Creato da gugolet il 23/11/2006

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Terra. Materia e simbolo. Arte, video e photo.

Si terrà al Forte di Bard dal 18 marzo al 31 agosto la mostra “Terra. Materia e simbolo. Arte, video e photo.” In concomitanza con l’Anno Internazionale della Terra indetto dall’Unesco, l’Associazione Forte di Bard propone un evento espositivo dedicato all’elemento terra, curato da Enrico Crispolti e Pierluigi Carofano, con il sostegno della Regione Autonoma Valle d’Aosta, della Compagnia di San Paolo e della Fondazione CRT e il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dell’Unesco.

Raramente la nostra vita quotidiana ci porta a un contatto diretto con l’elemento terra. Essa è in parte nascosta sotto ciò che l’uomo vi ha costruito. possibilità di svelare e far idealmente riaffiorare ciò che è celato ai nostri occhi è il principio che muove la mostra. La terra è nelle mani dell’uomo: l’esortazione affinché se ne prenda cura è il messaggio finale. Il percorso espositivo, allestito nei locali dell’Opera Carlo Alberto, affronta il profondo legame tra la terra e l’uomo articolandosi in quattro sezioni: storico-artistica, fotografica, iconografica e interattiva/esperienziale.

La prima delle quattro sezioni “Terra. Materia e simbolo” è collocata nelle sette sale delle Cannoniere. Si tratta di un percorso storico-artistico che presenta opere comprese in un arco cronologico che va dal Basso Medioevo sino all’età contemporanea e in un’area geografica che abbraccia l’Europa occidentale. Ogni sala contiene la messa in scena di una tematica correlata all’elemento terra. L’esposizione si apre con l’installazione multimediale e interattiva “Strati di pelle: terra da scoprire”, realizzata appositamente dallo studio Ennezerotre: attraverso immagini che, alla presenza del visitatore si trasformano le une nelle altre, è mostrato il mutare del paesaggio naturale in paesaggio antropizzato.
Nella prima sala, la terra è vista come uno dei quattro grandi elementi che compongono il cosmo: è la materia di cui siamo fatti, è l’elemento da cui tutto parte e che tutto regge. A rappresentare questo concetto, tra le altre opere, il capolavoro del fiammingo Louis Finson, I quattro elementi, in cui la terra è rappresentata come una vecchia in una postura soggiogata, nella sua funzione di sostentamento di tutti gli elementi. La vita e, in prospettiva religiosa, la creazione, hanno origine dalla terra, come ci ricorda la formella di Donatello con la Creazione di Adamo ed Eva.
Il percorso prosegue nella seconda sala. Qui la terra è la madre da cui proveniamo, come attestano gli stessi racconti della creazione. Proprio in quanto nostra origine, la terra è la nostra casa, il luogo della stabilità e ciò da cui traiamo nutrimento. Le opere in mostra giocano anche sull’opposizione, antropologica e sociologica, tra civiltà di terra e di mare. La terra rimanda alla sicurezza e alla stabilità, al mondo dell’economia e della casa. L’uomo si aggrappa con tutte le sue forze ad essa per sottrarsi alla furia degli elementi, come in Temporale sulla valle del Piave di Marco Ricci, dove l’arrivo improvviso della burrasca contrasta con l’arcadico paesaggio dove gli armenti pascolavano sino a quel momento serenamente.
La terza sala vuole mostrare la vita della terra, i suoi moti e le sue metamorfosi. Pur avendo forma opposta alla mobilità del mare, la terra ha vita ed energie represse. La sua stabilità contiene una forza profonda e sconvolgente. Dietro all’ordine della superficie, vi è un ribollire profondo, che, liberandosi, può diventare minaccioso. Il tema dell’eruzione dei vulcani e dei terremoti ne è magnifico esempio. In mostra opere quali Natura di Lucio Fontana, il Cretto di Alberto Burri, Adorazione del Bambino, di Antonio Corna.
La superficie corrugata del mondo è tale non solo per la naturale varietà della terra, ma perché l’uomo la solca. Quando l’uomo, in cerca di avventure, solca i mari, i flutti si richiudono cancellando le tracce del suo passaggio, quando l’uomo solca la terra, la “costringe” a dare frutto: la quarta sala presenta i frutti del lavoro dell’uomo. Di tutto questo esiste, a partire dal Medioevo, un vasto repertorio iconografico, una vera e propria enciclopedia figurata del lavoro della campagna, mantenuto inalterato sino a tutto l’Ottocento. In mostra opere quali Paesaggio Lombardo di Umberto Boccioni, San Martino di Vincenzo Campi e Pace sulle ferite della terra di Renato Guttuso.
I solchi non solo costringono la terra a dare frutto, ma la ordinano anche come un elemento costitutivo della società e della storia - basti pensare alla leggenda della fondazione di Roma, il cui confine è delimitato da Romolo con un aratro. In mostra Romolo di Corrado Cagli e l’incisione di Felice Campi con il Suolo di Roma al momento della sua fondazione. Solcare la terra significa prima di tutto prenderne possesso, circoscriverla e modularla. I solchi diventano allora confini, tema della quinta sala.
La qualità fisica della materia terra ha permesso all’uomo, sin dalla sua apparizione sul pianeta, d’interagire con essa creando forme. Non a caso il termine plastica rimanda all’arte di modellare la creta. La sesta sala è dedicata a questo tema. Esposte terrecotte di vari periodi, tra queste l’inedito ritratto di Costanza Bonarelli, modello per il marmo del Museo Nazionale del Bargello, capolavoro di Gian Lorenzo Bernini. E sempre del Bernini il modello per il San Gerolamo della Cappella Chigi Saracini nel Duomo di Siena.
A tre ritratti seicenteschi di San Francesco d’Assisi, conclusione del percorso storico-artistico, è affidato il messaggio della settima sala. Il Cantico di frate Sole testimonia un particolare e inedito sentimento per la natura, vista come un tutto unitario cui apparteniamo e che rimanda immediatamente a Dio, come al suo e al nostro creatore. La francescana fraternità tra tutte le creature libera gli uomini dalla paura e li consegna a un amore reciproco che nasce dal sentire l’universale paternità di Dio. In questo contesto la Madre terra manifesta la sua munifica benevolenza. La terra è nelle nostre mani. Possiamo schiacciarla e sbriciolarla, rinchiuderla e conservarla, proteggerla e sprecarla, farla crescere e germinare. Possiamo persino gettarla. Singolare destino dell’uomo che diviene signore di ciò da cui proviene.

La seconda sezione, “Sguardi della terra contemporanea”, ospita un percorso fotografico con immagini di sei fotografi valdostani. A partire dai temi affrontati nel percorso storico-artistico, Davide Camisasca, Diego Cesare, Francisco De Souza, Stefano Sarti, Marco Spataro e Stefano Torrione propongono, ognuno con la propria sensibilità, una serie di scatti capaci di trascendere dal contesto in cui sono stati realizzati, il territorio della Valle d’Aosta.

Nella terza sezione, “Le parole della terra”, è proposta un’installazione multimediale dedicata alla rappresentazione della terra nelle diverse tradizioni e culture popolari. Grazie alla semplice interazione con un monitor, il visitatore potrà scegliere l’area geografica da cui partire per approfondire l’origine e il significato di alcuni termini che ricorrono nelle altre sezioni della mostra.

“La terra è nelle nostre mani”, è la riflessione suggerita nella quarta e ultima sezione. Al visitatore viene offerta la possibilità di raccogliere un sacchetto di terra con alcuni semi e scegliere cosa farne: disperderla, portarla con sé e far crescere i semi, riaffidarla al Forte di Bard per dare vita ad un’aiuola. Un gesto semplice ma allo stesso tempo di alto valore simbolico, a significare che la terra è nostra e spetta a noi decidere cosa farne.

Durante i mesi della mostra saranno inoltre organizzati sul territorio incontri di approfondimento sui temi dell’esposizione. Si terranno laboratori didattici e visite guidate alla mostra.

Questo nuovo progetto espositivo risponde alla missione del Forte di Bard - diventare un centro internazionale di riferimento culturale dell’arco alpino - e alla peculiarità della sua offerta, mirata a soddisfare le esigenze di un pubblico eterogeneo, che ricerca nella visita al Forte un’esperienza culturale, emozionale e ludica. Multimedialità, multidisciplinarietà e interattività sono caratteristiche che animano la mostra, coerentemente con il Museo delle Alpi e l’intero progetto allestitivo del Forte.

 
 
 
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Luglio 2008. A 6000 metri di altitudine

tre alpinisti italiani stanno aprendo una nuova via

 per risalire la ripidissima schiena del Nanga Parbat,

 uno dei giganti dell'Himalaya.

Si chiamano Karl Unterkircher, Walter Nones e Simon Kehrer.

Dopo un complicato passaggio sotto un seracco, improvvisamente,

 senza dire una parola, Unterkircher scompare dentro un crepaccio

 nascosto dalla neve fresca.

 
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