.

"Secondo gli allenatori della squadra di sci Usa, Scott Macartney è vigile e si sente bene", hanno detto oggi gli organizzatori.

Il 30enne di Crystal Mountain durante la gara era caduto malamente sulla schiena e aveva perso il casco.

Portato all'ospedale di Innsbruck, Macartney ha ripreso conoscenza nella notte e i suoi allenatori dicono che è tornato a scherzare. Sembra che non abbia fratture.

Gli organizzatori hanno aggiunto che Macartney resterà in osservazione in ospedale alcuni giorni.


UN PENSIERO CORRE SUBITO AL NOSTRO LEONARDO DAVID VITTIMA DI UN INCIDENTE IN GARA

Figlio d’arte, Leo David nacque a Gressoney il 27 settembre 1960. A 18 anni vinse la Coppa Europa e un anno più tardi approdò in Coppa del Mondo. Ci legava la passione per le macchine da rally tanto che una notte fummo prelevati dalla polizia francese intenti a risalire una pista di sci su un bolide che il compianto Fausto Radici aveva acquistato dal famoso pilota Dario Cerrato! Sugli sci era un autentico fenomeno, una sorta di precursore delle tecniche odierne: munito di spessori sotto i talloni degli scarponi, sciava già con gli sci larghi e paralleli, dando l’impressione di scendere su due binari! Eccepibile dal punto di visto dello stile, Leonardo era velocissimo in tutte le discipline.

Polivalente nato, era considerato legittimo erede di Gustavo Thoeni. Dopo un’estate condivisa fra allenamenti, sfide e risate a non finire (era simpaticissimo…) , purtroppo fui vittima di un brutto incidente e non potei affiancarlo nelle sue prime, grandi imprese in Coppa del Mondo: terzo in slalom a Kraniska Gora, secondo in gigante a Jasna e primo nello slalom di Oslo, in trionfo davanti a Ingemar Stenmark e a Phil Mahre. Andai ai campionati italiani di Cortina da spettatore e attesi lungo l’Olimpica delle Tofane il suo passaggio in discesa, specialità che aveva iniziato a prendere sul serio spinto anche dal padre. Imbrattato di neve dopo la caduta, transitò vicino alla mia postazione come in trance, senza rispondermi. Strano… ma questo fa parte del senno del poi e dello strascico di roventi polemiche sulle responsabilità, le pesantissime manchevolezze di medici, allenatori, amici e famigliari in una tristissima storia forse scritta dal destino.

Quel che è certo è che Leo, in seguito al capitombolo di Cortina, accusò forti mal di testa, tanto da starsene sdraiato sul divano di casa invece di allenarsi in vista della trasferta americana dove, a Lake Placed, il 7 febbraio 1979, lo attendeva un test pre-olimpico sulla pista di discesa. Anche negli Stati Uniti, seppur gli esami clinici osservati in Italia avessero scongiurato qualsiasi complicazione (non fu sottoposto a TAC), il campione valdostano non riusciva ad allenarsi nemmeno in gigante perché le vibrazioni prodotte dagli sci sul ghiaccio gli “facevano venire mal di testa” . E’ paradossale ma David partecipò alla discesa in queste condizioni…. Poi la caduta, il dramma e l’infinita querelle legale con la federazione: quel tonfo in dirittura d’arrivo prima di precipitare in coma irreversibile tra le braccia di Piero Gros, pochi minuti dopo essersi rialzato ed aver tagliato il traguardo, era figlio di una semplice spigolata o non già un mancamento dovuto ai postumi di un gravissimo trauma precedente (Cortina) ? 

Non entro nel merito di un caso giuridico che ha riempito migliaia di fascicoli nei tribunali e trovato spazio sui giornali di tutto il mondo. Prima che ci lasciasse, il 26 febbraio 1985, ho passato momenti terribili quando, insieme a Piero Gros, andavo inutilmente a fargli visita all’ospedale di Innsbruck e poi nella sua casa di Gressoney, nella vana speranza di alleviare il dolore di una famiglia in preda alla disperazione. Serbo indelebile il ricordo di un ragazzo meraviglioso e pieno di vita…

 
 
 
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Luglio 2008. A 6000 metri di altitudine

tre alpinisti italiani stanno aprendo una nuova via

 per risalire la ripidissima schiena del Nanga Parbat,

 uno dei giganti dell'Himalaya.

Si chiamano Karl Unterkircher, Walter Nones e Simon Kehrer.

Dopo un complicato passaggio sotto un seracco, improvvisamente,

 senza dire una parola, Unterkircher scompare dentro un crepaccio

 nascosto dalla neve fresca.

 
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